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l’ipocrisia, l’opportunismo, chi indossa una maschera solo per piacere a qualcuno, l’arroganza, chi pretende di dirmi cosa devo fare, chi giudica, chi ha sempre un problema più grosso del mio, sentirmi tradito, le offese gratuite, i luoghi affollati, essere al centro dell’attenzione, chi non ascolta, chi parla tanto ma poi…, l’invidia, il passato di verdura





 
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Post n°600 pubblicato il 10 Febbraio 2016 da enodas

 

 

Chapter 4 - The Maharaja's Land and the Silk Road (3)

17 Novembre

 

"L'ora miracolosa che almeno una volta tocca a ciascuno. Per questa eventualità vaga, che pareva farsi sempre più incerta col tempo, uomini fatti consumavano lassù la migliore parte della vita.
Fino allora egli era avanzato per la spensierata età della prima giovinezza, una strada che da bambini sembra infinita, dove gli anni scorrono lenti e con passo lieve, così che nessuno nota la loro partenza. Si cammina placidamente, guardandosi con curiosità attorno, non c'è proprio bisogno di affrettarsi, nessuno preme di dietro e nessuno ci aspetta, anche i compagni procedono senza pensieri, fermandosi spesso a scherzare."

"Proprio in quel tempo Drogo si accorse come gli uomini, per quanto possano volersi bene, rimangono sempre lontani; che se uno soffre il dolore è completamente suo, nessun altro può prenderne su di sé una minima parte; che se uno soffre, gli altri per questo non sentono male, anche se l'amore è grande, e questo provoca la solitudine della vita.
Nel sogno c'è sempre qualcosa di assurdo e confuso, non ci si libera mai della vaga sensazione ch'è tutto falso, che un bel momento ci si dovrà svegliare."

"Gli parve che la fuga del tempo si fosse fermata, il mondo ristagnava in una orizzontale apatia e gli orologi correvano inutilmente. La strada di Drogo era finita; eccolo ora sulla solitaria riva di un mare grigio e uniforme. [...] Gli occhi di Drogo fissavano come non mai le giallastre pareti della fortezza. Lacrime lente e amarissime calavano giù per la pelle raggrinzita, tutto finiva miseramente e non restava più nulla da dire."

(Dino Buzzati - Il deserto dei Tartari)

 

 

Come una cattedrale nel deserto, compare all'orizzonte. Imprendibile e mastodontico, forse è uno di quei miraggi che accecavano i carovanieri in cerca di un approdo sicuro. Difficilmente si potrebbe immaginare un luogo di confine più estremo. Da lontano le mura possenti sembrano quasi scogliere a picco su un mare di sabbia contro il quale niente può oltre che infrangersi: lungo quelle mura, sui bastioni, immagino attese infinite. Attraverso una porta, un'altra, un'altra ancora, sempre più al cuore di questo luogo, dove il vento soffia tra vicoli stretti e labirintici protetti dall'ombra, la sabbia stessa si fa pietra e potenza, e tra animali motociclette e pure qualche tuctuc, ogni colore attinge all'intensità abbagliante del sole. Si proietta sui muri, sulle stoffe che ondeggiano al vento, sugli oggetti tessuti ed i gioielli che brillano da vetrine cha altro non sono che banconi proiettati sulla strada. E tra parapetti improvvisi o scalinate nascoste, si ergono templi su templi, letteralmente uno sull'altro, connessi da passaggi bui e corridoi stesi sopra la strada, sculture finissime che filtrano quella stessa luce, dove l'ombra prende forma improvvisa, e canti rieccheggiano da una stanza lontana, su quello stesso alito che anima bandierine colorate sospese al soffitto. Qui il deserto lambisce la tradizione dei maharaja, l'epopea dei cavalieri Rajput, l'arte sottile dei mercanti: qui ogni cosa si fonde con un infinito che proviene da lontano ed il tempo rallenta fino a scorrere impercettibilmente.

 

 

Sono sceso dalla collina, ho varcato l'ultima porta e sono uscito scendendo per una delle tante stradine che si diramano nel labirinto che avvolge il forte. Il deserto che lo lambiva, oggi, è più lontano. Rivoli d'acqua, ombre che si allungano a neutralizzare il calore del giorno e vecchie case padronali nascoste dietro una porta socchiusa. Sono sceso, verso il lago. Oltre il mercato, un misto di motociclette selvagge, animali rassegnati e carretti sui lati. Improvvisamente, tutto rimane alle spalle, quando non resta che una stradina polverosa che quasi sembra una via di mezzo tra una passeggiata ed pellegrinaggio. E su un'acqua dorata, dove al largo piccoli templi sembrano fluttuare  come isole scampate ad un'alluvione, uomini e donne offrono fiori e cibo rivolti ad un sole che rende d'oro i loro profili. Senza saperlo, questo é un giorno particolare. Dove chi offre doni, incensi e canzoni all'acqua si mescola a chi esplode ancora i petardi per il passato Diwali. Ancora una volta, come se letteralmente non ci fosse abbastanza spazio, assisto a questa lotta e fusione continua di aspetti tanto diversi della vita. Per me é una nuova inaspettata esplosione di colori, un'immersione rinnovata in quell'India profonda che solo qualche giorno fa mi aveva rapito. Comunque intensa. Solo, più leggera nell'animo e nelle cose.

 

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