Antonio Baldini (1889-1962), romano, ma di famiglia di origine romagnola, è stato uno dei maestri della «terza pagina» del secolo scorso. Collaboratore assiduo delle principali testate giornalistiche, Baldini è stato tra l’altro uno dei fondatori della rivista La ronda, in cui si esprimeva la reazione agli sperimentalismi d’inizio Novecento. Nel 1931 diventa redattore capo della Nuova Antologia e nel 1939 viene nominato Accademico d’Italia, per poi continuare a svolgere un’intensa attività anche nel secondo dopoguerra. Nel 1925-26 Baldini pubblica sul Corriere della Sera alcuni articoli di argomento pugliese, che racchiuderà, con qualche ritocco, in un’apposita sezione della silloge Italia di Bonincontro, apparsa in prima edizione nel 1940, dove confluiscono degli interessanti articoli di viaggio, uniti da ima viva, acuta ed affabile curiosità, oltre che da una impeccabile misura stilistica. Baldini sottolinea la necessità di percorrere l’Italia lentamente, per apprezzarla in tutti i suoi angoli e in ogni suo dettaglio, vestendo i panni del viaggiatore d’altri tempi, anche se non può fare a meno di ricordare che le cose stanno cambiando in modo notevole, e dunque bisogna fare attenzione alle date aggiunte nelle pagine, che fissano l’orizzonte temporale di riferimento.
I quattro scritti pugliesi, intitolati in volume, rispettivamente, Peschici, San Giovanni Rotondo, San Ferdinando di Puglia e Polignano a Mare, formano un riuscito polittico sulla varietà e sulle peculiarità della regione. Baldini, attento a cogliere anche l’aspetto più insignificante e secondario, ci offre delle pagine molto belle, condite da quel piacere di raccontare che è uno dei suoi tratti caratteristici e, nei momenti migliori, un indubbio punto di forza. La prima composizione, Pèschici, con l’accento ben segnato, come del resto Gargàno (ed è una scelta molto eloquente su quanto poco se ne sapesse), è un panegirico dei pregi del promontorio. Si tratta di una terra appartata e misteriosa, non solo per gli stranieri (ed è proprio ad un turista forestiero che si rivolge il narratore, immaginando di presentargli le caratteristiche peculiari del Gargano), ma anche per i connazionali. Baldini descrive una realtà silenziosa, un microcosmo in cui anche la Storia sonnecchia, senza produrre sconvolgimenti, che resta in disparte, in attesa della ferrovia promessa dai politici del
momento (che arriverà solo nel 1931, senza congiungere tutto lo Sperone). Il secondo brano, San Giovanni Rotondo, è la rievocazione di un piccolo agguato teso a Padre Pio, già da allora meta ineludibile di tutti i viaggiatori illustri che capitavano sul Gargano. L'obiettivo del gruppo di giornalisti, tra cui per l’appunto Baldini, è di smascherare una probàbile impostura, scoprendo il mezzo guanto che nascondeva le stimmate del frate. Le domande e gli atti maldestri provocano la reazione sempre più ferma di Padre Pio, il quale in quel periodo era alle prese con la condanna del Sant’Uffizio e diffida della carta stampata. La visita dei giornalisti termina senza nemmeno una stretta di mano finale, vista la giustificata reazione del cappuccino. Baldini stesso riconosce che si è trattato di un comportamento indelicato, aprendo il suo articolo con delle precisazioni in tal senso. Nello scritto, inoltre, il giornalista non manca di far rilevare la scarsa solidarietà degli altri frati verso padre Pio, con delle notazioni amare. Il brano più lungo è il terzo, San Ferdinando di Puglia, ricavato da più articoli del 1926, quando anche Baldini venne ad indagare sul caso di Ignazio Torraca, il «monco», al quale si guarda da tutta Italia. Torraca, il cui ricordo è ancora vivo tra i patiti del lotto, regala numeri per le estrazioni e fa vincere del denaro a numerose persone, senza chiedere nulla in cambio. Tanta fama, però, viene meno dopo le mancate estrazioni dei numeri attesi, e così, dopo essere, stato applaudito e riverito come un divo, Torraca finisce di colpo nella polvere, con i suoi concittadini pronti a far notare, malignamente, che «in fondo il monco era stato sempre considerato da tutti un mattoide, beone, miscredente, sovversivo, noiator di ragazze, senz'arte né parte». Siamo di fronte alla proverbiale volubilità del popolo, insomma, su cui Baldini pone l’accento in pagine divertenti e lucide, che hanno l’andamento di una commedia, ma che non mancano di un epilogo amaro e istruttivo. Meno brillante, al confronto, è Polignano a Mare, dove protagonista inaspettato diventa un sacerdote, che tiene un discorso così efficace, non tanto per i concetti che esprime, quanto per il modo in cui li comunica agli ascoltatori, da spingere Baldini a delle considerazioni sui preti di Puglia. Nel complesso, questi quattro scritti di Baldini si leggono con immutato piacere, anche a distanza di numerosi anni. Il suo polittico pugliese conferma le sue doti di maestro della penna, abilissimo nell'additare al grande pubblico i pregi di una regione che presenta numerosi motivi d’interesse, spesso sconosciuti ai lettori lontani, ma che rientrano a pieno titolo nel suggestivo quadro dell’Italia.
Francesco Giuliani
gazzettamezzogiorno
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