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La scuola ed i suoi tagli

Post n°878 pubblicato il 25 Marzo 2009 da hesse8

Fuori 42 mila lavoratori della scuola. Colpite materne, elementari e medie

Una calamità per il futuro civile del Paese. Tagli soprattutto al Sud

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Che lo smantellamento del sistema scolastico pubblico abbia inizio. Il governo Berlusconi va avanti e conferma il taglio di circa 37 mila docenti dell'organico di diritto, che arriveranno fino a 42 mila con le altre figure di sostegno. Un duro colpo al diritto all'istruzione perché con la riduzione del personale si pregiudica il funzionamento stesso del sistema educativo nazionale, se ne preclude la qualità e l'efficacia, si sottraggono garanzie e tutele proprie di ogni Paese compiutamente democratico. Si ignorano completamente le ragioni e le lotte organizzate in questi mesi da migliaia di lavoratori della scuola e di studenti. Tutti scesi in piazza per manifestare il proprio dissenso, per difendere il proprio posto di lavoro e i diritti dei propri figli.

Secondo i dati forniti ai sindacati di categoria, convocati ieri per un incontro al ministero dell'Istruzione, nella scuola elementare i docenti mandati a casa ammonterebbero a 10 mila, nelle medie a 15.500, nella scuola secondaria a 11.350. A fronte di un aumento degli alunni, che nella scuola primaria si prevede cresceranno di 4 mila unità e nella secondaria di primo grado di 10.500 studenti. In controtendenza, invece, la secondaria di secondo grado dove si registra un calo delle iscrizioni, che quest'anno dovrebbe attestarsi a meno 26.700 unità. Un dato preoccupante che fotografa una società dove i giovani hanno sempre meno accesso agli studi superiori, e che ora con la riforma Gelmini avrà una deriva più marcatamente classista. Si rischia di tornare indietro ad un passato non troppo lontano in cui all'università andavano solo i figli dei ricchi, perché tutti gli altri non potevano permetterselo.Ad essere maggiormente colpito sarà quel Sud già privo di strutture e di assistenza, l'area d'Italia più flaggellata da precariato e disoccupazione, dove il livello e le condizioni di vita disagiate costringono ancora oggi migliaia di persone all'immigrazione. Ben il 40% delle riduzioni si abbatteranno su Campania, Puglia, Sicilia e Calabria, cifre che lasciano pochi margini di intervento a regioni ed enti locali, a cui il ministero promette appropriate compensazioni di organico.Contro i provvedimenti sulla scuola e la politica confindustriale del governo si sono dati nuovamente appuntamento a Roma, sabato 28 marzo, i sindacati di base. Cub, Confederazione Cobas e SdL intercategoriale, in occasione della riunione nella capitale dei ministri del Welfare del G14, hanno organizzato un corteo "Non pagheremo noi la crisi", che partirà alle 15 da Piazza della Repubblica per arrivare a piazza Navona. Un'iniziativa che vedrà sfilare insieme operai, precari e disoccupati pubblici e privati, lavoratori della scuola e del pubblico impiego, ma anche famiglie in lotta per il diritto alla casa, studenti e giovani dei centri sociali". Sotto una comune piattaforma che chiede il blocco dei licenziamenti, la riduzione dell'orario di lavoro a parità di salario, aumenti consistenti di salari e pensioni, reddito minimo garantito per chi non ha lavoro, aggancio dei salari e pensioni al reale costo della vita, ammortizzatori sociali  per i lavoratori "atipici", nuova occupazione mediante un piano straordinario per lo sviluppo di energie rinnovabili ed ecocompatibili. Allo Stato vengono chiesti investimenti di tutela e garanzia, per la messa in sicurezza dei luoghi di lavoro e delle scuole, sanzioni penali per gli omicidi sul lavoro e gli infortuni gravi, finanziamenti per la costruzione di alloggi popolari.

(25.03.09)

s.b.

 
 
 
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