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la musica, suonare il pianoforte, suonare il mio violino, la luce del tramonto, ascoltare il mare in una spiaggia deserta, guardare il cielo stellato, l’arte, i frattali, viaggiare, conoscere e scoprire cose nuove, perdermi nei musei, andare al cinema, camminare, correre, nuotare, le immagini riflesse sull’acqua, fare fotografie, il profumo della pioggia, l’inverno, le persone semplici, il pane fresco ancora caldo, i fuochi d’artificio, la pizza il gelato e la cioccolata


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l’ipocrisia, l’opportunismo, chi indossa una maschera solo per piacere a qualcuno, l’arroganza, chi pretende di dirmi cosa devo fare, chi giudica, chi ha sempre un problema più grosso del mio, sentirmi tradito, le offese gratuite, i luoghi affollati, essere al centro dell’attenzione, chi non ascolta, chi parla tanto ma poi…, l’invidia, il passato di verdura





 
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Post n°516 pubblicato il 28 Dicembre 2014 da enodas

 

 

"Dio, tu che ti celi nelle nuvole,
o dietro la casa del calzolaio, fa che la mia anima,
anima dolorosa di ragazzo balbuziente si riveli,
mostrandomi la strada.
Non vorrei essere uguale a tutti gli altri:
voglio vedere un mondo nuovo."

 

 

Credo di esere in un sogno. Non ho altra spiegazione che questa. Accanto a me fluttuano immagini, volti blu in un tentero bacio, capre, mucche, violinisti, figure danzanti, fiori e vagabondi. Un uomo si libra nell'aria, tenuto per mano dalla sua donna. La stessa che, volando, si volta a baciare. Ho ancora in mente quel titolo, pochi anni fa. Un mondo sottosopra. Ecco, oltre ad essere sottosopra, credo che questo sia un mondo onirico, un mondo dell'anima, dei sentimenti. L'amore dovrebbe essere come lo descrive Marc Chagall, ho letto da qualche parte.
Ogni volta che guardo un dipinto é come se sentissi questa frase. Non saprei immaginare altro. Una poetica straordinaria, che parla dritto al cuore, che commuove, coinvolge e carezza l'animo. Usando un linguaggio universale, tanto da rimanere impresso e riconoscibile da chiunque. Mi prende per mano e mi guida, attraverso la storia di una vita, quella di un uomo, attraverso i ricordi che lega a sé, attraverso anche agli orrori del mondo. E con leggerezza mi sostiene, forse anche io sospeso su questa bellezza semplice e profonda che mi entra dentro.

 

"E' soltanto mio
Il paese che é nell'anima mia
Vi entro senza passaporto
Come a casa mia
Vede la mia tristezza
E la mia solitudine
Mi addormenta
E mi copre con una pietra profumata."

 

 

"I fiori possono fare dimenticare un momento drammatico,
ma possono anche rievocarlo."

 

Non si tratta soltanto del titolo. La mostra di Palazzo Reale mantiene davvero le promesse di offrire una visuale ampia e completa della parabola artistica di Marc Chagall. Più, ancora, di una vita intera. Una vita lunga, attraverso un secolo che rappresenta il passaggio alla modernità con tutti i suoi drammi. Gli stessi che Chagall visse di persona, spettatore della storia a cavallo di due guerre, esule sempre, e su se stesso, sconvolto da quei drammi che lacerano il cuore. Tutto questi, questi passaggi stretti, quasi obbligati, dell'uomo Chagall, vengono scomposti di sezione in sezione, mettendo in luce tutti quegli aspetti che vanno oltre le immagini più immediate degli amanti abbracciati in un volo pindarico. No, Chagall seppe guardare in faccia le grandi tragedie dell'uomo, ritrasse e denunciò il male assoluto, il torbido dell'uomo, le sofferenze del suo popolo, raccontò la perdita inaspettata della sua Bella, il suo vuoto interiore, ed infine i colori, i fiori, come gioia, che seppe ritrovare, una volta rientrato nel sud della Francia. Lo ha sempre fatto con un linguaggio particolare, immediatamente riconoscibile ed immediatamente immediato, guardando il mondo con quella stessa meraviglia, quella stessa voglia di vivere e quello stesso ottimismo che respirano dalle sue opere. Un linguaggio che ha attinto alle avanguardie, alle correnti artistiche, senza mai aderirvi completamente, ma attingendo, come attinse, a piene mani nella tradizione del suo popolo, la cultura ebraica, le reminescenze della sua Russia, e della cultura cristiana, tutte filtrate attraverso i colori e le figure che come reminescenze popolano i suoi quadri narrando sempre una storia differente. Il violino, le capre, l'ebreo errante, i paesi innevati, il crocifisso, i fiori, tutti protagonisti che tornano, mai a caso. Perché Chagall, raccontava l'uomo, anche a rischio di mettere a nudo la propria fragilità, e lo faceva con grazie e poesia, trasfigurando in un mondo onirico, la sua propria riflessione sulla vita.

 

"Devo dipingere la terra, il cielo,
Ciò che porto nel cuore
La città in fiamme, la gente in fuga
I miei occhi pieni di lacrime
O devo fuggire, verso chi volare via
Colui che da laggiù dona la vita
Colui che decide della morte
Forse farà sì
Che il mio quadro risplenda"

 

 

"[...] La mostra è la più grande retrospettiva degli ultimi 50 anni mai dedicata in Italia a Marc Chagall, con oltre 220 opere che guideranno i visitatori lungo tutto il percorso artistico di Marc Chagall, accostando, spesso per la prima volta, opere ancora nelle collezioni degli eredi, e talvolta inedite, a capolavori provenienti dai maggiori musei del mondo, quali il MoMa, il Metropolitan Museum di New York, la National Gallery di Washington, il Museo Nazionale Russo di San Pietroburgo, il Centre Pompidou, oltre a 50 collezioni pubbliche e private che hanno generosamente collaborato.

Il percorso scientifico nasce da un interrogativo e da un’esigenza: da una parte il tentativo di capire quale fu la forza che permise a un pittore che pure sperimentò i linguaggi di tutte le avanguardie, di rimanere sempre così coerente con se stesso; dall’altra, l’esigenza di individuare nell'opera di Chagall, il segreto della poesia di quest'uomo fragile che pure seppe mantenersi sempre fedele alla propria tradizione e, insieme, alla propria umanità in un mondo scosso da catastrofi indicibili e fino ad allora inimmaginabili.

Il tema dell’esposizione è dunque centrato su una nuova interpretazione del linguaggio di Chagall, la cui vena poetica si è andata costruendo nel corso del ‘900 attraverso la commistione delle maggiori tradizioni occidentali europee: dall’originaria cultura ebraica, a quella russa, all’incontro con la pittura francese delle avanguardie.
[...]

Lungo il percorso espositivo i visitatori avranno modo di capire come fu possibile che Chagall, pur vivendo in un perenne esilio, non abbia mai perso quel filo rosso che gli tenne sempre nel cuore il bimbo che era stato; come seppe mantenere intatta, attraverso il tempo e le vicissitudini terribili che attraversarono la sua esistenza, la forma dello stupore, la gioia della meraviglia di fronte alla natura e all’umanità e, insieme ad esse, la fiducia di credere e di provare in tutti i modi a costruire un mondo migliore.

E ancora scopriranno la sua originalissima lingua poetica, nata dall’assimilazione delle tre culture cui appartiene: la cultura ebraica (dalla cui tradizione visiva dei manoscritti ornati egli trae gli elementi espressivi, non prospettici a volte mistici della sua opera); la cultura russa (cui attinge sia attraverso le immagini popolari dei luboki che attraverso quelle religiose delle icone); la cultura occidentale (in cui assimila grandi pittori della tradizione, da Rembrandt come gli artisti delle avanguardie che frequenta con assiduità).

Insieme a tutto questo vedranno anche il suo senso della meraviglia di fronte alla natura, di stupore di fronte alle creature viventi che lo colloca più vicino alle fonti medievali che a quelle novecentesche.
I fiori e gli animali, presenza costante nei suoi dipinti, gli consentono da una parte di superare l’interdizione ebraica della raffigurazione umana, mentre dall’altra, come nell’antica cultura medievale russa, essi divengono le metafore di un universo possibile in cui tutti gli esseri viventi possono vivere pacificatiLa sua arte viene a costituire una sorta di "metissage" fra le culture e le tradizioni e nella volontà di fare della contaminazione un valore, dell’opera d’arte un linguaggio in grado di esprimere alcuni interrogativi a tutt’oggi irrisolti dall’umanità, sta la radice fondamentale della sua modernità."

(dall'Introduzione alla mostra "Chagall. Una retrospettiva")

 

[...]



"Forse non dirò tutto. Non mi bastano le forze per pensare a me stesso, quando i miei quadri mi fanno tanto soffrire, non mi bastano le forze per parlare di me, quando ogni parola é come una lacrima che brucia la pelle. E se queste parole rimanessero per sempre, rimanessero dopo di te, come ombre, queste parole che implorano grazia? Eppure, non c'é stato giorno della mia vita in cui abbia dubitato di me, del mio lavoro, in cui non abbia ricordato di essere stato l'ultimo della classe. Come se camminassi su un ponte d'aria, e gli anni della mia vita, trasparenti come nuvole, si estendessero come una veste luminosa, senza corpo. Vedo la danza di mani e piedi, colgo il suono delle parole, sento l'eco dei secoli, come se qualcuno mi baciasse e mi parlasse della vita che ho vissuto, e sono tutto come un mazzo di rose, un mazzo di marmo, ricoperto dalla rugiada del mattino."

 

 

 
 
 
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