EnodasIl mio mondo... |
... " Non si conoscono che le cose che si addomesticano", dissela volpe." gli uomini non hanno più tempo per conoscere nulla. Comprano dai mercanti le cose già fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini non hanno più amici. Se tu vuoi un amico addomesticami!" ...
... "Ma piangerai!" disse il piccolo principe.
"E' certo",disse la volpe.
"Ma allora ch eci guadagni?"
"Ci guadagno", disse la volpe, "il colore del grano".
soggiunse: "Va a rivederele rose. Capirai che la tua è unica al mondo". ...
... "Addio",disse la volpe. "Ecco il mio segreto. E' molto semplice: non si vede bene che col cuore. L'essenziale è invisibile agli occhi".
"L'essenziale è invisibile agli occhi", ripeté il piccolo principe, per ricordarselo.
"E' il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante".
"E' il tempo che ho perduto per la mia rosa…" sussurrò il piccolo principe per ricordarselo.
"Gli uomini hanno dimenticato questa verità. Ma tu non la devi dimenticare. Tu diventi responsabile per sempre di quello che hai addomesticato. Tu sei responsabile della tua rosa…"
Tutte le foto contenute in questo blog, se non specificato diversamente, sono mie e come tali sono protette da diritto d'autore. Rappresentano un momento, un istante, un'idea un'emozione.
Ho costruito un sito per raccoglierne alcune, e condividere una passione nata e cresciuta negli ultimi anni. Il sito é raggiungibile cliccando l'immagine qui sotto:
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ultimo aggiornamento: 20 Febbraio 2014
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l’ipocrisia, l’opportunismo, chi indossa una maschera solo per piacere a qualcuno, l’arroganza, chi pretende di dirmi cosa devo fare, chi giudica, chi ha sempre un problema più grosso del mio, sentirmi tradito, le offese gratuite, i luoghi affollati, essere al centro dell’attenzione, chi non ascolta, chi parla tanto ma poi…, l’invidia, il passato di verdura
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Post n°573 pubblicato il 26 Settembre 2015 da enodas
"... Ed io gli risposi che già da un mese ne stavo scrivendo la musica. Di per sé, come soggetto, l'Uccello di fuoco non mi attirava granché. E questa ne era la ragione: al pari di tutte le vicende legate ad una destinazione ballettistica, v'era la necessità di un genere di musica descrittiva che allora non avevo intenzione di scrivere perché non ero tanto sicuro dei miei mezzi creativi e non mi ritenevo in grado di criticare apertamente le teorie estetiche dei miei collaboratori. Nondimeno, decisi di farmi valere, e con arroganza, pur avendo soltanto ventisette anni. In realtà tutta la sottile arte diplomatica di Diaghilev risolse ogni problema il giorno che venne a trovarmi insieme al coreografo Fokine, al ballerino Nijinskij, agli scenografi Bakst e Benois; e quando tutti assieme, tutti e cinque, proclamarono formalmente la loro fiducia nel mio talento, allora, solo allora credetti in me stesso e accettai. ..." (Igor Stravinskij)
In realtà, non so esattamente quale sia la trama raccontata dalla musica. Certo, basta un titolo, suggestivo e vagamente oscillante tra la minaccia e la magia, per lasciare libera interpretazione, una volta spente le luci e lasciate all'orchestra le note estratte dal balletto. Quello che più si accosta alla mia immaginazione, é il cortometraggio che chiude la seconda Fantasia, con la sua introduzione che punta alla lotta tra bene e male. Ecco, la fiaba, in effetti é questa contrapposizione, in un mondo fantastico, abitato da creature fantastiche, personaggi magici e principesse. Ecco, l'altra sera, mentre l'orchestra suonava, venivano proiettate altre immagini, di un castello magico e di una storia tremenda. Come le note iniziali, del resto, che addentrano in un tunnel oscuro dal quale sembra non ci sarà ritorno. Tremende le armonie, i cambi dei temi, di ritmo, di suoni. Ecco, Stravinskij per me é un compositore straordinario, autore di musiche tra le più belle ed allo stesso tempo impressionanti del Novecento. Ma due in particolare riescono a rapire la mia mente e tutte quelle energie che può estrarre l'ascoltare musica, entrambe originarie da balletti: L'uccello di fuoco e la Sagra della Primavera. Non credo sia un caso che in diverse versioni anche Walt Disney abbia attinto ad entrambe. Come non credo sia un caso che interpretazioni nuove, come quella cui ho assistito l'altra sera, continuino ad attingervi per narrare. Raccontare, appunto, con quella voce primordiale che sgorga tra le note, un in mondo cupo, sconvolto, dove eventi onirici si scontrano e dove, infine, un Bene trionfa. Ho lasciato che questa musica sgorgasse passione, senza distogliere lo sguardo dallo schermo proiettato sopra l'orchestra.
"... La première fu scintillante e ne conservo un ricordo memorabile. Ero nel palco di Diaghilev e, alla fine del balletto, fui chiamato diverse volte alla ribalta. Stavo ancora inchinandomi agli applausi del pubblico quando mi cadde in testa il sipario: Diaghilev corse ad aiutarmi e accanto a lui notai un signore dalla bella fronte spaziosa che mi rivolse la parola, presentandosi. Il suo nome era Claude Debussy. Ebbe espressioni gentili per la mia musica e m'invitò a cenare con lui. L'uccello di fuoco è, dal punto di vista stilistico, legato a quell'epoca, e segnato da un particolare rigore che è più evidente che in altre musiche legate a motivi d'ascendenza folclorica, ma, ora, non vi ritrovo una particolare originalità. Riconosco che la composizione presentava tutte le condizioni utili a riscuotere successo: successo che fu immancabile e non solo a Parigi. Quando mi orientai a trarne una Suite per l'esecuzione concertistica, l'Uccello di fuoco figurava sui cartelloni dell'intera Europa e, salvo che in Russia, non è mai uscito dal normale repertorio orchestrale. Ho da aggiungere, in proposito, ancora un ricordo: l'Uccello di fuoco ha svolto un ruolo fondamentale nella mia carriera di direttore d'orchestra, perché proprio a questa musica è legato il mio debutto come direttore: fu nel 1915, a Parigi, quando condussi l'esecuzione dell'intero balletto per una manifestazione a beneficio della Croce Rossa. Da allora sino al 1962, data di questo mio ricordo, l'ho diretto non meno di un migliaio di volte. Ma anche se l'avessi diretto diecimila volte, tale esperienza non sarebbe riuscita a cancellare dalla mia memoria il ricordo del terrore che soffersi quella prima sera del debutto nel lontano 1915". (Igor Stravinskij)
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