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Un blog creato da Kaos_101 il 23/10/2006

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Messaggi del 10/10/2007

Licia

Post n°181 pubblicato il 10 Ottobre 2007 da Kaos_101
 

Se fossi scaramantico, probabilmente, me ne tornerei a letto: tutto sembra congiurare contro questo incontro.
Se il buon giorno si vede dal mattino oggi è un cattivo giorno: sto per entrare nella doccia e il rompiballe di turno mi arpiona con una telefonata fiume dalla quale riesco a liberarmi a fatica, mi rado, mi vesto, faccio per uscire e…le chiavi dell’auto sembrano essersi volatilizzate.
Guardo dappertutto: niente!
Scendo sotto il diluvio, già sta anche diluviando, il che rende la giornata ideale per un incontro “in terreno neutro” come richiestomi dalla signorina
Lascia la macchina da qualche parte
Ha detto
Prendi la metro e ci troviamo dove vuoi tu.
(sempre attenta a farmi credere che sono io a decidere la stronzetta)
Voglio proprio vedere con quest’acqua dove ci mettiamo.
Scendo a guardare se ho dimenticato le chiavi in macchina: niente!
Cazzo! Dove le ho ficcate?
Calma Luca ragiona: quando è stata l’ultima volta che hai usato la macchina?
Dove puoi averle appoggiate?
Rovescio la casa, controllo i posti dove abitualmente le lascio, poi quelli dove qualche volta le dimentico: niente!
Mi maledico mentalmente perché il secondo mazzo è, ovviamente in auto.
Ogni volta che mi capita questo inconveniente mi domando se non farei meglio a tenerle in casa. Domanda idiota perché se poi ti capita di perderle in viaggio, almeno un modo per ripartire ce l’hai. Tutto molto logico, ma sta di fatto che adesso o rompo il vetro o resto a casa.
Prendo in considerazione l’ipotesi di chiamarla per rimandare, ma lei è già in viaggio: non si può.
Sono decisamente seccato!
Torno in camera guardo in mezzo al casino che, al solito, ingombra il piano del comò: niente!
Riguardo sui comodini, per terra, sotto al letto, hai visto mai che miciorosso le abbia imboscate: niente!
Esasperato prendo a due mani il copri piumone che mi fa da lenzuolo e lo agito freneticamente:
toc, toc, toc…eccole!
Fottutissime chiavi! Guarda dove si erano cacciate!

Mi precipito alla macchina, sempre sotto il diluvio, la apro mi siedo al volante e…
Sorpresa: la cuffia del cambio è letteralmente allagata e la plafoniera continua a gocciolare allegramente. Non è tanto per il duro colpo alla tanto celebrata tecnologia svedese, quanto la sgradevole sensazione che sia un altro segno premonitore che qualcosa non va come dovrebbe, ma, tanto, mica sono scaramantico io…
Ovviamente il traffico è superiore alle previsioni: sembra che tutti i cretini e i camperisti di mezza Europa si siano dati appuntamento sulla terza corsia della A4.
La chiamo per dirle come stanno le cose: arriverò circa un’ora dopo di lei.
Le propongo una soluzione alternativa per recuperare un po’ di tempo:
Senti, capisco che tu preferisca rimanere in campo neutro, ma se usiamo la mia macchina per arrivarci al campo neutro, questo ti preoccupa tanto?
Un attimo di silenzio
No, perché, vedi
Riprendo io
Avevo pensato di andare sui navigli e se tu arrivassi a Cascina Gobba da lì in dieci minuti ci siamo, tu ti avvicini a me, io risparmio di entrare in Milano e riusciamo a vederti un poco prima.
Beh se vuoi che ci troviamo li dimmi con che mezzo prendere per arrivarci e ti raggiungo...
Capisco che è inutile insistere: si è messa in testa che la mia macchina è lo strumento scelto dal demonio per la sua perdizione e, cocciuta com’è, figurati se riesco a farle cambiare idea.
Va bene, ho capito, lasciamo stare. Chiamami quando arrivi a Milano così ti dico dove sono e anche dove ci troviamo.
D’accordo, ci sentiamo dopo. Un bacio.
Il viaggio procede a singhiozzo, tra tirate al massimo e lunge pause dietro a simpatici guidatori convinti che le macchie da superare siano come le ciliegie: ancora una e rientro, no, dai, un’altra ancora e poi basta.
Sono tra Brescia e Bergamo quando ricevo la sua telefonata.
Sono appena scesa dal treno, dove ci troviamo?
Faccio mentalmente un calcolo di cosa sia più semplice e non trovo nulla di meglio che darle appuntamento in Galleria.
Mi saluta e riattacca
Arrivo come Dio vuole a piazzale Lotto, per fortuna trovo velocemente parcheggio e scendo nella metro, raggiungo il binario e leggo sul display: prossimo treno tra 12 minuti!
12 MINUTI??? Ma è una vita!!!
E io che credevo che passasse un treno ogni 4/5 minuti.
Altro avvertimento del destino? Macchè mica sono scaramantico io!
Non avendo altro da fare mi siedo e la mente torna a ripensare agli ultimi giorni.
E’ strano come, a volte, le persone ci entrino dentro con una forza e con una chiarezza che poco hanno a che vedere con la logica e i normali percorsi di “avvicinamento”
All’inizio,  tenta una blanda resistenza dovuta alla differenza di età, poi, quasi rassegnata accetta un dialogo sempre più stretto e sempre più intimo che scava nelle sue fantasie e nei suoi bisogni
Quasi per gioco la minaccio di darle un nome a di mio gusto e lei accetta senza esitare.
Diventa Licia e da quel momento, per me, è solo Licia, nemmeno ricordo più il suo vero nome.
In un rigurgito di orgoglio, pretende che la scelta ricada su un nome “vergine” mai usato in analoghe situazioni.
La rassicuro: lei è la prima alla quale mi è venuta voglia di imporre un nome tutto mio.
Il tempo si dilata, le conversazioni al pc prima, al telefono poi, attraversano interminabili ed inesauste tutta la notte e la afferrano al punto che nemmeno finge di poter fare a meno della mia voce e della mia presenza.
Il gioco totalmente scoperto. So che ha ben chiari i meccanismi con cui agisco, so che è perfettamente cosciente di ciò che le sto facendo, so che pur essendone consapevole,  non riesce o non vuole sottrarvisi.
Come non provare un piacere speciale da una simile situazione?
Comincio a scavare e trovo una vena di metallo prezioso enormemente ricca.
La signorina è tutto tranne che una sprovveduta, ma ha un gran bisogno che qualcuno riesca a scombussolare le sue quiete certezze, a ridimensionare quella spocchia che brandisce come uno scudo, a spegnere quel sorriso sarcastico di chi crede di aver già visto tutto nella vita e di avere gli strumenti adeguati a gestire e padroneggiare le poche esperienza che ancora le mancano e qualsiasi eventuale imprevisto.
E’ divertente vedere come una parte di lei mi incoraggi a proseguire, mentre l’altra sembra sfidarmi ostentando una sicurezza di poter gestire la situazione che, francamente, non vedo.
Mi da del manipolatore di menti, ma il modo in cui lo dice è quello di chi si compiace di sapere cosa sono e cosa sto facendole.
Stabilisco dei rituali che accetta e gradisce, peritandosi di informarmi che ne percepisce senso e finalità.
Accetta i miei ordini, dapprima un po’ perplessa, poi , via via, sempre più convinta.
Comincio a chiamarla piccola cagna, e la sento trasalire dal piacere venato dall’indignazione che la sua militanza femminista le procura.
Le dico che voglio si masturbi per me al telefono.
Non tenta nemmeno di dissuadermi, mi confessa che per lei sarebbe la prima esperienza del genere e mi prega di rimandare alla sera successiva perché ha un ospite e la sua presenza la inibisce, impedendole di “esprimersi” adeguatamente.
Non ho motivo di rifiutare, soprattutto per permetterle di vivere appieno questa nuova esperienza.
Ripenso con un sorriso a come si sia evoluta in fretta la sua capacità di rendermi partecipe del suo piacere e di come sappia farmi sentire vicino e partecipe.
Non ci ho messo molto a capire quanto fosse “speciale”
Certo, è vero, ogni donna, a suo modo è speciale, ma lei lo è in maniera diversa, tanto che non posso fare a meno di dirglielo infischiandomene del fatto che probabilmente lo considererà solo un trucco per sedurla.
Sei preziosa per me
Le dico
Lo sei perché hai una qualità rara che ti rende se non unica, molto speciale.
Vedi Licia, io con te ho la sensazione che tutto sia chiaro, tutto evidente, tutto “giusto”. La comunicazione tra di noi fluisce in modo così immediato e completo che non sono nemmeno sfiorato dal dubbio che tu mi stia mentendo o che non faccia ciò che ti dico di fare. Con te sento con certezza che sei “esattamente” quella che cercavo e che, io sono ciò di cui  hai bisogno.
Il tuo stupore per come ti capisco, per come ti so dire la cosa giusta al momento giusto, la forza con cui mi percepisci e l’intensità delle emozioni che suscito in te, sono, credimi, il frutto di una sintonia che raramente mi è capitato di vivere.
L’ho trovata con  te e farò di tutto per  non lasciarmela sfuggire.
Attenzione per un guasto ad un treno alla stazione  “Cadorna” i convogli diretti a Mulino Dorino e Bisceglie subiranno qualche minuto di ritardo. Ci scusiamo coi passeggeri per il contrattempo.

 
 
 

Licia (seconda parte)

Post n°180 pubblicato il 10 Ottobre 2007 da Kaos_101
 

Mi riscuoto dai miei pensieri, controllo la mappa della metropolitana e mi rassereno: il ritardo non riguarda il mio senso di marcia.
Ci sarebbe mancato pure questo intoppo!
Finalmente arriva il treno salgo: otto fermate e sono da lei.
Pagano, Conciliazone, Cadorna. La pensilina opposta è stracolma di gente.
Mi sorprendo col sorriso sarcastico del monello che l’ha fatta franca: stanno aspettando il treno che tarda, ma IO sono nella direzione in cui non ci sono intoppi… Poveracci….

Solo che… Solo che le porte del vagone non si chiudono e il treno non dà segno di voler ripartire.
Passano alcuni minuti, comincio a spazientirmi.
Arriva un convoglio nell’altra direzione. Riparte stipato al punto che molti passeggeri rimangono a terra. Beep…beep…le porte rimangono aperte e il treno non riparte. Non sono l’unico a non capire: diverse persone scendono dal vagone e cercano di informarsi su cosa stia succedendo, ma non sembrano trovare risposte.
Altri minuti d’attesa ed un secondo treno fa il suo ingresso in stazione sempre nella direzione opposta alla mia. Si ferma svuota finalmente la pensilina e riparte.
Beep…beep…ancora nulla, poi vedo i viaggiatori affrettarsi a risalire e finalmente si riparte.
Scaramantico? Chi, io? Ma no!
Duomo. Scendo e mi affretto in superficie. Appena ricompare il campo, le mando un sms:
sono arrivato dove sei?
Mi risponde
Ci sono arrivo tra un attimo!
Raggiungo l’ingresso della Galleria, mi guardo attorno senza sapere chi, in realtà non ho la minima idea di come sia fatta, non ho mai voluto chiederglielo e mi sono fidato ciecamente di una sua generica affermazione che “cozza non era”.
D’improvviso la vedo, appena un attimo prima lei mi getti le braccia al collo.
Sento il suo corpo contro il mio, appena separato dal vestito di tessuto leggero che la fascia: è splendida! Mi ero imposto di non farmi alcuna aspettativa su di lei al punto di essermi dimenticato persino i pochi elementi che mi aveva dato di sé.
Sono rossa con gli occhi verdi
Fantastico! La mia donna ideale! Sei come Gilda.
Gilda? Chi è gilda?
Avevo sorriso pensando come la differenza di età che non avvertivo quando le parlavo, si manifestasse, invece, in modo tanto evidente nella sua totale ignoranza di un mito assoluto della femminilità come Rita Hayworth. Così, per fingere di colmare quel gap generazionale, le avevo mandato alcune foto della diva.
La guardo di nuovo: è minuta senza essere magra, ha i capelli non troppo lunghi rossi scalati e raccolti alla nuca con una molletta
(quanto maledirò più tardi quella molletta)
Ha un viso regolare un bel nasino, che si premura a garantirmi essere originale, due occhi assolutamente fantastici verdi con pagliuzze dorate.
Indossa un abito, ma lei sicuramente mi correggerebbe, diciamo di un rosso spento, che la fascia mettendone in risalto la figura, la gonna non troppo corta lascia scoperte due belle gambe, le scarpe sono basse e  ha una buffa borsa vagamente hippy.
La prendo per mano e, in assoluto shock da sovraccarico emotivo, la guido verso piazza della Scala, con la dichiarata intenzione di raggiungere il Castello Sforzesco. Impiego tutto il tempo necessario per attraversare la piazza a rendermi conto che sto andando nella direzione sbagliata, inverto la rotta, e cerco di fare il disinvolto sparando cazzate sul piacere di perdersi in una città sconosciuta.
Per fortuna lei non pare dar troppo peso alla cosa, e continua a starmi vicina, la sua mano nella mia.
Finalmente arriviamo al parco del castello e ci sediamo al tavolino di un bar.
Il dialogo è continuo e fitto, le mani, gli occhi, le parole, il tono della voce, la postura dei corpi, tutto è teso a colmare l’abisso tra ciò che eravamo a distanza e ciò che siamo realmente.
Le nostre mani rimangono praticamente sempre legate mentre ci raccontiamo tutto ciò che già ci siamo detti, ma che va riconfermato e ridetto ora che siamo uno di fronte all’altra.
Il gioco della caccia continua, lei è sicuramente emozionata, ma avverto anche delle curiose rigidità che attribuisco però alla naturale difficoltà a far combaciare l’immagine mentale a quella reale e al fatto che siamo, comunque, in un luogo pubblico.
Per un attimo accarezzo l’idea di ordinare io per lei senza chiedere cosa voglia, poi desisto, poco convinto che apprezzerebbe quella piccola dimostrazione di potere, un potere che deve ancora essere confermato.
Nel frattempo, per un paio di volte, tento di afferrarle i capelli, ma la molletta, si la maledetta molletta, li tiene raccolti impedendomi una presa soddisfacente, lasciandomi il dubbio, mai risolto, che quella molletta fosse un accorgimento studiato ad arte.
Finalmente le prendo la testa tra le mani, la tiro verso di me e la bacio sulle labbra. Oppone una blanda resistenza, ma di certo non le schiude nè incoraggia la prosecuzione di quel bacio.
Non insisto, non sono venuto fin qui per rapinare qualcosa, sono venuto per scoprire se Licia mi appartiene o meno.
Restiamo seduti un’ora abbondante, senza che i segnali che ricevo da lei prendano una direzione chiara ed univoca.
Non c’è dubbio che sia emozionata e coinvolta, ma non sembra disposta ad andare oltre, a saltare il fosso, ad accettare di essere ciò che tante volte mi ha sussurrato con forza al telefono.
Segnali contrastanti dicevo.
Noto che ha le gambe accavallate
Cosa ci fai con le gambe così?
Le dico
Devo aprirle?
Mi pare evidente!
Obbedisce senza fiatare, e il sorriso che le attraversa il viso e le fa scintillare gli occhi, mi sembra di evidente piacere.
Per contro, poco dopo, per rispondere alla telefonata di un’amica, si alza e si allontana, come non volesse sentissi i suoi commenti.
I miei tentativi, peraltro molto blandi, di tirarla verso di me e rompere l’empasse, la trovano piuttosto restia, non si oppone in modo deciso, ma non c’è l’ombra del trasporto che mi sarei aspettato.
D’altro canto se gioco con le sue labbra e le forzo un dito in bocca lo accoglie e non sembra le sia cosa sgradita.
Sono perplesso anche perché quello che lei mi dice contrasta radicalmente con ciò che percepisco. La sento emotivamente è vicina, ma mentalmente incapace ad andare oltre, lei, invece. sostiene di essere con me di testa ma di non riuscirci a pelle.
Dopo quattro passi per il parco ci avviamo verso piazza del Duomo.
Mi è abbastanza chiaro che non andremo molto oltre per oggi, ma non ho ancora capito che succederà domani.
Mentre camminiamo lei mi dice che non se la sente, che qualcosa la blocca, che le sue remore iniziali sulla differenza di età e forse qualcosa di ciò che sono le impedisce di andare oltre. Ascolto le sue parole, ma, dentro di me, qualcosa mi dice che le cose non stanno esattamente così.
Mi faccio un severo esame di coscienza: è splendida, è proprio come la cercavo, so di volerla con un’intensità che credevo non avrei più provato, ma nonostante questo, sono certo che la sensazione che provo non è un disperato tentativo di rimanere attaccato ad un sogno che svanisce.
Continuo a sentire che il legame tra noi è ancora fortissimo.
Mi appoggio ad una ringhiera e la attiro a me.
Ho le gambe aperte e, tenendole una mano sulla schiena faccio aderire il suo bacino al mio, non si oppone, siamo vicinissimi.
Baciami
Le dico guardandola negli occhi
No!
Mi risponde con un sorriso nervoso
Ti ho detto baciami
E io ti ho detto di no!
Ribatte.
Tanto lo farai
Insisto
Lei sorride tra il provocatorio e il divertito e non risponde
Si limita a scuotere la testa e a mordicchiarsi il labbro inferiore con quei maledetti occhi verdi e d’oro che sembrano dilatarsi e risucchiare tutto il mondo attorno.
Di nuovo il mio pollice a forzarle le labbra, di nuovo la sua lingua a cercarlo e a carezzarlo.
La mia mano scorre lungo la schiena fino a trovare il cordino del tanga.
Scivolo lungo il suo fianco e infilo la mano tra me e lei.
Le sfioro con le dita il pube.
Lei sussulta si allontana di scatto, la mia mano la segue, lei si riavvicina quasi a cercarne il contatto.
Il tessuto è leggero e le mie dita sfiorano la sua intimità ne percepiscono i contorni.
Baciami
Le ripeto
Lei avvicina le sue labbra alle mie e le preme per un breve attimo.
Tanto sei mia
Le dico
Non lo so, non lo so più
Mi dice con un filo di voce.
Vorrei andare
Ma è presto
Si ma ci dovevamo vedere solo per capire oggi no?
Quello che c’era da capire lo abbiamo capito non credi?
Non lo so
Le rispondo
Non so che dirti, sono decisamente confuso.
Se ti va andiamo dove ho la macchina e da lì ti accompagno in stazione. Va bene?
Mi sembra annuisca, raggiungiamo l’ingresso della metro e scendiamo.
Al momento di entrare però mi dice che vuole andare direttamente in stazione.
Mi sembra una fuga, ma non posso e non voglio forzarla in alcun modo.
La attiro di nuovo a me, sento il suo corpo contro il mio.
La mano nuovamente la sfiora e nuovamente il suo bacino si spinge verso di me.
Le chiedo se sia eccitata, ammette di esserlo, ma si stacca e se ne và.
Riprendo la metro, raggiungo l’auto e riparto, con la strana sensazione che le cose continuino a non essere come sembrano.
Il viaggio di ritorno è abbastanza tranquillo, la chiamo un attimo, ma cade la linea, penso non mi voglia parlare, invece dopo pochi minuti è lei a richiamarmi.
Sono sul treno tra poco parto, sono contenta tu mi abbia chiamato è come dare una cornice a questa giornata.
Credo abbia detto cornice per non dire suggello, appresso la delicatezza.
Le ripeto che è una persona speciale e ci salutiamo
Sono già a casa quando ricevo un suo sms.
Continuano i presagi negativi. Il treno ha messo sotto una persona, si prevede un grosso ritardo. Un bacio.
Menomale che non sono scaramantico. 

 
 
 
 

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