Creato da: john.keating il 14/09/2004
Metafisica della Terra della Sera

Area personale

 

Archivio messaggi

 
 << Ottobre 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
  1 2 3 4 5 6
7 8 9 10 11 12 13
14 15 16 17 18 19 20
21 22 23 24 25 26 27
28 29 30 31      
 
 

Cerca in questo Blog

  Trova
 

FACEBOOK

 
 

Ultime visite al Blog

sundropstudio.arcidiaconogTRAFFICANTEpatriot9particellaMenelaoParideelenie58ma.centiniCoulomb2003bing.madsenguidi12mariano.vitale1979kabibi70SoloLunaSenzaStelleodarroc2
 

Ultimi commenti

Prof...bentornato :-)))))))
Inviato da: pal_jazz
il 05/07/2006 alle 15:28
 
Lei è così, senza tanti ai e bai...
Inviato da: john.keating
il 19/05/2006 alle 17:40
 
:)
Inviato da: ladymiss0
il 07/10/2005 alle 10:40
 
Ti ho scoperto adesso. Ho da imparare da qui ma ti devo...
Inviato da: singleproblem
il 07/10/2005 alle 01:49
 
Mi ricorda tanto un cane che si morde la coda.......
Inviato da: Stephanie10
il 06/10/2005 alle 20:33
 
 

Chi può scrivere sul blog

Solo l'autore può pubblicare messaggi e commenti in questo Blog.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 

 

 
« Ordinary peopleIl problema del fondamento »

Lo spazio del divino

Post n°142 pubblicato il 01 Marzo 2005 da john.keating
Foto di john.keating

Da dove viene la parola? Da dove viene il linguaggio?
La parola, per stare alla sentenza di Eraclito, è la folgore che illumina e tutto governa.
Ma da dove proviene, questa luce?
Essa non è “le cose”, non è il loro senso. Non è la loro origine, e non è il loro fine.
Né tantomeno, essa contiene il significato, l’enunciazione, l’esplicitazione della sua origine.
Nella parola si fa la Verità – come Heidegger ci insegna: la Verità come aletheia, disvelamento – ma essa non è la Verità.
Da dove viene, dunque, la Parola? Quale arcano nasconde? Quale indicibile tace?
È riflettendo su questa semplice ma fondamentale ed eterna domanda, che si indovina lo spazio del divino.

In senso stretto, il divino è ciò che trascende l’uomo. È ciò che lo precede, e che lo sostiene.
Presso tutte le religioni, tutte le culture, l’esperienza del divino si coniuga nell’ascolto e nel silenzio. Solo quando la parola tace, infatti, è possibile udire il silenzio assordante che la circonda. Ponendosi in ascolto nello spazio angusto che sta tra la materia inerte e la parola che la fa diventare cosa – lo spazio in cui la parola si fa appunto poesia, cioè poiesis, produzione – si avverte il silenzio di quel che tutto precede. Il silenzio di ciò che non può esser detto, perché trascende il senso tutto umano del dire. Il silenzio dal quale sorge la parola, senza un perché dicibile, intelligibile, comprensibile.
Ed è un silenzio pieno di religioso rispetto, per ciò che non può esser conosciuto – ma in un senso del tutto diverso e anzi opposto al Dio lontanissimo e trascendente del tomismo e della scolastica.

La parola poetica è la parola autentica: la parola che si istituisce come significato.
La parola non può tutto, ma senza la parola nulla si compie: è per questo che la poesia appare investita dal soffio divino, e si compie come esperienza quasi mistica.
Perché in essa le cose si fanno, si compiono, e si illuminano della luce che ce le rende visibili, e intelligibili.
Nel suo dotare le cose di senso, la parola si rivela nella sua Differenza e ci rivela la nostra finitezza di uomini, il nostro esser finiti.
Essa cioè rende possibile il mondo, senza essere mondo, e tuttavia appartenendo ad esso. In questo, essa non rivela la sua origine: non il suo senso; non il suo fine. La parola si dà, semplicemente, come Dono, come apertura, come Rivelazione.

Ed è il segreto di questa Rivelazione che l’uomo ricerca, da sempre, da che è uomo e in quanto è uomo, in tutte le molteplici forme che gli sono consentite.
La parola illumina in quanto separa la luce dall’ombra, ma l’ombra permane, inesplorata e inesplorabile. Interrogando la parola, ascoltandola, l’uomo ne interroga l’origine nascosta, indicibile alla parola stessa.
Così, ogni volta che la parola ci rivela qualcosa di nuovo di noi, delle cose, del mondo, l’apprendiamo in virtù della meraviglia che ci dispone al suo religioso ascolto. Il senso del divino si manifesta nella meraviglia della conoscenza, che è riconoscimento del nostro limite.
Ed è per questo che l’esperienza del divino si dà ogni volta che il soffio della poesia si placa, e tace, e ci induce a riflettere.
Ed è per questo che l’esperienza del divino non si fa in parola, ma nell’ascolto di essa, alla ricerca del silenzio che la precede.
Ed è per questo che il senso del divino è connaturato al nostro esser uomini.

Ed è per questo che, rovesciando la celebre locuzione di Benedetto Croce per cui “non possiamo non dirci cristiani”, in un senso molto più ampio, profondo, costitutivo, io dico che possiamo dirci non credenti, ma non possiamo dirci atei.

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 
Vai alla Home Page del blog

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963