EnodasIl mio mondo... |
... " Non si conoscono che le cose che si addomesticano", dissela volpe." gli uomini non hanno più tempo per conoscere nulla. Comprano dai mercanti le cose già fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini non hanno più amici. Se tu vuoi un amico addomesticami!" ...
... "Ma piangerai!" disse il piccolo principe.
"E' certo",disse la volpe.
"Ma allora ch eci guadagni?"
"Ci guadagno", disse la volpe, "il colore del grano".
soggiunse: "Va a rivederele rose. Capirai che la tua è unica al mondo". ...
... "Addio",disse la volpe. "Ecco il mio segreto. E' molto semplice: non si vede bene che col cuore. L'essenziale è invisibile agli occhi".
"L'essenziale è invisibile agli occhi", ripeté il piccolo principe, per ricordarselo.
"E' il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante".
"E' il tempo che ho perduto per la mia rosa…" sussurrò il piccolo principe per ricordarselo.
"Gli uomini hanno dimenticato questa verità. Ma tu non la devi dimenticare. Tu diventi responsabile per sempre di quello che hai addomesticato. Tu sei responsabile della tua rosa…"
Tutte le foto contenute in questo blog, se non specificato diversamente, sono mie e come tali sono protette da diritto d'autore. Rappresentano un momento, un istante, un'idea un'emozione.
Ho costruito un sito per raccoglierne alcune, e condividere una passione nata e cresciuta negli ultimi anni. Il sito é raggiungibile cliccando l'immagine qui sotto:
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ultimo aggiornamento: 20 Febbraio 2014
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l’ipocrisia, l’opportunismo, chi indossa una maschera solo per piacere a qualcuno, l’arroganza, chi pretende di dirmi cosa devo fare, chi giudica, chi ha sempre un problema più grosso del mio, sentirmi tradito, le offese gratuite, i luoghi affollati, essere al centro dell’attenzione, chi non ascolta, chi parla tanto ma poi…, l’invidia, il passato di verdura
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Messaggi di Novembre 2014
Post n°510 pubblicato il 20 Novembre 2014 da enodas
Ottobre 2014
Ho seguito la musica. Ed i ricordi. Quanto tempo é passato. Nel silenzio e nel buio frammentato di luce rivedo un'immagine rimasta impressa tanto tempo fa. La musica é il silenzio, quello di una cattedrale, di fronte al mare, un cavaliere tra zampilli d'acqua ed un'altro scolpito nella pietra, e quella stessa pietra innalzarsi da terra, come pilastri affusolati, o come materia plasmata e scolpita contro una rosa di colori. Esco fuori, quello che é il sole, caldo, chiaro, lo vedevo così allora, nei giorni d'agosto, proprio quando mi trovavo a decidere su una terra lontana. Forse allora non me n'ero accorto, di questa luce, di questo calore. Curioso anche questo.
Come questa, tante immagini che segnano miriadi di puntini su una mappa che passa attraverso il tempo. Osservo il mare, da un castello appollaiato a Montjuic, al termine di una stradina ed all'inizio di una scalinata che scende zigzagando sotto il percorso della funicolare. Barcellona ai miei piedi, le linee delle Ramblas, il profilo di una cattedrale mai terminata, il fronte sul mare sono punti di riferimento che cerchi, su una cartina colma di agglomerati senza soluzione di continuità. Ai miei piedi, come dal Parco più famoso, fatto di linee bizzarre e prospettive rubate alla natura. Sono sceso ancora, sotto un cielo che si mescola di nuovo, si colma di nubi, e conferisce alla spianata del campo olimpico un aspetto cupo e silenzioso. Ho seguito, nuovamente, la musica, anche quando tace. Ed ho su di me solo il rumore del vento, un'immagine in bianco e nero, e le linee protratte nel cielo, movimenti, fuochi sacri, echi di una festa passata, all'ombra di una torcia ormai spenta.
Ho seguito la musica. E due strade, dietro la Rambla, nel cuore del Barrio Gotico, un uomo ed una donna ballano il tango. Fasciata di nero, un abito lungo e sensuale, ha lo sguardo altero ed il profilo illuminato da un sole che sembra tagliare l'aria. Una luce netta, anche se é ottobre. Ed una piazzetta che si apre tra alberi che portano il profumo del mare, tavolini sparsi e pietre squadrate dalla superficie rivida. Su di esse, si proiettano ombre astratte e due figure danzanti.
Tornare, anche così, velocemente, é in un certo senso una promessa. Ho la musica negli occhi ed il colore nel cuore. Quelli di una fontana, magica, che scroscia acqua e suoni, danza nella notte a ritmo di musica. Io sono un'ombra, un profilo qualsiasi che si staglia di fronte a questa tela liquida in continuo movimento. Uno di quelli che si riflettono in uno specchio dentro un mondo capovolto ed inafferrabile, tanto da frammentarsi al primo soffio di vento o quando solo si allung la mano a cercare di afferrarli. Io, chiudo gli occhi, e più di ogni altra cosa, di ogni altra immagine, so che questa fontana é un po' come se la portassi dentro, con un carico di ricordi e di momenti. Perché guardando indietro, guardando me stesso sullo stesso luogo, con gli occhi fissi allo stesso modo, leggo un istante e tutto quanto mi separa da allora. E' come scorgere una lunga strada percorsa ed io ho un po' di malinconia. Forse é semplicemente qualcosa di innato che sale come un nodo quando ci si ferma a pensare. O forse é un po' di più.
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Post n°509 pubblicato il 18 Novembre 2014 da enodas
Eternità ed Infinito. Sono queste le due parole chiave dell'opera di Escher, forse dell'occhio stesso con qui esplorava il mondo. Un matematico inconsapevole. Tanto da diventare ispirazione e confronto con la stessa comunità dei numeri. Perché i disegni di Escher sono intrisi di matematica, nella sua forma più affascinante, l'infinito appunto, visualizzato. Un prestigiatore continuo, dunque, che fondeva gli oggetti come fossero il suo mazzo di carte, che inventava piani sempre nuovi e sfruttava ogni debolezza dell'occhio umano per guidarlo nei sui numeri.
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Post n°508 pubblicato il 13 Novembre 2014 da enodas
Ottobre 2014
Ho i colori dell'autunno. Arroccato su una città fortezza, così come lungo la strada, un sinuoso saliscendi che attraversa foreste e villaggi che da lontano sembrano essere rimasti le borgate di un castello. In effetti, non é altro che una successione di piccole fortezze, a volte abbandonate a se stesse, a volte quasi strappate alla furia lenta e distruttiva del tempo. Il tempo, certo. Immobile in un nome, Granducato di Lussemburgo, sembra scorrere lento, la sera, tra strade in pendenza, o su un parapetto silenzioso che si apre sul vuoto, e proiettato infine nel presente, con le banche, i denari invisibili e le macchine sportive che di contro si vedono ad ogni angolo. Il tempo dei cavalieri é finito, forse, nascosto come flebile fiamma altrove, nella campagna appunto, dietro qualche pietra pericolante ed un arco spezzato. Avvolta, si vede, da un fasciame di foglie colorate, sul terreno, rampicanti, o sbuffi di colore in lontananza. Ed infine perso, lungo la sponda di un ruscello, seguo un rumore. Tra gli alberi, l'acqua altrove, un punto sotto il cammino, a tratti invisibile, ed i bagliori di un sole che colma l'aria di colore.
A poca distanza dall'aeroporto si aprono degli spiazzi tra le schiere di alberi. Del resto, sembra sia l'unica incongruenza di questi luoghi, quasi uno sfregio, udire saltuariamente il rollio dei motori. Non sono spiazzi qualsiasi, e non sono qui a caso. In una mattina qualsiasi, l'erba é ancora fradicia di rugiada, forse pure dei primi ghiacci notturni. Brillano ora, le gocce d'acqua, come brillanti. O forse chissà, sono lacrime. Che questa terra é intrisa di sangue. Le Ardenne fu una delle ultime battaglie della Seconda Guerra Mondiale, di sicuro l'ultima violenta controffensiva tedesca all'avanzata alleata. Ecco, qui, ad una distanza di un chilometro, restano schierati due battaglioni, separati da un niente, uniti nella tragedia della guerra come allora erano opposti. E' una schiera disarmante di nomi, a volte nemmeno quelli, e di date, un numero di anni vissuti troppo breve per essere ragionevole. Uno, a fianco all'altro. Avvolti nel silenzio che sembra calato dall'alto su luoghi com questi. Visitare questi luoghi di memoria e di raccoglimento, in ogni luogo d'Europa che li conserva, lascia sempre impressioni simili. Il contrasto innanzitutto, scritto dalla storia, scritto da chi é venuto dopo, talmente evidente, in questa linea d'aria di poche centinaia di metri: da una parte ci sono le pietre bianche allungate ed una cura ipersensbile, dall'altra le croci d'ardesia, tozze e squadrate, in un campo che lascia percepire inconsapevolmente un senso d'abbandono. Talmente diversi, dunque, anche ora. E' una sensazione impalpabile che si nasconde nei dettagli. Anche quando la luce del mattino illumina qulle foglie cadute e lasciate sul terreno. Anche quando é la nebbia a salire dal terreno e rendere l'orizzonte un po' meno visibile. Ecco, forse sono così, ombre che ci guardano, dietro quei nomi sconosciuti che restano lì scolpiti, dietro età giovanissime, dietro infine il particolare di un fiore appoggiato ad una croce, o un sasso lasciato sopra una stella. Ribadisccono, in questa tragedia immensurabile, un epitaffio scolpito all'entrata, che i cimiteri dei soldati sono il più grande monumento alla pace.
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Post n°507 pubblicato il 09 Novembre 2014 da enodas
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