Creato da lanevenellanima il 29/01/2015

LA NEVE NELL'ANIMA

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Ecco cosa è successo

Post n°4 pubblicato il 30 Gennaio 2015 da lanevenellanima

 

A 17 anni, in piena adolescenza, ho conosciuto una persona meravigliosa. Un ragazzo che, con le bretelle sulla camicia a quadrettoni e un ciuffo che il professor Mario Monti gli avrebbe fatto pagare l'Imu sulla prima e anche sulla seconda casa, mi ha conquistata. Con i suoi modi gentili e la battuta sempre pronta. Con quella timidezza che per farmi dare il primo bacio ho dovuto chiederglielo io.

E' scoppiato un amore bellissimo e travolgente. Un amore costellato da due situazioni familiari piuttosto difficili alle spalle, ma che di fronte alle difficoltà è diventato sempre più forte e sempre più grande. Un amore che ha saputo superare le diversità caratteriali e le abitudini differenti. Un amore che ha saputo dare sostegno anche di fronte alla morte della persona più importante per ogni essere umano, colei che ti ha dato la vita. Un amore che ha sempre saputo evolversi, superare le discussioni e le divergenze di opinione. Un amore che nel corso degli anni ha dato una gioia ed una felicità più grandi dell'intero universo.

Un amore che ha saputo costruire una coppia, solida ed invidiata da tutti. Non tanto perché fosse "bella", quanto per la capacità, evidente a chiunque, di attraversare la vita avendo sempre la voglia di venirsi incontro, di trovare soluzioni. Un amore che ha permesso alla coppia di considerarsi famiglia anche in assenza di un figlio, rimandato sempre per un motivo o per l'altro e di fatto mai arrivato.

Un amore che ha superato anche le resistenze al matrimonio, e che ha portato a pronunciare il "fatidico si" a 40 anni suonati, dando la precisa consapevolezza che, anche dopo tanti anni, amarsi significa segliersi ogni giorno.

Poi, tre anni fa, l'inizio di un periodo nero. Il ragazzo con le bretelle e il ciuffo, ormai diventato uomo, precipita in una crisi personale terribile. Una crisi che da subito viene definita come "un qualcosa di mio, sono io che sto male non è colpa tua" ma che, di fatto, esclude me dalla sua vita e da ciò che gli sta succedendo.

Ho provato di tutto. A parlargli per ore, a farlo ragionare, a spiegargli che insieme ne saremmo usciti anche questa volta. Ho avuto pazienza, ho sopportato i suoi silenzi e il suo allontanamento, gli ho dato tempo. Ho permesso che se ne andasse "per chiarirsi le idee", rispettando la sua volontà che nessuno sapesse nulla e restando di fatto 10 mesi da sola con lui lontano che continuava a dire che non era cambiato niente e che presto sarebbe tornato.

Ho aspettato. Anche quando ero sull'orlo della disperazione e non sapevo più che cosa fare. Anche quando ero lacerata dal dubbio che si fosse innamorato di un'altra donna. Anche quando lo pregavo di tornare e di parlare con me e lui niente.

E dopo 10 mesi è tornato. Innamorato pazzo e pronto a riprendere dove avevamo lasciato.

Non è durata neanche 3 mesi. Una mattina della scorsa estate, dopo giorni in cui lo vedevo inquieto, gli ho chiesto cosa c'era che non andava e di parlare con me.

"C'è che non provo più passione per te. I miei sentimenti sono cambiati, ti voglio un bene dell'anima e per te mi butterei nel fuoco, ma non sento più ciò che si dovrebbe provare per una moglie".

Se mi fosse caduto un masso di due quintali sulla testa mi avrebbe fatto meno male. Non scorderò per il resto della mia vita la paralisi del mio corpo che non riusciva più nemmeno a respirare, lui in lacrime che giurava e spergiurava che non c'era un'altra donna e che mai avrebbe voluto farmi un male del genere ma non riteneva giusto né per me né per lui andare avanti. A nulla sono valsi i miei ennesimi tentativi di farmi dare una possibilità di affrontare questa cosa insieme. Tutto finito. 26 anni di vita insieme volati via di colpo, come foglie con il vento di autunno.

E' stato in quel momento che sono precipitata nel mio buco nero. Nel giro di 24 ore ho perso marito, casa e, giusto perché le disgrazie non vengono mai da sole, l'80% del mio lavoro e del reddito annesso.

Lui è andato via di casa subito, io a casa nostra ho resistito 5 giorni. Ogni volta che voltavo un angolo o guardavo qualcosa venivo assalita dai ricordi, non facevo altro che piangere. Allora ho messo 4 cose in una valigia e mi sono trasferita da un parente che si è offerto di aiutarmi a superare quel momento così difficile.

A neanche una settimana dall'essere stata abbandonata con una spiegazione piuttosto sommaria, mi sono trovata da sola, in una casa che non era la mia, senza lavoro e con un dolore più grande di me da affrontare.

A volte, guardando indietro, penso che sia già tanto se sono ancora viva.

La mia dottoressa dice che io ho due lati. Uno molto pragmatico, che ragiona, pensa, organizza. Il che è una grandissima dote, dice lei, perché mi ha permesso di non lasciarmi andare e di ricominciare subito a rifarmi una vita. 18 giorni dopo la sua decisione dovevamo partire per le vacanze, già prenotate e pagate. Sono partita da sola. E' stato durissimo fare la mia prima vacanza senza di lui ma ho voluto fare qualcosa per me stessa. Quando sono tornata, in una settimana mi sono trovata un appartamento bello e giusto per me, in una zona che mi piaceva ma che non era troppo distante dagli amici e dalle persone che mi potevano stare vicine. E dopo poco più di due mesi ho traslocato. Ho trascorso la prima notte vagando per casa, sentendomi in un luogo che non mi apparteneva e domandandomi cosa ci facevo in quel posto. Tuttora mi sento come se mi avessero strappato di forza dalla mia vita per catapultarmi in una realtà che non è la mia. Ma ho stretto i denti e sono andata avanti. Ho cercato di raddrizzare la questione lavoro e ho avuto l'occasione che stavo cercando.

Il secondo lato della mia personalità è invece molto riflessivo. E' una parte di me che si fa una miriade di domande e che cerca continuamente risposte. E' una parte che scava dentro, in profondità, e che si analizza in continuazione. Che mette continuamente dubbi. Che quando la parte pragmatica va troppo veloce alza una bandiera e dice "fermati che non ce la faccio a starti dietro". Una parte che, nonostante la disperazione, cerca di affrontare il dolore con dignità e coraggio, a testa alta. Una parte che non ha paura di mettersi in discussione, ammettendo i propri limiti ed ascoltandosi, pronta a cambiare strada quando l'intuito indica di cambiare direzione.

Metterle insieme e farle andare d'accordo non è semplice. A volte mi sento divisa in due, come se mi avessero tagliato a metà, strappandomi il cuore e gettandolo nel tritarifiuti.

Però tengo duro, perchè anche se sono disperata una certezza ce l'ho: non so quanto tempo ci vorrà ma ce la farò.

Ecco, questo è ciò che mi è successo.

 
 
 
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