EnodasIl mio mondo... |
... " Non si conoscono che le cose che si addomesticano", dissela volpe." gli uomini non hanno più tempo per conoscere nulla. Comprano dai mercanti le cose già fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini non hanno più amici. Se tu vuoi un amico addomesticami!" ...
... "Ma piangerai!" disse il piccolo principe.
"E' certo",disse la volpe.
"Ma allora ch eci guadagni?"
"Ci guadagno", disse la volpe, "il colore del grano".
soggiunse: "Va a rivederele rose. Capirai che la tua è unica al mondo". ...
... "Addio",disse la volpe. "Ecco il mio segreto. E' molto semplice: non si vede bene che col cuore. L'essenziale è invisibile agli occhi".
"L'essenziale è invisibile agli occhi", ripeté il piccolo principe, per ricordarselo.
"E' il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante".
"E' il tempo che ho perduto per la mia rosa…" sussurrò il piccolo principe per ricordarselo.
"Gli uomini hanno dimenticato questa verità. Ma tu non la devi dimenticare. Tu diventi responsabile per sempre di quello che hai addomesticato. Tu sei responsabile della tua rosa…"
Tutte le foto contenute in questo blog, se non specificato diversamente, sono mie e come tali sono protette da diritto d'autore. Rappresentano un momento, un istante, un'idea un'emozione.
Ho costruito un sito per raccoglierne alcune, e condividere una passione nata e cresciuta negli ultimi anni. Il sito é raggiungibile cliccando l'immagine qui sotto:
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ultimo aggiornamento: 20 Febbraio 2014
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Post n°627 pubblicato il 24 Maggio 2016 da enodas
Sono uscito per strada. Sembrava giorno. Tanto che ho pensato che non fosse così tardi. E invece, era un'illusione. Incredibile, con un sorriso. Tante sono le luci attorno a Times Square che, viste dall'alto, dalla cima dell'Empire State Building, creano un fascio che riesce a spiccare in un panorama che non é esattamente buio profondo, un bombardamento di pannelli mobili sopra la testa quando si cammina, da terra, al centro di questa congestione di sensazioni visive e sonore. Affollatissima in ogni momento, iperattiva, energia allo statto puro, per certi versi pacchiana, oversize, esagerata, non ha importanza: tutti i simboli di new York, dai taxi gialli ai grattacieli svettanti le pensiline d'ingresso ai teatri di Braodway si incontrano qui, tra ricorsi a foto storiche e cliche collettivi, su "una giungla d'asfalto dove si producono sogni".
Questo é un musical nella sua definizione più classica. Un musical dove "la città che non dorme mai mette in scena la città dell'amore", come ho letto non so dove. Questo é un musical vecchio stile, tradotto in film, navigato negli anni. La musica di George e Ira Gershwin é indiscutibile, e corona scene di ballo vero e proprio così come grandi numeri di spettacolo. Luci che si irradiano da dietro il palcoscenico, tra vetri e riflessi luminosi. E la storia scorre leggera, come l'ambientazione in una città che lontanamente, nella storia, esce da una guerra, come leggera é questa gioia di vivere che anima la trama, fa volare i personaggi su note danzanti, con brio, delicatezza e romanticismo. D'altri tempi.
"...It's plain to see I'm yours, you're mine
Le "Arabian Nights" sono le notti del deserto, spazzate da un di sabbiaquasi fosse magia ed una lampada favolosa. Sono le storie raccontate una per notte nell'alcova di un palazzo reale. Sono le notti di Aladdin, direttamente da uno dei cartoni Disney più di successo, almeno per quanto riguarda la mia generazione e la mia idea di cartone animato, con le sue musiche ed il suo genio. E' lui il vero protagonista di questa favola, personaggio dirompente, la cui voce rieccheggia, come un motivo, una volta uscito da teatro. E pure prima, a dire la verità, tanta era l'attesa che avevo creato per questa sera. Così, in bicicletta, canticchiavo il ritornallo della marcia di Agraba. Le notti d'Oriente sono un tappeto magico che fluttua tra le stelle, uno di quei passaggi che in un musical fanno sollevare un sussurro di meraviglia. Alla fine, forse tradito dalle aspettative e dal teatro gremito ed ammassato fino all'ultima fila di posti, nel resto qualcosa mancava, un pizzico di poesia in più, o quella patina da cartone animato, forse, perché fosse uno di quei sogni da Mille e una notte.
"...When the wind's from the east
Sono sceso lungo una scala stretta. Uno di quei luoghi un po' mitici cui uno non darebbe un soldo. E' una serata 'sofisticata' in un carto senso, ora che le luci rimangono soltanto lievemente soffuse e suona musica live, quelle note che non sai definire, non sai iscrivere, ed allora, come diceva una battuta in un film, non può essere altro che jazz. Ed allora mi godo questa serata newyorkese, sciogliendo melodie complicate che nascono forse lì sul momento, in un dialogo incontrollato di voci, strumenti diversi, dal timbro caldo e profondo, un po' gutturale, forse, in qualche momento, una musica senza fine, metamorfosi continua, che a tratti quasi mi porta indietro a quadri come ricordi, finché le luci rimarranno silenziose nel buio.
Sì, é domenica. Folate di vento gelido e cielo limpido, Harlem rimane avvolta in un deserto silenzioso costellato di disegni e colori sulle serrande abbassate. E' una veduta un po' diversa da quanto ci si potrebbe aspettare, ma in fondo qualcosa cambia anche qui. "Good morning! I'm going to sing today... look to the lady with curly hair!", muovendo con ironia le ciocche sistemate sotto il cappellino.
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