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Cogne Tutte le fasi di un processo interminabile

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Il 30 gennaio 2002  intorno alle 8 del mattino Samuele Lorenzi, un bambino di 3 anni, viene ucciso con 14 colpi alla testa in una villetta di Cogne, frazione Montroz. Il suo corpo viene ritrovato dalla madre, Annamaria Franzoni, disteso sul letto e con profonde ferite alla testa.

La Franzoni risulta da subito la principale sospettata dell'omicidio, le altre persone entrate nella villa dopo la scoperta del delitto vengono sentite come testimoni ma hanno tutte un alibi.

Il 14 marzo 2002 Annamaria Franzoni viene arrestata con l'accusa di omicidio volontario.

Il 30 marzo 2002 il tribunale del Riesame di Torino accoglie il ricorso del legale della donna, l'avvocato Carlo Federico Grosso. La Franzoni torna libera. Secondo i giudici torinesi solo una piccola parte degli esiti delle indagini preliminari ha un'effettiva valenza indiziaria.

Il 25 giugno 2002 l'avvocato Grosso lascia la difesa della Franzoni dopo la decisione della famiglia Lorenzi di nominare anche il professor Carlo Taormina come secondo difensore.

Il 27 gennaio 2003 la Franzoni diventa di nuovo mamma.

Il 3 luglio 2003 la Procura di  Aosta chiede il rinvio a giudizio di Annamaria Franzoni. Si concludono così le indagini preliminari: l'imputata è accusata di omicidio volontario aggravato.

Il 16 settembre 2003 il gup dispone una serie di superperizie tra cui quella sulle tracce ematiche rilevate sul pigiama della donna. Dopo mesi di analisi e uleriori sopralluoghi nella villetta di Cogne emerge che l'assassino di Samuele indossava il pigiama azzurro della Franzoni.

Il 19 luglio 2004 il gup Eugenio Gramola, al termine di un processo con rito abbreviato, accoglie le richieste dell'accusa e condanna a 30 anni di carcere Anna Maria Franzoni ritenedola responsabile dell'omicidio.


Il 30 luglio 2004 l'avvocato Taormina fa arrivare alla Procura la controperizia con nuove prove scientifiche che proverebbero la presenza di un'altra persona nella villetta di Montroz. Parte l'inchiesta Cogne-bis.

Il 2 novembre 2004 il legale della Franzoni viene indagato dalla Procura di Torino per ipotesi di reato di calunnia e frode processuale. Con lui, sono indagati anche i coniugi Lorenzi e i consulenti della difesa. In seguito la Procura di Torino accerta che le impronte trovate nella villa appartengono a uno dei consulenti della difesa della Franzoni.

Il 31 aprile 2005 si conclude l'udienza su incidente probatorio per l'inchiesta Cogne-bis: vengono nominati 28 periti.

Il 26 settembre 2005 la Franzoni annuncia di volere un processo aperto con i giornalisti e le telecamere. La donna scrive un libro con la collaborazione di Gennaro De Stefano, "La verità", in cui racconta tutta la vicenda vista dagli occhi di una madre.

Il 15 giugno 2006 viene depositata una nuova perizia psichiatrica sulla Franzoni: per gli esperti la donna soffre di uno "stato crepuscolare di coscienza", che può portare a rimuovere alcuni eventi. In caso di condanna, se dovesse essere dichiarata seminferma di mente, godrebbe di uno sconto di pena.

Il 20 novembre 2006 durante l'udienza del processo d'appello l'avvocato Taormina rinuncia alla difesa per "una sommatoria di situazioni". Per Taormina gli inquirenti avrebbero anche voluto un accordo con la donna per chiudere il processo con una perizia sulla seminfermità. Viene nominato l'avvocato d'ufficio Paola Savio.

Il 3 aprile 2007 al processo d'appello l'accusa chiede la conferma della pena a 30 anni per Annamaria Franzoni, la difesa ne chiede l'assoluzione.
La difesa fa riprodurre in aula la telefonata della donna al 118 dopo aver trovato il corpo di Samuele come prova della chiamata di una persona disperata (come confermerebbe anche uno psichiatra). L'avvocato mostra le foto del corpo martoriato di Samuele. Per Paola Savio l'assassino sarebbe un terzo estraneo alla famiglia Lorenzi. Per quanto riguarda l'arma del delitto, che non è mai stata trovata, l'accusa indicava un mestolo o uno zoccolo ma l'ipotesi della difesa è orientata verso un sabot, uno zoccolo molto diffuso in Valle d'Aosta con la suola ricoperta da tasselli di cuoio.
La conclusione della difesa è che la sentenza di primo grado che ha portato alla condanna della Franzoni si fonda solo "su un teorema".

Il Procuratore generale ha chiesto la conferma della condanna inflitta in primo grado. L'udienza è ora aggiornata al prossimo 20 aprile per le repliche, poi la corte si riunirà in camera di consiglio e ci sarà la sentenza.

 
 
 
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