Torno ad urlare

ECCHECAVOLO!!!

Il senno di poi...

Sarebbe bello poterlo avere a priori...

bene

Signore... Signori... Bambini... Ragazzi...

E anche tu. Sì, proprio tu che passi a leggere di nascosto!

Ho un annuncio importante da fare: come si dice dalle nostre parti (in Campania, non in Emilia Romagna!), è finita la "zezzenella!"... Che significa? Che non c'è più nulla da ciucciare e forse neanche un fondo da raschiare. A giorni (ma potrebbe essere anche domani), resterò a casa dal lavoro (nel senso che lo perderò), quel lavoro che, sebbene odiato e faticoso, mi consentiva di tirare avanti e di far far una vita più o meno dignitosa ai miei figli. Ovvio che mi attiverò immediatamente per cercarne un altro; anzi, ho già cominciato. Anche inviando sms ad amici e conoscenti, per pregarli di avvisarmi se caso mai venissero a conoscenza di qualche notizia utile... Sapete com'è, 30 - 40 orecchie sentono meglio di due! Nel frattempo, ho già iniziato a fare delle ricerche, ma poiché non è affatto certo che io riesca a trovare in breve tempo, ho pensato a due possibili alternative:

1. Farmi bastare ad oltranza l'ultimo stipendio (ma dubito sia fattibile);
2. spenderlo per fare un viaggio coi miei figli... Nella città dove vive il padre! E, una volta lì, sederci a mangiare al suo desco vita natural durante! Oppure fare un sit-in davanti alla sua porta finché non si decide a versare gli alimenti arretrati relativi ai mesi di ottobre, settembre, luglio, giugno, marzo e febbraio 2009 + l'80% dell'assegno di mantenimento del mese di agosto (versò solo il 20%) + l'altra metà del mantenimento di gennaio (la stiamo aspettando da allora!) + 1/3 di quello di maggio + 1/7 di quello di aprile...

Vi siete persi, in mezzo a tutti questi conti??? Beh, vi aiuto io: in 10 mesi, con una scusa e un'altra, ha versato solo il 22,9% di ciò che gli spettava. Ancora peggio che nel 2008, quando ci corrispose il 38% del dovuto!...

Ma sì, quasi quasi ci faccio un pensierino! Chissà, magari con quelli, anche se non trovo lavoro, riusciamo a sbarcare il lunario altri 5 o 6 mesi...

CAMPA CAVALLO CHE L'ERBA CRESCE!

Ispirato dallo studio...

L’etnocentrismo, ovvero il sentirsi parte di una determinata cultura, è un tratto comune a tutte le società. L’inculturazione, l’immergersi cioè nella propria cultura, l'apprenderne i valori per poi farla propria, è un meccanismo che dura tutta la vita. Attraverso l'inculturazione si acquisisce cioè l’idea di cosa sia l’uomo, o, ancor meglio, s’interiorizza la concezione di umanità tipica di quella cultura. Possiamo quindi tranquillamente affermare che accanto al processo particolaristico di culturalizzazione, si sviluppa quello universalistico di umanizzazione. Tutto ciò che appare diverso, che non rispetta quei canoni, viene automaticamente etichettato come “alterità”. La prima classificazione (noi/altri) viene compiuta già a partire dalle preferenze in fatto di cibo. Ad esempio: gli induisti non mangiano carne, i cinesi mangiano cani, i popoli islamici non mangiano maiale. Queste usanze, a noi occidentali, appaiono incomprensibili, dannose o disgustose, così come potrebbero apparire incomprensibili, dannose o disgustose le nostre ai loro occhi. L’etnocentrismo consiste quindi in un atteggiamento giudicante nei confronti dell’alterità, il che blocca la comprensione degli altri e scatena, nei loro confronti, diffidenza, conflittualità, scontro, ecc. Su questo gli antropologi hanno riflettuto a lungo. Se lo scopo del sapere antropologico è quello di pervenire ad una conoscenza della differenza, dell’alterità, allora è necessario procedere ad una sospensione del giudizio, applicando al contempo un certo relativismo culturale. Quest’ultimo concetto può essere così sintetizzato: ciò che è giusto per un gruppo, non necessariamente lo è per l’altro. Questo consente di riconoscere una pluralità di culture e di comprendere che la molteplicità di direzioni prese dallo sviluppo storico ha portato, in epoche e luoghi diversi, a forme di vita sociale e ad elaborazioni culturali sostanzialmente diverse tra loro. In poche parole, così facendo, si abbandona il proprio etnocentrismo.