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Un blog creato da Kaos_101 il 23/10/2006

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Messaggi di Agosto 2008

Marrakech

Post n°254 pubblicato il 31 Agosto 2008 da Kaos_101
 

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مراكش

E' l'ultima tappa del classico tour delle città imperiali del Marocco.
Ci arrivo al termine di un trasferimento massacrante: 12 ore di pullman su strade tortuose e spesso dissestate.
Il primo approccio con la città non è dei migliori: Marrakech non ha il mare di Djerba o di Rabat, non ha le suggestioni legate al mito di Casablanca, non ha nemmeno la raffinatezza e i colori di Fez.  
Marrakech è monocromatica: Marrakech è rossa!
Rossa la terra polverosa della campagna circostante, rosse le mura un po’ barbariche che la circondano, rosse le case, rossa la Kutubiya, il minareto quadrato che ne è il simbolo.

La polvere onnipresente, rossa pure quella, mi infastidiscee e l’emicrania che mi tartassa non  migliora di certo il mio umore.
Devo ammettere che la prima impressione non è stata particolarmente incoraggiante, tanto da farmi pensare:“vabbè ancora due giorni qui e poi si torna a casa. In fondo il resto del viaggio è stato splendido”
La mattina dopo tutti in piedi sul presto per il tour del souk.
E’ prassi consolidata che a Tarek, il nostro accompagnatore ufficiale, si affianchi in ciascuna città un’altra guida che, molto più che a illustrare le bellezze locali, è interessata a pilotarci nei “negozi convenzionati”.
Purtroppo per lui, essendo l’ultima tappa del nostro viaggio,  abbiamo tutti, chi più chi meno, completato gli acquisti di souvenir e di pacottiglia varia e così il nostro accompagnatore, indispettito dalla nostra scarsa collaborazione, dopo un veloce giro turistico, decide che è inutile perdere altro tempo con noi e ci abbandona al nostro destino.
Tutto, insomma, sembra indicare che il soggiorno a Marrakech resterà l’esperienza più deludente di quel viaggio; tutto fino al tramonto…
Verso le 18,00 Tarek ci viene a prendere e ci conduce in piazza Djem el Fnaa, il cuore pulsante di Marrakech.

La piazza è delimitata su due lati da alcuni edifici dai quali si aprono delle terrazze riservata ai turisti che, comodamente seduti sorseggiando un drink o un the alla menta, vogliano godersi lo spettacolo senza “sporcarsi” con quell’umanità allegra, chiassosa, rissosa e a volte dolente che invade lo spazio sottostante Dichiariamo senza esitazione che non siamo disposti a vivere una simile esperienza da lontano e così Tarek, con evidente compiacimento ci conduce in mezzo a quella folla multicolore ed eterogenea.
Volute di fumo si alzano dai bracieri dove si preparano cibi di tutti i generi: brochettesm mechoui, cous cous, dolci di mandorle, ciambelle fritte e Dio sa cos’altro.
L’aria è satura di odori che si sovrappongono e si mischiano tra di loro dando luogo ad una sorta di nuvola aromatica che ci avvolge e ci stordisce, e dalla quale emerge di tanto in tanto l’unico profumo riconoscibile, quello dell’onnipresente cumino.
Tarek ci indica una lunga fila di neri ombrelli aperti e appoggiati e ci spiega che si tratta dell’area riservata agli scrivani che per pochi dirham, offrono ai molti analfabeti i loro servigi.
Più oltre uno stupefacente mucchio di denti, posato a terra su una coperta, indica lo “studio” del dentista locale.
Contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare , costui più che a curare i denti, sembra impegnato a convincere i potenziali clienti a farsi estirpare i denti.
Al posto di quella che lui sembra considerare e di certo descrive come una  fonte  inesauribile di problemi, offre all’attento pubblico che lo circonda, una modernissima, si fa per dire, dentiera, di cui non si stanca di magnificare i vantaggi.


Ancora oltre l’immancabile incantatore di serpenti col suo cobra ondeggiante, talmente abituato al suo numero da rivolgere tutta la sua attenzione a me per lucrare sull’eventuale foto che intendo fargli.
Ci spostiamo, attirati da un
clangore infernale : è gruppo di danzatori vestiti di bianco con in testa un fez nero sul quale è fissato un cordone di una cinquantina di centimetri dello stesso colore.
I ballerini stringono in mano uno strumento di metallo, una via di mezzo tra nacchere e cimbali, con cui scandiscono i tempi della loro danza che consiste in una serie ininterrotta di salti sul posto con il contemporaneo movimento del capo che provoca il roteare vertiginoso di quella sorta di “coda di cavallo”
Lo spettacolo, evidentemente particolarmente apprezzato, ha richiamato un gran numero di persone che si sono assiepate attorno al gruppo di danzatori accompagnandoli con il battito ritmato delle mani.
Subito a fianco di questo centro d’attenzione scorgo un uomo, abbigliato con un suntuoso un abito femminile che imita, con sospetto languore, le movenze tipiche di una danzatrice del ventre.
A differenza di quanto accade lì accanto, qui non c’è nessuno che lo applauda o lo incoraggi, solo alcuni ragazzini che imitano sguaiatamente le sue movenze e lo scherniscono con quella crudeltà che solo i piccoli sanno avere.
E’ solo un attimo, sono trascinato di nuovo via da quell’umanità ricca e multicolore che ti sfiora, ti sollecita a comprare, ad assistere ad uno spettacolo, a seguirla chissà dove in quel caos di bancarelle.
Tutto è  avvolto dal vociare degli astanti, dalle grida dei venditori, dal suono degli strumenti musicali che creano una sorta di “placenta” sonora nella quale abbandonarsi e perdersi con un senso quasi ipnotico di estraniamento dalla realtà.
Un’esperienza davvero unica e coinvolgente che rese quell’ultima notte in terra d’africa la più intensa e magica tra tutte quelle che avevo passato.

...peccato che tutto cambi...ecco com'è ora quel posto fantastico...


 
 
 

Post N° 253

Post n°253 pubblicato il 23 Agosto 2008 da Kaos_101
 
Tag: Cucina

Strozzapreti al pesto di rucola

Amo il pesto tradizionale ma, alla lunga, stufa un po’.
Così ho pensato di applicare la ricetta del pesto alla rucola.
Ne è venuto fuori un sugo più leggero di quello d’origine ma altrettanto saporito.

Ingredienti per 4 persone:

400 gr di strozzapreti
100 gr di rucola freschissima
 
50 gr di gherigli di noce
 
50 gr di pecorino romano grattugiato
  
4 cucchiai di olio extra vergine di oliva
  
1 spicchio d’aglio (2 se piace)
     
sale, pepe

Preparazione

Come per il pesto tradizionale, anche in questo caso l’optimum sarebbe usare il mortaio ma, dato che nessuno oramai è disposto a mettersi a pestare e non è nemmeno facile trovare un mortaio nelle cucine di oggi, tanto vale prevedere in partenza l’utilizzo del robot di cucina.

Frullare assieme tutti gli ingredienti versando a filo l’olio fino ad ottenere una salsa cremosa ma non troppo liquida.

Cuocete gli strozzapreti in abbondante acqua salata, scolateli avendo l’accortezza di conservare qualche cucchiaio dell’acqua di cottura.

Spadellate la pasta col sugo, aggiungendo un po’ d’acqua se necessario e servire ben caldo.

Buon appetito

 

 
 
 

Schiava solo se..o schiava sempre?

Post n°252 pubblicato il 14 Agosto 2008 da Kaos_101
 

Piccola digressione pre-ferragostana su un quesito posto in un sito BDSM...
La domanda era:
Mi e' capitato di parlare con Masters che davano per scontato che se ero una schiava...lo dovevo essere sempre...quindi anche con loro e comportarmi di conseguenza...altri invece che mi dicevano...non sei la mia schiava...non devi darmi del lei e non hai obblighi...ho parlato con schiave che si considerano tali...sempre..in ogni circostanza...ed altre invece che stabiliscono chiaramente il come..il quando e con chi cio potrebbe verificarsi...Vedendo che cio' ingenera confusione nella comunicazione e mancanza di comprensione...tanto da scatenare polemiche infinite...ne vorrei parlare qui...delle differenze ..se esistono...ed eventualmente sul modo di ovviare a spiacevoli malintesi...per esempio inventandoci un nome...tipo...schiave sempre..o schiave solo se....?

Mia risposta:
fermo restando che "tot capita, tot sententiae" non ho mai amato quelle che chiamo "schiave professionali" quelle cioè che assumono un atteggiamento da schiava "a prescindere".
Personalmente ho sempre creduto che il rapporto che si crea tra me e la mia schiava dovesse essere qualcosa di unico e di esclusivo, che non consentisse molto, se non nessuno spazio alla "intercambiabilità" dei partecipanti.
Non nascondo di provare un senso di profondo fastidio quando leggo qualche diario di schiave (o Padroni) che inneggiano con parole entusiastiche al nuovo partner, del tutto dimentiche di quando, magari una settimana prima, o meno, usavano analoga enfasi per celebrare il precedente compagno di avventura.
Non vorrei che il mio paragone sembrasse irriguardoso per qualcuno, ma, come non ho mai praticato sesso a pagamento principalmente perchè la consapevolezza di essere "accettato" solamente perchè pago mi renderebbe penosa la cosa, così non sarò mai interessato ad una schiva che veda in me solo lo strumento per realizzare le sue fantasie.
Piccola parentesi su Gor: per chi si identifica in questa modalità, l'atteggiamento di rispetto formale è del tutto funzionale all'ambientazione scelta, ma è proprio questo formalismo, per me un po' vuoto, a rendere del tutto privo di interesse quel mondo.
In ulima analisi, per quel che mi riguarda, ogni donna è "solo" una donna fino a che non diventa la mia schiava e tutte le altre schiave, almeno per me, restano "solo " delle donne...
AUGH!
Oscuro
 

 
 
 

Venerdì 13

Post n°251 pubblicato il 06 Agosto 2008 da Kaos_101
 

È un po’ che non vedo Erica e la cosa non mi rende particolarmente felice.
Come se non bastasse la sporadicità dei nostri incontri, una serie di impegni imprevisti hanno fatto slittare per lunghe settimane la data fatidica, ma oggi, finalmente, vado da lei.
Esco in fretta, sono leggermente in ritardo, per un attimo mi passa per la mente che è venerdì 13, ma non sono superstizioso e caccio via il pensiero come una mosca fastidiosa.
Ovviamente il traffico è pesantissimo e, come se non bastasse,  piove che Dio la manda, rendendo più pericoloso e complicato il viaggio.
Mi becco un paio di robusti acquazzoni e arrivo a Bologna all’orario in cui sarei dovuto essere da lei. Le mando un sms: “C’è traffico sono in ritardo”.
Dopo un’altra mezz’ora finalmente arrivo. Erica è sotto l’acqua riparata da un ombrello che non sembra fare appieno il suo dovere. Appena entra in macchina non ci metto molto ad accorgermi che è bagnata come un pulcino: i pantaloni hanno un’ombra scura che arriva quasi fino alle ginocchia e anche il resto non sembra molto più asciutto.
Un bacio veloce, e via verso il solito posto.
Non so se sia perché andare in “camporella” le sembri meno premeditato, del peccaminoso motel, ma sta di fatto che, quando vado io da lei, non c’è verso di avere un tetto sopra la testa durante i nostri incontri.
Per fortuna in una delle nostre peregrinazioni abbiamo scoperto un posto abbastanza tranquillo: dopo esserci inerpicati per una strada stretta e tortuosa che si snoda sulle prime propaggini dell’Appennino, si imbocca una stradina sterrata e da questa si devia su di un’altra che conduce in cima ad un piccolo colle circondato da qualche albero e da folti arbusti che assicurano un minimo di intimità. Non è certo una sistemazione ottimale,  ma è il massimo che sono riuscito a trovare e per ora va bene così.
La giornata è decisamente tetra: non piove ma il cielo è cupo e promette di non tardare molto a riaprire le cateratte.
Cerco di sbrigarmi, ho voglia di lei, ma la strada è scivolosa, meglio evitare di combinare qualche guaio. (E’ venerdì 13 non facciamolo diventare davvero nefasto)
Arrivo finalmente al punto in cui, abbandonata la statale si imbocca il viottolo.
Controllo che non arrivi nessuno nella direzione opposta e mi infilo nel tratturo che sale ripido per un centinaio di metri per poi scendere piuttosto ripidamente in una conca sottostante.
Appena inizia la discesa, sento che la macchina va un po’ per conto suo ma  non mi preoccupo, anche se c’è molto fango a quella velocità non c’è certo pericolo di finire fuori strada.
Finita la discesa la stradina riprende lentamente a salire… la stradina riprende a salire, la Volvo no!
Dopo pochi metri le ruote cominciano a slittare e a scivolare nel fango.
Non sono ancora preoccupato, sono convinto che sia solo questione di affrontare con maggior decisione la salitella per superare l’impasse.
Ingrano la retro e cerco di arretrare di quel tanto da prendere un sufficiente abbrivio che mi consenta di aver ragione dell’ostacolo imprevisto.
Riesco a fare pochi metri,  ma arrivato nel punto più basso della conca, l’auto si pianta inesorabilmente rifiutandosi di andare né avanti né indietro.
La situazione non è allegra, ma non mi pare ancora tragica, esamino velocemente le possibili soluzioni e nel frattempo sbircio di sottecchi la mia compagna che non sembra ancora aver realizzato completamente il guaio in cui ci siamo cacciati.
Scendo dall’auto e affondo nel fango viscido e tenace che si avvinghia alle scarpe come una ventosa.

La situazione si fa di momento in momento sempre più critica.
Ricapitolo le soluzioni che intendo mettere in pratica:
Tentativo numero uno: provo a dare maggior grip alle ruote motrici e per far questo chiedo a Erica di sedersi sul cofano della macchina.
Scende dall’auto e si inzacchera fino ai malleoli.
Ulteriore problema: e adesso che racconta a casa visto che in teoria dovrebbe essere in ufficio?
Comunque in qualche modo raggiunge il frontale dell’auto e si siede sul cofano.
Provo a dare lentamente gas: nada de nada! La macchina è inchiodata e non da alcun segno di voler uscire da quel pantano.
Tentativo numero due: sebbene sia quasi estate non ho ancora tolto dal bagagliaio le catene da neve, così provo a vedere se montandole riesco a risolvere il problema.
Giro attorno alla macchina per un quarto d’ora buono tentando in tutti i modi di far passare l’estremità dietro la ruota e recuperarla dall’altra parte. Fatica inutile: la quantità di fango mi impedisce di completare l’operazione ma non di ricoprirmi di fango da capo a piedi.
Erica comincia a dare evidenti segni di nervosismo: fuma rabbiosamente senza avermene chiesto il permesso, ma mi guardo bene dal farglielo notare. Si muove avanti e indietro rimuginando e maledicendo la situazione.
A questo punto, del tutto abbandonata la speranza di poter recuperare la situazione, dopo aver dato un ultimo sguardo frustrato alla collinetta che si staglia a non più di 500 mt ma irraggiungibile come fosse su Marte, decido di passare alla soluzione definitiva: chiamo il soccorso stradale!
Dopo qualche difficoltà mi mettono in contatto con l’officina più vicina.
Che cazzo gli racconto adesso?
 Che un rispettabile professionista 50 enne si è piantato nel fango mentre andava in camporella con la sua giovane amante?
Ovviamente al meccanico non può fregare di meno perché sia finito in quella situazione: il vero problema è un altro.
Buongiorno ho combinato un guaio: mi sono impantanato in una stradina sterrata può venirmi tirar fuori?
Sì va bene, ma dove si trova?
Ehm… a dire il vero non lo so.
Guardo Erica nella speranza di ricevere da lei qualche indicazione, in fondo sono i suoi posti questi, ma la ragazza ha da tempo staccato il cervello ed è in pieno panico.
Come ci arrivo a casa adesso?
Che cazzo gli racconto?
Ma perché mi sono cacciata in sto casino?
Cerco di spiegare in qualche modo al meccanico la mia posizione ma quello sembra molto poco intenzionato a venirmi a soccorrere e, come se non bastasse, cade la comunicazione.
Decido di raggiungere la statale, se non altro per spedire via Erica con l’autostop e tentare di farmi dire dove diavolo sono finito.
Perdo due volte una scarpa risucchiata dal fango tenace, ma arrivo finalmente alla strada asfaltata, dove, ovviamente le auto latitano alla grande.
Finalmente, impietosito dalle condizioni in cui versa Erica, si ferma un vecchietto con una Panda 4x4 al quale chiediamo nell’ordine:
A) Dove ci troviamo
B) Se può portare a casa la ragazza
C) Se conosce un meccanico nelle vicinanze

Qui siamo a Gesso
Mi fa il vecchietto
Mi attacco al cellulare, richiamo il meccanico e gli dico.
Gessi, sono a Gesso, mi viene a recuperare?
La risposta mi gela:
Si avevo immaginato che fosse finito là. Mi spiace non vengo se provo a recuperarla mi pianto pure io. Cerchi un contadino là attorno, solo un trattore può tirarla fuori da lì. Buona fortuna!
Lo mando mentalmente affanculo e provo a chiedere aiuto al vecchietto il quale mi dice che può andare a vedere in una fattoria lì vicino.
Carica in macchina Erica, che sembra un poco meno angosciata e si avvia alla ricerca del trattore.
Io torno alla macchina per sistemare alcune cose e mentre lotto col fango per recuperare la scarpa che è rimasta imprigionata nel fango, mi viene in mente la battuta clamorosa di Frankenstein Junior:
in fondo potrebbe andare peggio: potrebbe sempre piovere!
e difatti inizia a piovere.
Torno sulla strada ad aspettare sotto l’acqua. Dopo una decina di minuti arriva la Panda e il vecchietto mi conferma che ha trovato il trattore e che tra poco arriverà a recuperarmi.
Bacio Erica, molto più sollevata, e aspetto pazientemente il mio salvatore.
Nell’attesa sono assalito da mille dubbi.
E se il tipo non ha capito dove sono cosa faccio qui fino alla fine dei miei giorni?
Finalmente arriva il trattore che mi recupera non senza difficoltà ma col sorriso di chi ha capito tutto.
Me la cavo con soli 20  € e prima di salutarlo, finalmente sollevato, azzardo una battuta:
sarà mica colpa del fatto che è venerdì 13?
Mo va là
Mi risponde lui.
Vedrai che se venivi domani ti impantanavi uguale.
Sono conciato come un marine dopo un’esercitazione nella giungla, ma oramai sono sulla via di casa e non ci faccio più caso.
Mando un SMS ad Erica:
mi hanno recuperato me la sono cavata con 20 € tutto sommato è ancora andata bene.
Risposta:
anche a me sono arrivata a casa in tempo. Messo tutto in lavatrice. E’ andata fin troppo bene.
La prossima volta albergo!
Continuo a non essere superstizioso ma il prossimo venerdì 13 me ne resto a casa!

 

 

 
 
 

Sinergie in cucina...

Post n°250 pubblicato il 03 Agosto 2008 da Kaos_101
 
Tag: Cucina

...ieri mi sono preparato il gazpacho e mi sono accorto che, filtrando il preparato, mi è rimasta una gran quantità di verdura che in teoria andava buttata.
...siccome non mi piace sprecare il cibo, pensa che ti ripensa ho risolto brillantemente in questo modo:

GAZPACHO

Ingredienti

1 Kg di pomodori rossi
2 cetrioli piccoli
1 fetta di pane (optional)
2 denti di aglio
1 peperone
1/4 litro di olio di oliva
Aceto
Sale
Acqua

Preparazione

La parola gazpacho, nell'uso colloquiale, è sinonimo di miscuglio. Questa è proprio l'essenza di questo piatto tipico. Per prepararlo è fondamentale frullare tutti gli ingredienti, i peperoni, i pomodori e i cetrioli, filtrarlo e togliere tutti i semini e i pezzi di buccia che possono essere rimasti. Poi si aggiungono gli spicchi d'aglio, il pane, l'olio, con un po' di aceto e sale. Si può versare acqua a piacimento per aggiustare la consistenza del gazpacho, come una leggera crema o altrimenti lasciarlo più spesso. Dopo aver frullato il tutto ancora una volta, si lascia riposare in frigo e si aspetta che sia bello freddo prima di servirlo un un bicchiere o in una tazza.

PASTA DI RISULTA

Ingredienti

400 gr di pasta corta
       verdura non passata dal colino
1/2  bicchiere di olio di oliva
 1    spicchio d'aglio schiacciato (facoltativo)
       sale peperoncino

Preparazione
     
Fate cucinare la pasta in abbondante acqua salata, a cottura ultimata spadellatela con tutti gli ingredienti
...buon appetito

 

 
 
 
 

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