Sulla riva sinistra dell’Adda, più o meno a metà strada (quindi anche a metà autostrada) tra Bergamo e Milano (il che significa che agli abitanti di queste due città è sufficiente mezz’ora in automobile x arrivarci nei giorni "buoni"), è situato l’ex villaggio industriale di Crespi d’Adda, patrimonio dell’umanità UNESCO dal 1995. Motivo di questa scelta, il fatto che esso si configuri come "esempio della filosofia del paternalismo imprenditoriale in voga nel secolo scorso".
Il villaggio, uno dei pochi nel suo genere anche perché ancora abitato, si sviluppa parallelamente al fiume, ubicazione intelligentemente scelta allo scopo di garantire un approvvigionamento gratuito di acqua e corrente elettrica ai residenti ed alle industrie. Ed è proprio dallo splendido sterrato che costeggia la riva opposta del fiume (quella destra, ndr) che sono solito raggiungere questa località a cavallo della mia fedele bicicletta. È sufficiente attraversare il ponte ciclo-pedonale di legno e ferro (un senso di precarietà che vi lascio immaginare…) situato all’altezza del Santuario di Concesa, per ritrovarsi catapultati in una realtà completamente diversa rispetto a quella cui siamo abituati, una realtà più vecchia di un secolo.
Un breve e poco impegnativo falsopiano (in salita, almeno all’andata), fittamente alberato, ci accompagna alla prima, splendida, visione di questo itinerario: il cosiddetto "castello". Esso è stato dimora estiva della famiglia Crespi all’epoca del villaggio industriale. Deve il suo soprannome alla sua forma caratteristica, ma più probabilmente al torrione che sormonta l’intera costruzione e che compete, per altezza, con la torre del vicino castello di Trezzo.
Il nucleo originale del villaggio, edificato durante la prima metà del XIX sec., era costituito da alcuni enormi caseggiati su più piani, abitati da numerose famiglie; dal "castello" sopraccitato e dagli immensi capannoni che ospitavano il cotonificio (tanto grandi che uno sguardo non riesce a contenerli appieno!). Successivamente i Crespi rimasero affascinati dal modello del socialismo utopistico proposto da Robert Owen (e seguaci); decisero perciò di dotare il villaggio di numerose abitazioni monofamiliari, con piccoli giardino ed orto autonomi, in modo da poter ospitare direttamente in loco gran parte dei dipendenti del cotonificio con le loro famiglie, cui venivano assicurate condizioni di vita sicuramente più "civili" di quelle cui erano sottoposti i proletari dei sobborghi urbani.
Ancora oggi il visitatore si stupisce dell’ordine che presiede al disegno urbanistico nel suo complesso! Il nucleo delle abitazioni, infatti, fu disposto geometricamente lungo strade rettilinee; il villaggio fu dotato di servizi comuni (un presidio medico, scuole, etc.) situati in luoghi privilegiati e facilmente raggiungibili, e lo stesso discorso è valido per un altro luogo pubblico come il parco; il cimitero (anch’esso un capolavoro di architettura, sconvolgente per la sua austerità) fu collocato molto distante dalle abitazioni, anche in previsione di un futuro ampliamento dell’agglomerato che però non si verificò (la crisi del ’29 segnò infatti il declino di questa esperienza di capitalismo paternalistico).
Non voglio indugiare in ulteriori particolari, bensì lasciare a voi, nostri venticinque lettori, il piacere di una scoperta. Quindici anni fa, ormai, fu per una piacevole sorpresa. Ed oggi rimane una delle mete del mio cuore. Visitatelo: saprà stupirvi!
Come si raggiunge: Autostrada A4 Milano - Venezia, uscita Capriate. Le successive indicazioni si trovano non appena superato il casello autostradale.
Ale
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il 16/04/2009 alle 07:24
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il 16/04/2009 alle 06:35
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