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Un blog creato da Kaos_101 il 23/10/2006

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« ............53!!!Licia »

Licia (seconda parte)

Post n°180 pubblicato il 10 Ottobre 2007 da Kaos_101
 

Mi riscuoto dai miei pensieri, controllo la mappa della metropolitana e mi rassereno: il ritardo non riguarda il mio senso di marcia.
Ci sarebbe mancato pure questo intoppo!
Finalmente arriva il treno salgo: otto fermate e sono da lei.
Pagano, Conciliazone, Cadorna. La pensilina opposta è stracolma di gente.
Mi sorprendo col sorriso sarcastico del monello che l’ha fatta franca: stanno aspettando il treno che tarda, ma IO sono nella direzione in cui non ci sono intoppi… Poveracci….

Solo che… Solo che le porte del vagone non si chiudono e il treno non dà segno di voler ripartire.
Passano alcuni minuti, comincio a spazientirmi.
Arriva un convoglio nell’altra direzione. Riparte stipato al punto che molti passeggeri rimangono a terra. Beep…beep…le porte rimangono aperte e il treno non riparte. Non sono l’unico a non capire: diverse persone scendono dal vagone e cercano di informarsi su cosa stia succedendo, ma non sembrano trovare risposte.
Altri minuti d’attesa ed un secondo treno fa il suo ingresso in stazione sempre nella direzione opposta alla mia. Si ferma svuota finalmente la pensilina e riparte.
Beep…beep…ancora nulla, poi vedo i viaggiatori affrettarsi a risalire e finalmente si riparte.
Scaramantico? Chi, io? Ma no!
Duomo. Scendo e mi affretto in superficie. Appena ricompare il campo, le mando un sms:
sono arrivato dove sei?
Mi risponde
Ci sono arrivo tra un attimo!
Raggiungo l’ingresso della Galleria, mi guardo attorno senza sapere chi, in realtà non ho la minima idea di come sia fatta, non ho mai voluto chiederglielo e mi sono fidato ciecamente di una sua generica affermazione che “cozza non era”.
D’improvviso la vedo, appena un attimo prima lei mi getti le braccia al collo.
Sento il suo corpo contro il mio, appena separato dal vestito di tessuto leggero che la fascia: è splendida! Mi ero imposto di non farmi alcuna aspettativa su di lei al punto di essermi dimenticato persino i pochi elementi che mi aveva dato di sé.
Sono rossa con gli occhi verdi
Fantastico! La mia donna ideale! Sei come Gilda.
Gilda? Chi è gilda?
Avevo sorriso pensando come la differenza di età che non avvertivo quando le parlavo, si manifestasse, invece, in modo tanto evidente nella sua totale ignoranza di un mito assoluto della femminilità come Rita Hayworth. Così, per fingere di colmare quel gap generazionale, le avevo mandato alcune foto della diva.
La guardo di nuovo: è minuta senza essere magra, ha i capelli non troppo lunghi rossi scalati e raccolti alla nuca con una molletta
(quanto maledirò più tardi quella molletta)
Ha un viso regolare un bel nasino, che si premura a garantirmi essere originale, due occhi assolutamente fantastici verdi con pagliuzze dorate.
Indossa un abito, ma lei sicuramente mi correggerebbe, diciamo di un rosso spento, che la fascia mettendone in risalto la figura, la gonna non troppo corta lascia scoperte due belle gambe, le scarpe sono basse e  ha una buffa borsa vagamente hippy.
La prendo per mano e, in assoluto shock da sovraccarico emotivo, la guido verso piazza della Scala, con la dichiarata intenzione di raggiungere il Castello Sforzesco. Impiego tutto il tempo necessario per attraversare la piazza a rendermi conto che sto andando nella direzione sbagliata, inverto la rotta, e cerco di fare il disinvolto sparando cazzate sul piacere di perdersi in una città sconosciuta.
Per fortuna lei non pare dar troppo peso alla cosa, e continua a starmi vicina, la sua mano nella mia.
Finalmente arriviamo al parco del castello e ci sediamo al tavolino di un bar.
Il dialogo è continuo e fitto, le mani, gli occhi, le parole, il tono della voce, la postura dei corpi, tutto è teso a colmare l’abisso tra ciò che eravamo a distanza e ciò che siamo realmente.
Le nostre mani rimangono praticamente sempre legate mentre ci raccontiamo tutto ciò che già ci siamo detti, ma che va riconfermato e ridetto ora che siamo uno di fronte all’altra.
Il gioco della caccia continua, lei è sicuramente emozionata, ma avverto anche delle curiose rigidità che attribuisco però alla naturale difficoltà a far combaciare l’immagine mentale a quella reale e al fatto che siamo, comunque, in un luogo pubblico.
Per un attimo accarezzo l’idea di ordinare io per lei senza chiedere cosa voglia, poi desisto, poco convinto che apprezzerebbe quella piccola dimostrazione di potere, un potere che deve ancora essere confermato.
Nel frattempo, per un paio di volte, tento di afferrarle i capelli, ma la molletta, si la maledetta molletta, li tiene raccolti impedendomi una presa soddisfacente, lasciandomi il dubbio, mai risolto, che quella molletta fosse un accorgimento studiato ad arte.
Finalmente le prendo la testa tra le mani, la tiro verso di me e la bacio sulle labbra. Oppone una blanda resistenza, ma di certo non le schiude nè incoraggia la prosecuzione di quel bacio.
Non insisto, non sono venuto fin qui per rapinare qualcosa, sono venuto per scoprire se Licia mi appartiene o meno.
Restiamo seduti un’ora abbondante, senza che i segnali che ricevo da lei prendano una direzione chiara ed univoca.
Non c’è dubbio che sia emozionata e coinvolta, ma non sembra disposta ad andare oltre, a saltare il fosso, ad accettare di essere ciò che tante volte mi ha sussurrato con forza al telefono.
Segnali contrastanti dicevo.
Noto che ha le gambe accavallate
Cosa ci fai con le gambe così?
Le dico
Devo aprirle?
Mi pare evidente!
Obbedisce senza fiatare, e il sorriso che le attraversa il viso e le fa scintillare gli occhi, mi sembra di evidente piacere.
Per contro, poco dopo, per rispondere alla telefonata di un’amica, si alza e si allontana, come non volesse sentissi i suoi commenti.
I miei tentativi, peraltro molto blandi, di tirarla verso di me e rompere l’empasse, la trovano piuttosto restia, non si oppone in modo deciso, ma non c’è l’ombra del trasporto che mi sarei aspettato.
D’altro canto se gioco con le sue labbra e le forzo un dito in bocca lo accoglie e non sembra le sia cosa sgradita.
Sono perplesso anche perché quello che lei mi dice contrasta radicalmente con ciò che percepisco. La sento emotivamente è vicina, ma mentalmente incapace ad andare oltre, lei, invece. sostiene di essere con me di testa ma di non riuscirci a pelle.
Dopo quattro passi per il parco ci avviamo verso piazza del Duomo.
Mi è abbastanza chiaro che non andremo molto oltre per oggi, ma non ho ancora capito che succederà domani.
Mentre camminiamo lei mi dice che non se la sente, che qualcosa la blocca, che le sue remore iniziali sulla differenza di età e forse qualcosa di ciò che sono le impedisce di andare oltre. Ascolto le sue parole, ma, dentro di me, qualcosa mi dice che le cose non stanno esattamente così.
Mi faccio un severo esame di coscienza: è splendida, è proprio come la cercavo, so di volerla con un’intensità che credevo non avrei più provato, ma nonostante questo, sono certo che la sensazione che provo non è un disperato tentativo di rimanere attaccato ad un sogno che svanisce.
Continuo a sentire che il legame tra noi è ancora fortissimo.
Mi appoggio ad una ringhiera e la attiro a me.
Ho le gambe aperte e, tenendole una mano sulla schiena faccio aderire il suo bacino al mio, non si oppone, siamo vicinissimi.
Baciami
Le dico guardandola negli occhi
No!
Mi risponde con un sorriso nervoso
Ti ho detto baciami
E io ti ho detto di no!
Ribatte.
Tanto lo farai
Insisto
Lei sorride tra il provocatorio e il divertito e non risponde
Si limita a scuotere la testa e a mordicchiarsi il labbro inferiore con quei maledetti occhi verdi e d’oro che sembrano dilatarsi e risucchiare tutto il mondo attorno.
Di nuovo il mio pollice a forzarle le labbra, di nuovo la sua lingua a cercarlo e a carezzarlo.
La mia mano scorre lungo la schiena fino a trovare il cordino del tanga.
Scivolo lungo il suo fianco e infilo la mano tra me e lei.
Le sfioro con le dita il pube.
Lei sussulta si allontana di scatto, la mia mano la segue, lei si riavvicina quasi a cercarne il contatto.
Il tessuto è leggero e le mie dita sfiorano la sua intimità ne percepiscono i contorni.
Baciami
Le ripeto
Lei avvicina le sue labbra alle mie e le preme per un breve attimo.
Tanto sei mia
Le dico
Non lo so, non lo so più
Mi dice con un filo di voce.
Vorrei andare
Ma è presto
Si ma ci dovevamo vedere solo per capire oggi no?
Quello che c’era da capire lo abbiamo capito non credi?
Non lo so
Le rispondo
Non so che dirti, sono decisamente confuso.
Se ti va andiamo dove ho la macchina e da lì ti accompagno in stazione. Va bene?
Mi sembra annuisca, raggiungiamo l’ingresso della metro e scendiamo.
Al momento di entrare però mi dice che vuole andare direttamente in stazione.
Mi sembra una fuga, ma non posso e non voglio forzarla in alcun modo.
La attiro di nuovo a me, sento il suo corpo contro il mio.
La mano nuovamente la sfiora e nuovamente il suo bacino si spinge verso di me.
Le chiedo se sia eccitata, ammette di esserlo, ma si stacca e se ne và.
Riprendo la metro, raggiungo l’auto e riparto, con la strana sensazione che le cose continuino a non essere come sembrano.
Il viaggio di ritorno è abbastanza tranquillo, la chiamo un attimo, ma cade la linea, penso non mi voglia parlare, invece dopo pochi minuti è lei a richiamarmi.
Sono sul treno tra poco parto, sono contenta tu mi abbia chiamato è come dare una cornice a questa giornata.
Credo abbia detto cornice per non dire suggello, appresso la delicatezza.
Le ripeto che è una persona speciale e ci salutiamo
Sono già a casa quando ricevo un suo sms.
Continuano i presagi negativi. Il treno ha messo sotto una persona, si prevede un grosso ritardo. Un bacio.
Menomale che non sono scaramantico. 

 
 
 
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