EnodasIl mio mondo... |
... " Non si conoscono che le cose che si addomesticano", dissela volpe." gli uomini non hanno più tempo per conoscere nulla. Comprano dai mercanti le cose già fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini non hanno più amici. Se tu vuoi un amico addomesticami!" ...
... "Ma piangerai!" disse il piccolo principe.
"E' certo",disse la volpe.
"Ma allora ch eci guadagni?"
"Ci guadagno", disse la volpe, "il colore del grano".
soggiunse: "Va a rivederele rose. Capirai che la tua è unica al mondo". ...
... "Addio",disse la volpe. "Ecco il mio segreto. E' molto semplice: non si vede bene che col cuore. L'essenziale è invisibile agli occhi".
"L'essenziale è invisibile agli occhi", ripeté il piccolo principe, per ricordarselo.
"E' il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante".
"E' il tempo che ho perduto per la mia rosa…" sussurrò il piccolo principe per ricordarselo.
"Gli uomini hanno dimenticato questa verità. Ma tu non la devi dimenticare. Tu diventi responsabile per sempre di quello che hai addomesticato. Tu sei responsabile della tua rosa…"
Tutte le foto contenute in questo blog, se non specificato diversamente, sono mie e come tali sono protette da diritto d'autore. Rappresentano un momento, un istante, un'idea un'emozione.
Ho costruito un sito per raccoglierne alcune, e condividere una passione nata e cresciuta negli ultimi anni. Il sito é raggiungibile cliccando l'immagine qui sotto:
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ultimo aggiornamento: 20 Febbraio 2014
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Post n°462 pubblicato il 24 Marzo 2014 da enodas
Osservo il paesaggio che scorre oltre il finestrino. Verso Segovia, o Sego, come scrive sul telefonino la ragazza seduta vicino a me. Su un autobus chiamato La Sepulvedana. Ecco, per me basterebbe questo ad aggiungere una tonalità di colore in più ad un paesaggio che si svela così, attraverso un vetro che scivola via. Viaggerò in bus, nel cuore della Spagna. La mattina presto, con i bambini che vanno a scuola da paese a paese, nel primo pomeriggio con una ragazza che studia a Madrid e torna verso casa.
Sono partito con l'autobus della mattina. Ho disceso le strade della città deserta quando ancora era buio. A malincuore, le ho lasciate dietro di me. Quasi nel silenzio di una notte che ancora allungava le mani. Assonnato per l'orario, che non ho potuto scegliere. Il bus si ferma attraverso agglomerati di case, tra un punto e l'altro della Castilla y Leon, raccoglie ragazzini che vanno a scuola. Ed io, con loro sono in viaggio per Avila, arrivo che é tutto chiuso, e quell'aria fredda dai monti vicino mi afferra le ossa. E così questa volta la mattina, cammino per una città deserta, entro le navate di una cattedrale buia e silenziosa, unica porta aperta per le funzioni mattutine che mi protegge dal freddo.
Era la città delle spade, e non lo sapevo. E' la città dei cavalieri, e pure questo non ne ero molto sicuro, Eppure già qui si spalancano le porte della Mancha, e la sagoma del cavaliere che leggeva libri e si lanciava contro i mulini a vento, e quella del suo scudiero compaiono ovunque nelle vetrine. I mulini chissà, saranno là, oltre le colline, oltre la piega del Tago che gira attorno la città. Non immaginavo Toledo così bella. Lo capisco da subito, appena passato sotto la porta senza capire dove fossi e dove dovessi andare. Che queste strade di un altro mondo, vecchio di secoli, tutte in salita, in discesa, formano un labirinto affascinante. Mi colpisce il silenzio, ancora. Quello che improvvisamente si dissolve come si spalanca la piazza di fronte, nel cuore della città. Mi colpisce perché sembra carico di una storia intera, sotto le volte imponenti e la foresta di pilastri della cattedrale, dietro lo scrigno di tesori che sono dispersi tra le calli. Ecco, le spade sembrano quasi tintinnare, incrociarsi una con l'altra e sferragliare, dietro l'angolo, come il lavoro preciso di un artigiano che incide sull'argento o il colpo di pennello sulla ceramica.
Mi affascina sapere che proprio da questa porta passò il pittore, appena giunto in città. Come quel suono lontano, quasi un'evocazione, di campane, nelle tenebre del tempo. Si fermò qui, e non vide qualcosa di molto differente da ciò che vedo ora. Così, su quelle stesse note, evoco i suoi passi tra le strade illuminate la sera. Scendo giù fino alla Juderia, il vecchio quartiere ebraico, dove peraltro quel pittore visse, e poi ancora fino al ponte, prima di svoltare verso il convento, lasciando l'ultima sinagoga alle spalle, risalendo le scale, sotto il passaggio. Mi immergo nel silenzio di queste strade. Suggestione. Una musica lontana, ed il movimento di un gatto che fa cadere qualcosa, sui ciottoli, la interrompe, un attimo soltanto; le luci delle taverne invece filtrano, così come una voce dietro un portone. Risalgo fino al castello, la Placa Mayor, la stretta strada che gira attorno la cattedrale, tutto questo labirinto che gira attorno ad un centro spirituale e di potere, nel profondo della Spagna, mi perdo una notte d'inizio primavera.
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