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IL N.37
Post n°67 pubblicato il 16 Aprile 2012 da klaira
La prima cosa che mi ha colpito è stato l'odore e dire che sono abituato ai canili. Entrando nel capannone mi ha raggiunto subito come uno schiaffo:parlava di morte, di sofferenza e di tragedia.Come in un sogno ho percorso quei metri attraverso ammassi di sacchi, di cibo e gabbie, passando dal sole dell'esterno come attraverso una maligna porta magica. Ho visto conigli e pitoni anche loro prigionieri di gabbie e teche.Infine ecco i cagnolini, fra le basse pareti di una serie di piccoli box, ignari di essere al centro di una storia di traffici e commerci. Li ho osservati ad uno ad uno, camminando lentamente lungo il corridoio, li ho ascoltati abbaiare e guaire verso di me, 37 piccole anime, come in un purgatorio di cemento.Indossavo la tuta bianca sterile ed i guanti di lattice, non tanto per proteggermi dai germi ma, l'ho capito dopo, per difendermi dalle emozioni che sapevo di dover affrontare. Portavo la pettorina della LAV, con il suo arancio caldo e la scritta-Diritti degli animali- una corazza contro quella tempesta di turbamento ed un modo per ricordare chi ero e cosa facevo in quel luogo. Uno per uno ho preso i cani e con il veterinario li ho esaminati e catalogati. Un gesto freddo che nascondeva ciò che sentivo, ho incontrato per ultimo il N.37, stava visibilmente male, il respiro affannoso e due grandi occhi lucidi che mi scrutavano. Non ho potuto fare a meno di ricordare i racconti dell'olocausto. Qualcuno sorriderebbe sentendomi dire questo ma quel qualcuno forse, dovrebbe smettere di distinguere tra il dolore degli uomini e quello degli animali. Il N.37 non ha mai avuto un nome, non abbiamo fatto in tempo a darglielo, è morto quella sera stessa, nonostante il ricovero urgente del nostro veterinario. I suoi grandi occhi lucidi non brilleranno più, come non brilleranno quelli del barboncino che non ce l'ha fatta, proprio mentre stavamo per portarlo via, come non ce l'hanno fatta gli altri 14 che sono morti in quel capannone prima che arrivassimo. Con la tristezza che rischiava di sopraffarmi ho caricato tutti i superstiti sui furgoni insieme ai miei colleghi, al veterinario ed agli uomini del Corpo Forestale, poi alla guida per centinaia di chilometri, verso un posto che potesse essere per quei piccoli un nuovo inizio. Adesso che i sopravvissuti sono in salvo, se chiudo gli occhi penso a quella grande stanza vuota nel capannone e spero che rimanga così per sempre. Giacomo Bottinelli- responsabile adozioni LAV
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Inviato da: raniero9
il 30/12/2013 alle 19:54
Inviato da: antoniotempo
il 17/03/2013 alle 09:36
Inviato da: Io_piccolo_infinito
il 20/09/2012 alle 14:23
Inviato da: eugenia1820
il 07/09/2012 alle 22:48
Inviato da: antoniotempo
il 07/09/2012 alle 22:35