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Post n°754 pubblicato il 07 Maggio 2018 da enodas

 

 

 

Lontano dalle immagini più famose di giardini, ninfee e paesaggi sul mare, la storia artistica di Monet viene letta attreverso le rappresentazioni di edifici, composizioni nelle quali l'architettura é soggetto principale e tela stessa delle sperimentazioni di luce ed impressioni del grande pittore. Un filone prolifico e, in realtà, tutto sommato non così trascurato, quando si parla di Monet. Una storia che muove dai paesaggi costieri della Normandia, paesaggi legati alle origini e a quell'idea latente di 'pittoresco', verso le prime rappresentazioni della modernità, in un Europa sempre più da esplorare, da nord a sud, dall'Olanda al Mediterraneo, grazie alla nascente ferrovia in rapida espansione, verso paesaggi in cambiamento repentino e le ricostruzioni documentate nel tempo di cicatrici di guerra, dalla luce unica della laguna veneziana alle nebbie impalpabili sul Tamigi, passando per i riflessi in continuo movimento tra le arcate di un'imponente cattedrale. Celebri variazioni che occhi magici cercarono di catturare. Quegli stessi che, ormai in difficoltà, si congedarono da questo legame profondo con l'architettura, immergendosi in un'atmosfera ed un modno che via via sarebbe diventato sempre più indefinito e sempre più misteriosamente fuso nell'anima.

 

 

[...]


"There’s never been a single exhibition looking at Monet’s career through the buildings he painted: in Normandy, in Rouen, in Paris, London, and Venice. From buildings in villages and by the coast, to some of Europe’s most famous monuments, Monet painted the architecture of his time – modern, historic, simple and grand.

This is a new way of looking at Monet’s work. It shows how he used architecture to create his compositions, both in his most famous paintings and lesser-known works..."

 

 

"The horror and terror are still everywhere... Paris is empty and will become even emptier... Everyone would think there never were any paiters and artists in Paris..."

Iniziava così, dall'orrore di una guerra disastrosa, la fuga degli artisti verso la metropoli oltremanica, un mondo nuovo, una società diversa, nei costumi, nel modo di vivere. Esiliati, fuggitivi, o rifugiati economici, approdavano nomi che già avevano raggiunto il successo ed altri che ancora erano sconosciuti. Tutti con una visione nuova dell'arte, una luce diversa ed una marea di colore fino ad allora sconosciuta, ognuno con la sua storia di ricordi, talvolta immagini tremende, di nuovi affari, e di nuovi affetti. Una cerchia di artisti che in terra straniera osservavano con occhio diverso la società Vittoriana, esaltando, caricaturando o ammirando quegli aspetti che erano quotidianità. E nel farlo, lentamente, spostavano l'occhio sul moderno, in una città che più di ogni altra potesse essere laboratorio aperto al cambiamento, e lo facevano con intensità differenti, impressionistiche, esplorando la nebbia, l'aria densa ed inquinata, quella sostanza impalpabile che circondava gli edifici.
E vi fu chi tornò, molti anni dopo, all'apice della fama, osservando con gli occhi dell'esperienza, nuovamente quella luce, quelle infinite variazioni che rendevano ogni istante unico, ed ogni riflesso un colpo di pennello irripetibile.

"I am making progress... in understanding this very special climate, and have got to the point where I can work with big slashing strokes on canvases that had given me a lot of trouble, which were more or less finished, but were not London-like enough, and that is what I am trying to convey with this broad brushwork..."

 

 

[...]


"...In the 1870s, France was devastated by the Franco-Prussian war and insurrection in Paris, driving artists to seek refuge across the Channel. Their experiences in London and the friendships that developed not only influenced their own work but also contributed to the British art scene.

The EY Exhibition: Impressionists in London, French Artists in Exile (1870 – 1904) is the first exhibition to map the connections between French and British artists, patrons and art dealers during a traumatic period in French history. Highlighting their engagement with British culture, traditions and social life, their art is a fascinating insight into how London was perceived by the visiting French artists and the remarkable works that came from their time here are not to be missed..."

 

 

Idealmente, ho pensato che ci fosse un filo conduttore, tra una mostra e l'altra, quasi che l'una prendesse in consegna l'altra. L'intesa con uno dei pittori che più ammiro, ogni volta, in tutte le sue variazioni, si svogeva su due binari paralleli, sui quali mi sono lasciato trasportare. Viaggiando, tra i paesaggi della Normandia, verso nord, quindi verso i colori caldi del Mediterraneo, e poi ancora verso questa città enorme che allora come oggi doveva apparire come una sorgente inesauribile di sensazioni contrastanti agli occhi di chi vi arrivasse. E l'ho fatto cavalcando quei tratti così misteriosi, sempre, per me, brillanti ed indefinibili, come indefinibile é l'atmosfera che ne risulta. Lì dove, ogni volta, mi permetto di perdermi.

"...To whom, if not to the Impressionists, do we owe these lovely silver mist that brood over our river and turn to faint forms of fading grace. There may have been fogs for centuries in London - I daresay there were - but no one saw them... They did not exist until art invented them..."

 

 
 
 
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