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GIOVANI...

Post n°332 pubblicato il 08 Luglio 2013 da asdar

Come fai a non parlare di giovani, se hai in casa un figlio di ventun anni, che ciondola tutto il giorno tra la sua stanza e il divano, tra pc, playstation, e tv, e devi dirgli tu, sistemati la tua stanza, perchè nel medioevo non erano conciati così tanto male.Però poi alla sera esce, e ti chiede l'auto.Ho sempre sostenuto con convinzione che questa generazione è più evoluta mentalmente rispetto alla mia, in confronto a venticinque anni fa,penso siano in parecchi a pensarla alla stessa maniera.Oggi però non sono più così tanto sicuro.Quello che manca di più oggi, sono le palle. Secondo me, molti dei ragazzi di oggi, sono un po come un velocista che se la prende comoda dopo lo start, talmente sicuro della sue qualità, che pensa di recuperare il tempo perso, ed invece non conquista neanche il podio.Non hanno capito che senza fatica, non si ottiene nulla.Noi invece eravamo il classico keniano, resistente alla fatica, che quando parte non si ferma, e taglia sempre il traguardo.Comunque sia non bisogna generalizzare, ci sono giovani che sembrano fatti apposta per costruire, giovani con la mentalità vecchia, ma con l'apertura mentale tipica di questi tempi.Eppure lui era partito bene, finiti i tre anni obbligatori, è andato subito a lavorare, e dopo qualche anno abitava già solo.Poi ha perso il lavoro, ed è stato costretto a tornare a casa, ed ora gli manca lo slancio per ripartire, fa passare il tempo sperando che succeda qualcosa.Se ne frega, non ha la rabbia dei vent'anni, tu quando parli con lui, è un parlare da solo.Io non sono mai stato un campione di pazienza, e odio fare il papagallo, se non trovi che ti sbatti a cercarlo, è un conto, se non cerchi che te ne sbatti è tutta un altra storia.Personalità e aspirazione pari allo zero.Se non trovi lavoro in Italia, cerca all'estero, vai in Calabria a raccogliere pomodori, gli ho detto, mi ha preso per matto.Cito una frase di De Mause, che mi è rimasta impressa, anche se lui si occupava di lavoro minorile fra il settecento e ottocento."Il figlio dell'operaio diviene psicologicamente adulto anzitempo" Queste parole in me hanno avuto un effetto flashback, ho rivisto in un attimo tutta la mia infanzia.Non che mi mandavano a lavorare già da bambino, sia ben inteso, però eri preso dal lavoro di tuo papà, probabilmente perchè assorbivi i loro discorsi.Daltronde i soldi che guadagnava chi lavorava la terra come bracciante erano sempre pochi, e quindi crescevi con la fatica ben inculcata nella mente.Era comunque mentalità comune guadagnarsi la vita, chi non finiva le medie, andava a lavorare.Però va anche detto, che oggi nel nostro paese, un ragazzo che ha un sogno da realizzare, sicuramente non è messo nelle condizioni di poterlo fare, e quindi mi sembra giustificato lo sconforto,ma solo fino a un certo punto.Un uomo ha la sua dignità solo se lavora, e molti farebbero bene a domandarsi se sono uomini, oppure no, e se vogliono diventarlo.Certo che se non sognano più neanche i giovani, vuol dire che non siamo messi bene...

 
 
 
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