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9-10 maggio 2010

Post n°37 pubblicato il 01 Settembre 2010 da whenAngelsDie

Ormai stava diventando routine, Lui era sempre più freddo, Lei stentava a riconoscerlo.

La domenica prima della partenza Lei dovette lavorare anche a pranzo, Lui doveva preparare la valigia.
Lei si alzò, lo lasciò dormire e si diresse al lavoro, cosa che servì a poco, non riusciva a distrarsi da quei pensieri che ormai le annebbiavano la mente.
Quando rientrò a casa per la pausa, Lui non c'era.

Decise di non chiamarlo, di evitare, di lasciar correre la speranza che fosse Lui ad avvertirla della sua assenza.
Ciò non accadde.
Lui rientrò proprio nel momento in cui lei doveva tornare al lavoro, con una valigia in mano "Sono passato dai miei per prendere la borsa per il viaggio, tu stai andando?" e si diresse in camera senza nemmeno attendere la risposta palese.

Lei si sentiva moralmente distrutta, emotivamente a pezzi, non aveva più spazio nella sua mente per pensieri positivi. Qualcosa era successo, qualcosa di grosso, ancora più grosso, ma qualcosa che non riusciva a capire, o forse non voleva comprendere, poichè stava intuendo il problema.

Decise di ignorare tutto, quando rientrò dal lavoro Lui non c'era, sarebbe stata la sera in cui potevano stare un po' insieme prima della sua partenza, ma Lui non era in casa.
Non lo chiamò, non lo cercò, nessun sms. Si diresse in camera, si mise sotto le coperte, e cercò di addormentarsi, invano.

erano le 2 di notte passate da qualche minuto quando, ancora sveglia, sentì aprire la porta. Lui stava rientrando. Sentì che cercava di fare meno rumore possibile, cosa strana, perchè evitare di far rumore se poi si accende la luce?

Lei questa volta finse di dormire, si finse addormentata, ancora con gli occhiali sul volto, il telecomando in mano e attese. Quella maledetta speranza non ne voleva sapere di cedere. Lo stava mettendo alla prova (anche se ormai già sapeva che non avrebbe fatto nulla), sperava che si accorgesse di Lei, sperava che di li a poco le avrebbe tolto gli occhiali dal volto, l'avrebbe coperta, avvolta in un abbraccio che mancava da tempo...
L'unica cosa che fece fu levarle il telecomando dalle mani, per cambiare canale, fare zapping e poi addormentarsi subito dopo.

Non c'era barlume di speranza in Lei, tutto era distrutto, finito. Attese il sonno, impossibile addormentarsi in quello stato. Sentì Lui russare, si voltò, si avvicinò al bordo del letto, prese il telefono, e si incamminò verso la porta. Aveva bisogno di piangere, ma non poteva sfogarsi soffocando quelle lacrime.
Prese le chiavi dell'auto, uscì di casa, mise in moto ancora in pigiama ed uscì dal paese con le lacrime che le rigavano il volto. I singhiozzi non si fermavano più, la vista appannata, quella strada aveva imparato a conoscerla a memoria, l'auto viaggiava con lo stereo ad alto volume per non sentire le sue lacrime.

Era tutto finito, e non aveva modo di chiedere spiegazioni.

Lui sarebbe partito da li a poche ore, ma in casa sarebbe cambiato ben poco, Lui ormai era diventato un fantasma, Lei sapeva che Lui stava cercando di evitarla, ma ancora faticava a trovarne il motivo, e più si scervellava, più si intestardiva nel volergli parlare.

Avrebbe dovuto attendere il suo ritorno.

Dopo aver pianto una buona ora, in auto, girovagando per il nulla, decise di rientrare.
Aperta la porta sentì Lui russare, come se non fosse successo assolutamente nulla. Soffocò l'ennesimo singhiozzo e capì che non poteva tornare a dormire al suo fianco, così prese la copertina di pile che aveva in auto e si stese sul divano, si raggomitolò su se stessa cercando quel conforto difficile, troppo difficile da trovare.
Poche ore dopo lo sentì svegliarsi, lo sentì scendere le scale, prendere la valigia, aprire la porta e andarsene. Come se in casa non ci fosse nessuno, come se coLei che dormiva sul divano fosse solo un disegno, uno scarabocchio.

Attese il rumore delle ruote sul brecciolino per essere sicura che Lui se ne fosse andato, prese quel pupazzo che si comprò per gioco al supermercato, se lo portò in camera, si stese su quel letto e si addormentò tra le lacrime, abbracciando l'unica fonte di conforto. Era sola, era sola in una casa non sua. E stava male.

 
 
 

6 maggio 2010

Post n°36 pubblicato il 01 Settembre 2010 da whenAngelsDie

La sveglia suona, Lei si alza, scende, prepara il caffè come tutte le mattine, Lui è ancora a letto, sta ancora dormendo. Lei cerca di far meno rumore possibile per lasciargli qualche minuto in più di sonno.

Sente movimenti dalla camera, Lui si è svegliato, è tardi. Scende di corsa, non prende nemmeno il caffè, la saluta freddamente e le ricorda che questa sera ha la cena con i colleghi.
"Ci sentiamo più tardi" e chiude la porta davanti a Lei.

Lei non sa cosa pensare, sono giorni che è strano, freddo, scostante e non parla. In quei rari momenti in cui riescono ad incrociarsi per qualche istante le fa le solite domande di rito sul lavoro, e poi niente più.

Lei si prepara ad affrontare la sua giornata. Una parte della sua mente però resta sempre lì, nel dubbio, nel non conoscere quelle risposte a quelle domande che la rincorrono da qualche giorno.

Nemmeno il lavoro l'aiuta a non pensare, è distratta, non riesce a seguire gli ordini, combina disastri su disastri, tanto che anche il suo datore di lavoro se ne accorge.

Quando torna a casa, sono ormai le 23 inoltrate, è stanca, ha bisogno di una doccia, ma soprattutto ha bisogno di non pensare per qualche attimo.

Si stende sul letto sperando che la stanchezza la faccia crollare, accende la tv, fa zapping, prova a leggere ma niente. Ha una brutta, bruttissima sensazione che non le si scrolla di dosso.

Riesce ad addormentarsi dopo un po' di giri a vuoto con il telecomando, si risveglia nel cuore della notte, televisione accesa, telefono in mano, e soprattutto, accanto a Lei nessuno. Controlla l'ora, sono le 3.40 del mattino.
Possibile che una cena tra colleghi arrivi a far così tardi? Non era mai successo prima.

Prova a chiamare Lui sul cellulare. Squilla a vuoto.
Maledice l'invenzione del silenzioso nei cellulari.
Ritenta. A vuoto di nuovo.
Attende 15 minuti, riprova nuovamente. Adesso il sul cellulare non prende.
Sta cominciando a preoccuparsi.
Se fosse successo qualcosa?
Prova e riprova nuovamente senza nessun esito positivo, manda un paio di sms, senza risposta.

E' stremata, la mente ha continuato a vagare senza fermarsi mai, crolla di nuovo in un sonno pieno di incubi.


La mattina dopo si sveglierà ancora con il telefono in una mano, il telecomando nell'altra e Lui accanto. Non sa quando fosse tornato, sa solo che l'unica cosa che ha fatto è stata stendersi sul letto.

Gli incubi si stavano materializzando, uno dopo l'altro

 
 
 

3 maggio 2010

Post n°35 pubblicato il 05 Giugno 2010 da whenAngelsDie

Passarono il weekend nel silenzio più totale. Lei ringraziò l'imprevisto lavorativo, avrebbe dovuto lavorare anche la domenica mattina, almeno non avrebbe pensato.

Quel poco tempo che passarono insieme in casa Lui dormiva, e se non dormiva era silenzioso, scostante, lontano.

Lunedi Lui tornò al lavoro, Lei passò la giornata in casa in stato catatonico, non sapeva cosa fare, ne aveva voglia di fare qualcosa. Sentiva il bisogno solamente di buttarsi giù, rimanere disperata, stanca, triste senza far nulla che potesse scuoterla. Lui tornò tardi quella sera, sapeva che era il suo giorno libero, e solitamente Lui tornava prima del solito per fare qualcosa insieme. Ma quella sera tornò tardi, ed ebbe l'ardire di chiederle se volessero uscire, ma erano ormai le 22.40, e non c'è posto dove andare di lunedi a quell'ora tarda.

Poche parole, tv accesa, Lui si teneva stretto il cellulare, Lei leggeva il suo libro, e appena spenta la luce, Lui le disse che mercoledi aveva una cena con i colleghi di lavoro e che il lunedi successivo sarebbe dovuto partire sempre per lavoro. Le disse che le dispiaceva, la strinse in un abbraccio che però Lei non sentì spontaneo e si addormentò subito dopo.

 
 
 

maggio 2010

Post n°34 pubblicato il 05 Giugno 2010 da whenAngelsDie

Lui quella notte rientrò tardi, Lei lo sentì aprire la porta, diede uno sguardo alla sveglia, erano le 4 passate del mattino. Chiuse gli occhi, e finse di dormire.

Lui salì in camera, si cambiò e si mise sotto le lenzuola accanto a Lei. Nessun contatto, poggiò la testa sul cuscino, e Lei sentì il suo respiro, soffocò le lacrime, strinse gli occhi e sperò di addormentarsi il più in fretta possibile.

La mattina dopo Lei si svegliò presto, ma rimase a letto, si avvicinò a Lui che ancora dormiva, si accoccolò a Lui ma non vide nessun cenno. Dormiva, e continuò a dormire senza muoversi. Lei non riusciva a capire. Di solito anche nel sonno Lui la abbracciava, la cercava, ora nulla. niente di tutto ciò. Dopo qualche minuto Lui si mosse, Lei si spostò pensando che l'avrebbe abbracciata, ma Lui si voltò dall'altro lato, le diede le spalle e abbracciò il cuscino continuando a dormire.

Lei, sguardo fisso nel vuoto, la mente viaggiava troppo in fretta, tutte le paure, tutte le insicurezze che Lui aveva spazzato via col tempo, ora stavano tornando come una tempesta.

Si alzò, mise su il caffè e si accese una sigaretta.

Passò il tempo davanti al computer, cerco di vedersi un film, anche se la mente non riusciva a seguirlo.

Lui si svegliò tardi, erano le 2 del pomeriggio, Lei avrebbe voluto affrontarlo, chiedergli una miriade di spiegazioni, e sapeva anche a cosa andava incontro, parlare con Lui appena sveglio significava portarlo di malumore e non avere nessun genere di spiegazione che si reggesse in piedi.

Lui si alzò, scese in salotto e la salutò con una carezza. Si guardò intorno e le chiese cosa volesse fare, se voleva mangiare qualcosa o uscire. Lei gli fece notare che era tardi per mangiare, ed era tardi per uscire, di li a poco sarebbe dovuta andare al lavoro. Cercò di non usare un tono risentito, si diresse in camera e si preparò per la giornata lavorativa.

Lui non fece nulla, era sveglio solo fisicamente, bevve il suo caffè ormai freddo e stendendosi sul divano con mouse e tastiera in mano si mise a navigare sul web.

Lei era stufa di cercare spiegazioni, era stufa di tentativi falliti di intavolare discorsi, salutò con un misero ciao e se ne andò al lavoro. Ora era arrabbiata.

Arrabbiata con se stessa per non riuscire a capire, arrabbiata con Lui per come stava gestendo la cosa, arrabbiata.

 
 
 

aprile - maggio 2010

Post n°33 pubblicato il 05 Giugno 2010 da whenAngelsDie

Il mattino dopo Lui la svegliò con un bacio, non le chiese perchè era andata a dormire sul divano, le disse solo che andava al lavoro e si sarebbero sentiti in serata nel caso volessero uscire. La salutò e chiuse la porta dietro di sè.

Lei era ancora intontita dalla nottata passata in bianco, aveva dormito ben poco, e male e la sensazione che qualcosa non andava era rimasta incagliata dentro di sè.

Mise su il caffè nella speranza che l'aiutasse a svegliarsi, ma niente, quella scossa non arrivava. Era stremata, fisicamente a pezzi e moralmente a terra. Si preparò per andare al lavoro e cercò di non pensare.

Passarono due, tre giorni in cui Lei era confusa, combattuta tra il cercare di parlargli o il vedere se l'avesse fatto Lui di sua spontanea volontà...cercava di mascherare quei pensieri, cercava di rimanere sempre la stessa agli occhi di Lui, che era tornato l'uomo che aveva conosciuto, l'uomo di cui si era innamorata. Premuroso, dolce, affettuoso, era di nuovo Lui.

Fece l'errore di "passarci sopra", evitò così le discussioni, il malumore, e decise di guardare avanti, pensando che fosse solo un momento passeggero, che le incomprensioni in una coppia ci sono e ci saranno sempre ma non possono minare il rapporto. Fece l'errore di non riprendere l'argomento.

Venerdi sera, Lei era al lavoro quando Lui la chiamò, le chiese se ne aveva per molto, se voleva fare qualcosa più tardi. Lei aveva voglia di uscire, voleva svagarsi, vedere gente che non vedeva da qualche tempo, da quando aveva ripreso a lavorare le uscite serali si erano drasticamente portate a 0, e, anche se era il gruppo di amici di Lui, Lei aveva voglia di vederli, di fare quattro chiacchiere, di bere qualcosa e stare in compagnia.

Lo avrebbe chiamato quando staccava, e lo avrebbe raggiunto dopo una doccia.

Staccò alle 22.40 quella sera, appena salita in auto lo chiamò. Il telefono squillava a vuoto. Riprovò due volte ma nessuna risposta. Gli lasciò un messaggio "Sono uscita ora, torno a casa mi faccio una doccia e ti richiamo cosi mi dici dove raggiungerti"

Rientrò in casa, corse sotto la doccia così da fare il più in fretta possibile, e quando ne uscì controllò se sul cellulare c'erano chiamate. Nessuna chiamata, nessuna risposta all'sms mandato 40 minuti prima.

Provò a richiamare invano, il suo telefono ora era irraggiungibile.

Si asciugò i capelli, si vestì, si preparò per uscire sempre controllando lo schermo del telefono. Vide l'ora, era ormai mezzanotte passata. Guardò le scarpe, con le chiavi in mano, indecisa se uscire lo stesso. Lasciò le chiavi sul tavolo, rinunciò ad infilarsi le scarpe e si diresse in camera. Era demoralizzata, non sapeva cosa fosse successo, perchè Lui non rispondesse anche se si erano dati un appuntamento. Non voleva piangere, non voleva star male, ma non riuscì a frenare quel magone che sentiva dentro mentre si cambiava per la notte. La serata era stata annullata dal silenzio di Lui.

Mentre si stava svestendo arrivò un sms di Lui. "Avevo il cell nella giacca e non l'ho sentito. Che vuoi fare?"

Non si era nemmeno preso la briga di chiamarla.

"nulla, ormai è quasi l'1. me ne vado a dormire" rispose Lei via messaggio, non aveva la forza di chiamarlo. Poi spense il telefono e si mise sotto le lenzuola.

 
 
 
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Un blog di: whenAngelsDie
Data di creazione: 12/03/2010
 

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