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Con il popolo della Palestina che cessi il fuoco

Post n°814 pubblicato il 28 Dicembre 2008 da hesse8





Strage a Gaza, oltre 270 morti e 620 feriti. Carri armati e truppe israeliane al confine












Oggi
manifestazioni di solidarietà al popolo palestinese a Roma, Milano,
Pisa Padova e Napoli. Domani sit-in all'ambasciata israeliana nella
Capitale e presidi a Bologna e Genova

Image

Continuano
i raid dell'aviazione israeliana su Gaza e il lancio di razzi da parte
di Hamas contro città del sud di Israele. Israele ha allertato migliaia
di riservisti e la minaccia di un’offensiva via terra nella Striscia di
Gaza si fa sempre più concreta. Secondo fonti militari, riferite dal
quotidiano Haaretz, centinaia di soldati israeliani della
fanteria con mezzi blindati si stanno concentrando alla frontiera sud
di Israele. Non esclude un’eventuale invasione terrestre contro Hamas
il ministro della Difesa israeliano, Ehud Barak, mentre il primo
ministro Ehud Olmert parla di una durata «non prevedibile»
dell’operazione.



Alle ore dieci e trenta di sabato 27 dicembre, l’aviazione militare
israeliana ha sferrato una quarantina di raid contro le sedi
dell'esecutivo palestinese a Gaza. Un attacco preparato a sangue freddo
dal governo israeliano: così come afferma Olmert, il primo ministro
uscente, «è stato deciso mercoledì sera» con il pretesto di «fermare la
pioggia dei missili palestinesi» e dare sicurezza ai cittadini
israeliani. Parole già sentite dal suo vecchio maestro del terrore, il
morente Sharon, quando nel 2001 scatenò una vera e propria guerra di
sterminio nei Territori occupati, senza però riuscirvi.

L’offensiva
israeliana persegue, come sempre, l’obiettivo di liquidare la questione
palestinese attraverso una guerra - che dura ormai da più di sessanta
anni - finalizzata alla pulizia etnica di questo popolo. Basti pensare
al criminale embargo imposto a Gaza ultimamente, che ha privato la
popolazione di acqua, luce, cibo e medicinali. Misure che ricadono
direttamente sulla popolazione inerme e non sulla leadership di Hamas,
come dichiarano strumentalmente i dirigenti israeliani supportati dai
media.

Alla gravità dell’embargo si è aggiunto l’inganno
umanitario del ministro della guerra Barak, che ha autorizzato
l’apertura dei valichi con la scusa di permettere il rifornimento di
mezzi di prima necessità, in primis cibo e medicinali,  per poi dare il
via, il giorno dopo, al bombardamento. Lo stesso Barak dichiara che
l’azione militare continuerà finchè ci sarà bisogno, nonostante le
proteste internazionali, i dissensi interni allo stesso Stato
israeliano, le manifestazioni palestinesi a Nazaret e nella Galilea.

Non
sfugge agli osservatori della politica israeliana che siamo vicini a
due importanti eventi: il prossimo insediamento di Barack Obama alla
Casa Bianca e le elezioni politiche israeliane previste per il 10
febbraio. Appare evidente che la competizione elettorale fra i partiti
israeliani si gioca sulla «pelle» dei palestinesi, e che è nel loro
interesse creare condizioni e fatti nuovi su cui dovrà cimentarsi il
neopresidente americano. È all’interno di questo scenario che vanno
lette le continue violazioni e provocazioni da parte israeliana della
tregua raggiunta a Gaza attraverso la mediazione dall’Egitto sei mesi
fa.  Inoltre, contrariamente alle organizzazioni palestinesi rispettose
della tregua, l’esercito d’occupazione ha continuato le operazioni di
arresto e di eliminazione fisica dei dirigenti palestinesi giudicati
«pericolosi»; e lo ha fatto non solo a Gaza ma anche in Cisgiordania.

In
questo ennesimo momento tragico per Gaza, che subisce le conseguenze di
un lungo ed ingiustificato embargo imposto da uno Stato a dir poco
criminale, rimanere in silenzio significa essere complici. Pertanto la
comunità internazionale è chiamata, ancora una volta, a mobilitarsi per
fermare questo genocidio. Non bastano più dichiarazioni di condanna e
richiami alla calma, bisogna reagire convocando il Consiglio di
Sicurezza delle Nazioni Unite affinché emani una risoluzione non solo
di condanna ma di piena applicazione di tutte le sue risoluzioni
disattese. Ricorrendo, se necessario, anche all’articolo 7 che prevede
l'utilizzo della forza Onu per fare rispettare la volontà
internazionale.

A sostegno del popolo palestinese e per
un'immediata cessazione dell'aggressione israeliana a Gaza, sono state
indette mobilitazioni in tutta Italia. Manifestazioni di protesta si
terranno oggi, 28 dicembre, a Pisa alle 11.30 davanti alla sede del
Comune, a Padova alle 15 davanti al Comune, a Roma alle 16 in piazza
Navona, a Milano a piazza S. Babila e a Napoli alle 16.30 a piazza
Carità. Per lunedì 29 dicembre è previsto un sit-in presso l'ambasciata
israeliana a Roma, e ancora presidi a Bologna alle 16 a piazza Nettuno
e a Genova alle 17 davanti alla Prefettura.

Per informazioni su mobilitazioni, presidi e sit-in in tutte le città d'Italia, www.forumpalestina.org .

Bassam Saleh

 
 
 
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