EnodasIl mio mondo... |
... " Non si conoscono che le cose che si addomesticano", dissela volpe." gli uomini non hanno più tempo per conoscere nulla. Comprano dai mercanti le cose già fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini non hanno più amici. Se tu vuoi un amico addomesticami!" ...
... "Ma piangerai!" disse il piccolo principe.
"E' certo",disse la volpe.
"Ma allora ch eci guadagni?"
"Ci guadagno", disse la volpe, "il colore del grano".
soggiunse: "Va a rivederele rose. Capirai che la tua è unica al mondo". ...
... "Addio",disse la volpe. "Ecco il mio segreto. E' molto semplice: non si vede bene che col cuore. L'essenziale è invisibile agli occhi".
"L'essenziale è invisibile agli occhi", ripeté il piccolo principe, per ricordarselo.
"E' il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante".
"E' il tempo che ho perduto per la mia rosa…" sussurrò il piccolo principe per ricordarselo.
"Gli uomini hanno dimenticato questa verità. Ma tu non la devi dimenticare. Tu diventi responsabile per sempre di quello che hai addomesticato. Tu sei responsabile della tua rosa…"
Tutte le foto contenute in questo blog, se non specificato diversamente, sono mie e come tali sono protette da diritto d'autore. Rappresentano un momento, un istante, un'idea un'emozione.
Ho costruito un sito per raccoglierne alcune, e condividere una passione nata e cresciuta negli ultimi anni. Il sito é raggiungibile cliccando l'immagine qui sotto:
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ultimo aggiornamento: 20 Febbraio 2014
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Post n°669 pubblicato il 25 Gennaio 2017 da enodas
19-20 Novembre
"Sapevo che la frontiera era vicina. Un'altra frontiera, ma non la vedevo. L'unica cosa che interrompeva il monotono tramonto andino era il riflesso del sole su una struttura metallica..."
Patagonia è anche il nome di una nave. Un traghetto, per la precisione. Ma, come il nome che evoca, non uno qualsiasi. Il Patagonia fa la spola attraverso lo stretto di Magellano, laddove il nome fonde l’epico con l’energia delle onde che fanno danzare la piattaforma della nave. Se ovunque da queste parti il vento è un urlo continuo, qui con i bozzi sordi delle onde assume ancora più potenza. Ho viaggiato per ore guardando oltre un finestrino. La Ruta, in qualche modo, è iniziata ieri, da quella radura silenziosa, ma è oggi, con le sue dodici ore, i controlli di frontiera sulla strada sterrata, il paesaggio piatto che prende consistenza. E’ un inizio, che scorre su quattro ruote, lascia pagine sfogliate, una dopo l’altra, e riflette il mio sguardo sul vetro, oltre il vetro. Mentre il passare delle ore, con quella linea che mi segue da fuori, mi lascia un pensiero di triste malinconia, senza ragione propria, sempre più appresso.
"...La superficie sembra una lamina di metallo, alla quale il sole che spunta sulle cordigliere e le nubi strappano riflessi argentati. Sul ponte di comando, il timoniere e due ufficiali scrutano attenti la superficie. Agli uomini di mare di queste regioni piacciono i fiordi con le onde. Nel movimento dell'acqua riconoscono i banchi di sabbia traditori e gli scogli affilati che si nascondono sotto la superficie..."
"...Rivali all'inizio, si accordarono poi per mettere insieme un impero di estancias, miniere di carbone, celle frigorifere, grandi magazzini, navi mercantili ed un reparto per il recupero delle navi e merci danneggiate in naufragio, operazione nel loro caso più simile ad un atto di pirateria che ad un recupero..."
Era un’entrata anonima in una via laterale. Ci sono giunto perché dall’altra parte, sulla via principale il ristorante dove ero entrato non aveva posto e mi hanno suggerito di venire qua. Ho aperto la porta ed ho trovato una taverna di porto, conosciuta dai cileni del luogo, con pezzi di imbarcazioni appese, brandelli di reti ed immagini di personaggi importanti da Punta Arenas e dintorni. Credo sia stata la cena più bella che abbia avuto. Porzioni abbondanti, birra spillata artigianale, una ragazza gentile a servirmi e le note cantate da un donnone alle mie spalle. Ho lasciato che la gioia e la semplicità del luogo, della gente, mi riscaldassero il cuore e mi accogliessero dopo un lungo viaggio. La luce filtrata del locale aggiungeva colore, riflettendo sui volti, fossero essi reali ed anonimi o quelli in foto su una parete che ripercorreva attraverso di essi un secolo e mezzo di storia, lotte politiche ed avventure dei mari, e modellava la musica.
Chissà se la frontiera era questa: le vie vuote, pezzi di molo interrotto, banchetti allestiti sulla piazza con lana di alpaca. So che queste poche ore sono come un balsamo, forti di quella sensazione di essere giunto a destinazione. Anche in mezzo a questa città di frontiera, dove tutto è silenzio surreale e relitti del passato: quelli fisici, delle imbarcazioni venute a disintegrarsi su queste rive, più in là, verso sud, lungo una spiaggia che diventava via via più ruvida e maledetta, e quelli scolpiti sulla pietra, di nomi di un secolo fa da regioni di mezza Europa.
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