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Cannavaro mister Pallone d'Oro
Post n°433 pubblicato il 17 Novembre 2006 da Smand82
Dopo il Mondiale, il capitano azzurro ha vinto il premio più prestigioso battendo allo sprint Buffon ed Henry. Il difensore del Real è il quarto italiano premiato dopo Rivera, Rossi e Baggio MILANO, 17 novembre 2006 - Nel dicembre ’93, quando gli comunicarono la vittoria del Pallone d’oro, Roberto Baggio ripensò d’istinto alle sue ginocchia rotte. Spiegò: «Prendiamo Dante: scrisse La Divina Commedia in un periodo in cui non stava bene». Il valore della sofferenza, la rabbia dell’orgoglio, la forza morale per venirne fuori. Anche Fabio Cannavaro, il capitano azzurro, ha fatto così. Prese la Nazionale nell’inferno di Moggiopoli, l’ha condotta per mano fino al paradiso di Berlino e oggi è anche lui Pallone d’oro: a Parigi lo incoroneranno miglior giocatore d’Europa. Come, in Italia, riuscì soltanto a Gianni Rivera, Paolo Rossi e al Codino. Poeti e bomber. Cannavaro, primo difensore, ci sta alla grande tra «cotanto senno». Il mondiale tedesco di Fabio Cannavaro servirà d’ora in avanti per tarare il concetto di perfezione calcistica, come la barra di platino-iridio conservata a Sèvres serviva da unità di misura del metro. A memoria, nessuno ha messo in fila 7 partite con una tale ferocia agonistica, con tanta concentrazione, con una simile percentuale di interventi riusciti. Ha innalzato il tackle, l’anticipo e il recupero in scivolata a forma d’arte, come succedeva ai tempi di Beckenbauer, unico difensore vero ad averlo preceduto nella galleria dei Palloni d’oro. Lo ha fatto proprio in casa del Kaiser, che parlò di noi senza stile. Gli stadi tedeschi sono stati costretti ad applaudire Cannavaro, come fosse un numero 10. Questo è stato uno dei corollari più significativi del trionfo. Per arrivare al Pallone d’oro, il capitano doveva abbattere un pregiudizio di 30 anni, incancrenitosi di recente, col trofeo palleggiato da Rivaldo, Ronaldo e Ronaldinho. Solo chi è nato per attaccare e per dribblare con fantasia è candidato al trono; è indispensabile il lasciapassare di una "rabona": questo era il pregiudizio. Cannavaro l’ha spazzato in tribuna, ha insegnato che c’è bellezza anche nell’arte di difendere e, in questo modo, ha scarcerato tutte le vittime del pregiudizio, a cominciare da Paolo Maldini e Franco Baresi. RAZZA PIAVE Il Pallone d’oro rotola ancora più indietro e idealmente va a premiare Scirea, Facchetti, Picchi e tutta la splendida razza di difensori che siamo sempre stati, noi, figli del Piave. Dopo il sofferto pareggio con gli Usa, Cannavaro richiamò la truppa alla storia: «Torniamo al calcio all’italiana. La difesa è il nostro forte». Lippi tolse una punta (Toni) contro i cechi e attrezzò il modulo che ci avrebbe portato in finale. Sembrava che a Parigi dovesse andarci Buffon. Cannavaro gli ha soffiato il Pallone d’oro all’ultimo secondo, come fa spesso scivolando tra i piedi degli attaccanti. Ma Cannavaro è il primo a sapere che il suo Pallone d’Oro è pieno di Gigi, e poi di Materazzi, Grosso... e tutti gli altri. Non è solo tecnica la giustificazione del trionfo. C’è anche una piena legittimazione morale. Cannavaro si allenò tra gli insulti a Coverciano, si beccò una strigliata dal Commissario Rossi per l’orgogliosa difesa del proprio scudetto juventino, al quale ha contribuito con un campionato splendido (il Pallone d’oro ne tiene conto). Ai tedeschi che volevano boicottare la pizza, Fabio rispose: «Non sapete cosa vi perdete...» Agli attacchi più oltraggiosi, ha mostrato il muso duro. Il capitano ha vissuto il Mondiale controvento, col petto in fuori, come fa lui quando va incontro al tackle, come il Farinata dantesco che non teme il demonio. Col suo esempio, ha dato coraggio alla truppa. ORO DI NAPOLI I francesi che hanno infierito, a volte indegnamente, contro Materazzi, ora riconoscono il valore morale dell’italiano Cannavaro, che si è lasciato alle spalle una carriera limpida, di quelle da mostrare ai ragazzini. Soprattutto a quelli di Napoli, in queste ore di emergenza, perché quell’oro fa brillare la speranza: la storia può essere bella anche se inizia in quartieri brutti. Quando era ragazzino, Cannavaro passava pomeriggi interi a giocare sullo spiazzo della Panoramica, in faccia al San Paolo. Ha raccontato: «Sacchetti della spazzatura come pali e se il pallone scivolava a valle, mandavamo a prenderlo il più scarso». Ora quel pallone è d’oro e lo va a prendere Fabio, il meno scarso di tutti.
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