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Un blog creato da Kaos_101 il 23/10/2006

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« Messaggio #23Maieutica »

Post N° 24

Post n°24 pubblicato il 15 Gennaio 2007 da Kaos_101
 

Cittàmercato 1° parte 

Il racconto che state per leggere è stato scritto a 4 mani, due sono le mie, due sono di: 29Forever: ( http://www.neverisforever.splinder.com )
Forse è un po' lungo per un blog, ma il risultato ci soddisfa talmente che abbiamo deciso di pubblicarlo comunque. . Godetevi la lettura e, chissà
...potrebbe darvi un'idea per un appuntamento al buio!

La porta automatica scivola silenziosa davanti a me. Non appena varco la soglia gli occhiali si appannano completamente e un caldo soffio mi avvolge.
L’escursione termica è violenta, fuori -5°C dentro +25°C: una bella differenza! Mi sfilo il giaccone, e mi guardo attorno...
Sono le 11 di un martedì di febbraio: il centro commerciale non è particolarmente affollato. Finite da poco le feste, non ancora iniziati i saldi di fine stagione. Tra un’oretta, con l’approssimarsi dell’ora di pranzo, arriveranno frotte di impiegati, funzionari e operai che lavorano negli uffici circostanti. Sicuramente non ci metterò tanto ad individuare la mia preda. Poco oltre la trentina, castana, capelli corti, alta, magra, occhi chiari, viso intenso, seni piccoli, belle gambe, minigonna con spacchi laterali, minipull che lascia scoperto l’ombelico, tacchi a spillo e autoreggenti.
Non dovrebbe essere difficile riconoscerla ed invece...maledetta moda! Sembrano tutte in divisa, come tante soldatine, soldatine sexy si intende, ma fatte con lo stampino. La cosa si preannuncia più complicata del previsto, non mi dispiace, una caccia troppo facile non dà molta soddisfazione.
Mi aggiro tra i negozi senza fretta, fingo interesse per prodotti di cui nulla mi importa, e intanto continuo a cercare. Davanti alla vetrina di un negozio di casalinghi mi soffermo a lungo. C'è uno specchio in vetrina, nello specchio vedo un paio di jeans slavati che adoro perchè mi stanno a pennello e un maglione in lana blu notte con la zip che nasconde il mio ventre leggermente appesantito, in fin dei conti 50 anni di cene con gli amici e di pranzi con i parenti non possono certo essere annullati da un paio di sere a settimana in palestra. Mi sposto un poco verso destra per poter guardare alle mie spalle senza voltarmi. Scruto la gente che passa. Una donna con passeggino, una signora sui sessanta con bimba per mano... Eccola! No troppo bassa, sculetta in modo evidente non può essere lei; si volta e... no decisamente no, la mia preda è molto più graziosa. Poi la vedo...anche se non sapessi com’è vestita non potrei sbagliarmi! L'atteggiamento conferma la sua identità, continua inutilmente a tirare giù quel francobollo di stoffa che le copre pochi centimetri del suo bel paio di gambe affusolate. Tutto come da copione: minigonna nera, minipull pervinca sotto cui spiccano piccoli seni di una impertinente seconda misura, tacchi ancor più a spillo del previsto, calze a rete.
Lo sguardo alternativamente scivola verso il basso per l’imbarazzo per sventagliare attorno un attimo dopo nella speranza di individuare chi non è in grado di riconoscere. E' chiaramente a disagio. Il suo disagio la rende ancor più visibile agli occhi degli uomini che le passano vicino e che la scrutano con lunghe occhiate vogliose. Per mitigare la tensione cerca affannosamente nella borsetta qualcosa. Ne estrae il cellulare e avvia una chiamata. Per qualche secondo tiene il cellulare all'orecchio senza evidentemente ricevere risposta. Ha iniziato a camminare lungo le vetrine con il telefono in mano, forse attende di essere richiamata dalla persona che ha cercato poco fa. Camminare scioglie un minimo la tensione. Decido di mandarle il primo sms: "continua a camminare, mi piace guardarti mentre ti muovi!"
E’ vero mi piace leggere ciò che il suo corpo mi racconta di lei. La vedo sussultare e irrigidirsi: ha inserito il vibracall, è evidente che non vuole attirare ulteriormente l’attenzione con la suoneria. Legge, si guarda attorno, riprende a camminare, lo sguardo ai negozi e un sorriso imbarazzato stampato sul volto. Non voglio si accorga di me; mi sposto, mi fermo, fingo di telefonare, poi un prelievo al bancomat. Si muove lentamente, nonostante il disagio ha movimenti sinuosi che si sciolgono di passo in passo: si vede che la situazione inizia ad eccitarla.
"Bar accanto al Body Shop, tavolo più esterno, ordina 2 caffè."
La vedo attraversare il corridoio guardandosi intorno curiosa e sedersi al tavolino che le ho indicato. Mentre siede sulla seggiola piuttosto scomoda del bar, si tiene la gonna per non farla alzare troppo e accavalla le gambe: è chiaramente a disagio. "Non accavallare le gambe!" Avvampa. Esegue senza batter ciglio, il gioco si sta facendo più divertente del previsto. Passano due addetti alla sicurezza: fisico gonfio di palestra e "non solo" capelli rasati a zero e tatuaggi su tutto il corpo, nuca compresa. Lo spacco laterale della gonna lascia intravedere il pizzo delle autoreggenti. I vigilantes si bloccano e cominciano a commentare a voce alta. Commenti irripetibili. Lei finge di non sentire e istintivamente posa la mano sullo spacco aperto. Mi defilo.
Il negozio di scarpe è proprio di fronte al bar. Entro. La commessa, sorridente, mi si fa incontro premurosa. Ecco la prima comparsa che si offre di aiutarmi: mi sarà certo utile, ma non nel modo che immagina. Le indico un paio di mocassini stringati in coccodrillo color tabacco in vetrina: "Il 45 per favore", "Quelli da 350 euro?" "Si, grazie!". Mentre va a prenderli osservo la mia preda attraverso la vetrina. Sta ordinando i caffè come le ho chiesto. Il telefono è posato sul tavolino in attesa di nuovi ordini. Mi eccita avere in mano il suo tempo e il suo spazio. Torna la commessa coi costosissimi mocassini, li provo, mi guardo nello specchio obliquo del negozio: sotto i jeans non rendono. La commessa, mi incoraggia: "li veda con un bel pantalone scuro." "Li prendo...però deve farmi un grosso favore, anzi due" "certo mi dica" è chiaro che non intende perdere la vendita, coi tempi che corrono dove lo trovi un cliente che spende 350 euro senza battere ciglio. Se sapesse che sono solo un ingranaggio di un meccanismo molto più complesso.
"Per prima cosa vorrei passare a ritirare il pacchetto nel pomeriggio"
"Nessun problema si figuri"
"Poi dovrebbe portare un biglietto alla signora seduta al tavolo qui di fronte".
In quel preciso istante una cameriera posa sul tavolo davanti a lei un cabaret coi due caffè. Prendo un foglio di carta e scrivo: "Il primo amaro, zucchera il secondo, mescola col dito medio, succhiati il dito e bevi il caffè. Ah... non ti azzardare più a coprire lo spacco della gonna con la mano!". Piego in quattro il foglio e lo porgo alla commessa. "Aspetti che me ne sia andato da qualche minuto, sia discreta. Si limiti a dirle che una persona l’ha incaricata di consegnarlo personalmente a Lei. Non ci saranno domande, ma, qualora ce ne fossero, non dica altro. Grazie, ci rivediamo nel pomeriggio per le scarpe."
Mi allontano abbastanza da non essere notato. Mi siedo su una delle panchine disposte alla rinfusa nella rotonda centrale. La gente sta aumentando mi aiuta a mimetizzarmi. Raccatto un quotidiano abbandonato, lo arrotolo e ci gioco come se aspettassi l’arrivo di qualcuno per andarmene. La osservo mentre riceve il biglietto. Come previsto lo prende senza fare domande: ne conosce l’autore. Lascia allontanare il "latore", lo apre e lo legge ostentando una calma che sa di non avere, lo richiude con la stessa studiata indifferenza e lo ripone in borsetta. Solleva lo sguardo e fissa per un tempo infinito le due tazzine, immobile.


Quel Natale era rimasta a casa. L’acquisto dell’appartamento in centro, i lavori di ristrutturazione, l’arredamento, il notaio e tutto il resto l’avevano costretta a rinunciare alle vacanze invernali. Reduce da una relazione morta per consunzione, Sara, nonostante i molti amici che frequentava, sentiva spesso il bisogno di isolarsi in quella tana accogliente dai colori neutri che aveva reso così sua con pochi mobili essenziali che connotavano lo spazio quasi come i catus il deserto.
Si era finalmente comprata il PC portatile perché, oltre a leggere moltissimo, amava scrivere racconti e le piaceva l'idea di poterlo fare in qualunque posto nascesse l'ispirazione. Una sera Alida, in visita di cortesia alla nuova casa, dopo aver parlato per un’ora buona delle sue avventure, erotiche e non, nate dalla frequentazione delle chat, aveva insistito per crearle un account con la scusa di potersi tenere in contatto anche in ufficio. Fino a quel giorno per Sara il PC non era stato altro che un perfetto strumento di scrittura, aveva un collegamento a Internet ma, fino a quel momento, aveva sempre e solo rappresentato una fonte inesauribile di notizie e informazioni. Qualche sera dopo, un po’ per curiosità, un po’ per noia, aveva deciso di entrare in rete.
Connessione, clicca sull’icona, apri la finestra di dialogo…mentre stava ancora cercando di capire cosa fare, era arrivato il primo messaggio di un certo 26cm "ciao hai CAM?" "?" cam? Che diavolo era la CAM? Nemmeno il tempo di riflettere e il monitor era stato invaso da altre 4 finestre con i messaggi più disparati (o disperati?).
Da: maschioitaliano "ti va di guardarmi mentre mi masturbo per te?"
Da: lele79 " Ciao sono ragazzo carino, occhi verdi, moro e con fisico prestante, facciamo quattro chiacchiere? Dimmi: che misura di reggiseno hai?" (da quando in qua per fare quattro chiacchiere si deve fornire la misura del reggiseno?)
Da: qwerty "@<--<---- ciao ;-)" (curiosi geroglifici che solo molto più tardi avrebbe capito essere una rosa fatta con i caratteri speciali e una faccina maliziosamente sorridente)
Da: marcoferro " Ciao sono un cavaliere errante della tavola rotonda in cerca della sua Ginevra".
Sara cominciava seriamente ad annaspare e ad innervosirsi quando ricordò le raccomandazioni di Alida: "mettiti sempre in modalità occupato altrimenti appena vedono un nick femminile ti sommergono di messaggi"
Maledicendosi per la sbadataggine, si affrettò a cambiare l'icona del semaforo da verde a rossa e chiuse tutte le finestre aperte dei vari cavalieri occhi verdi di nome lele o marco. Cliccò su un’altra icona: la segreteria era già colma di messaggi. Scorse, incuriosita e un po' delusa, il rosario di approcci, quasi tutti banali, degli aspiranti interlocutori. Ad un tratto ne notò uno che la colpì. Diceva semplicemente "scrivo racconti per diletto.Ti andrebbe di leggerne uno?" cliccò sul nick orkolandia e aprì la comunicazione.
"Approcci tutte nello stesso modo? Quante donne hanno già letto il tuo racconto? Sicuramente sarà sempre lo stesso..."
"Ehi che caratterino! Frena, frena! Le cose non stanno come pensi. Ti ho contattata perché la protagonista di un mio racconto si chiama Isabel, proprio come il tuo nick"
"Davvero? Che coincidenza. Ho scelto questo nome proprio perché non è di uso comune e a me non piace essere ordinaria"
"Si hai ragione è un nome che mi è sempre piaciuto. Anni fa, durante un viaggio, conobbi una Isabel: era una donna spettacolare che mi è rimasta un po' nel cuore, tanto da dedicarle un racconto. Se vuoi te lo mando"
"Si grazie, come facciamo? Devo darti la mia mail?"
"Non chatti da molto vero? Clicca sull'icona con le due freccette accanto al semaforo, attiva la ricezione dei file"
"Va bene…."
Quella sera chattarono fino a notte fonda e dopo quella prima sera ce ne furono altre. Dopo un mese lui le parlò del gioco: un "blind-date" in un centro commerciale, lui che impartiva ordini via sms, lei che li eseguiva senza discutere. All’inizio trovò l’idea folle, poi, la sua curiosità felina prese il sopravvento e, poco per volta, finì per farsi raccontare tutti i particolari. Di nuovo si spaventò e di nuovo la curiosità per quello strano gioco la eccitò fino a cancellare ogni dubbio. Non aveva mai accettato un appuntamento al buio, figurarsi, una simile pazzia! Ne parlarono per giorni, lui la rassicurava da un lato e la provocava, giocando sul suo orgoglio, dall'altro. Sarebbero stati complici di un gioco sconosciuto a coloro che li circondavano, tutti sarebbero state ignare pedine della loro pazzia.
"Ti darò modo di interpretare, per un giorno, ciò che non hai mai voluto essere: una donna provocante che esegue, senza discutere, ogni mio ordine. Molti uomini saranno attratti dal tuo comportamento e tu dovrai essere molto attenta a chi si avvicinerà a te. Ricorda, avrai due soli modi per uscire da quel centro commerciale: al mio fianco se riuscirai ad identificarmi o da sola qualora mi confondessi con una delle tante comparse che ti gireranno attorno. Piccola postilla: se sbagli sparisco e tu non saprai mai chi io sia"
Nonostante i mille campanelli d’allarme che suonavano nella sua testa, Sara aveva finito con l’accettare quelle assurde condizioni e adesso era lì seduta in quel bar a contemplare il casino in cui si era cacciata e un paio di tazzine di caffè fumante.

La prima tazzina non rappresenta un problema. Ha sempre odiato il caffè amaro, ma con ostinazione prende a sorseggiarlo lentamente, mentre analizza la situazione. Ha solo due possibilità: eseguire il secondo ordine oppure alzarsi e andarsene. Valuta le opzioni, sa già che non si arrenderà così facilmente. Versa una bustina di zucchero nella tazzina, poi una secondo, quasi per sfida. Si guarda attorno per vedere se qualcuno la sta osservando. “Maledetta gonna!” Almeno cinque uomini e un paio di donne le tengono gli occhi addosso in modo più o meno diretto. Un profondo respiro e tuffa il dito medio nel caffè ormai tiepido, mescola, si succhia pensierosa il dito gocciolante, porta la tazzina alla bocca e trangugia. Nel rimetterla al suo posto nota, con una punta di divertimento, l’espressione sbigottita della coppia che la scruta di soppiatto due tavoli più in là. Bzzzz. Il cellulare l’avvisa che è arrivato un altro messaggio. “Brava! Adesso alzati e cammina dritta davanti a te!”. Non resta che obbedire. Sara si alza e riprende a camminare.
Cerca di non far caso alle occhiate vogliose dei maschi e quelle acide delle donne che incontra lungo il corridoio, ogni sguardo le si attacca addosso, le attraversa i vestiti. Sa di essere una bella donna ma ha sempre vissuto la sua avvenenza come un dono speciale da non ostentare, anzi, da mitigare con una rassicurante sobria eleganza. La mise che indossa oggi, invece, sembra urlare ai quattro venti “sono qui guardatemi!” e, contrariamente a qualsiasi aspettativa, la cosa comincia a piacerle.

 
 
 
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