EnodasIl mio mondo... |
... " Non si conoscono che le cose che si addomesticano", dissela volpe." gli uomini non hanno più tempo per conoscere nulla. Comprano dai mercanti le cose già fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini non hanno più amici. Se tu vuoi un amico addomesticami!" ...
... "Ma piangerai!" disse il piccolo principe.
"E' certo",disse la volpe.
"Ma allora ch eci guadagni?"
"Ci guadagno", disse la volpe, "il colore del grano".
soggiunse: "Va a rivederele rose. Capirai che la tua è unica al mondo". ...
... "Addio",disse la volpe. "Ecco il mio segreto. E' molto semplice: non si vede bene che col cuore. L'essenziale è invisibile agli occhi".
"L'essenziale è invisibile agli occhi", ripeté il piccolo principe, per ricordarselo.
"E' il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante".
"E' il tempo che ho perduto per la mia rosa…" sussurrò il piccolo principe per ricordarselo.
"Gli uomini hanno dimenticato questa verità. Ma tu non la devi dimenticare. Tu diventi responsabile per sempre di quello che hai addomesticato. Tu sei responsabile della tua rosa…"
Tutte le foto contenute in questo blog, se non specificato diversamente, sono mie e come tali sono protette da diritto d'autore. Rappresentano un momento, un istante, un'idea un'emozione.
Ho costruito un sito per raccoglierne alcune, e condividere una passione nata e cresciuta negli ultimi anni. Il sito é raggiungibile cliccando l'immagine qui sotto:
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ultimo aggiornamento: 20 Febbraio 2014
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Post n°584 pubblicato il 13 Dicembre 2015 da enodas
Chapter 2 - The gateway to India (1) 1,4 Novembre
Da dove dovrei iniziare... la porta d'ingresso dell'India si affaccia sul mare, di fronte a grattacieli persi nella foschia, barconi legati uno con l'altro e davanti ad un hotel di lusso segnato pochi anni fa da eventi cruenti. Il sole é caldo, già la prima mattina, e preannuncia una giornata di afa malgrado sia su una di quelle imbarcazioni che oscillano mollemente prima di salpare gli ormeggi.
Dharavi é lo slum più grande dell'Asia. Così, almeno lo presentano, voci contrarie contestano. Non ha importanza. Dharavi é uno slum. Enorme, per la densità di popolazione, un milione - forse di più, forse di meno - nello spazio di un quartiere. Dove slum sta semplicemente per abusivo. No, é ovviamente molto di più: l'assenza di acqua corrente, di elettricità, di spazio. Forse. Perché rimane un mondo inaccessibile. Non di dignità, questo no, non mi sento di poterlo dire né tantomeno giudicare, e questo mi sembrerebbe. Perché nell'anima di questa città nella città confluiscono persone da ogni parte dell'India, uomini che stipati in spazi angusti vivono e lavorano senza sosta, ed ogni azione della vita si muove su un unico palcoscenico, fatto di case agglomerate, strade che quasi scompaiono tanto diventano strette, prima di sbucare nel mezzo di un corteo per la nascita di un bambino, o in un bazar allungato ai lati della strada, uno spazio dove la terracotta é lasciata essicare, onu spazio dove si fa il pane, o il ridosso di una discarica. Ed allora, cos'é la dignità, un concetto diverso da quello che potrei esprimere secondo i miei parametri. Quando cozza con il sorriso della gente, l'invito ad entrare, il mio sguardo su un mondo di invisibili. Mani laboriose che setacciano plastica, separano, riciclano, o altre che si occupano dei metalli, nessuna mascherina per via del caldo insopportabile sul volto nero ed i polmoni distrutti nel giro di pochi anni. Quando cozza con i colori di un corteo, e tutte le persone estraggono un telefono per fare una foto con te, o la figura di un'anziana accovacciata su se stessa ti porge un bambino o ti invita a modellare l'argilla.
Sono arrivato al mare. Oceano Indiano. Giungere al mare ha sempre lo stesso effetto, indistintamente. Calmante. Anche se il sole quasi impallidisce dietro una foschia che non si sa se si tratti di vapore o inquinamento, tutta quest'aria umida e sporca. Ho ripreso uno di quei treni urbani, sopravvivendo grazie al fatto che sia domenica e non via sia una ressa invivibile. Sono uscito di fronte a quella che é un'enorme lavanderia a cielo aperto, dove si dice un decimo degli abiti vestiti da un oumo indiano sia stato lavato almeno una volta. E poi, ho iniziato a camminare. Lungo una strada che sulla mappa non doveva essere troppo lunga e che invece sembrava infinita. Non riesco a scrollarmi di dosso le prime sensazioni che mi hanno colpito, il caos, la miseria, il contrasto più brutale. Arrivato al mare, infine, una stardina vi penetrava per raggiungere una moschea che come un'isola misteriosa fluttuava in lontananza. Animali, mendicanti, entrambi indistintamente oppressi da deformazioni che non avrei immaginato. Di fronte, sull'altro lato, venditori di oggetti votivi. In mezzo, un flusso continuo di gente, pellegrini e visitatori. Percorrere quei duecento metri o poco più é stato un altro di quei viaggi infiniti, dove infinite scene di umanità si condensavano una sull'altra fino a stordirmi. Così, raggiunta la spiaggia, infine, é quasi un respiro. Oltre tutto ciò che in un giorno mi ha toccato e colpito.
Verso sud, verso il mare e quella porta d'accesso costruita dai Britannici. Verso un'isola a forma di elefante, le cui scale tolgono il fiato anche di primo mattino e nel frattempo un occhio bisogna anche tenerlo sulle scimmie che balzano sugli alberi.
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