Creato da ElettrikaPsike il 17/12/2012

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Dillo, bella strega...se lo sai, Adorabile strega…Dimmi, conosci l’irremissibile? (I fiori del male, C. Baudelaire)

 

 

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LA PRIMA GENERAZIONE: I RAGAZZI PERDUTI

 

Inizia qui il rimescolamento nel calderone del tempo per conoscere o ricordare la prima generazione delle sette, l'ultima infatti sarà quella "Z" che, con il suo facile entusiasmo netflixiano, mi ha indotto a rileggere tutto dal principio

(naturalmente insieme anche al fatto che sono davvero noiose, anacronistiche ed ottuse le solite considerazioni "da vecchi" sulle nuove generazioni e, allo stesso modo, puerili, ingenue ed ignorantelle quelle dei teen agers sulle generazioni precedenti).

 

 

La "prima generazione" - ed anche ultima del 1800 -  definita dalla scrittrice e poetessa statunitense Gertrude Stein come "La generazione perduta", è quella che includeva i nati tra la fine del 1800 e i primi anni del 1900. Vale a dire coloro che furono ragazzi proprio durante la prima guerra mondiale.

Non a caso, infatti, tutti quei ragazzi che, neppure ventenni, prestarono servizio in guerra furono realmente (ed in ogni modo possibile) perduti dal momento che spesero gran parte della loro giovinezza - insieme alle loro vite - a combattere nei campi di battaglia del '15 -'18 o ad attendere e piangere chi probabilmente non sarebbe più tornato.

I ragazzi perduti, quindi, sono a tutti gli effetti loro: i giovani uomini e le giovani donne che, tra il 1914 e il 1919 - proprio come si evince nel romanzo di Vera Brittain, "Generazione perduta" - da un lato si mostrarono tragicamente puri di cuore ma altrettanto tragicamente furono inconsapevoli ed ingenuamente fiduciosi nell'immolarsi. E difatti lo fecero con romantica convinzione e per uno scopo che considerarono assolutamente nobile - pienamente fedeli a quella loro patinata visione di gloria - fino a quando il patriottismo non cominciò ad indossare i suoi abiti più logori ed il sospetto inizió ad insinuarsi con l'aumentare del sangue versato in trincea.

Ma quella lontana generazione, così palesemente falciata dalla guerra, possiede anche altri motivi per essere considerata la Lost génération.

Hemingway stesso, che ne fece parte insieme ai vari Cowley, Scott Fitzgerald, Ezra Pound, Virginia Woolf, Amedeo Modigliani - giusto solo per ricordarne qualcuno - riportó alcuni tra i molteplici rimproveri mossi alla sua generazione, dichiarando apertamente come i reduci di quella guerra venissero considerati dai più anziani alla stregua di reietti senza più rispetto alcuno per nulla e per nessuno. E nemmeno per se stessi, dal momento che vennero etichettati come giovani disposti a buttarsi via con estrema facilità e con particolare dimestichezza ad annullarsi nel conforto amaro degli alcolici.

Ma chi furono davvero quei ragazzi?

Quella fu la generazione che negli anni '20 reagì allo sgomento bellico vissuto con una piena libertà morale e sessuale e che per reazione si abbandonò al cinismo, ricominciando anche a vivere dopo l'orrore sperimentato ma scegliendo  - ancora una volta - di ammantarsi in una nuova illusione, cadendo così da un miraggio dentro l'altro, senza soluzione di continuità. Anche se, questa seconda volta, lo fecero a tempo di musica.

Accompagnati, quindi, dal suono frenetico del jazz, cercarono i propri sogni attraverso l'art déco ed il cabaret a passi di Charleston, sedando ogni inquietudine, gioia o perplessità nel vino fino al nuovo risveglio, con il crac della borsa di Wall Street e la grande crisi del ’29.

I membri della Lost Generation si abbandonarono sicuramente ai loro eccessi; ma vivendo una realtà essenzialmente di stampo bohémien anche nell'esprimere con tutta la loro trasgressione una sfida alle convenzioni morali fino ad allora socialmente accettate.

Eccoli, quindi, i ragazzi perduti degli anni '20: Perduti perché spazzati via dalla guerra, ma anche perduti perché sprezzanti e cinici, ed infine perduti perché sfrontati al punto di scegliere di voler giocare a dadi con i valori di una società disprezzata.

In bilico tra i fantasmi di ideali distrutti e i ricordi di una guerra che li aveva derubati dell'innocenza, si ritrovarono sempre più liberi nello sperimentare facili piaceri senza remore di vincoli, pur continuando, però, a sentirsi fondamentalmente spezzati,  tanto da abbandonarsi alla disperanza più cruda e ad un sarcasmo sempre più pungente verso ogni aspetto della società.

Perduta e persa, quindi, venne considerata questa classe di giovani che prima venne gettata sui campi di battaglia per inseguire un ideale politico ereditato dai padri e che poi, disillusa, venne schiantata dalla catastrofe. Ma anche i reduci di quella giovinezza sprecata, comprendendo l'impossibilità di un ritorno alla normalità e ad una vita civile, sperimentarono la perdita. Quella a che unicamente chi ha vissuto la guerra può dire di avere provato.

La guerra che Paul Wilhelm Baumer, militare ed aviatore tedesco durante quegli anni e decorato la Croce di Cavaliere dell'ordine Pour le Mérite, definì come un'inondazione. E tutta la generazione perduta che subì quella guerra, esattamente come lui ed insieme a lui, poté onestamente dire che quella fu realmente un'inondazione, un'inondazione che li spazzó via dalle loro vite, pur mantenendo i loro nomi e le loro eredità artistiche ancorate per sempre al mondo.

 

 
 
 
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