Creato da LivinginFortaleza il 16/12/2009

Fortaleza Report

Giorno dopo giorno da Fortaleza

 

Messaggi di Febbraio 2012

Voci dal Brasile

Post n°609 pubblicato il 21 Febbraio 2012 da LivinginFortaleza
 

Martinho da Vila canta "Pot-pourri"

 
 
 

Voci dal Brasile

Post n°608 pubblicato il 21 Febbraio 2012 da LivinginFortaleza
 

Cicero canta "Açúcar ou Adoçante"

 
 
 

Voci dal Brasile

Post n°607 pubblicato il 21 Febbraio 2012 da LivinginFortaleza
 

Cassia Eller canta "Malandragem"

 
 
 

Labirinti in pericolo

Post n°606 pubblicato il 21 Febbraio 2012 da LivinginFortaleza
 

Nel 1627  Frei Vicente Salvador, autore della "Historia do Brasil", fu il primo a descriverle e a coglierne- ammirato- la caratteristica più evidente..un intrico di rami e radici che si avviluppano ed espandono in ogni direzione fino quasi a confondersi "Lungo il mare  ed in alcuni tratti, in spazi più addentrati, ci sono estese foreste di mangrovie, alcune diritte ed affusolate, altre con rami che scendono a lato delle radici e poi ne salgono, ed una volta in alto lanciano altre radici e continuano così, di ramo in radice e di radice in ramo, fino ad occupare un grande spazio..  cosa ammirevole.." Ritrovarsi in mezzo ad un manguezal, un bosco di magrovie, in effetti è come perdersi in un labirinto, senza alcun punto di riferimento, circondati da ogni lato solo da fusti eretti o penzolanti che non si sa dove inizino e dove finiscano.. un'immersione nel fango scuro, acqua, acquitrino, odore di decomposizione..

Mangue vermelho (mangrovie rosse) lungo il Rio Cocò-Fortaleza

Le  aree occupate dalle mangrovie - che in Brasile sono assai diffuse, raggiungendo i 25.000 km quadrati - costituiscono da sempre un ecosistema importante, variegato e fragile.. E'grazie a loro che si impedisce l'erosione della costa, che si controlla il livello delle piene dei fiumi, sono un grande polmone verde  grazie al loro potere di assorbimento di anidride carbonica, oltrechè rappresentare un luogo di riproduzione e rifugio  per numerose speci animali, dai vari gastropodi, vermi e granchi, animali che vivono nel fango e si cibano di sedimenti organici, fino gli uccelli migratori che qui nidificano, o alle numerose speci di pesci, sia d'acqua dolce che salata che, con l'alta marea,  che si addentra fino a 13 km dalla foce, risalgono i fiumi alla ricerca di maggior nutrimento.. 

Mangrovie lungo il Rio Mundaù (Mundaù, Cearà)

Nelle sempre più urbanizzata Fortaleza, proprio all'interno dell'area urbana, sopravvivono  miracolosamente tre manguezal, abbastanza estesi, ubicati lungo le rive dei fiumi Cearà, Cocò e Pacoti. Lembi di vegetazione costantemente aggrediti da scarichi industriali, domestici, rifiuti,  sottoposti ad un continuo prelievo di legname per la preparazione di carbone o mattoni, l'introduzione di allevamenti intensivi o  la cattura di frode di granchi e gamberi... il tutto senza nessun controllo ed in maniera pressochè indiscriminata.  A peggiorare le cose, ora la proposta di un Nuovo Codice Forestale- che sarà votato il 6 marzo prossimo- il quale, in barba a tutti i movimenti ecologici ed al sorgere, a livello mondiale, di una coscienza "verde", tutelerà - se approvato- non tanto le aree verdi più a rischio, quanto tutti gli speculatori interessati a sfruttare il terreno a proprio vantaggio.. La notevole riduzione dell'estensione delle fasce protette e, al contrario, l'aumento delle aree destinate ad un' intensa carcinicultura, avrà nel giro di poco tempo effetti devastanti..

Mangue vermelho -mangrovie rosse lungo il Rio Cocò-Fortaleza

Nel Ceará, è stata lanciata la campagna "Mangue Faz a Diferença", ("La mangrovia fa la differenza") con il coordinamento della Fundação SOS Mata Atlântica e dell'Aquasis (Associazione di Ricerca e Preservazione Ecosistemi Acquatici), ma la maggior parte della gente poco sa,  e forse poco vuole sapere. Il piccolo Museo del Mangue, presso la foce del Rio Cocò, ad esempio, anche se con pochissime risorse, svolge un' importante attività didattica, propone lezioni e visite guidate  rivolgendosi soprattutto alle scuole.. è fondamentale che proprio i più giovani apprendano la ricchezza di tale biotopo e siano sensibilizzati alla sua salvaguardia.

Un semplice stanzino accoglie una sorta di Wunderkammer che, anche se estremamente basica,  permette di osservare resti animali, conchiglie, scheletri, denti, coralli, e poi pesci, molluschi e  crostacei immersi in alcool  o formalina - disposti su mensole, quasi un micro museo di storia naturale-  e consente di conoscere quanto numerosi ed insoliti siano gli abitanti delle mangrovie.. Non si vedono ma, ben nascosti, ci sono..Si scopre così che tra le acque scure nuotano murene, numerose speci di pesci-palla (Baiacù graviola, Baiacù tigre, Baiacù de meia, Baiacù de chifre), un tipo di pesce gatto (Bagre Crucifixu), che oltre ad essere dotato di veleno, ha anche un curiosissimo scheletro a forma di Gesù crocifisso, tartarughe, cavallucci marini, meduse a forma di caravella (caravelas), millepiedi velenosi (genere Scolopendra), ostriche, vari tipi di granchi, esilissimi serpentelli d'acqua, ma anche polipi e calamari, persino piccoli squali.. in quell'osmosi tipica di un ambiente salmastro.

Mangrovie lungo il Rio Mundaù (Mundaù - Cearà)

Animali che ci vivono, animali di passaggio, alcuni regolari ed altri no.. tutti trovano qualcosa .. alimento, possibilità di riposo, rifugio, condizioni ambientali perfette per riprodursi  ed allevare la prole in tranquillità, tutta una catena alimentare alla cui base c'è naturalmente la mangrovia, pianta che trova il suo habitat idoneo sul pantano limaccioso formato da un misto di acqua dolce/ salata, argilla e materiale organico in sospensione che, una volta ritiratesi le acque, sedimenta. Varie le tipologie di mangrovie, fra le più diffuse, il mangue vermelho (mangrovia rossa) detto anche sapateiro (Rhizophora mangle), dai caratteristici rami rossastri, il mangue preto (mangrovia nera) o siriúba (Avicennia shaueriana e Avicennia germinans),  il mangue branco (Mangrovia bianca) -Laguncularia racemosa) e il mangue botão (Conocarpus erecta), chiamato così perchè i semi assomigliano a rotondi bottoncini .. piante che possono crescere fino a 13 metri di altezza, che respirano, non attraverso le foglie, bensì attraverso un fitto sistema di tubicini.. quasi fossero dei boccagli..

Mangue seco - Parco Nazionale di Jericoacoara - Cearà

Al termine della visita, non resta che concludere con un gesto altamente simbolico, un piccolo, personale contributo umano a questa meravigliosa creazione di madre Natura .. si pianta tutti insieme un seme,  dentro la sabbia, nella speranza che piano piano ci si renda conto tutti che è molto meglio - e più produttivo- che piantarvi mozziconi di sigarette..

Mangrovie lungo il Rio Pacoti- Fortaleza

 
 
 

Musica dal Brasile

Post n°605 pubblicato il 18 Febbraio 2012 da LivinginFortaleza
 

 

Spok Frevo Orquestra  suonano "Folião Ausente" /"Frevo da Luz "

 
 
 

Nostalgia ad ondate...

Post n°604 pubblicato il 18 Febbraio 2012 da LivinginFortaleza
 

Se  a Fortaleza c'è un luogo che gli abitanti amano più intensamente degli altri, che ricordano con un affetto misto a nostalgia, cui associano momenti importanti della propria vita, legato a sensazioni di divertimento e relax, ecco.. questo è la Praia de Iracema. Un luogo, un quartiere, una spiaggia  che  rappresenta una delle facce della città, quella votata al dolce far niente, al godimento di brezze marine, accompagnati da suoni e canti, appagati da bevute e mangiate di pesce fresco, in compagnia di amici, parenti o anche semplici sconosciuti.. il luogo del divertimento per tutti.. bambini, adolescenti, adulti ed anziani.. ognuno ha sempre trovato il suo spazio, il suo modo... 

Antico "bungalow" ora pousada in Avenida Beira-mar, Praia de Iracema

In origine era un piccolo quartiere di pescatori, umilissime casette di paglia, un vasta striscia di sabbia e tante palme di cocco.. chiamata anche Praia do peixe (spiaggia del pesce) perchè come in un eden si viveva solo di pesca..la bellezza del luogo e la nuova moda salutistica di fare bagni di mare, a partire dagli anni'20, trasformerà radicalmente il luogo.. i pescatori verranno, senza tanti complimenti, fatti sloggiare, e le famiglie più in vista della città costruiscono qui, proprio davanti al mare, le loro villette per le vacanze, i caratteristici bangalò (bungalow).

Nel 1924 un giornalista lancia l'idea di costruire un monumento ad Iracema, l'india eroina dell'omonimo romanzo di Josè de Alencar, si cambia nome alla spiaggia che d'ora in poi sarà conosciuta come praia di Iracema, le vie prendono nomi di tribù indigene (Pacajus, Tabajaras), il tutto allo scopo di diffondere l'idea di un quartiere bucolico, di prestigio, di relax elitario..una suggestione elaborata a tavolino che attecchirà nelle menti e nei cuori dei fortalezensi. Sorgono i primi stabilimenti balneari dove era possibile affittare costumi e cuffie da bagno e custodire i propri effetti personali. Una linea di tram apposita portava i bagnanti fin qui.  

Ristorante "Da Ramon" - praia de Iracema 1930

Negli anni '30 aprono anche i primi clubs privati ("Praia Clube", "America", "Jangada Clube") e i ristoranti, fra cui il celebre "Ramon", di proprietà dello spagnolo Ramon Romero Castro, una cucina di prim'ordine, con pesce direttamente comprato dai pescatori, i camerieri in giacca bianca immacolata..e se da una parte era luogo di villeggiatura per la buona società, dall'altra ospitavano i pontili  (Ponte Metallica e Ponte dos Ingleses), da dove sbarcavano ed imbarcavano merci (cotone, pelli e cera di carnauba) e persone. Uno spazio dunque assai vivo, pulsante, nella routine urbana, dove si concentravano attività lavorative e di svago. 

dimore signorili in Rua dos Tabajaras - Praia de Iracema

Gli anni '40 segnano una nuova fase per la zona.. la decisione di spostare il porto ad est, nell'area di Mucuripe, e la costruzione dei lavori determinerà una serie di trasformazioni : il mare avanza, la spiaggia si ridurrà enormemente con conseguenti, fortissime, ripetute mareggiate  che distruggeranno gran parte delle abitazioni e dei locali.Muta radicalmente il paesaggio, e di bucolico rimane ben poco. Fu necessario costruire protezioni di contenimento che deturparono la spiaggia ma, quanto meno, la salvarono.

Il degrado sarà lento e graduale, si aprono bordelli negli ex-magazzini abbandonati, alcuni edifici vengono abitati da classi medio-basse, un declino che però non impedisce negli anni '50 l'apertura di nuovi locali, bar, e ristoranti, quasi uno accanto all'altro..segno di una volontà di sfruttare la potenzialità del luogo..Il ristorante "Lido", perfetto per mangiare le aragoste, il "Nick Bar", il "bar Jangadeiro", il "Tony's Bar" di proprietà di un certo Figuereidão, dove si trovavano i migliori gelati della città e dove una domenica mattina verrà assassinato un noto playboy, l'"Eldourado" e il primo hotel sul mare, l'"Iracema Plaza Hotel".

Edificio São Pedro, angolo Rua dos Tabajaras/Av. Almirante Barroso - Praia de Iracema

Occupava la parte frontale dell'Edificio São Pedro, che con la sua silhouette simile ad una nave, voleva ispirarsi ai suoi consimili in quel di Miami..Non era stato costruito per ospitare un hotel e venne fatte apposite modifiche. Al piano terra il ristorante Panela accolse per molti anni personalità straniere venute a Fortaleza, nonchè politici e membri dell'elite urbana, diventando un prestigioso punti di incontro, almeno fin negli anni '70, quando venne disattivato. La parte posteriore dell'edificio era invece stata suddivisa in appartamenti privati. 

Vila Morena- Estoril in Rua dos Tabajaras - Praia de Iracema

Altro edificio significativo del quartiere è sempre stato l'Estoril. Era qui, in quella che fino ad allora si chiamava Vila Morena, che durante la guerra gli americani avevano installato il loro quartier generale (USO, United State Office), una sorta di club socio-sportivo per i loro militari. Da luogo esclusivo la zona diventa sinonimo di baldoria sfrenata e peccaminosa, con la famose "coca-colas", ragazze perbene fortalezensi che frequentavano i soldati ed imitavano tutte le mode americane..Ed è sempre qui che parecchi anni dopo, nel pieno degli anni '70, durante l'epoca grigia della dittatura, mentre imperversavano torture e sparizioni, molti giovani di sinistra, intellettuali, filosofi, compositori, artisti, poeti  si ritrovarono per discutere di tematiche serissime, oltrechè per farsi una bevuta in compagnia. 

Mural del Bar do Mincharia in Rua dos Pacajus, Praia de Iracema

Uno degli agitatori della notte più scalmanato e famoso fu il Mincharia, alias Antonio Aurilio Gurgel Nepomuceno, uomo dalla doppia personalità. Di giorno impeccabile dirigente commerciale in giacca e cravatta, al calar della sera, smetteva la giacca per indossare una sgargiante camicia a fiori e si trasformava in allegro viveur ed impareggiabile animatore. Era nella sua casa, la famosa "Mansão do Guarà" che riceveva  amici illustri o emeriti sconosciuti, per fare festa insieme fino all'alba.  Dopo la sua precoce dipartita nel 1985, i compagni di merenda  aprirono, in suo ricordo, la "Confraria do Mincharia", una confraternita giocosa con l'intento di continuare e celebrare le loro allegre serate, che, dopo qualche tempo, si svolsero con regolarità nel Bar do Micharia

chiesetta di São Pedro, angolo Rua dos Tabajaras/Av. Almirante Barroso - Praia de Iracema

Nei decenni successivi, soprattutto negli anni '80 il quartiere continua il suo iter di trasformazione.. da uno stretto passaggio di sabbia si passa ad un primo tratto di lungomare piasterellato, si procede con  espropriazioni forzate, si abbattono romantiche casette per costruire orrendi edifici a più piani, aumenta il passaggio di persone, ma aumentano pure  i venditori ambulanti,  piccoli artigiani che vendono le loro cose, spuntano sbandati e senzatetto, si installano baracche irregolari di legno a cartone, iniziano i primi furti ed assalti, aumentano le prostitute. Nonostante ciò, come già in passato, tanti i momenti di grande vitalità.  

edifici in Rua dos Tabajaras - Praia de Iracema

E' nel ricordo di cantanti, musicisti, compositori, scrittori, proprietari di bar e ristoranti, giornalisti, ma anche camerieri che emerge tutto l'affetto possibile.. è da qui che, per molti di loro, è iniziata la loro carriera artistica, esibendosi sul palco dei numerosi locali, sorti come funghi nella bistrattata, ma sempre amata Praia de Iracema. Il "Pirata Bar", il "Kangaru", il "Sobre o mar", il Bar- ristorante "Opcão", il "Cais Bar",  il "Deck Bar," e tanti altri ..qui sono state festeggiate le ricorrenze più importanti,  lanciati i loro primi dischi, esposte le prime opere d'arte, celebrati gli anniversari e i compleanni. Di recente il lungomare è stato oggetto di re-styling, la spiaggia si è rifatta il trucco.. maggiori controlli e sicurezza, rifacimento di opere ed arredo urbano, restauro dei pochi edifici antichi non demoliti..i giovani sfrecciano sui pattini, le onde si infrangono violente ed i surfisti del quartiere ci si buttano dentro, piccoli nuotatori in erba svolgono qui i loro allenamenti.. c'è chi si sdraia sotto una delle poche palme, chi legge, assapora il vento costante, butta giù uno schizzo.. i vecchi sono perennemente all'ombra ed escono solo al tramonto, coppie di fidanzati sulle panchine, come in tutto il resto del mondo e poi turisti che a tutte le ore immortalano la baia..Praia de Iracema, affettuosamente chiamata PI, non ha mai rifiutato nessuno..

 
 
 

Voci dal Brasile

Post n°603 pubblicato il 18 Febbraio 2012 da LivinginFortaleza
 

Selvagens à Procura de Lei  cantano "Amigos Libertinos"

 
 
 

Un abitare rispettoso

Post n°602 pubblicato il 17 Febbraio 2012 da LivinginFortaleza
 

taipa tradizionale

Una casa naturale, che dialogasse con l'ambiente circostante, rustica, semplice e funzionale allo stesso tempo, una dimora che al contempo rivendicasse un'identità culturale brasiliana e più specificamente nordestina.. l'ha cercata per tanto tempo, se l'è disegnata, costruita e inventata tutto da solo, l'ha chiamata "Paraqueira", parola che usava da bambino per indicare stati di felicità e allegria. Come l'abitazione possa coniugare benessere e rispetto della natura, responsabilità, libertà e gioia e di vivere.. in una parola Gerson Castelo Branco.  

Paraqueira - Viçosa do Ceará

E' un architetto nato in Piauì, ma vissuto sin dall'adolescenza a Fortaleza. Costruttiva per lui- più che lo studio presso l'Accademia di Belle Arti di Bahia- l'esperienza, influenzato dall'ambiente e cultura hippie degli anni '70, di un viaggio (che allora erano in tanti fare) on the road, con  tanto di autostop e senza un soldo.. a scorrazzare, nel suo caso, prima sulla Cordigliera delle Ande e poi nel cuore della foresta Amazzonica. Vissuto per qualche tempo presso tribù locali, una volta rientrato in Brasile, Gerson non riuscirà più ad integrarsi alla città. Osserva quanta incoerenza costruttiva ci sia intorno a lui, l'uso e l'abuso di temi, parametri e materiali di derivazione europea, del tutto incongrui con le necessità di un paese tropicale.. Da qui parte la sua ricerca di uno stile abitativo che rispecchiasse più il Nord est del Brasile, con un clima costantemente caldo. Il che ha implicato una riscoperta delle tecniche costruttive tradizionali, l'uso di materiali a portata di mano, spesso riciclati, per diminuire l'impatto ambientale, ed un massimo, intelligente sfruttamento di ventilazione e luce naturali.

Paraqueira - Viçosa do Ceará

Si trasferisce di nuovo nella sua terra natale, va a vivere in un villaggio di pescatori, dove osserva ed apprende, e poi nel 1986 inizia la costruzione della sua prima casa, sulla spiaggia, accanto a pietroni rossastri levigati dalle onde.. intorno il  nulla, niente luce, niente acqua, niente strade..una casa quasi eremitica, quella ubicata sulla spiaggia della Pedra do Sol, che diventerà una vera e propria icona, una meta turistica della zona. Una versione un pò più sofisticata di una tradizionale taipa  nordestina : una struttura in legno di babaçu riempita con terra cruda, foglie di palma di carnauba per ricoprire il tetto. E anche nella decorazione d'interno, prevale assoluto l'uso di materiali riciclati, di grandi sedie a sdraio che fungevano da letti e di pezzi di mobilio artigianale cearense.

Casa di Praia di Pedra do Sol- Piauì 

Altro elemento fortemente marcante di questo e dei suoi successivi progetti, il tetto ad ali spioventi, suggeritogli da alcune costruzioni di tribù amazzoniche. Lunghi pali di 12-15 metri attraversano gli ampi spazi su più piani che sfruttano la ventilazione incrociata, con ampie verande per godere della vegetazione esterna. Per capire quanto importanti siano, per l'architetto - autodidatta, si badi bene- il rispetto e l'attenzione per la natura, basta vedere la casa dove adesso vive, a Viçosa do Ceará, circa 350 km da Fortaleza, nei pressi della Serra di Ipiapaba.  A 700 mt di altitudine, è stata costruita all'interno di una tenuta di 33 ettari, che comprende foresta e cascate. Ora ha adibito una parte della casa ad una sorta di B&B, affittando alcune stanze per ospiti in vena di esperienze ecologiche..

Paraqueira - Viçosa do Ceará

Una via di mezzo fra una palafitta e una casetta di origami, la sua Paraqueira ha inglobato anche altri materiali, travi di eucalipto, grandi finestre e porte di vetro girevoli, tetti con tegole lignee, pietra. Solitamente preferisce usare legname tipico : con i rami di babaçu, dotato di una pellicola naturale protettiva,  ricopre il tetto e pareti  (importante raccoglierlo nei periodi di luna calante), con la carnauba, che anch'essa non necessita di trattamenti chimici-  le strutture portanti, mentre con l'ipê, duro, flessibile e resistente, i pali dei piani superiori. Con legno di scarto riciclato ha realizzato i pavimenti. La pietra è  stata tagliata a mano, i lavori di carpenteria rigorosamente svolti con strumenti tradizionali.

Paraqueira - Viçosa do Ceará

Gradatamente Gerson Castelo Branco e le sue abitazioni in stile Paraqueira hanno conquistato le copertine di riviste specializzate, ottenendo riconoscimento in campo nazionale e straniero.. dalla rivista americana Architectural Digest le sue case sono state paragonate nientemento che a quel genio di Frank Lyoyd Wright...Ha ampliato gli orizzonti, ha studiato paesaggismo e decorazione d'Interni, ha partecipato ad eventi e conferenze, sempre con una costante preoccupazione..divulgare un modo di di abitare tutto al naturale..

Sparpagliate per il sud e il nord del Brasile, ora  lussuose ville al mare o in montagna portano la sua firma inconfondibile, le sue linee-guida architettoniche permangono,  adattate però all'esigenze di prestigio di facoltosi committenti, con preziosi arredi ed elementi del più contemporaneo design..

 
 
 

Voci dal Brasile

Post n°601 pubblicato il 11 Febbraio 2012 da LivinginFortaleza
 

Cássia Eller canta "Partido alto"

 
 
 

Voci dal Brasile

Post n°600 pubblicato il 07 Febbraio 2012 da LivinginFortaleza
 

NX zero canta"Não É Normal"

 
 
 

Voci dal Brasile

Post n°599 pubblicato il 07 Febbraio 2012 da LivinginFortaleza
 

Thaís Gulin e Chico Buarque  cantano "Se eu soubesse"

 
 
 

Cromoterapia

Post n°598 pubblicato il 07 Febbraio 2012 da LivinginFortaleza
 

 
 
 

Voci dal Brasile

Post n°597 pubblicato il 07 Febbraio 2012 da LivinginFortaleza
 

Ana Cañas canta "Sempre Com Você"

 
 
 

Una vita tutta in scena

Post n°596 pubblicato il 07 Febbraio 2012 da LivinginFortaleza
 

Si è sempre definito umilmente un artigiano del palco, uomo di molta pratica e poca teoria. Il suo nome in Italia e poi in Brasile è diventato sinonimo di scenografo, di quello con la esse maiuscola..

Dietro il sipario sempre lui, Gianni Ratto.

Nasce a Milano, il 27 agosto 1916, per caso - dirà lui. La madre Maria, diplomatasi al Conservatorio di Pesaro, era una valida pianista e compositrice. Si separa dal marito e dopo qualche giorno dalla nascita del figlio, si trasferiscono a Genova. E' grazie all'ambiente musicale stimolante in cui cresce e grazie alla madre che Gianni riuscirà ad esprimere il suo talento. La madre dava anche lezioni di canto alla figlia di Gordon Craig, importante scenografo inglese che viveva a Genova, nel cui atelier, Gianni vedrà i primi bozzetti scenografici della sua vita. E sempre lei gli farà studiare piano, violino e violoncello, strumenti che certamente contribuiranno al suo dominio del linguaggio musicale, che si rivelerà fondamentale nei lavori di ambito operistico. Per lui lavorare ad una scenografia, significava lavorare più sulla musica che sul libretto. Era la musica, secondo lui, il vero linguaggio dello spettacolo, il suo vero testo. 

Gianni frequenta  il Liceo Artistico, collabora con architetti e decoratori,  e successivamente riesce a vincere un concorso che gli permette di seguire il corso di regia presso il Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, con professori come Blasetti,Chiarini, Barbaro.  Con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale è richiamato alle armi. Inviato presso la Scuola di Addestramento di Fano, avrà qui modo di incontrare Paolo Grassi. I due diventeranno amici e grazie ad uno spettacolo teatrale messo in scena da entrambi, all'interno della scuola, che riscuoterà un grande successo, i due saranno, dispensati dallo svolgere l'addestramento militare.

Diserta e fugge in Grecia, dove vivrà due anni ospite di contadini. Al suo ritorno in Italia, a guerra finita,scopre che un suo grande amico, Giogio Labò, figlio del noto architetto e ceramista genovese Mario Labò, impegnato nella lotta partigiana era stato catturato e fucilato. La situazione del dopo guerra è difficile. Le città bombardate, le istituzioni cancellate, i teatri chiusi..

Bozzetto "L'alba dell'ultima sera" 1949-50 ( Archivio Piccolo Teatro di Milano)

Decide di trasferirsi a Milano, tentando la fortuna. Dopo mesi e mesi di fame, finalmente arriva l'occasione.  Giorgio Strehler lo invita a sostituire lo scenografo per la sua "Morte di Elettra".  I due, insieme all'amico Paolo Grassi, fonderanno Il Piccolo Teatro di Milano, stringendo così un legame solidale che lo porterà a realizzare le scenografie di numerosi spettacoli.  E' ormai affermato e stimato, diventa anche vicedirettore artistico e scenografo della Scala,  partecipa anche alla fondazione del Teatro Stabile di Genova.Un tour de force lavorativo, che finisce quasi per svuotarlo e stancarlo fisicamente.

Altro momento di svolta ed altra chance nella sua vita è rappresentato dall'incontro casuale, con l'attrice brasiliana Maria della Costa, in visita in Italia. Costei lo invita a firmare la scenografia e la regia del suo spettacolo in Brasile ("O canto da Cotovia") per il nuovo teatro da lei fondato a San Paolo. E' proprio quello che ci voleva.. Gianni ha finalmente l'opportunità di sganciarsi dall'ambiente milanese e provare nuove vie, scoprire un mondo diverso. Dall'agitazione passa notti insonni, finchè non si imbarca sulla nave che dopo un mese di navigazione, con un biglietto di terza classe, lo farà sbarcare, nel 1954 a Rio de Janeiro.

 bozzetto per "O Mambembe" di Artur Azevedo e Josè Piza (1959)

Si innamora del Brasile e decide di rimanerci, troncando i suoi legami con la madre e con la madrepatria... entrambe non le rivedrà più. Apprende la lingua ascoltandola per le strade, si esprime con una lingua maccheronica, misto di italiano e portoghese, pù uno spiccato accento genovese. Disegna e realizza una serie di scenografie, fra cui quella per l'opera "O Mambembe", riscuotendo un grande successo di pubblico e critica. Crea nel 1959 una compagnia di teatro stabile il Teatro dos Sete, con  gli attori Fernanda Montenegro, Fernando Torres, Sergio Britto ed Italo Rossi. Numerosi gli spettacoli teatrali ed opere, di cui segue la luce, scenografia, costumi, talvolta anche la regia. E' entusiasta della sensibilità degli attori, l'ambiente che trova è ancora acerbo, ma denso di possibilità, diventa il responsabile della formazione artistica di molti uomini e donne di teatro. Interminabile la lista delle sue collaborazioni con registi e direttori, istituzioni, fra gli anni' 60 e gli anni '80. Partecipa, in qualità di attore in alcuni film, realizza le scenografie per diverse telenovelas, si occupa anche di insegnamento, fà parte di numerose commissioni in ambito universitario e giurie in festival teatrali. Negli anni '80 scrive la sua autobiografia  "A Mochila do Mascate". Pubblica libri tecnici sull'argomento scenografia ed attore, nonchè alcune raccolte di racconti. Cura un progetto socio-educativo portando il teatro nei quartieri più poveri e carenti. Un riconoscimento di questa sua instancabile e caleidoscopica attitivà giunge nel 2003, quando riceve il  Premio Shell per il suo contributo al teatro brasiliano.

Ispirato alla sua autobiografia il documentario "A mochila do mascate", (Lo zaino dell'ambulante) fortemente voluto dalla figlia, Antonia Ratto, che insieme alla regista Gabreilla Greed, ha scritto il copione, è un misto di passato e presente, realtà e finzione, scenografie e spazi geografici, attraverso un collage di immagini su supporti vari (video, immagini di archivio, disegni, super 8 e 16 mm), con un sottofondo musicale particolarissimo,  composto da frammenti di una musica scritta dalla  madre nel 1951  “Capriccio para pianoforte”- ritrovata fa le sue carte- e canzoni suonate al pianoforte che risvegliano nella sua memoria ricordi dimenticati.. e così , il giorno del suo 87° compleanno, iniziano le riprese ed il racconto della sua vita, intervallato da testimonianze di chi lo conosceva bene ..Dario Fo, Lele Luzzati, Fernanda Montenegro, Maria dalla Costa.

 

trailer del documentario "A mochila do mascate"

Nella prefazione alla sua autobiografia, Sabato Magaldi così scrive :

“De todos os encenadores estrangeiros que decidiram, a partir da Segunda Guerra, atuar entre nós, Gianni Ratto foi, sem dúvida, quem mais se identificou com o Brasil. [...] Ninguém como ele se associou de forma tão consciente e consequente à dramaturgia brasileira”. (Fra tutti gli scenografi stranieri che decisero, a partire dalla Seconda Guerra Mondiale, di lavorare fra noi, Gianni Ratto, fu, senza dubbio, colui che maggiormente si identificò con il Brasile.. Nessuno seppe, come lui, associarsi in forma tanto cosciente e conseguente alla drammaturgia brasiliana).

 
 
 

Maschere punitive

Post n°595 pubblicato il 06 Febbraio 2012 da LivinginFortaleza
 

schiavo fuggitivo con maschera, Rio de Janeiro 1846 da "Le Magasin Pittoresque" 1846

Di ferro o di stagno, bloccate con un lucchetto, abbinate spesso, ad un collare in pendant, lasciavano appena respirare e vedere, con esse indosso non si poteva mangiare, bere, nè tantomeno parlare.. museruole per umani, di tanti e creativi modelli, potevano coprire interamente la faccia o solo la bocca.. una delle tante, orribili punizioni corporali che venivano inflitte agli schiavi africani nel  supposto paradiso - o inferno ( dipendeva dai punti di vista) -  tropicale brasiliano.. giunte sino a noi e testimoniati da disegni e incisioni, con spiegazioni più o meno dettagliate che svariati viaggiatori stranieri del XIX-XX secolo colsero nel loro peregrinare per il Brasile, con un misto di indignazione, stupore, incredulità, denuncia, curiosità.

Maschere di ferro e collari da Thomas Branagan "The Penitential Tyrant, or, slave trader reformed" ( New York 1807)  

Altro che maschere carnevalesche...Era il padrone a decidere quanti giorni dovessero tenerle, ma erano le signore della fazenda le più convinte sostenitrici di questo castigo -  inflitto con sadica crudeltà  alle schiave più belle, forse anche per gelosia e vendetta... maschere imposte per punire furti di cibo, di zucchero, di diamanti, come castigo per tentativi disperati di fuga o come prevenzione per evitare che i malcapitati fuggitivi, una volta riacchiappati, tentassero, ingoiando terra o bevendo grandi quantità di alcol, il suicidio, visto il trattamento durissimo cui sarebbero stati condannati. J.B. Debret, Thomas Ewbank e Daniel P. Kidder ci mostrano come venivano indossate e con quanta naturalezza e rassegnazione gli/leschiave continuassero a svolgere le loro normali attività.. 

Maschera di metallo Brasile 1846 da Thomas Ewbank  "Life in Brazil" (New York 1856)

Fra i vari modelli la Máscara de Flandres o Folha-de-Flandres divenne, suo malgrado, forse la più famosa..legata indissolubilmente alla figura mitica e leggendaria della Escrava Anastacia, una giovane e bella schiava africana diventata  icona di movimenti antirazziali, simbolo di resistenza eroica ed oggetto di culto religioso. E così la ritroviamo in statuette e busti in altarini casalinghi, nelle cappelle della Igreja do Rosario dos Pretos, a Bahia, a Rio de Janeiro ed in altre città del Brasile, stampata su t-shirts, incollata su medaglioni, riprodotta in migliaia di copie su immaginette, ricordata con un busto bronzeo in praça Pedro Souza, sempre ritratta con la medesima maschera, indissolubilmente legata ad essa, espressione visiva del suo martirio.

Maschera di metallo, Brasile 1820 da J.B. Debret "Voyage Pittoresque eh Historique au Bresil" (Paris 1834-39)

Sebbene non ci siano prove della sua effettiva esistenza, migliaia di fedeli cattolici la ritengono una santa, dotata di potere mistico, capace di operare miracoli ed intervenire nelle vite dei suoi devoti. Eletta come martire esemplare per le sue doti di pazienza, stoicismo e virtuosa sofferenza, si è avanzata regolare richiesta al Vaticano per la sua beatificazione. E vista la promiscuità religiosa, la mescolanza ed osmosi- tutta tipica brasiliana- fra un culto religioso ed un altro, la schiava mascherata è entrata, con tutti i diritti, a far parte del pantheon delle entità spirituali dell'Umbanda.. Incorporata nei pretos velhos, ossia le anime di schiavi defunti, considerata, spirito ancestrale che, a differenza di tutti gli altri, non ritorna sulla terra per incarnarsi nei corpi dei devoti durante i riti di possessione..La schiava Anastasia è  arrivata, grazie alla sua sofferenza, ad acquisire il più alto status di  saggezza e spiritualità.  

L'attrice Simone Cerqueira nelle vesti della schiava Anastasia -spettacolo teatrale "O auto da escrava Anastasia"- Rio de Janeiro 2008

  Innumerevoli le versioni sulla sua vita.. Chi la fa nascere in Angola, chi in Congo e chi in Nigeria.. per alcuni era una principessa, appartenente alla famiglia reale dei Galanga, figlia di Delmira, bellissima schiava che venne subito venduta e ingravidata. Anastasia, anche lei avvenente e con gli occhi blu, venne al mondo in una fazenda di Pompeu (Minas Gerais) nel 1740. Secondo altri invece nacque a Bahia.. La maggior parte delle varie leggende concordano sulla sua bellezza, sul conseguente continuo assalto da parte del padrone, del figlio e dei sorveglianti, sulla sua resistenza e sulla punizione con una maschera di ferro.. chi la vuole vergine, chi stuprata ripetutamente e madre di tanti figli, tutti con gli occhi rigorosamente azzurri. Condannata ad indossare la maschera per aver opposto un rifiuto, per aver rubato dello zucchero, per aver negato un bacio o per semplice invidia della sua padrona.. torturata, venne poi venduta ad un mercante di Rio de Janeiro e lasciata a marcire in prigione, con un  volto ormai deturpato e incancrenito.  Venne sepolta, come tanti altri schiavi, nella Chiesa del Rosario dei Neri.

Maschera di ferro e collare punitivo per schiavi, Brasile 1817-1818 da Jacques Etienne Arago "Souvenirs d'aveugle. Voyage autour du monde par M.J. Arago",( Paris 1839-40)

Le circostanze della nascita del culto di questa schiava violata, sono forse assai più interessanti della sua biografia e girano tutte attorno ad un embletico disegno, opera del francese Jacques Etienne Victor Arago. Costui prese parte, in qualità di disegnatore ufficiale,  ad una spedizione scientifica francese guidata da  Louis de Freycenet  fra Brasile, isole del Pacifico ed Australia.   Nel 1817 prima, e per altri  tre mesi  nel 1820, il francese ebbe modo di visitare e soggiornare a Rio, testimoniando, fra le altre cose, il trattamento brutale e le condizioni disumane cui erano sottoposti gli schiavi africani, dal loro arrivo e sbarco in porto, fino alla loro vendita al mercato di Valonga, non mancando di denunciarle nel memoriale del viaggio, "Promenade autour du monde, pendant les annès 1817, 1818, 1819 et 1820", pubblicato a Parigi nel 1822. Sarà, tuttavia, solo dopo molti anni, che in una riedizione dell'opera, dal titolo "Souvenirs d'un aveugle.Voyage autour du monde par M.J. Arago" (1839) che comparirà la celebre litografia, immagine riveduta e corretta di un suo disegno a schizzo, raffiugrante uno schiavo fuggitivo con la maschera.

L'attrice Simone Cerqueira nelle vesti della schiava Anastasia -spettacolo teatrale "O auto da escrava Anastasia"- Rio de Janeiro 2008

Più di un secolo dopo, tale immagine ispirerà e suggellerà la leggenda, trasformando lo schiavo in una schiava, una figura anonima in un vero e proprio mito. Già verso la fine degli anni'40 e i primi anni '50 è attestata la presenza, a Salvador de Bahia, di un esiguo gruppo di donne devote di Anastasia, ma si trattava di un fenomeno di religiosità popolare di poco rilievo. Il boom del culto della schiava martirizzata dagli occhi azzurri  scoppierà nel 1968, in seguito all'allestimento di una mostra, presso il piccolo "Museo del negro", annesso all' Igreja do Rosario dos pretos di Rio de Janeiro, che in occasione dell'80° Anniversario dell'Abolizione della schiavitù in Brasile, ebbe l'onore di ospitare per due mesi le spoglie della Principessa Isabella,  "la Liberatrice degli schiavi"- translate da Petropolis a Rio.. le due donne, la regina e la schiava, vennero esposte l'una accanto all'altra, davanti a migliaia di visitatori. E' così che l'immagine della schiava Anastasia divenne di pubblico dominio. Negli anni'80 spettacoli radiofonici  sulla sua vita vennero seguiti appassionatamente da un numero enorme di ascoltatori, accrescendo così la sua popolarità  a livello nazionale.. i detenuti la presero a modello di pazienza e sopportazione, mentre i saloni di bellezza la proposero come nuovo modello di bellezza africana, come un look da copiare..  

Punizioni per schiavi fuggitivi, Rio de Janeiro 1850 da Daniel P. Kidder "Brazil and Brazilians, portrayed in historical and descriptive sketches" - Philadelphia 1857

Oggi Anastasia si deve barcamenare tra invocazioni su striscioni di militanti del movimento nero, porta-bandiera dell'orgoglio razziale, spiritualissime pratiche devozionali umbanda,  ed innumerevoli richieste di protezione da nemici visibili o invisibili. Come un talismano, basta sussurrare "
O vergine santa vergine Principessa Anastasia, tu che hai nelle tue mani il potere dei miracoli, del bene, dell'amore e della carità, fà che i miei nemici non possano colpirmi, non possano vedermi, non mi possano raggiungere. Benedetta S.Anastasia, prima e unica principessa assoluta della cattività, io ti chiedo, per la sofferenza che hai passato nella prigionia, di liberarmi di giorno e di notte da possibili nemici, occulti o dicharati. Così sia."

Ma...ce la farà a fare tutto ?

 
 
 

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