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Un blog creato da Kaos_101 il 23/10/2006

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Kato Zakros

Post n°188 pubblicato il 10 Novembre 2007 da Kaos_101
 

Sono per me luoghi dell'anima quei posti che "riconosci" come tuoi non appena li vedi, quelli in cui ti sembra la tua anima abiti da sempre, quelli che ti trasmettono un inspiegabile senso di serenità e di pace con te stesso. Luoghi dove passi magari una sola volta nella tua vita ma che rimangono conficcati nel tuo cuore senza che tu possa o voglia cancellarli.

Ci  arrivo una sera in fuga da Vai, celebratissima spiaggia con palmeto sulla costa orientale di Creta. Nulla da eccepire sul palmento, di fatto splendido, ma la spiaggia, per me, che ero di umore "via dalla pazza folla", la percezione di essere finito in una località alla moda è così forte da farmi riprendere la macchina e allontanarmene velocemente.
Avevo letto qualcosa su una località ad una trentina di chilometri più a sud e così decido di raggiungerla per passare la notte.
Le strade di Creta, soprattutto in quella zona non sono particolarmente agevoli, così,  ci metto più di un’ora per percorrere quei trenta chilometri che mi separano da  Kato Zakros che si rivela del tutto simile ad altre centinaia di paesini che punteggiano l’isola, anzi, nemmeno particolarmente pittoresco, ma mentre mi guardo attorno per trovare una sistemazione per la notte, vedo un cartello che indica, a pochi chilometri un sito archeologico e una spiaggia.
Mi allontano dal paese seguendo la strada  che si snoda, contorcendosi,  tra gli ulivi via via sempre più radi fino a scomparire per lasciare posto all’onnipresente terreno brullo e rossastro.

Finalmente arriviamo alla costa, alta e a strapiombo sul mare e, dopo una svolta, di colpo, sotto di noi, appare la nostra meta. A distanza di tanti anni non posso dimenticare l’emozione di quel momento.  Il tramonto tingeva il mare, calmissimo e di un blu profondo, di rosso e di giallo, al centro della cala era alla fonda un due alberi con il pavese illuminato da decine di lampadine, una spiaggia bianchissima, orlata da tamerici, le luci di qualche abitazione e di una trattoria. Sembrava davvero un posto fuori dal mondo e, contrariamente alle previsioni, questa prima impressione non è andata delusa.
Ci fermiamo a mangiare nel ristorantino sul mare, il gestore ci indica la casa di un pescatore che “forse” ha una camera da affittarci per la notte.


Nicolas è un omone grande e grosso di circa settant’anni, praticamente calvo, senza il braccio destro, mi squadra con un’aria vagamente infastidita quando mi presento alla sua porta chiedendogli ospitalità per la notte.
Il mio greco è praticamente inesistente e dubitavo che il mio ospite sappia padroneggiare altre lingue al di là della sua, ma forse hanno ragione i greci che continuano a dirmi: “una faza una raza” perché in qualche modo ci riuscimmo a capire perfettamente, anzi quando scopre che siamo italiani, vuole sapere da dove veniamo e, saputo che siamo di Padova, sentenzia “grande università! Sì ho una camera per voi”
La casa di Nicolas è una costruzione piuttosto piccola che si affaccia su un immenso terrazzo a picco sul mare.
Sotto tale terrazza sono state ricavate alcune camere le cui fondamenta in palafitta affondano nell’acqua: in pratica si dorme col mare che sciaborda sotto il pavimento. Non si può dire che la stanza sia un esempio di pulizia, ma nulla pare in grado di turbare la perfezione di quel luogo.
La mattina dopo ci viene a svegliare la moglie di Nicolas che ci offre due fette di  torta ancora calda. Decidiamo di fermarci un paio di giorni e così, al ritorno dalla nostra giornata di esplorazione della costa, salgo da Nicolas per chiedere consigli sul prosieguo del viaggio. La serata è splendida, Nicolas dopo avermi fatto

accomodare sul terrazzo va a prendere una bottiglia di Ouzo e una caraffa di acqua fredda e si siede accanto a me a guardare il tramonto. Poi, non so nemmeno perché, comincia a raccontare in un misto di greco francese inglese italiano e non so più quante altre lingue, una storia fatta di pesca, di anfore micenee, di riflessi del sole sul mare,  di una ricerca lunga trent’anni. Il sole è del tutto calato quando mi riscuoto da quella magia, il silenzio è totale, rotto solo dallo sciabordio delle onde, mi alzo stringo la mano a Nicolas e mi avvio verso la mia stanza. Dietro di noi, seduta sull’uscio di casa la moglie di Nicolas stretta nel suo scialle nero, continua a incidere le olive appena raccolte e a gettarle nel secchio della salamoia…

 
 
 
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