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attualità, politica, cultura

 

 
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Il Governo italiano è già dimissionato, di fatto, dai suoi alleati

Post n°1302 pubblicato il 29 Marzo 2016 da r.capodimonte2009
 

L’Italia è ormai un Paese dove tutto è mutuato da una coalizione formata da un partito di maggioranza relativa ormai precipitato nella confusione e nella corruzione, che si appoggia ad un alto numero di “transfughi” di altre forze politiche senza alcuna denotazione ideologica, ma semplicemente legate al malaffare e alla poltrona; che governa da 5 anni con personaggi non scelti assolutamente dal popolo, ma cooptati dall’amalgama più infimo, tra massoneria, grande industria, poteri finanziari e mafiosi, che si sia mai veduta nella storia italiana; sordo ad ogni richiamo istituzionale, in un coacervo compromissorio tra giustizia, etica politica e regole costituzionali, e i loro interpreti negletti.

Non è un caso, quindi che il Governo e i suoi apparati, tema le elezioni, e quindi tenti in ogni modo di tenerle, quando è certo di immettere nel suo caldaio di illusioni provvedimenti che un popolo, della cui dignità restano sono paura e disattenzione per il futuro, basato esclusivamente su un nefasto “carpe dime”, possa concepire come “elargizioni” sufficienti a coprire i famosi trenta denari della tradizione.

E’ toccato agli 80 € (a cavallo delle elezioni europee), è toccato all’abolizione dell’IMU, è toccato alla riforma del precariato della scuola (un inganno terrificante), è toccato al Jobs Act (digerito tanto per cambiare dal sindacato, che ha preferito tenere ferme le contestazioni, in cambio della svendita dei lavoratori ad un futuro di schiavi!). Presto toccherà al bollo auto, o forse ai passaggi di proprietà, o ad altri capitoli fiscali di grande impatto, ma che, immediatamente dopo, vengono riassorbiti da tutta una serie di nuove tasse dirette o indirette (pensate al canone Rai in bolletta Enel, all’aumento costante delle accise sui carburanti, all’aumento o addirittura all’eliminazione dei ticket sanitari, all’eliminazione del ricalcolo inflazionistico delle pensioni!). O addirittura di rinviarle a babbo morto, come nel caso scandaloso e anti-costituzionale (ma se aspettiamo che le alte cariche dello stato, tutte coinvolte nella co-gestione malsana della Repubblica, lo eccepiscano), in cui al cambio di maggioranza, non ha fatto seguito una crisi di Governo!

Insomma, il sign. Matteo Renzi ha perfettamente imparato la lezione dal demiurgo che l’ha messo al posto che occupa, Giorgio Napolitano, espressione primaria del peggio che può ingenerare una democrazia ormai decotta, e non ha neppure deciso la data delle elezioni amministrative; salvo stabilire, invece, la data del referendum anti-trivelle, da subito, non senza aver montato una velenosa propaganda perché si eviti di votarlo. La cosa peggiore che possa accedere, appunto, in democrazia, dove approvare o bocciare una chiamata alle urne è sacrosanto, ma permeare un elettorato già intossicato dalla crisi, di ignavia, è puro tradimento!

L’efficacia della rete mediatica ufficiale, formata dalle testate di regime, sia cartacee che televisive, poi, concede al governo una soglia di franchigia mai così ampia, dove, evidentemente, trovano spazio all’80% le notizie dall’estero, mentre ad un 20% è dedicato l’amaro momento politico del Paese, travolto, da una parte, dalle menzogne dei sondaggi, che ondeggiano come un mare in tempesta, e dall’altra, dalle menzogne delle statistiche, che un giorno dicono una cosa, salvo rimangiarsela il giorno dopo, in un balletto nefasto.

Quel che se ne ricava, tuttavia, è che lo stesso Governo è ormai relegato all’ordinaria amministrazione, soprattutto per due motivi di fondo:

-l’inaffidabilità, che ha dimostrato come legislatore, capace di fare solo confusione e demagogia, senza influire minimamente sulla condizione di recessione generalizzata;

-la totale mancanza di credibilità che si è guadagnato in Italia e all’estero, per i  comportamenti del suo leader, e per il grado di corruzione giornaliera del suo entourage, compreso quello familiare e dei suoi collaboratori più “intimi”.

Il paradosso è che la caduta di Matteo Renzi non dipenderà da un atto di crisi costituzionale, dovuto ad una perdita di maggioranza, né determinata dalla minoranza chiacchiericcia del suo partito, né tantomeno dai trasformisti che vi ci sono accodati: ma da decisioni “esterne”, che hanno portato certi alleati, come gli Usa, a sopportarne le contraddizioni, e la Commissione Europea a mandarne giù le furbizie. E questo gioco non durerà in eterno.

Gli americani sanno perfettamente che, da qui a novembre, restano a mala pena sette mesi perché il Presidente più negletto della storia se ne vada con un minimo di dignità: e, come accadde ai Bush, per dignità lo yankee concepisce la guerra (che porta sventolio di bandierine, ansia fasulla di democrazia e grandi profitti per l’industria pesante). Ma il popolo non la vuole, altrimenti a pagare sarà la signora Clinton, che tenta la scalata dietro di lui, e quindi si affida agli alleati, veri e propri “mercenari”, tra cui, nell’apertura del nuovo fronte libico, l’Italia diventa una pedina indispensabile. Quindi le “resistenze” dell’ex-sindaco fiorentino, il quale sa bene che la guerra lo porterebbe al punto più basso della popolarità, stanno innervosendo la Casa Bianca, e la spinta verso “determinati padrini”, legati mani e piedi all’alta finanza, compreso il Presidente della Repubblica, aumenta di giorno in giorno.

L’Unione Europea, in questi momenti, ha altre gatte da pelare, e l’Italia che nasconde i dati di bilancio, mistifica il Pil, aumenta vertiginosamente il suo debito pubblico, grazie alle regalie elettoralistiche di Renzi, non è certo in cime ai suoi pensieri, se non formalmente. Ma anche in questo caso, prima o poi, i nodi verranno al pettine, e le famose “clausole di salvaguardia” scatteranno in termini fiscali, come una serpe sulla ranocchia Italia, e le daranno il colpo di grazia. Inoltre c’è il grave problema dei salvataggi bancari, che l’Italia non può che tentare, in altro modo che sacrificando i redditi dei clienti e risparmiatori; e dopo la vicenda delle 4 banche, rischia di scatenare una disperata corsa agli sportelli, e gravi sommovimenti di piazza. Oppure, come aveva pensato l’apparato pragmatico dei vari Padoan, stornare i debiti degli istituti e metterli a  dormire nelle “bad bank”, spizzicando dalla Cassa Depositi e Prestiti il denaro necessario a riavviarli. Ma questo sarebbe un puro “aiuto di Stato”!

A questo punto, l’Italia di Renzi cadrà: ma chi la sostituirà, si troverà di fronte due alternative: o uscire immediatamente dalla UE e dall’euro, e al contempo dalla Nato, iniziando da subito una politica estera di nuovi approcci ed economica di impronta keynesiana; oppure entrare in guerra, e invocare l’aiuto della Troika, in modo da ricalcare, allo stesso identico modo, la vicenda greca.  (R. Scagnoli)

 
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