Messaggi di Gennaio 2008

Le ombre della P2

Post n°386 pubblicato il 31 Gennaio 2008 da monari


Anselmiblog Tina Anselmi ha scritto ieri 30 gennaio una lettera a "Repubblica", il cui titolo chiarisce il contenuto: "Fango sulle istituzioni come voleva Gelli".



Due brevi citazioni: l'esperienza compiuta durante il lavoro della Commissione parlamentare d'inchiesta sulla loggia P2, "mi spinge a vedere nella attuale crisi politica una grave situazione di emergenza democratica. Mi rendo conto che gli anni di Gelli e dei suoi compagni oggi appiano lontani, ma quanto lontani?".



"Anch'io ho vissuto la stagione infelice di tangentopoli, e in quegli anni mi sono battuta a viso scoperto perché non si cadesse nel facile qualunquismo del così fan tutti".



Non ho ascoltato o letto nessuna reazione al testo di Tina Anselmi. Forse i nostri politici che possono avvertire un'affinità con la sua presa di posizione, sono talmente pochi che nessuno li ha interpellati.

O forse ha dato fastidio l'inizio della lettera, in cui Tina Anselmi dichiara di rivolgersi "a quei moderati che hanno a cuore" come lei "le sorti d'Italia, che rispettano le istituzioni e le regole democratiche e che sovente ho sentito dichiararsi discepoli di Alcide De Gasperi".


La verità è che in Italia c'è stato un periodo in cui molti si dichiaravano a gara "discepoli di Alcide De Gasperi". Ma nello stesso tempo essi non potevano aggiungere di rispettare "le istituzioni e le regole democratiche". Il risultato è sotto gli occhi di tutti.



Grazie, Tina Anselmi di questa sua testimonianza. Anch'io sono sempre stato un moderato. Trovandomi anni fa catalogato da qualche imbecille tra gli estremisti, solamente perché ho cercato di rispettare "le istituzioni e le regole democratiche".



Tutto nella vita è soggettivo. Basta non rubare per essere definiti fessi. Basta rispettare il prossimo per essere catalogati ingenui. Basta non rinunciare alla propria dignità per essere considerati dei piantagrane, in questo bel Paese in cui le strizzatine d'occhio non sono un tic occasionale, ma un'abitudine conventuale.


[Anno III, post n. 32 (409)]

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Roma come Sanremo

Post n°385 pubblicato il 29 Gennaio 2008 da monari

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Annunciano il festival di Sanremo, edizione n. 58, con Pippo Baudo per la tredicesima volta presentatore, a mezzo secolo dall'esecuzione di "Volare", anzi di "Nel blu dipinto di blu".
Tutto uguale o tutto diverso? Da spalla fungerà Piero Chiambretti, l'eccezione alle regole rappresentate da Baudo, che è l'incarnazione sublime dell'ufficialità. Sorridente ma capace di severità, spontaneo ma preparato al millesimo di secondo in ogni mossa, Baudo è uno che è nato col copione in testa. Se c'è lui, tutto funziona bene. Un nome, una garanzia. Sì, va bene. Ma è sempre il solito Baudo, l'altro sarà il solito Chiambretti, ci saranno due vallette bipartisan, una bionda ed una nera, ed amen. Le solite vallette.
Insomma, tutto uguale.


Il rito delle consultazioni romane per la crisi di governo, sia detto senza offesa per nessuno, rassomiglia al festival di Sanremo. Tutto previsto, il copione non lo scrive Pippo Baudo, ma è quello da 60 anni a questa parte. Si era pensato qualche anno fa di risolvere il problema cambiando il sistema... Ovvero con un capo del governo scelto direttamente dagli elettori, eccetera eccetera.
No, siamo ancora alla passerella all'uscita dallo studio di Napolitano, ai microfoni che raccolgono le dichiarazioni, agli articoli di giornale che cercano retroscena, e trovano soltanto il retrogusto amaro di una situazione senza uscita.
Veltroni voleva mettersi d'accordo con Berlusconi, adesso il Cavaliere va per la sua strada, per cui gli italiani assistono ad un nuovo duello, infarcito di cose assurde (la marcia su Roma minacciata dal signore di Arcore) e delle relative smentite. Che se non arrivassero puntuali, farebbero insospettire.


Tutto qui. Ma tutto questo, il rituale delle consultazioni, delle dichiarazioni, delle interpretazioni, dei passi falsi e dei passi felpati, tutto ciò è un vecchio repertorio che sino a pochi giorni fa era rifiutato da quanti convenivano su riforme istituzionali, su snellimento delle procedure, e su tante altre belle idee che all'improvviso sono sparite.

Siamo tornati alla repliche. E come quando si rivede un vecchio film, si va avanti nelle battute, le sappiamo a memoria, magari sbadigliamo recitandocele sgraziatamente e con ironia.
Se davanti a "questa" politica delle repliche sbadigliamo allo stesso modo, beh, allora non date la colpa a noi, signori del Parlamento.

La Roma di una crisi politica, anche di questa crisi politica, è come il festival di Sanremo, una cerimonia ripetitiva ed un po' noiosa.
Ma Roma non è Sanremo, dev'essere diversa per forza di cose. La vita di ogni giorno non è fatta di canzonette. Esse debbono essere un intervallo, non costituire la trama di un'esistenza intera.
L'Italia 2008, è senza governo, è senza idee. Tutti si sono rimangiato tutto quello che avevano detto. Hanno perso memoria delle loro parole. Insomma c'è sempre del comico anche in ogni momento drammatico.
[Anno III, post n. 30 (407)]
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Grande fratello

Post n°384 pubblicato il 19 Gennaio 2008 da monari

19012008
Il "Grande fratello" n. 8 parte in puro stile veltroniano: si comincia ma senza casa. I concorrenti se la dovranno costruire strada facendo. Sembra un'imitazione del Partito democratico. Oppure Walter Veltroni aveva letto in anticipo il copione della trasmissione di "Canale 5", e lo ha copiato?

Oggi da Orvieto Veltroni ha confermato la sua linea dura di "senza tetto né legge" per le prossime elezioni: "Quale che sia il sistema elettorale, il Pd si presenterà con le liste del Pd". Ovvero nessun altro partitino tra i piedi.
Veltroni ha fatto un discorso dai toni piuttosto duri: "Lo voglio dire con chiarezza, formalità e nettezza, in modo anche da chiudere una porta dietro di me. Per me - ribadisce Veltroni - la condizione assoluta, la certezza inossidabile, è che quale che sia il sistema elettorale, quello che uscirà dalla bozza Bianco o dal referendum, o anche l’attuale legge elettorale, il Pd si presenterà con le liste del Pd". Punto e basta.

Sulla "Stampa" di stamane Fabio Martini ha spiegato la nascita del super-correntone targato "Vaticano" nel Pd: "nel centrosinistra il punto di riferimento" del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, "diventerà la neonata corrente" di cattolici democratici e conservatori, affratellati unicamente dall'obbedienza alle direttive pontificie.

Non credo sia arbitrario collegare l'annuncio di Fabio Martini con la notizia della adunata di domani in piazza San Pietro, per una preghiera di riparazione dopo il "fattaccio" della Sapienza. Anzi va aggiunto che domattina il super-correntone sarà in prima fila davanti al papa.

Ieri sera il cardinal Ruini ha fatto una battuta poco simpatica al Tg1 che suona come totale sfiducia nei confronti del governo Prodi: "La Chiesa non detta l'agenda ai politici, ma chi lo fa? Sembra che nessuno riesca a dettarla e che l'agenda cambi ogni giorno".
Pare quasi che sua eminenza abbia voluto ripagare il professore conterraneo per lo scarso entusiasmo dimostrato dinanzi alle polemiche sul caso-Galileo.

La battuta di Ruini alla fine si dimostra come la confessione d'una amara verità per i laici: la rinuncia 'imposta' al papa per la visita alla Sapienza, è stata una mossa tutta diretta a colpire il governo attuale, in vista di nuove alleanze fra cattolici.
Intanto si sono messi d'accordo quelli del Pd. Domani, si incontreranno in Vaticano i cattolici del Pd con quelli delle varie anime dell'opposizione attuale in fervida attesa di diventare la nuova maggioranza. Sotto lo sguardo vigile di Benedetto XVI e di Ruini, si scambieranno un gesto di pace ed una strizzata d'occhi.

L'agenda elettorale verrà scritta forse domattina tra un Pater, un'Ave ed un Gloria. Prodi dovrà recitare un atto di dolore?


[Anno III, post n. 20 (397)]

 
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Viva san Tommaso

Post n°383 pubblicato il 17 Gennaio 2008 da monari


Sapienzastampa2 Ieri sera l'"Osservatore Romano" ha reso noto il discorso preparato dal papa per l'intervento alla Sapienza, al quale ha poi rinunciato.

C'è un punto verso la fine in cui pontefice scrive: "Se però la ragione - sollecita della sua presunta purezza - diventa sorda al grande messaggio che le viene dalla fede cristiana e dalla sua sapienza, inaridisce come un albero le cui radici non raggiungono più le acque che gli danno vita".

In questo passo Benedetto XVI rivela e condensa tutta la visione pessimistica dell'uomo che gli è propria. San Tommaso scriveva che la ragione ha suoi principi verissimi in quanto infusi da Dio stesso. Per questo, la verità di ragione non può mai venire in contrasto con la verità rivelata.



Non mi permetto di criticare il papa. Prendo atto di come le cose siano cambiate nella stessa Chiesa. E per farlo cito una lettera apparsa oggi su "Repubblica" di Bologna, a firma di padre Benito M. Fusco, in cui leggo che "san Pietro e san Paolo non avrebbero rinunciato ad affrontare l'agorà, il giudizio, una realtà altra che il cuore evangelico conosce bene".

Descrivendo i nostri tempi, padre Fusco dice che essi "si nutrono di conflitti, di disarmonie, di rifiuti, di urla e di povertà", e che sono molto diversi da quelli “vissuti nei decenni scorsi quando i Pastori, le loro parole, i loro gesti e i loro documenti conciliari sollevano stupore ed entusiasmo, silenzi di ammirazione e riflessioni appassionate, dialogo e speranze creative", con l'intento di "indicare esperienze di vita e d'amore ben oltre i confini degli assolutismi, e renderci tutti partecipi di una Storia di fraternità, perché la pienezza dell'uomo è la vera passione dei Dio di Gesù Cristo".



Non mi ha invece convinto per nulla il pregevole articolo di Joaquìn Navarro Valls, apparso su "Repubblica", dove si spiega che è errato parlare di "scienza laica" perché "la scienza è scienza e basta". Giusto e vero, "la scienza è scienza e basta", però non si può sostenere che la sacrosanta autonomia della ricerca c'è da sette secoli.



Finalmente in campo laico qualcuno rivendica la dignità della critica libera, dimostrando che non esiste soltanto quella filo-papalina degli atei-devoti...

Paolo Flores d'Arcais sempre su "Repubblica" ci ha dato un testo esemplare dal punto di vista storico e teorico. Una sola frase: Ratzinger "è di fatto l'onnipresente editorialista dei telegiornali pubblici e privati".

Nelle pagine bolognesi, il prof. Carlo Flamigni precisa: "Invitare nel tempio della scienza, luogo del confronto, chi ragiona per verità rivelata non ha senso, non è utile a nessun dialogo".



Sulla "Stampa" Gavino Angius, ripercorre "i diversi episodi che hanno portato la laicità al centro del dibattito pubblico", e parla del caso Welby, delle coppie di fatto, dei diritti civili, dell'attacco frontale alla 194.



Si può essere o meno d'accordo con Flores d'Arcais, Flamigni ed Angius, ma almeno occorre ammettere che si è trovato qualcuno, nel campo laico, che non si cosparso il capo di cenere perché non hanno fatto parlare il papa. Benedetto XVI non ha voluto parlare, su questo non ci piove. E poi mica sarebbe successo il fattaccio in San Pietro, ma in un palazzo laico, ovvero fuori della mura leonine... Cioè in territorio italiano dove, come spiega Flores d'Arcais, le autorità religiose definiscono assassine le donne che abortiscono: "questo è ignobile e inammissibile".



Considero molto importante la conclusione di Angius: "L’effetto dell’ingerenza della Chiesa nella sfera pubblica è la negazione di libertà. Non credo che continuando così tireremo fuori l’Italia dalle secche, anche culturali, in cui si trova. Ecco, questa per me è la laicità, sinonimo di libertà e dunque rifiuto dell’esistenza di una morale superiore in quanto dei credenti che può dare lezioni ai non credenti in quanto portatori di una morale inferiore. La politica è scelta per il bene di tutti anche per il bene di coloro da cui ci si sente culturalmente distanti".



L'Italia non ha bisogno di nuove guerre di religione, ha già sufficienti rogne da grattarsi. Per questo motivo credo che abbia ragione Angius: "laicità è libertà".

Ma quanti sono i laici che la pensano come lui e non si accodano alle prediche degli atei-devoti? Ai quali suggeriamo di andarsi a leggere san Tommaso (non è per ora all'Indice).




[Anno III, post n. 18 (395)]

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La terza Roma

Post n°382 pubblicato il 16 Gennaio 2008 da monari


Vallegiulia Giuseppe Mazzini aveva pensato alla "terza Roma", la Roma del popolo dopo quella degli imperatori e dei papi.

Oggi verrebbe da pensare ad un'altra terza Roma: non quella del Quirinale o dei Palazzi apostolici che si fronteggiano dal 1870, ma quella che oscilla fra le opposte sponde del Tevere, un po' in tuta da sub ed un po' in grembiulino, con quel fare equivoco che è una sua specialità.

A chi giova tutto il baccano che si è creato con il caso-Sapienza? Soltanto a chi poi si sbraccia nuotando per pacificare gli animi. Tanti cattolici, si garantisce in libri e giornali, portano il grembiulino.



Ma si dà il caso che alla Sapienza non ci siano state teste calde in azione, soltanto qualche parola in libertà in un Paese che è abituato ad ascoltarne tante. Le dicono i maestri della politica dall'opposizione, e non le possono ripetere gli allievi che stanno in opposizione dialettica con l'opposizione?

Bisogna aver fiducia nel prossimo. Nel marzo 1968, Giuliano Ferrara aveva 17 anni, faceva la seconda liceo: "lo trovi, ovviamente, dove frigge la storia, a Valle Giulia, immortalato durante gli scontri alla facoltà di architettura mentre corre, già paffuto, con un loden borghese, i riccioli al vento e un bastone in mano", ha scritto pochi giorni fa Luca Telese su il Giornale.

E come tutti sanno, Ferrara è cresciuto bene, oggi tiene le omelie ai giovani cattolici, lo amano le gerarchie ecclesiastiche, anche se lui, eterno bastian contrario, si dichiara soltanto un "ateo devoto".



Domenica scorsa Eugenio Scalfari su "Repubblica" riproponeva un brano di Pietro Scoppola (2001) in cui si parla della Chiesa "appiattita sulle logiche dello scambio".

Logiche che sembrano riproporsi in queste giornate, fra critiche del papa a Veltroni, stupore dello stesso pontefice per come esse sono state commentate, problema della Sapienza con il gran rifiuto di ieri.



Sul "Corriere della Sera" di oggi il filosofo Bernard-Hénri Levy critica duramente «il cinismo religioso di Monsieur Sarkozy», come recita il titolo del suo testo. Dove si accusa il presidente del Consiglio francese di aver pronunciato parole che sono un insulto a coloro che pur non essendo cristiani hanno tuttavia fatto la Francia.



All'estero di discute liberamente di queste cose. Da noi succede il finimondo ogni volta che si tratta di parlare di laicità. La cosa strana è che gli stessi laici sembrano quasi vergognarsi della loro condizione, giustificandosi, cercando appigli, amareggiandosi per quello che è successo...

Ma non è successo nulla. La Sapienza non è stata Valle Giulia. Lo stesso Ezio Mauro direttore di "Repubblica" conclude oggi il suo editoriale parlando di una "caricatura dello scontro culturale". Non c'è stato scontro, non c'è stato incontro, ma soltanto critiche ai docenti che avevano sollevato il problema ed ai ragazzi dell'ateneo.



Perché il dibattito sulla scienza, argomento tremendamente serio, debba essere poi considerato una "caricatura dello scontro culturale", non l'ho compreso.

Preciso che non ho fatto il '68, anzi in quei giorni dovevamo difenderci da quelli che come Giuliano Ferrara correvano "con un loden borghese, i riccioli al vento e un bastone in mano". Da quelli che ci chiamavo fascisti perché ci spettava di sorvegliare sull'incolumità delle persone affidateci dallo Stato.



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[Anno III, post n. 17 (394)]



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Papa fuga dal vero

Post n°381 pubblicato il 15 Gennaio 2008 da monari

Galileopapa Il papa non andrà alla Sapienza. "A seguito delle ben note vicende", precisa un comunicato ufficiale.
L'"Osservatore romano" di questa sera pubblica un fondo del matematico Giorgio Israel, in cui si legge che "il discorso del 1990 può ben essere considerato, per chi lo legga con un minimo di attenzione, come una difesa della razionalità galileiana contro lo scetticismo e il relativismo della cultura postmoderna".

Qui si cambiano le carte in tavola. Nessuno vieta a lui o vietava al cardinal Ratzinger di sostenere che il caso di Galileo era "poco considerato nel XVII secolo". Tutto ciò non c'entra nulla con l'essenza del caso Galileo stesso.
Ratzinger nel 1990 attribuisce all'Illuminismo l'invenzione del "mito" di Galileo. Basterebbe soffermarsi su questa parola ("mito") per comprendere tutto lo sviluppo logico del discorso del cardinale poi divenuto papa.

Al quale premeva demolire l'Illuminismo, non Galileo. Perché poi lo concia per le feste, Galileo, con una semplice battuta: "Secondo Bloch, il sistema eliocentrico -così come quello geocentrico- si fonda su presupposti indimostrabili". Ovvero tutta la scienza è indimostrabile senza la fede: "Qui ho voluto ricordare un caso sintomatico che evidenzia fino a che punto il dubbio della modernità su se stessa abbia attinto oggi la scienza e la tecnica".
(Questo passo conclusivo nella traduzione è letterariamente arcaico con quell'attinto che significa raggiunto.)

Sono cose diverse completamente "il dubbio della modernità" ed il processo a Galileo del XVII secolo.
Per dimostrare questo "dubbio della modernità", il cardinal Ratzinger porta tre esempi:
1. Da Ernst Bloch ricava: "Il vantaggio del sistema eliocentrico rispetto a quello geocentrico non consiste perciò in una maggior corrispondenza alla verità oggettiva, ma soltanto nel fatto che ci offre una maggiore facilità di calcolo". Ovvero potrebbe avere ragione la Bibbia, altro che la scienza moderna.
2. Da P. Feyerabend: la sentenza della Chiesa "contro Galileo fu razionale e giusta, e solo per motivi di opportunità politica se ne può legittimare la revisione".
3. C. F. Von Weizsacker "vede una «via direttissima» che conduce da Galileo alla bomba atomica".

Ratzinger demoliva Galileo fingendo di difenderlo. E poi attribuiva il "dubbio della modernità" non ad un avanzamento del dibattito scientifico che è proprio di una società libera senza Inquisizione, ma al fatto che si rifiutava l'idea di rivoluzione scientifica galileiana. La quale invece è alla base del "dubbio della modernità". La scienza dà sempre una verità relativa, al contrario della religione che la dà assoluta. Una volta per tutte.
Insomma quel discorso del 1990 era una fuga dal vero. Non è "una difesa della razionalità galileiana contro lo scetticismo e il relativismo della cultura postmoderna" come invece sostiene l'"Osservatore romano" di stasera.


Al "Dialogo sopra i minimi sistemi" di ieri sera, oggi segnalato dalla Stampa.

[Anno III, post n. 16 (393)]

 
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Dialogo sopra i minimi sistemi

Post n°380 pubblicato il 14 Gennaio 2008 da monari


Berlusconi_galilei Galileo Galilei: Suvvia, ma di che vi lagnate? Mi sembrate accorato e sfinito.



Silvio Berlusconi: Ve lo dico come in confessione, ascoltatemi con attenzione. Sono incompreso...



GG: E lo dite a me? Da quattro secoli non mi capiscono, e appena ascoltano il mio nome s'agitano e s'adirano. Quasi rimpiangono di non avermi bruciato vivo come quell'altro... Giordano Bruno.



SB: Avevo detto una semplice cosa ieri, che io ai soldi non ci rinuncio in cambio di una vittoria elettorale, ma tutti mi sono saltati addosso. Per primi gli amici del mio partito, poi gli avversari.



GG: Non mi sembra tutti, per la verità. Qualcuno ha avuto un senso di riguardo verso di voi... Come si chiama, quel bravo giovane che fa pure il sindaco della città dove bruciarono vivo Giordano Bruno...



SB: Ah, sì, quel Veltroni: bravo ragazzo, ma quante cattive compagnie frequenta. Se fosse per lui, tutto sarebbe già a posto. Invece, maledizione, gli altri: tutti estremisti, gente abituata a cattive diete, mangiar bambini in salsa moscovita...



GG: Non so di che parliate, ai miei tempi eran ricette sconosciute. L'arrosto andava di moda, come in Campo de' Fiori per il povero Giordano Bruno. Io me la sono cavata per il rotto della cuffia.



SB: Ma anche di voi si sta parlando oggi in Italia...



GG: So che non mi amano e che non mi capiscono. La cosa più carina che dicono è che facevo gli oroscopi per campare. Avrei voluto vedere loro e voi al mio posto.



SB: Avete ragione, altro che oroscopi io ho dovuto fare, faticare, sudare sette camicie, tra cui quella garibaldina di Bettino Craxi, che se non fosse stato per lui, con il tubo (catodico) che avrei avuto le televisioni libere.



GG: E che tubo è la televisione...



SB: Ah, già voi non sapete. Dico soltanto che quell'uomo, Bettino Craxi, santo sarebbe già, se dipendesse da me. Ma non ci credono che io sono l'unto del Signore. E per quanto vi riguarda...



GG: Per quanto mi riguarda, lo ripeto che da quattro secoli non mi digeriscono, i vostri amici che vi adorano e venerano come un messia... L'ultima barzelletta contro di me l'hanno detta in questi giorni...



SB: Ve la prendete per così poco? In fin dei conti, nel 1990 quel cardinale divenuto papa, ha soltanto ripetuto una frase altrui (*). Cioè che a ragionare bene era stata la Chiesa di Roma, quando vi ha condannato, perché voi eravate uno fuori di testa. O per lo meno con la testa tra le nubi.



GG: Voi non lo sapete, ma la Chiesa di Roma quando condanna usa sempre le frasi altrui per emettere la sentenza, mica le vostre parole. Per me, ha fatto ricorso ad Aristotele...



SB: Aristotele Onassis? Ma che c'entrava?



A quel punto, messer Galileo Galilei preso da sconforto, tentò di sbattere la testa contro il muro.

Ma dove si trova ora non ci sono muri come qui sulla terra, né per la scienza né per la politica.



(*) Nota storica.

Il 15 marzo 1990, ancora cardinale, in un discorso nella citta di Parma, Joseph Ratzinger ha ripreso un’affermazione di Paul K. Feyerabend: «All’epoca di Galileo la Chiesa rimase molto più fedele alla ragione dello stesso Galileo. Il processo contro Galileo fu ragionevole e giusto».



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[Anno III, post n. 15 (392)]


 
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Girate di spalle

Post n°379 pubblicato il 14 Gennaio 2008 da monari

Silvioberlusconi2502 Il papa celebra la messa girando le spalle ai fedeli, come nel rito preconciliare. Silvio Berlusconi gira le spalle a Walter Veltroni. In un collegamento con la festa azzurra della neve a Roccaraso, il cavaliere ha detto: "Non potremmo trattare con forze politiche che mettessero in atto una decisione criminale come il disegno di legge Gentiloni: non ci sarebbe nessuna possibilità di dialogo con chi agisse in questo modo''.
Insomma oggi domenica 13 rischi di finire in archivio come il giorno delle grandi girate di spalle.

Ed adesso che farà il segretario del Pd? Non ho la palla di cristallo, ma soltanto le ultime notizie d'agenzia. Arturo Parisi ha espresso in maniera inequivocabile il suo pensiero: "Tornare al proporzionale è già enorme. Accettare la resa al conflitto d'interessi è decisamente troppo".

Sappiamo tutti che la politica è l'arte dell'impossibile. E che quindi le cose potrebbero sistemarsi. Tra una smentita di Berlusconi ed un chiarimento di Veltroni.
Berlusconi potrebbe garantire di risolvere lui stesso il conflitto d'interessi una volta salito nuovamente a palazzo Chigi. E Veltroni potrebbe rassicurare alleati e non, citando una frase del leader spagnolo José Luis Rodríguez Zapatero apparsa oggi sul "Corriere della Sera": "Da quando sto al governo sono diventato più di sinistra".

Il sindaco di Roma cercherebbe in tal modo di convincere i suoi alleati che, per avere un vero governo di sinistra, bisognerebbe approfittare di Berlusconi. Il quale, imitando Zapatero, diventerebbe un poco alla volta "più di sinistra" di quanto non lo sia stato praticamente in passato.
L'asso nella manica di Berlusconi è la promessa di risolvere definitivamente il conflitto d'interessi in quattro e quattr'otto una volta avuto l'incarico di fare il governo, con o senza nuove elezioni. Basterebbe una legge di un solo articolo: "Tra me e qualsiasi altra forma di pensiero politico, esiste un conflitto insormontabile che per il bene delle democrazia rende necessario tenere in nessuna considerazione questa qualsiasi altra forma di pensiero politico".


[Anno III, post n. 13 (390)]
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Fantozzi in casa Veltroni

Post n°378 pubblicato il 12 Gennaio 2008 da monari

Ferrara01g Coraggio, facciamo finta che tutto sia normale. Un partito si riunisce a porte chiuse. Alle quali bussa un estraneo, addirittura un giornalista. Miracolo: le porte si aprono. E' successo stamani. Alla riunione del Pd, commissione Manifesto dei valori. Ad essere ammesso è stato Giuliano Ferrara.


Immaginiamo la scena un po' fantozziana. Ma il personaggio di Paolo Villaggio non era impersonato dal conduttore televisivo ed ideologo dei teo-con, che sappiamo essere attore consumato e giustamente sfrontato, bensì dal presidente della stessa commissione Manifesto dei valori, Alfredo Reichlin.

Al quale, per il ruolo ricoperto, avremmo per l'occasione attribuito una maschera di cortese ferocia (o se volete soltanto di fermezza) nel respingere l'istanza del 'giornalista' Ferrara.



Ferrara ha giustificato la richiesta appunto in base alla professione svolta. Ovviamente, non poteva dire: vengo a sentire che ne pensate delle mie idee sulla moratoria per l'aborto, tanto prima o poi le dovrete mettere in pratica perché essendo il Tevere molto stretto in questi momenti, non avete scampo...

No, si è giustificato: "Non interverrò, figuriamoci. Io sono qui solo nelle vesti di giornalista".

Immaginiamo che qualcuno gli abbia sussurrato in un orecchio: "Ma figùrati, ascolta e poi facci sapere che cosa ne pensi, anzi ti ringraziamo in anticipo di quello che potrai consigliarci".



Così va il mondo politico della cosiddetta linea di centro-sinistra in Italia: aspetta d'essere imboccata dal consigliere spirituale del capo dell'opposizione.

Verrebbe da ridere ma c'è da piangere. Concordo con quanto ha scritto oggi nel suo blog Pier Luigi Zanata: "E' inammissibile che buona parte dei politici nostrani non ricordino che l'Italia e' uno stato laico, non confessionale".



E pensare che soltanto ieri, Alfredo Reichlin è stato accusato da Piero Ostellino sul "Corriere della Sera" di aver abbozzato, assieme ai suoi collaboratori, un Manifesto dei valori pieno di rimandi a Marx ed a Lenin...

L'apertura delle porte può essere una mossa tattica (diabolicamente comunista) di Alfredo Reichlin verso Ferrara (ed il Vaticano)?



Ostellino ha scritto che il testo dei valori del Pd è "unicamente il frutto di una memoria politicamente ripudiata, ma culturalmente non ancora dimenticata".

Concetto che denuncia il persistere di un amarcord pericoloso nell'anima rivoluzionaria del Pd.

Nella mia personale inesperienza, non so se da oggi Alfredo Reichlin sia da considerare più pericoloso per aver aperto le porte a Ferrara (come potrebbe fare qualcuno suggestionato dalla bella pagina di Ostellino), o se sia da vedere come un eroe che aveva detto "avanti tutta", ma aveva alzato le mani appena Ferrara ha fatto bum bum con la bocca.



Sempre sul "Corriere" di ieri, Filippo Andreatta denunciava all'interno del partito che ha contribuito a far nascere, la presenza di contraddizioni provocate dalle "ambiguità con cui è venuto alla luce il Pd".

Da questa sera, alle contraddizioni elencate da Filippo Andreatta va aggiunta la scena del pellegrinaggio del cronista Ferrara che entra nelle segrete stanze di un partito che non è il suo. Un'altra mela avvelenata, o uno scivolo dolce verso la vittoria garantita dal Vaticano?

[Anno III, post n. 389]

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Che meraviglia, Walter

Post n°377 pubblicato il 11 Gennaio 2008 da monari

PapaveltroniieriE del papa infin la meraviglia... Il comunicato-stampa odierno del Vaticano, è inusuale. Tirato per la giacchetta, qualcuno tra le mura leonine ha convinto Sua Santità che non era il caso di insistere, e che anzi bisognava un poco spiegarsi, dopo la bastonata data ieri a Walter Veltroni nell'udienza ufficiale alle autorità romane (Regione, Provincia, Comune).
Il papa aveva definito "gravissimo" il degrado dell'Urbe, aveva denunciato gli attacchi "minacciosi e insistenti" alla famiglia, aveva parlato di una "drammatica" situazione degli ospedali cattolici.
La bufera scatenatasi tra Campidoglio e Vaticano da ieri sera sino a stamani, ha convinto quel qualcuno a far stilare un comunicato della Sala Stampa della Santa Sede. In cui si legge testualmente: "Desta meraviglia la strumentalizzazione politica che ha fatto seguito alle parole rivolte dal Santo Padre".

Non si dica che è poco. Nel trasferire ogni responsabilità della polemica sulle spalle di chi ha "strumentalizzato" le parole di Benedetto XVI, il Vaticano cava la castagna dal fuoco con un'eleganza che non può evitare di immaginare l'imbarazzo degli ambienti pontifici.
Dove certamente ci si sarà accorti che non era il caso di lasciar bistrattare il povero Veltroni dopo l'udienza papale. Come tutti sanno, anche all'ombra del cupolone, Veltroni è non soltanto il sindaco della città eterna e capitale del cattolicesimo, ma pure il segretario-ostetrico di un partito che sta nascendo molto male.

Quel comunicato forse farà il gioco di Veltroni nei confronti di Prodi. Così palazzo Chigi diventa un traguardo più vicino per lui.

Certo è che da oggi Veltroni può mettere nel carniere la meraviglia di un papa per quello che hanno compreso gli avversari del sindaco capitolino ascoltando un inequivocabile discorso pontificio.

 



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