Creato da ElettrikaPsike il 17/12/2012

ElettriKaMente

Dillo, bella strega...se lo sai, Adorabile strega…Dimmi, conosci l’irremissibile? (I fiori del male, C. Baudelaire)

 

Messaggi di Gennaio 2023

LA SECONDA GENERAZIONE: GLI STOICI SOPRAVVISSUTI

 

 

Iniziato qui il rimescolamento nel calderone del tempo per conoscere le sette generazioni, arriviamo alla seconda.

 

 

La seconda generazione, successiva ai Ragazzi perduti, fu quella definita come "la più grande": la "Greatest Generation".

La locuzione si riferisce a tutti coloro che furono ragazzi tra gli anni Trenta e Quaranta del Novecento, vale a dire i giovani che vissero e che furono arruolati durante la seconda guerra mondiale.

La gioventù della seconda grande guerra fu quella composta da individui lacerati tra l'ideologia socialista e quella nazifascista. Furono giovani che vissero interamente la loro "bella età" in un contesto in cui o vennero essi stessi arruolati o videro amici, fratelli, fidanzati, amanti e mariti partire per il fronte.

Maschi e femmine, indistintamente, furono abituati a manifestare la loro età primaverile in condizioni in cui i razionamenti, lo sfruttamento minorile, i soprusi, i bombardamenti, le fucilazioni, le leggi razziali e le deportazioni nei campi di sterminio erano la triste consuetudine.

Quelli furono i giovani che vissero quotidianamente con la fame e la morte, la paura e l'oppressione. Ma la loro fu anche quella generazione in guerra - già, a sua volta, figlia di una prima guerra - che partecipò alla lotta partigiana e che disse di no alle lusinghe del fascismo.

 

 

Fu una generazione che si nutrì obbligatoriamente di coraggio e privazione, sacrificio e forza, composta da ragazzi che dovettero crescere in fretta, frastornati dalle propagande e dalla clausura.

Lasciati tristemente orfani di una cultura democratica, videro cadere l'ultimo velo di Maya durante lo scenario atroce della guerra, quando ogni minima traccia d'innocenza venne sradicata con violenza dai loro occhi. A loro nulla venne risparmiato e furono gli esponenti di una generazione di giovani sicuramente soggiogati ma al contempo ribelli, impauriti eppure eroici, acerbi ma anche coriacei.

I ragazzi della seconda guerra vissero e subirono il peggio della natura umana, accompagnati dall'agghiacciante terrore di poter morire ancora prima di avere avuto la possibilità di lasciare una qualsiasi traccia di se stessi nel mondo, a conferma della loro esistenza.

Ma quei giovani degli anni '40 in camicie e giacche imbottite, soprabiti scampanati o rigorosi tailleurs, resi così severi anche da un abbigliamento assoggettato al razionamento dei tessuti - difatti, non a caso, il costume a due pezzi fu ideato nel corso degli anni '40 con l'unico intento di risparmiare quantitativi di stoffa - riuscirono comunque ad esprimersi ed ingegnarsi, unendo praticità e solidità ad astuzie creative.

Erano gli anni delle suola a zeppa e dei tacchi in sughero e legno ed il vestiario estremamente semplificato contribuì a far confluire tutta la fantasia nella realizzazione di cappelli che si rivelarono sia elementi ornamentali sia pratici, utili per ricoprire pensieri cupi e capigliature necessariamente poco curate. Ed allo stesso modo, le giovani della Greatest avevano imparato a simulare  le cuciture delle stesse calze di nylon, non più reperibili in tempi di guerra, con l'aiuto di una matita.

La loro fu una generazione rinchiusa e violentata, smarrita, senza una sola risposta a giustificare tutto l'orrore sperimentato e costretta a convivere con il buio ma che riuscì, nonostante tutto, a ritagliarsi scampoli di vita, amore e sorrisi anche all'inferno.

Ed è già fondamentalmente solo per questo

- senza andare a scomodare faziosi, inutili e davvero sciatti paragoni fuori luogo o pericolose arrampicate su vetri già abbondantemente infranti -

che i ragazzi della Greatest Generation furono, al di là di tutto,

"i più grandi".

 

 

P.S.

E' stato un caso, ma non credo al caso,

che nella suddivisione delle sette generazioni,

la seconda

capiti proprio nella settimana della memoria...

E dopo l'interruzione forzata per il disservizio tecnico, 

ecco il ripristino oggi.

 

27/01:

PER SEMPRE,

PER NON DIMENTICARE MAI.

 

 

 

 

 
 
 

LA PRIMA GENERAZIONE: I RAGAZZI PERDUTI

 

Inizia qui il rimescolamento nel calderone del tempo per conoscere o ricordare la prima generazione delle sette, l'ultima infatti sarà quella "Z" che, con il suo facile entusiasmo netflixiano, mi ha indotto a rileggere tutto dal principio

(naturalmente insieme anche al fatto che sono davvero noiose, anacronistiche ed ottuse le solite considerazioni "da vecchi" sulle nuove generazioni e, allo stesso modo, puerili, ingenue ed ignorantelle quelle dei teen agers sulle generazioni precedenti).

 

 

La "prima generazione" - ed anche ultima del 1800 -  definita dalla scrittrice e poetessa statunitense Gertrude Stein come "La generazione perduta", è quella che includeva i nati tra la fine del 1800 e i primi anni del 1900. Vale a dire coloro che furono ragazzi proprio durante la prima guerra mondiale.

Non a caso, infatti, tutti quei ragazzi che, neppure ventenni, prestarono servizio in guerra furono realmente (ed in ogni modo possibile) perduti dal momento che spesero gran parte della loro giovinezza - insieme alle loro vite - a combattere nei campi di battaglia del '15 -'18 o ad attendere e piangere chi probabilmente non sarebbe più tornato.

I ragazzi perduti, quindi, sono a tutti gli effetti loro: i giovani uomini e le giovani donne che, tra il 1914 e il 1919 - proprio come si evince nel romanzo di Vera Brittain, "Generazione perduta" - da un lato si mostrarono tragicamente puri di cuore ma altrettanto tragicamente furono inconsapevoli ed ingenuamente fiduciosi nell'immolarsi. E difatti lo fecero con romantica convinzione e per uno scopo che considerarono assolutamente nobile - pienamente fedeli a quella loro patinata visione di gloria - fino a quando il patriottismo non cominciò ad indossare i suoi abiti più logori ed il sospetto inizió ad insinuarsi con l'aumentare del sangue versato in trincea.

Ma quella lontana generazione, così palesemente falciata dalla guerra, possiede anche altri motivi per essere considerata la Lost génération.

Hemingway stesso, che ne fece parte insieme ai vari Cowley, Scott Fitzgerald, Ezra Pound, Virginia Woolf, Amedeo Modigliani - giusto solo per ricordarne qualcuno - riportó alcuni tra i molteplici rimproveri mossi alla sua generazione, dichiarando apertamente come i reduci di quella guerra venissero considerati dai più anziani alla stregua di reietti senza più rispetto alcuno per nulla e per nessuno. E nemmeno per se stessi, dal momento che vennero etichettati come giovani disposti a buttarsi via con estrema facilità e con particolare dimestichezza ad annullarsi nel conforto amaro degli alcolici.

Ma chi furono davvero quei ragazzi?

Quella fu la generazione che negli anni '20 reagì allo sgomento bellico vissuto con una piena libertà morale e sessuale e che per reazione si abbandonò al cinismo, ricominciando anche a vivere dopo l'orrore sperimentato ma scegliendo  - ancora una volta - di ammantarsi in una nuova illusione, cadendo così da un miraggio dentro l'altro, senza soluzione di continuità. Anche se, questa seconda volta, lo fecero a tempo di musica.

Accompagnati, quindi, dal suono frenetico del jazz, cercarono i propri sogni attraverso l'art déco ed il cabaret a passi di Charleston, sedando ogni inquietudine, gioia o perplessità nel vino fino al nuovo risveglio, con il crac della borsa di Wall Street e la grande crisi del ’29.

I membri della Lost Generation si abbandonarono sicuramente ai loro eccessi; ma vivendo una realtà essenzialmente di stampo bohémien anche nell'esprimere con tutta la loro trasgressione una sfida alle convenzioni morali fino ad allora socialmente accettate.

Eccoli, quindi, i ragazzi perduti degli anni '20: Perduti perché spazzati via dalla guerra, ma anche perduti perché sprezzanti e cinici, ed infine perduti perché sfrontati al punto di scegliere di voler giocare a dadi con i valori di una società disprezzata.

In bilico tra i fantasmi di ideali distrutti e i ricordi di una guerra che li aveva derubati dell'innocenza, si ritrovarono sempre più liberi nello sperimentare facili piaceri senza remore di vincoli, pur continuando, però, a sentirsi fondamentalmente spezzati,  tanto da abbandonarsi alla disperanza più cruda e ad un sarcasmo sempre più pungente verso ogni aspetto della società.

Perduta e persa, quindi, venne considerata questa classe di giovani che prima venne gettata sui campi di battaglia per inseguire un ideale politico ereditato dai padri e che poi, disillusa, venne schiantata dalla catastrofe. Ma anche i reduci di quella giovinezza sprecata, comprendendo l'impossibilità di un ritorno alla normalità e ad una vita civile, sperimentarono la perdita. Quella a che unicamente chi ha vissuto la guerra può dire di avere provato.

La guerra che Paul Wilhelm Baumer, militare ed aviatore tedesco durante quegli anni e decorato la Croce di Cavaliere dell'ordine Pour le Mérite, definì come un'inondazione. E tutta la generazione perduta che subì quella guerra, esattamente come lui ed insieme a lui, poté onestamente dire che quella fu realmente un'inondazione, un'inondazione che li spazzó via dalle loro vite, pur mantenendo i loro nomi e le loro eredità artistiche ancorate per sempre al mondo.

 

 
 
 

Propositi non solo astratti per l'anno nuovo

 

 

 

"Non c'è niente al mondo che desideri la bellezza e sappia diventare bello più dell’anima" 

Maurice Maeterlinck

 


Qualche settimana fa, proprio mentre scoppiava come un temporale fuori stagione quella Mercoledì dance (direttamente estrapolata dalla serie tv di Netflix) che tanto ha esaltato la generazione Z e attirato l'attenzione del web come una primizia irrinunciabile, mi sono chiesta

"Mah, e quindi?"

che, tradotto, può anche significare

"davvero basta così poco per stupire gli adolescenti (ed i loro genitori a ruota) degli anni '20 del 2000?"

Così, stupita per lo stupore verso qualcosa che non mi stupiva, mi sono passate davanti tutte le differenze più evidenti tra la mia generazione - quella degli adolescenti degli anni '90 per intenderci - e quella dei teen e dei ventenni di questo decennio, iniziato appena nel 2020. E non solo. Anche delle altre.

Ma per leggere in modo sufficientemente sensato le strutture portanti di ogni generazione, bisogna rintracciare periodi, accadimenti e fare un po' di ordine, magari cambiando gli addendi e talvolta anche qualche risultato.

Anno nuovo, nuovi inizi? Forse, magari, mai, talvolta...

Gli inizi non dipendono mai da un calendario

ma in questo caso qualcosa da rinnovare e riformulare sono proprio le etichette e quello che mi preme é mandare in revisione le precedenti classificazioni generazionali per svecchiarne le denominazioni.

E dal momento che i linguaggi e le definizioni sono fenomeni in movimento, non credo di infrangere alcuna legge - scritta o meno - buttando nel calderone tutti gli anni a partire dal primo Novecento ad oggi per rimestarne i contenuti. E per riformulare le genti e le generazioni partendo dall'inizio, vale a dire da quella che è stata la "Generazione perduta" - l'ultima del 1800, che ha preceduto la prima generazione del secolo scorso - fino ad arrivare a dove ci troviamo ora. Ma lo faremo dalla prossima puntata.

Perchè oggi è ancora tempo di doni e di auguri.

E se è vero che non c'è niente al mondo che desideri la bellezza e sappia diventare bello più dell’anima è conseguentemente vero che niente e nessuno può avere più fascino di un’anima che si dedica alla bellezza. Ma la bellezza non fa rima con la noia e certo è ben lontana dalla sguaiatezza, pertanto...per il mio personale nuovo anno (qualsiasi data d'inizio esso abbia) e proprio oggi,

nel giorno dell'ἐπιϕάνεια

- che tanto nel sacro quanto per il profano ha pur sempre il medesimo significato di manifestazione del divino -

ho scelto di farmi un particolare augurio.

Pur essendo "kandinskijanamente" astratta per natura, cercherò di stupirmi più di quanto non sia riuscita a fare la nuova Mercoledì Addams danzante, rendendo sostanziali queste specifiche intenzioni di bellezza.

 

ED ECCO LA MIA LISTA DEI MAGNIFICI 4 AUGURI:

 

1. Essere così tanto stratosfericamente avanti da non dover sentire più l'esigenza di spiegare un paradosso;

2. Essere così serenamente consapevole da non dovermi sentire toccata dall'altrui approvazione o disapprovazione;

3. Ricordarmi che si può essere davvero intelligenti soltanto quando si abbandona la permalosità, si mantiene un'umile autoironia e non si reagisce alla sgradevolezza che ci attacca diventando anche noi sgradevoli.

Anche perché, a dirla tutta, nel diventare pattumiera in risposta alle discariche, gli unici risultati che otteniamo in termini estetici sono quelli di trasformarci in spazzatura e di essere maleodoranti.

Ma, soprattutto...

se come dicono al sud, 1 parola è poco ma 2 sono già troppe,

il mio quarto proposito è quello d'impegnarmi a dirne soltanto

1 e 1/2.

 

 

 

P.S.

Per ora facciamo 2 con punto esclamativo:

BUON ANNO!

 

 

 
 
 

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