FOOTBALL SCOUT
UNA LENTE D'INGRANDIMENTO SU GIOCATORI POCO CONOSCIUTI E CAMPIONI DI IERI, OGGI E SOPRATTUTTO DOMANI, MA ANCHE UN FOCUS SU TUTTE LE NOVITA' DEL MONDO DEL CALCIO; PER FINIRE ANCHE UNA FINESTRA SULLE NOSTRE ESPERIENZE CALCISTICHE
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« MATTEO MONTORSI - PRONTO... | NON MOLLA NESSUNO » |
Inutile dirlo, inutile ripeterlo, inutile ricordarlo, ma, oggigiorno, non esiste vivaio più promettente, più prospero e ricco di talenti, dai piccoli amici sino alla primavera, di quello catalano, e non esiste "cantera" più promettente di quella del Barcellona. Il segreto? più che un segreto è un modo di fare, di agire, di comportarsi che dovrebbe essere d'esempio e comune a tutte le squadre d'europa, specialmente quelle di un certo prestigio, per puntare maggiormente sui giovani, un po' per dovere (sono loro il futuro di ogni società, loro sono la garanzia del calcio), un po', visti i tempi che corrono, per necessità, dato che la crisi economica è giunta da un po' anche nel mondo del calcio, e mentre sono sempre meno i magnati o gli sceicchi disposti a spendere di tasca propria ed investire sui più forti (e più costosi) talenti del mondo, sono sempre più le società che sono obbligate (anche per entrare nei parametri imposti dal fair-play finanziario platiniano) ad attuare una politica meno costosa, ma più lungimirante e produttiva: quella dell'investimento sui giovani. Perseguire il metodo "cantera" è piuttosto semplice: scovare sin dai bambini di 7-8 anni i talenti più puri del calcio, ed immedesimarli subito in uno stile di vita, fatto di scuola calcio come scuola di vita, intesa come scuola e calcio, farli godere dei diritti, ma anche farli rispondere ai doveri del calciatore sin da bambini, fargli vivere la passione come lavoro (e il lavoro come passione), e soprattutto, darle un'impronta tattica ben definita, quella del 4-3-3, del possesso palla, del "tikitaka". Ed è così che ogni anno si vedono emergere una marea di talenti, che la stagione successivi sono portati in prima squadra, dove hanno molte occasioni di giocare, inseriti in uno schema tattico già ben definito e che loro, tral'altro, dopo anni di accademica scuola calcio, hanno ormai imparato a memoria, creando difatti un circolo virtuoso. E mi sono accorto del ritardo del sistema giovanile italiano (non dei talenti, ma del sistema) rispetto a quello europeo osservando le partite della cosidetta Champions League under-19, la NextGenSeries, dove il Totthenam, che appena una stagione fa aveva battuto l'Inter di Stramaccioni (poi diventata campione d'Italia Primavera), ha perso ieri in casa, in un White-Hart-Lane delle grandi occasioni, 2-0 proprio contro i Blaugrana. Ma la partita è sembrata tutt'altro che di squadre under 19: tante ottime (e dico ottime) individualità, tanta intensità, tanto gioco, che sembrava una partita di Champions, quella vera. Tra le ottime individualità, una di quelle che mi ha stupito di più (e dopo spiego che intendo per "stupire", non il giocatore più forte) è Adama Traorè, un missile tutto forza e accelerazione alto 178 cm, blindato dal Barca fino al 2015, pilastro della sua nazionale spagnola di categoria. E' un giocatore che presenta ancora notevoli margini di miglioramento, che per adesso si esprimono come "limiti": si esenta spesso dal gioco, e, soprattutto, non ha ancora trovato valide alternative al suo gioco, ottimo ma prevedibile. il bello è che, Adama Traorè, pur essendo prevedibile, nel puntare il terzino avversario sul fondo a destra, saltarlo secco sempre dalla destra e mettere il pallone basso in mezzo dopo una percussione in area, è allo stesso tempo, per ora, imprendibile: il suo scatto, la sua accelerazione, è talmente bruciante, che i terzini avversari, pur predisponendosi per la fase difensiva, consci della sua giocata, vengono sempre, puntualmente bruciati dallo scatto di questa vera e propria forza della natura. Un po' ricorda Krasic (nella speranza che non faccia la sua stessa fine), perchè Traorè è davvero la classica ala destra, abbinata alla forza fisica e alla resistenza necessaria per il calcio moderno. Nella partita di ieri, il terzino sinistro inglese Stewart, anch'egli un buon prospetto, e dotato di un'ottima velocità e falcata, sembrava un bradipo in confronto allo spagnolo, che puntualmente lo umiliava sulla destra. Dicevo che è il giocatore che mi ha stupito di più. Ieri, vedendo quella partita, c'erano anche altri giovani prospetti, che per tecnica, classe e talento erano addirittura superiori ad Adama, ma lo spagnolo mi ha stupito letterarmente più degli altri, per due motivi: il primo è che Traorè, pur conoscendo a memoria il gioco del barca, mi è sembrato un giocatore allo stesso tempo non dipendente dallo stesso gioco catalano. Mi spiego meglio: molti giocatori di Zeman, imparando a memoria i suoi letali movimenti d'attacco, hanno ricevuto il picchio della loro carriera, indipendentemente dall'età, proprio allenati dal tecnico boemo: Vucinic è un talento, ma con Zeman aveva anche continuità; Insigne, Immobile, Verratti, Crescenzi, sono all'improvviso esplosi con lui; Florenzi, Tachstidis, Marquinho, Lamela, lo stanno facendo, avendo avuto anche loro nel giro di poche settimane una crescita esponenziale. La stessa cosa accade con il gioco del Barca: fuori dalla loro casa, questi talenti non sempre sono riusciti ad esprimersi, oppure si sono affermati in maniera minore: è il caso di Bojan e Giovani Dos Santos, e anche di allenatori, basti pensare a Luis Enrique e Guardiola, che fuori dal guscio blaugrana non si sono ancora ripetuti. Anche Messi nell'Argentina, che forse ha pure più campione del Barca, sembra suo fratello non gemello. Ebbene, tornando a Traorè, sembra che questo calciatore, per le sue caratteristiche, che non sono solo fraseggio corto, tagli e tikitaka, ma anche una forza fisica imponente nonostante la non elevatissima altezza, tanta resistenza, e soprattutto una sorprendente grinta e personalità, di cui spesso molti talenti blaugrani, fuori dal Barca, sono deficitari, sia pronto per qualsiasi squadra, e non rischi di bruciarsi come suoi colleghi illustri. La seconda ragione sta nella nazionale in cui Traorè è protagonista, che è sì quell Spagnola di categoria, ma addirittura under 16: vedere un giocatore del 96 fare la differenza contro altri di 2-3 anni più grandi (e, credetemi, anche un anno di differenza, in queste categorie, per esperienza e crescita fisica e tecnica, vuol dire moltissimo) non è da giocatori di tutti i giorni. Ecco perchè, se un giorno il Barca se lo lasciasse scappare, nessuno dovrebbe farsi sfuggire questo affare, questo calciatore che vederlo ora sembra il Krasic che la prima stagione incantava alla Juve, con la differenza di avere "appena" 12 anni in meno del pur giovane 27enne serbo. |
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