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Evilenko - David Grieco - 2004

Post n°35 pubblicato il 03 Giugno 2007 da wellburnthesky
Foto di wellburnthesky

Il vuoto pneumatico del regime comunista ha creato i suoi mostri, assassini seriali altrettanto truci e crudeli di quelli americani o anche europei.
Con il crollo del comunismo degli anni della Perestrojka viene alla luce il più efferato assassino: Andrej Romanovic Evilenko.
Tra il 1984 e il 1990 uccide più di 50 bambini e adolescenti, violentandoli e divorandoli. Il mostro della striscia di bosco, di cui parla il film è un professore di letteratura russa in un orfanotrofio della periferia di Mosca, malato senza saperlo di schizofrenia. Astuto e inafferrabile, Evilenko nasconde la propria efferatezza dietro un sorriso deforme e uno sguardo ipnotizzante con i quali riesce ad avvicinare le proprie vittime portandole con sé nei boschi isolati della periferia cittadina. Dopo lunghe ricerche sarà un giovane magistrato e padre di famiglia Vadim Timurovic Lesiev a rintracciarlo e dopo un estenuante interrogatorio a farlo confessare.


Il giornalista, scrittore, attore, sceneggiatore e ora anche regista, David Grieco trasforma il proprio romanzo, "Il comunista che mangiava bambini" in un film, per raccontare questa volta con le immagini la vita di uno dei più celebri serial killer dell'Unione Sovietica, Andrej Romanovic Cikailo, intellettuale, pedagogo e soprattutto comunista che nonostante fosse clamorosamente pazzo, venne dichiarato sano di mente e frettolosamente giustiziato il 14 febbraio del 1994, mentre due studi di ricerca (uno europeo e l'altro americano) offrivano consistenti somme di denaro per farsi consegnare il mostro vivo.
Un personaggio profondamente colto ma altrettanto folle che trova nel magnetico Malcom Mc Dowell un ottimo alter ego. Un'interpretazione principalmente fisica la sua: l'attore infatti si trasforma ingobbendo il corpo sotto il profondo senso di inadeguatezza che il proprio personaggio prova nei confronti della propria identità di comunista e per quell'insana attrazione verso i bambini.

Se si dovesse indicare il pregio maggiore di questa trasposizione cinematografica che David Grieco ha tratto dal suo libro ‘Il comunista che mangiava i bambini’, sarebbe quello di aver mantenuto la metafora socio-politica su un sentiero costantemente ambivalente e incerto: è la liberazione dalla tutela di un’ideologia forte in nome di un nuovo corso ancora nebuloso ad aver partorito il mostro di Rostov?; oppure l’avvento della perestroika ha avuto il merito di aprire finalmente uno dei tanti cassetti che custodivano il diario segreto su cui era descritta l’infamia di crimini immondi?
E se invece si dovesse riassumere in poche parole il peggior difetto del film di Grieco, allora non si potrebbe tralasciare l’evidente asservimento ai codici linguistici da fiction televisiva, l’adeguamento alla ‘non-estetica’ contagiosa e sgualdrina che ha di fatto schiavizzato molte produzioni italiane.
Con uno scarto tuttavia, perché Evilenko, a differenza di altri film tricolori, trasuda sostanza e impeto da tutte le incrinature che ricoprono questa fiaba amarissima, disseminata in effetti di sbavature registiche e narrative molto evidenti e ascrivibili probabilmente alla genericità di un debuttante che non ha ancora ‘inquadrato’ (non è un attenuante, tutt’altro) il suo stile e il suo sguardo personale.
Evilenko investe lo schermo con una foga molto disorganica e dispersiva; e non potrebbe essere altrimenti perché, in fin dei conti, la vicenda del ‘Mostro della striscia di bosco’ non sembra altro che l’emersione alla luce del sole di una pulsione per troppo tempo repressa nelle giacenze buie e fuori moda del magazzino veterocomunista.
Ed è una pulsione sessuale violenta che tutti faticano a razionalizzare, fatta eccezione per il malcapitato dottore omosessuale che si getta sulle tracce del mostro di Rostov; è lui l’unico a fornire una spiegazione plausibile,derivante dai suoi studi psicanalitici, a quegli impulsi bestiali. Il problema è che la psicanalisi, sebbene sia nata un secolo prima, sembra, nella russia gorbacioviana, ancora appartenere alla sfera dell’ignoto: si tratta di arretratezza culturale o ingenuità dilettantesca di chi non ha mai dovuto affrontare o nemmeno considerare la divulgazione pubblica di crimini osceni come quelli della pedofilia e del cannibalismo?
Un interrogativo lasciato senza risposta tra le pieghe di quella che non è altro che una favola, appunto, dove ad essere protagonista è un orco assatanato da un desiderio che per decenni ha sublimato fluttuando agevolmente tra le onde di una convinzione ideologica inattaccabile.
Il Comunismo era (è) una cosa sacra per Evilenko ed egli ci rimane ossessivamente affezionato come un bambino testardo; Evilenko si esprime con i disegni, proprio come fanno i bambini: essi sono il suo diario di bordo e segneranno la sua condanna. Evilenko non può sopravvivere alla fine del suo gioco, non vuole accettarlo: il comunismo rappresenta tutta l’oscurità di un passato lunghissimo, monotono e invisibile che erompe nell’attacco ad un altro aspetto totalmente sacro e intoccabile: l’innocenza del bambino.
I bambini sono allora i nuovi giocattoli a cui Evilenko si avvinghia con passione animalesca; e così come era stato invisibile prima, il mostro continua ad esserlo ora che compie i suoi assassinii (più di cinquanta) senza lasciare indizi, apparendo e scomparendo come un invincibile e solitaria creatura dei boschi.
E intorno a lui, testimoni impreparati delle sue aberrazioni, orbitano stupefatti i comunisti di vecchio e nuovo corso, il Kgb, il popolo, le autorità, e un magistrato progressista che per affrontare e inibire le pulsioni del mostro ha bisogno di organizzare un confronto corpo (nudo) a corpo (nudo) con Evilenko.
E i nodi vengono al pettine. C’è un uomo ‘normale’al di là dei lividi e dei gonfiori, sotto quelle vesti insanguinate; e c’è un uomo anche di qua, sotto il candore della divisa da ufficiale progressista che si è adeguato malavoglia al crollo di un’idea.
Alla fine emerge la colpevolezza, con tanto di date, nomi delle vittime e dettagli degli omicidi truculenti; ma affiora soprattutto il disorientamento diffuso che scaturisce dalla presa di coscienza che dietro la bestialità, la ferocia, la degenerazione morbosa c’è un la cronaca vera di uomo, un ‘uomo sovieticus’ alle prese con i suoi demoni interiori. È una sorpresa che non si aspettavano.

Voto: 7

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