Creato da tefnutlagatta il 02/07/2006

Fino all'estremo

La vita è un datore di lavoro che non concede mai le ferie

 

 

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Sifilide

Post n°76 pubblicato il 14 Febbraio 2007 da tefnutlagatta
 

Le notti che non dormo non le conto più.
Sono ossessionata, travolta dal pensiero continuo, slanciato ed ininterrotto della morte.
Naturalmente mi rendo conto che non è una cosa che succede comunemente a tutti. E che il cosmo della nostra società è strutturato in modo da considerare le cose che non succedono comunemente a tutti come strane, o folli.
Perciò dopo un paio di notti che stavo imbananata dura, ma sveglia come un’assassina, mi è venuto il serio dubbio che i miei fossero veri e propri accessi di pazzia.
Ho cercato sull’enciclopedia medica ed ho trovato: sifilide. La sifilide dà come sintomo accessi di pazzia. E vabbè, paralisi, delirium tremens ed altre cosucce.
Credo di non essere mai stata così poco promiscua come negli ultimi anni. Mai in vita mia, giuro. A meno che il mio bel pirata non mi taccia che rinascerò cervo a primavera, credo non sia il caso di contribuire ai miei accessi di pazzia convincendomi che ho una malattia sessualmente trasmissibile.

Dev’essere che il periodo è di schifo, perché da quando ho deciso di chiedere aiuto a qualcuno è come se dentro la testa mi fosse crollato un bastione. Come se un imperturbabile contadino cinese del cinquecento avesse detto noi ola illigale nostle stelminate lisaie, sì?, e via, sollevati gli sbarramenti le cateratte della paranoia totale si fossero riversate violente riempiendo ogni buca e sommergendo ogni dosso.
E camomille, tisane e valeriane non sono acque altrettanto impetuose.

Fondamentalmente penso alla morte in due modi.

Prima di tutto con desiderio.

Sono infelice. Lo sono più di altri perché fa parte del mio carattere. Ho la testa che viaggia sempre a mille. L’essere umano è la quintessenza della polvere. E’ stupendo e smarrito. Guardo e vedo che siamo disposti a tendere una mano soltanto al dolore. Alla fragilità. Andre, ti dico che la notte impazzisco senza di te, mi prenderai tra le braccia? Francy, ti dico che sono piena di dubbi, mi scriverai una lettera? Giangi, ti dico che mi sento sola, mi dirai che sei sveglio anche tu?
E poi uno capisce, capisce che tutti gli stronzi che ha intorno si trincerano dietro sorrisi impenetrabili, e non vorrà mai tendergli la mano.
E non vorranno mai tenderti la mano.
Insomma, un po’ come tutti, aspetto il domani.
Ma domani? Ho camminato troppo, ho speso tutto.

E poi con paura.
Questa è la parte più terribile.
Noi diciamo che una persona se n’è andata.
E se fossi io, quella persona?
E se i miei sogni terminassero all’improvviso? Le mie ansie, i miei dolori?
La mia cazzo di lotta all’ultimo sangue per farcela, per non trovarmi una persona inutile, per esprimermi, per realizzare i miei sogni, che io di sogni ne ho un casino.
Io sono atea, ragazzi, per me è questa la vita. Dopo si va solo nel marciume.

Anch’io finirò i miei giorni, perderò la luce dagli occhi. Mi vedo, in quell’istante, in quell’ultimo istante, e cristo, non potete capire che ritmo assurdo, martellante assume il mio cuore, quale brivido mi corre lungo la schiena.
Come si può avere il coraggio di affrontare un attimo del genere? Io mi osservo, mi scruto con questi occhi, guardo davanti a me e mi chiedo il perché, il perché di continuo, cos’è la sensazione della morte, se quello che sento è la sensazione di vivere.
Anche soltanto la caduta nell’ignoto è un terrore.
Una tipa una volta mi fa ma noi mica abbiamo paura della morte, abbiamo paura della sofferenza. Sì, ciao carina. Io ho una fifa blu. Prova a pensare alla tua morte dal tuo punto di vista.

E’ per questo che avevo il trincetto in mano e non osavo avvicinarlo. Eppure avevo controllato, nel bagno c’era anche l’acqua calda. Avrebbe aiutato il defluire.
Nel petto avevo come una discoteca techno hard core. Ed è la stessa incredibile sensazione dei baci di qualcuno che ami alla follia, per il quale ti strapperesti le budella e le saleresti ed essiccheresti personalmente assistendo ad ogni più minuziosa fase.
Ho deciso di conservare quella sensazione per lui, ancora.

E stavo pensando Andre, dovremmo davvero andarci alla casa di Paz. Non è una cosa da matti. Anzi, dovremmo andarci all’alba, e se c’è ancora sotto il bar farci colazione. E ammirare quello strano cielo che inizia ad aprirsi, latteo tra le nuvole sfumate come una tagliata di pesce crudo. Solcato dai fili spessi dell’enel, che sono limiti. I nostri pesanti limiti come elementi umani.

 
 
 
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