Tana del Leprecano

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Vita da cani

Post n°24 pubblicato il 01 Febbraio 2006 da maestro.perboni
 
Tag: Persone
Foto di duffogrup

Gualtiero de Marinis scrive di televisione su una rivista di cinema che si chiama «Film Tv». Se comprate «Film TV», per un euro e mezzo (salvo aumenti) vi portate a casa tre cose: una guida ai programmi con schede dei film della settimana; una rivista di critica su cui scrivono baldi giovani come Enrico Magrelli (l’uomo che per vestirsi ruba gli abiti ai morti) e Pier Maria Bocchi (l’uomo che da quando l’ho visto in foto mi incute timore) e Goffredo Fofi (l’uomo che crede di essere Goffredo Fofi). E vi portate a casa Gualtiero de Marinis. Da buon eremita, De Marinis sembra odiare tutto e tutti, tranne il suo cane Lapis, che anzi troneggia con una foto in cima alla rubrica. La rubrica è “Vita da cani”, e la vita da cani è quella di chi di mestiere fa il critico televisivo e che quindi, seppure dietro un compenso che ci si augura sia congruo, deve vedere molta tv ed esprimere dei giudizi su quello che vede. De Marinis però interpreta il suo ruolo in modo diverso da molti suoi colleghi. Non gli interessa esaminare la Tv o esprimere valutazioni di tipo sociologico o estetico. Anzi, De Marinis è assolutamente immotivato nelle sue passioni (altrimenti che passioni sarebbero), ed elogia indistintamente Giorgia di MTV e Milena Gabanelli. Il fatto è che usa la tv come esercizio filosofico: un po’ come Socrate che nei dialoghi platonici prende un argomento (sospetto lo facesse un po’ a caso) come il bene, l’amore o la politica per poi partire con le sue digressioni in acido. De Marinis parte dalla tv per fare quelli che nel gergo astruso degli scienziati e dei filosofi si chiamano esperimenti di pensiero: prova a immaginare scenari reali partendo dall’ipotesi più irreale di tutte, cioè che quello che vediamo in tv esista sul serio. Se volete capire cos’è la filosofia buttate via i libri del liceo e leggete De Marinis che usa Wittgenstein come scusa per parlare di “Domenica In” (o “Domenica In” come scusa per parlare di Wittgenstein). Oppure la sua definizione de “L’isola dei famosi”: una profezia che si autoavvera (si è famosi perché si va sull’isola dicendo o credendo di essere famosi, così alla fine quello che si dice a parole diventa vero nei fatti). Nei rapidi momenti in cui lo leggiamo, De Marinis ci dà una speranza: quella di rimanere degli animali pensanti anche se siamo sottoposti a massicce dosi di radiazioni di idiozia provenienti dal piccolo schermo. Un po’ come Roddie Piper che si mette gli occhiali e vede le cose come stanno in “Essi Vivono” di Carpenter. Poi ci fermiamo a riflettere un attimo, nel dubbio che la rubrica la scriva Bruno Vespa, e torniamo a vedere tutto nero.

 
 
 
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