Creato da lilu67 il 22/01/2009

i miei pensieri

Tutto il nostro sapere ha origine dalle nostre percezioni...

 

 

ufo avvistamenti italiani

Post n°1393 pubblicato il 12 Dicembre 2011 da lilu67

AVVISTAMENTI ITALIANI DA PARTE DI PILOTI

1951 Donald Slayton
Astronauta del progetto Mercury, rivelò in un'intervista che aveva visto un UFO nel 1951:
"Stavo collaudando un caccia P-51 a Minneapolis quando scorsi quell'oggetto. Ero a circa 10.000 piedi di altezza in un pomeriggio di sole. Pensai che fosse un nibbio, poi mi resi conto che nessun nibbio vola a quell'altezza. Più mi avvicinavo, più l'oggetto mi appariva simile a un pallone gonfiato, grigio e di circa un metro di diametro. Ma non appena gli andai davanti la "cosa" non somigliò più a un pallone. Sembrava un disco volante. Allo stesso tempo realizzai che l'oggetto stava improvvisamente allontanandosi da me, ad una velocità di circa 450 chilometri l'ora. Lo inseguii per un breve tratto, ma d'improvviso l'oggetto virò a 45 gradi, accelerò e sparì".

8 aprile 1964
Astronave senza equipaggio “Gemini 1” ; quote orbitali: km 330/160. Subito dopo l'equilibramento in orbita, la capsula viene avvicinata da quattro oggetti sconosciuti che, come rivelano i radar delle stazioni terrestri, la seguono per tutto il suo primo giro intorno al nostro pianeta. Quindi scattano via all'improvviso e scompaiono nello spazio. LA NASA in un primo momento spiegò trattarsi delle parti strutturali del secondo stadio del vettore (un missile Titan), separatesi dalla capsula stessa. Questa spiegazione venne tuttavia smentita quando si apprese che il piano di volo non prevedeva tale separazione, e che in effetti il secondo stadio del vettore e la capsula erano rimasti congiunti fin quando non si disintegrarono precipitando insieme nell'atmosfera. La NASA non emise altri comunicati.

12 settembre 1966
Piloti: Charles Conrad e Richard F. Gordon; capsula: Gemini 11; quote orbitali: km 370/185.
Sull'Atlantico meridionale Conrad fotografa «un globo di luce giallo arancione, molto brillante». Secondo il San José Mercury News, al ritorno Gordon dichiara: «Lo vedemmo dall'oblò di sinistra mentre ci superava. Sembrava proprio un mezzo spaziale. Scattammo in fretta qualche foto. Era giallo-arancione, doveva essere metallico per avere simili riflessi». La NASA parlò del satellite sovietico Proton ITI: ma i dati dell'orbita, ancora una volta, non coincidevano con quelli reali, ed inoltre i satelliti del tipo Proton hanno forma di un cilindro appiattito, mentre l'oggetto fotografato da Conrad appare simile ad una sfera leggermente schiacciata e circondata da un anello.

Dicembre 1968
Piloti: Frank Borman, James Lovell e William Anders; capsula: Apollo 8; missione circumlunare.
Ecco ciò che accadde alla missione del comandante Borman, mai smentita: durante la rotta verso il nostro satellite l'equipaggio dell'Apollo 8 nota un oggetto discoidale che assume una rotta parallela a quella della capsula. Gli strumenti di bordo cessano di funzionare. Un forte senso di stordimento ed acuti dolori alle orecchie vengono provati dagli astronauti, che però correggono la rotta dell'Apollo. L'UFO si allontana velocemente e a bordo gli strumenti ricominciano a funzionare. I contatti a Terra, con Houston, interrotti a causa delle interferenze, sono ripresi. Ma l'avventura non è ancora finita. Entrati in orbita lunare, si presenta un altro UFO, enorme, che emana una luce purpurea: all'apparizione seguono ondate di calore, ronzii insopportabili, e le apparecchiature si bloccano di nuovo. Borman, Lovell e Anders sono colti da emicrania, difficoltà di respirazione, tremori alle mani, «vuoti di memoria». Il tutto dura una decina di minuti, mentre a Houston i tecnici Russel Hoicombe e Scott Harnister stabiliscono che l'Apollo si é allontanato dalla rotta stabilita e che non potrà essere diretto nuovamente verso la Terra. I tre astronauti escono dalla situazione critica per la loro presenza di spirito, facendo ricorso ai comandi manuali. La missione può essere così portata felicemente a termine. Al loro ritorno la NASA fa riferimento ai disturbi dell'equipaggio dell'Apollo 8 (il primo ad aver affettuato un viaggio così lungo e ad aver circumnavigato il nostro satellite), ma le vere cause di essi secondo il National Examiner e Gosta Rehn, sono taciute per il timore di far scoppiare il panico.

Novembre 1977: Aeroporto di Milano/Linate.
E' una sera di pioggia, leggermente nebbiosa: un aereo Lufthansa scende verso la pista, guidato dal radar di terra lungo il "sentiero di avvicinamento". Ad un tratto sullo schermo del radar stesso compare una traccia, proprio davanti all'aereo: è un'eco strana, che si muove a scatti, come danzando, sulla testata della pista. L'avvicinamento dell'aereo viene interrotto, e la procedura è iniziata da capo, ma inutilmente. Per tre volte il radar "batte" la strana traccia, e per tre volte l'aereo deve riprendere quota rinunciando all'atterraggio: alla fine verrà dirottato su un altro aeroporto. Due automobili mandate a ispezionare la zona, non rilevano nulla d'anormale. Il radar d'un altro aereo che rullava sulla pista, acceso su richiesta dell'ufficio-traffico "batte" invece la traccia stessa, presa improvvisamente velocità, e si perde in direzione sud-sud-ovest.

Agosto 1980: Cielo di Anzio.
Nella serata del giorno 26, fra le 20 e le 21, i comandanti di due DC-9 che si trovavano nella zona, sono testimoni dello stesso fenomeno: "intense luci multicolorate che sfrecciano intorno ai velivoli. Ad un tratto una di esse sembra esplodere e manda tutto intorno una nuvola di frammenti incandescenti". I radar di bordo dei due aeroplani non registrano nulla, nè alcuna traccia è battuta dai radar di terra. Nella zona non erano in corso esercitazioni di volo o di tiro, nè c'era (al di fuori degli aerei interessati) alcun tipo di traffico.

Febbraio 1984
Un oggetto luccicante e velocissimo sfreccia sotto un executive privato, in volo nei dintorni di Torino. Ecco il testo della registrazione TBT (terra-bordo-terra) riguardante il colloquio che s'è svolto fra il comandante dell'aereo e il centro radar, all'aeroporto:
Velivolo: - siamo stabilizzati a 5.000 piedi. E' passato sotto di noi un oggetto velocissimo, luccicante. Ci sono aeroplani nella zona?
Radar: - Negativo.
Velivolo: - Ci è passato proprio sotto la pancia.
Radar: - Sullo schermo non vediamo niente. Controlliamo con la torre.
Veivolo: - E' velocissimo. Poteva essere un F-104?
Radar: - Ci informiamo con la difesa. Noi non abbiamo tracce sullo schermo.
Velivolo: - Ci fa piacere essere stati un pochino più alti del previsto, perchè...
Radar: - A questo punto lo pensiamo anche noi.
Interpellati subito dopo, i centri della difesa aerea hanno escluso la presenza di velivoli militari nella zona.

 
 
 

nazca

Post n°1392 pubblicato il 29 Novembre 2011 da lilu67

I DISEGNI DI NAZCA.

Nazca è una località del Perù che ha dato il nome alla omonima civiltà tra il III e il X secolo. Si tratta di una superficie di 520 km quadrati, sulle Ande, dove sono state tracciate, in epoche remote, centinaia di linee perfettamente allineate a formare enormi disegni geometrici raffiguranti figure soprattutto di animali. Tali immagini, chiamate geoglifici sono enormi e disseminati nella pampa che circonda la città di Nazca, uno dei territori più brulli ed aridi del pianeta, dove negli ultimi diecimila anni è caduta pochissima pioggia, dove un impronta lasciata da uomo o animale rimarrebbe a testimoniarne il passaggio per decenni.

Situato ai piedi delle Ande, che qui assumono un cupo colore nero violaceo, questo territorio è composto principalmente da sabbia, argilla e calcite, spezzato saltuariamente da aguzzi frammenti di roccia rossiccia. La loro presenza era pressoché ignorata, se non per qualche sparuto appunto lasciato dai cronisti spagnoli intorno al 1600. Il primo a prendere nota dei disegni fu un archeologo peruviano di nome Julio Tello nel 1926, ma lo studio vero e proprio del sito fu operato dall'archeologo americano Paul Kosok (1941). Tutte le linee di Nazca sono semplicemente state incise raschiando la roccia in superficie fino a mettere a nudo il giallo terreno sottostante.

Poichè esiste alcuna prova o reperto che indichi l'utilizzo di animali da traino, è lecito pensare che tutto il lavoro sia stato eseguito a mano. Un numero imprecisato di righe, di larghezza e lunghezza variabili - si pensi che una addirittura è lunga 65 km - si aprono a ventaglio in tutte le direzioni, incrociandosi spesso tra loro in maniera apparentemente casuale. Giganteschi rettangoli, triangoli, trapezi, riportano alla mente le piste di atterraggio dei moderni aeroporti, mentre forme astratte distribuite insieme a profili di animali formano immensi disegni distribuiti un po' su tutta la complessa rete di linee interpretabili come piste di atterraggio di UFO o più realisticamente fossero una modalità di dialogo con gli dei.

Le immagini più spettacolari sono il ragno, vari tipi di uccelli, come il condor e il colibrì, un fiore (figura), la scimmia (figura), la balena, il serpente, la lucertola. Le dimensioni sono ciclopiche: la lucertola, per esempio, è lunga circa 180 metri; gli uccelli vanno da un min. di 25 m ad un massimo di 275 m; altre figure occupano lo spazio di tre campi di calcio.

Ma anche l'accuratezza del dettaglio con cui queste figure sono state "disegnate" è qualcosa di incredibile; è stato possibile procedere alla classificazione del ragno: appartiene al gruppo dei Ricinulei, uno degli aracnidi più rari al mondo, le cui specie vivono solo nelle zone più inaccessibili della foresta amazzonica, presenta all'estremità inferiore il caratteristico organo riproduttivo, un meccanismo copulatore che normalmente è visibile solo con grande difficoltà ad occhio nudo.

Sparsi in tutta la zona, poi, vi sono migliaia di mucchi di pietra, simili ai ben noti tumuli europei, che sicuramente avevano un preciso scopo. Vicino ad essi sono stati ritrovati resti di pali di legno che, molto probabilmente, servivano da punto di riferimento per controllare l'esecuzione delle immagini, mentre su altri sono evidenti segni di sacrifici di animali. Al confine di questo territorio vi sono inoltre una serie di statue ed incisioni nella roccia. Una di queste è composta da un doppio masso alto 25 metri, modellato a forma di testa umana e ricoperto di disegni che, secondo taluni, stanno a raffigurare le quattro razze dell'uomo. Particolare curioso è che molte delle sculture incise sui fianchi della roccia sono visibili solo quando illuminate dal sole, a una precisa ora del giorno o in una particolare stagione dell'anno. La maggior parte delle linee sono state tracciate sopra le figure stesse e ciò sta ad indicare che i geoglifici sono stati eseguiti in due fasi: prima i disegni veri e propri, e, solo in seguito, il complesso intrico di linee e rette.

Gli autori di quest'opera immane sono quasi certamente gli Indios Nazca, una popolazione antecedente gli Inca, e risalgono ad un periodo che va dal 500 a.C. al 500 d.C. Questo popolo di semplici agricoltori, dediti alla natura e a tutti gli esseri viventi, non ha però lasciato discendenti o testimonianze di scrittura, solo qualche reperto nelle migliaia di tombe scoperte, per cui i veri motivi che li hanno spinti ad intraprendere un lavoro così mastodontico sono a noi ancora oscuri, anche se qualche ipotesi, più o meno suggestiva, è stata fatta.

Uno dei primi riferimenti alle "Piste di Nazca" le troviamo nelle documentazioni di un magistrato spagnolo al seguito dei conquistadores, tale Luis de Monzon, il quale descrive le tracce di alcuni sentieri, di pietra lavorata e di reperti archeologici di non ben precisata natura ed inoltre fa riferimento a certi Viracochas, una piccola tribù giunta da un altro "paese" e vissuta prima degli Inca. Pare che gli appartenenti a questa tribù fossero venerati dagli indiani venuti dopo di loro e che le piste siano state costruite in loro il onore.

Come già detto un'altra ipotesi sostiene che le grandi rette avrebbero rappresentato delle piste di atterraggio per navi spaziali extraterrestri, ma il terreno in quei punti è troppo morbido e non permette l'atterraggio di nessun tipo di velivolo. E' certo che non erano neanche strade, poiché alcune finiscono all'improvviso ai piedi o in cima ad una montagna ed altre non conducono in nessun luogo.

Grande rilievo ha avuto inoltre l'ipotesi di Paul Kosok, il primo reale studioso delle linee, che giunse alla conclusione che le righe rappresentassero un calendario astronomico. Tale pensiero venne ripreso dall'astronoma e matematica tedesca Maria Reiche, secondo cui attraverso i disegni era possibile determinare i giusti periodi per la semina e per il raccolto, i solstizi e gli equinozi, le eclissi del sole e della luna secondo modelli e schemi comuni nelle antiche culture della Terra. Le grandi dimensioni delle immagini, le loro perfette proporzioni, le righe eccezionalmente diritte, hanno fatto nascere numerose congetture sui metodi utilizzati dagli indios per realizzare le loro opere. Le rette possono essere state tracciate semplicemente utilizzando tre pali di legno come punto di riferimento per allineare le linee ad occhio.

Un'altra idea suggestiva è che i Nazca potessero volare grazie a rudimentali mongolfiere, e che controllassero il corso dei lavori, e la direzione delle linee, dall'alto, tanto più che le figure, visto le loro grandi dimensioni, si suppone potessero essere apprezzate pienamente solo osservandole da una certa altezza. A conferma di tale ipotesi ci sono le pitture che adornano il vasellame ritrovato nella zona che mostrano immagini di oggetti indentificabili con mongolfiere o, per lo meno, aquiloni.

Inoltre, alla fine di molte delle linee tracciate, sono state rinvenute delle buche circolari contenenti rocce annerite, probabili "fosse di combustione" che servivano a lanciare in area gli aerostati grazie all'aria calda sprigionata dal fuoco. Quando nelle tombe dei Nazca venne ritrovata una stoffa, dalla trama più fine di quella che viene utilizzata attualmente per i paracadute, ma più fitta di quella usata per fabbricare gli aerostati ad aria calda, Bill Spohrer, un americano, decise di provare a ricostruire un pallone utilizzando quei materiali che, si suppone, usavano anche gli indios e di farlo innalzare partendo proprio da un'antica fossa di combustione. Il Condor I, così si chiamava il pallone, si innalzò fino a quota 350 metri e volò per circa 3 km.

Ciò rende quindi plausibile l'ipotesi che i tecnici Nazca dirigessero i lavori dall'alto: resta da provare che effettivamente lo abbiano fatto. Infine è stata avanzata un'ipotesi di tipo religioso, fornita da altri ricercatori, che indicava che ogni linea o pista appartenesse ad una famiglia, o più famiglie legate da vincoli di sangue che la ripulivano regolarmente. Vicino ad esse, in punti particolari, quali i mucchietti di pietra prima descritti, una fonte o una collina sacra, veniva venerata la memoria degli spiriti. Le righe e le forme geometriche più grandi, probabilmente, appartenevano alla comunità, e gli enormi disegni fungevano da icone religiose, sulle quali la popolazione si riuniva per i vari riti di adorazione delle divinità.

 
 
 

...1 parte i cerchi nel grano

Post n°1391 pubblicato il 27 Novembre 2011 da lilu67

I CERCHI SUL GRANO
I cerchi nel grano, UFO, mulinelli o burle?
Il 15 agosto 1980 il «Wiltshire Times» presentava il singolare resoconto relativo alla devastazione di un esteso appezzamento coltivato ad avena nei pressi di Westbury, nel Wiltshire, in Inghilterra. Il proprietario del campo, aveva trovato in almeno tre diverse zone del campo, vaste devastazioni in cui gli steli erano stati piegati a terra. Per inciso, tutti quei suoi terreni fronteggiavano il celeberrimo Cavallino bianco di Westbury, una gigantesca figura di cavallo scavata nel gesso bianco di una collina. Il proprietario era convinto che l'atto vandalico fosse stato compiuto da qualche

malintenzionato e non da qualche misterioso fenomeno naturale.
Le tre zone devastate, infatti, presentavano, viste dall'alto, una stessa configurazione, ossia tre grandi cerchi, pressoché perfetti, di circa 18 m di diametro. Aveva anche osservato che molto probabilmente la piegatura delle spighe doveva essere stata eseguita manualmente e non con l'ausilio di qualche macchinario, dal momento che nel resto del campo non si notava alcuna traccia. Insomma, non c'era segno che indicasse che qualcosa si era mosso lungo l'appezzamento. I cerchi erano circondati da spighe rimaste intoccate e non si scorgeva neppure un piccolo sentiero lungo il quale gli eventuali artefici avessero potuto camminare, tanto che qualcuno aveva provato a suggerire l'uso di trampoli. Un attento esame dei cerchi ottenuti con il ripiegamento delle spighe, rivelò che le tre figure erano state realizzate in tempi diversi, cosa plausibile, visto che le devastazioni, stando allo stesso proprietario, avrebbero potuto manifestarsi in un arco di tempo compreso fra maggio e luglio. I bordi dei cerchi erano perfettamente definiti e tutte le spighe all'interno risultavano piegate nella stessa direzione, seguendo un movimento rotatorio orario che faceva perno nel centro. Non c'era una sola spiga spezzata o tagliata; erano tutte soltanto abbattute, piegate. Un effetto straordinario, ottenuto da un uomo gigantesco e forte, che, collocato nel centro del cerchio, avesse fatto ruotare tutto attorno una pesante massa collegata alle sue mani da una lunga corda. La curiosità era molta. Il dottor T. M., fisico dell'atmosfera in attività, nonché membro dell’ organizzazione di ricerca per lo studio di tornadi e trombe d'aria, disse che i cerchi erano stati prodotti da mulinelli d'aria tipici del periodo estivo, fenomeni niente affatto rari in aperta campagna. Egli ammetteva però - assai onestamente - che non aveva mai assistito di persona alla creazione di un "cerchio". Da parte nostra, aggiungiamo ancora che i mulinelli sono fenomeni mossi da energie casuali, che investono un posto per alcuni secondi soltanto, e dunque dalla loro azione non si dovrebbe attendere nient'altro che disordine e non perfetti disegni geometrici. Un'altra osservazione di estremo interesse venne mossa dal direttore di una rivista su temi alternativi. Il ''punto centrale" di ciascuno dei tre cerchi era spostato di oltre un metro rispetto all'effettivo centro geometrico della figura. L'energia rotante seguiva dunque un movimento ellittico e non circolare. Questo si opponeva in modo risolutivo alla teoria dei burloni o dei vandali, dal momento che creare ellissi tanto precise sarebbe stato troppo impegnativo; ma anche l'ipotesi dei mulinelli di T.M. perdeva di credibilità. Quasi esattamente un anno dopo, il 19 agosto 1981, in un campo di orzo di Cheesefoot Head, spuntarono altri tre cerchi. Le figure erano comparse contemporaneamente e, al contrario delle tre precedenti del Wiltshire che erano sparse come a casaccio, queste erano disposte secondo una formazione precisa. Un cerchio con circa 18 m di diametro e gli altri due a fianco di quasi 8 m. Le caratteristiche generali non cambiavano: i cerchi dai bordi netti, le spighe ruotate e piegate, non spezzate, senza alcuna traccia di ipotetici intrusi introdottisi nel campo. Anche in questo caso le evidenze "bocciavano" la teoria delle cause naturali. Il professor T.M. allora, provò a proporre una variante alla sua spiegazione: il mulinello d'aria invece di mantenersi stazionario su un solo preciso punto del terreno, era come, se si poteva dire, "andato a spasso" per il campo lasciando dietro al suo passaggio i tre grandi cerchi. Questo avrebbe potuto essere provocato dalla particolare conformazione del terreno, nella fattispecie, la disposizione concava e inclinata dell'appezzamento che avrebbe favorito il "salto" del vortice d'aria. Nel 1982 i casi segnalati furono pochi e isolati, per di più scarsamente importanti e quindi incapaci di suscitare l'attenzione dei media. Quasi come se il fenomeno avesse voluto "farsi perdonare", l'anno successivo - il 1983 -incominciò subito con cinque casi, fra cui uno significativo a Bratton, nei pressi del celebre Cavallino bianco di Westbury. Non poteva certamente trattarsi di vortici naturali, perché il disegno era singolarmente perfetto, come costruito ad arte: un cerchio centrale più grande con altri quattro attorno disposti come il numero cinque sulla faccia di un dado. Un'altra formazione a cinque elementi comparve vicino a Westminster, centro che negli anni precedenti era già stato oggetto di molteplici avvistamenti ufologici. Un caso venne registrato in un grande campo a Ridgeway presso Wantage, nell'Oxfordshire. Questo genere di architettura quintuplice divenne lo schema più comune, tanto da non rappresentare più una singolarità. A questo punto l'opinione pubblica nazionale inglese incominciò a occuparsi del fenomeno con sempre maggiore intensità. Contemporaneamente, prese a imporsi la teoria che l'estate era, per antica tradizione, la stagione delle "stranezze". Per una singolare coincidenza, nella stagione calda non accadevano fatti rilevanti e quindi giornali e quotidiani, dovendo per forza ripiegare su palliativi, erano propensi a concedere molto più spazio del necessario a storie di nessuna o superficiale importanza. Il fenomeno dei cerchi nel grano si prestava splendidamente al bisogno e così, in breve, il pubblico inglese cominciò a entrare in confidenza con il fenomeno. Schiere di ufologi presero a cavalcare la tigre, pontificando in TV che il mistero poteva trovare spiegazione soltanto ricorrendo agli UFO. Gli scettici preferivano optare invece per l'ipotesi della frode burlesca. Ipotesi che sembrò essere pienamente confermata quando una seconda formazione a cinquina comparve di nuovo a Bratton. Si venne a scoprire trattarsi di una burla finanziata dal «Daily Mirror», che aveva pagato una tale famiglia affinché duplicasse il disegno. L'esperimento era riuscito accedendo al campo su dei trampoli e piegando le spighe di cereali semplicemente calpestandole in cerchio. La messa in scena era stata però smascherata dal direttore di una rivista dedicata ai fatti strani, «Fortean Times», il quale, nel corso di un sopralluogo, aveva notato l'evidente presenza di tracce umane mai riscontrate negli altri casi; senza scordare che i contorni dei cerchi risultavano imprecisi e non netti come di consuetudine. Scopo primario della frode era quello di mettere in imbarazzo il giornale concorrente, il «Daily Express», che era stato il primo a presentare ai lettori lo scoop del misterioso fenomeno. Nei due anni che seguirono il numero dei casi crebbe in modo esponenziale e anche le figurazioni si fecero sempre più complesse. Incominciarono a comparire cerchi contornati da anelli concentrici, come dei sentieri di larghezza variabile anch'essi formati dall'appiattimento delle spighe, perfettamente concentrici rispetto al cerchio centrale. Formazioni a cinque e semplici cerchi continuavano, frattanto, a spuntare qua e là. Sembrava che chi agiva, si divertisse a stuzzicare chi investigava. E così, non appena i sostenitori della teoria naturale dei mulinelli d'aria facevano notare l'andamento orario della piegatura delle spighe, ecco saltar fuori un cerchio ad andamento antiorario. Non appena qualcuno rivelò di aver scoperto l'arcano, vale a dire che i cerchi venivano ottenuti dall'alto utilizzando un elicottero, ecco spuntare un cerchio proprio sotto i fili di un traliccio dell'alta tensione. Quando un esperto di fotografie aeree, Busty Taylor, di ritorno da un servizio in cui aveva ripreso alcuni cerchi nel grano, aveva manifestato la fantasia che sarebbe stato bellissimo poter osservare una formazione a croce celtica, ecco il giorno dopo comparire un simile disegno proprio in quello stesso campo che lui aveva sorvolato. E quando la teoria naturale sembrò tornare alla carica ecco comparire - 1990 Hampshire - una formazione a sei elementi, con delle sagome dentellate del tipo a chiave uscite da tre cerchi, a configurare la sagoma di un antico pittogramma. Nello stesso anno a Chilcomb era comparso un disegno simile a una storta da laboratorio chimico: una struttura dal lungo collo con quattro rettangoli su ogni lato, una configurazione che ancora una volta metteva in croce l'ipotesi del professor T.M., che continuava, quasi contro ogni logica, a parlare di "forze atmosferiche naturali”. Rickard, intanto, contattava un numero sempre crescente di testimoni oculari, in grado di raccontare come avveniva la creazione di un cerchio. Eccone una: “all'improvviso, come d'incanto, l'erba incominciò a piegarsi davanti ai nostri occhi, secondo un andamento orario spiraliforme... in meno di mezzo minuto venne a formarsi un cerchio perfetto, mentre in sottofondo si udiva un ronzio sibilante e insistente... ad un tratto la mia attenzione venne attratta da una specie di movimento a "onda" che investiva la parte alta degli steli lungo una trattoria rettilinea... la forza agente era invisibile, ma consistente come un oggetto concreto... quando riuscimmo a raggiungere il luogo in cui si erano venuti a creare i cerchi, fummo investiti da un forte mulinello d'aria... il cane sembrava impazzito... ci fu un rumore forte e un rombo... poi, di colpo, tutto si quietò... era molto, molto strano... mentre i rumori di fondo scomparivano, il cielo si rabbuiò...”. Il ronzio sibilante potrebbe costituire una componente significativa. E’ stato infatti notato in un altro caso, quello accaduto il 16 giugno 1991, quando un grande cerchio di oltre 20 m di diametro (con un "occhio di bue" centrale) era comparso nel Devon. Mentre Lew Dilling, operatore di una radio locale, stava sintonizzandosi sulle giuste frequenze di trasmissione, aveva captato dei segnali acuti e forti, che aveva immediatamente riconosciuto, dal momento che già più di una volta gli era capitato di avvertirli proprio in occasione del manifestarsi del fenomeno dei cerchi. Ebbe a dichiarare: «il segnale era così forte che lo si poteva avvertire anche in sottofondo a Radio Mosca o La voce dell'America, notoriamente le emittenti più potenti».

 
 
 

...2 parte i cerchi nel grano

Post n°1390 pubblicato il 27 Novembre 2011 da lilu67

Il gestore del pub locale, Sean Hassall, aveva intuito che fuori, nel campo vicino, stava succedendo qualcosa di strano dall'anomalo comportamento del suo cane che, come impazzito, aveva incominciato a fare a pezzi un tappeto. Il proprietario del campo, Dudley Stidson, era stato invece avvisato della comparsa del cerchio da due escursionisti. Corso nel suo campo di fieno, proprio nel mezzo, aveva trovato un cerchio enorme. Questa volta, però, a differenza delle altre, la vegetazione era bruciacchiata, come se l'impronta circolare fosse stata ottenuta sotto il peso di un grande piatto caldo. Stidson tenne a precisare che non erano visibili segni di intrusione, né impronte di eventuali trampoli. Nello stesso periodo un altro agricoltore, Peter Goodail, rinvenne un cerchio di circa 18 m di diametro in un suo campo coltivato a grano tardivo. Alcuni giorni dopo questi fatti, un docente giapponese annunciò pubblicamente di avere risolto l'arcano. Il professor Yoshihiko Ohtsuki, dell'università Waseda di Tokio, disse di aver creato in laboratorio delle palle di fuoco di "plasma elastico", uno stato estremo di aria ionizzata. Quando uno di questi globi di energia entrava in contatto con una superficie ricoperta di polvere di alluminio, i granelli impalpabili si disponevano secondo cerchi e anelli perfetti. Secondo Ohtsuki le palle di fuoco erano generate dalle condizioni atmosferiche e quando si avvicinavano al terreno possedevano l'energia sufficiente per piegare gli steli di grano nei campi. Per qualche tempo si ritenne che il mistero fosse risolto una volta per tutte. Ma si trattò di pura illusione. Infatti, incominciarono a comparire disegni diversi, non solo cerchi, ma anche rettangoli e forme simili ai denti di una chiave che fuoriuscivano dai cerchi. Ad ogni buon conto, altre erano comunque le obiezioni mosse dai critici alla ipotesi del professore nipponico. Per esempio, le palle di energia da lui invocate avevano sempre dimensioni modeste -grosso modo quelle di un pallone da calcio - e già erano più che visibili. Come avrebbe potuto, una palla tanto grande da essere in grado di configurare cerchi di oltre 20 m di diametro passare inosservata? E poi, come mai i testimoni oculari del fenomeno non facevano mai neppure un cenno alla presenza dei globi luminosi di energia? Qualcuno provò anche a inventarsi una teoria, diciamo così, agricola. L'eccesso di fertilizzante, applicato al coltivato per farlo crescere più rapidamente, avrebbe sì svolto la sua azione di maggiore spinta alla crescita, ma anche indotto le spighe abnormi a cedere sotto il loro stesso peso, piegandosi da sole. Ma ci sono almeno due obiezioni: quale ragione mai avrebbe un contadino per spruzzare una maggiore quantità di fertilizzante soltanto in una piccola parte del suo campo e, per di più, seguendo complicati disegni? E, ancora: per quale arcano motivo le spighe si piegano sempre in senso orario? In un importante simposio internazionale intitolato “L'enigma dei cerchi nel grano” tenutosi nel 1990, John Micheli ebbe a suggerire un'ipotesi interessante, attribuendo al fenomeno un preciso significato: «Intendo dire che il significato, il senso di tutto questo, sta nel modo in cui influisce sull'opinione che se ne fa la gente», per continuare, aggiungendo: «Secondo Jung il significato delle manifestazioni ufologiche è quello di sottolineare epocali mutamenti di pensiero dell'umanità; ebbene, questa funzione è stata ereditata ed è ora svolta dal fenomeno dei cerchi nel grano». Per riuscire a comprendere nel miglior modo possibile queste affermazioni, dobbiamo richiamare il concetto junghiano di "sincronicità" o, per essere più chiari, di "coincidenza significativa". Secondo questa idea, una coincidenza significativa è qualcosa che viene creato dalla mente inconscia, probabilmente con la finalità di richiamare quella conscia a una condizione di percezione più profonda. Le sincronicità strabilianti hanno, infatti, lo straordinario potere di farci immaginare che dietro alla realtà del quotidiano si nascondono invece profondi significati ancora tutti da esplorare. Alcuni scrittori volti a una visione meno ottimistica - come, per esempio, Shakespeare o Thomas Hardy - la pensavano diversamente, scorgendo in tutto questo il segno della presenza oltre la vita di una intelligenza malevola. Per Jung è l'opposto: le coincidenze significative sono il segno che la presenza è invece positiva e benevola. In uno dei suoi scritti, egli ha suggerito di intendere gli UFO come un classico esempio di quello che in psicologia viene chiamata "proiezione", che altro non sarebbe che la manifestazione visibile sul piano fisico di un vissuto della mente inconscia per il tramite dell'inconscio collettivo. In pratica, Micheli suggerisce che i cerchi nel grano svolgano questa stessa funzione. Immaginando, per esempio, che i cerchi siano davvero portatori di un ''significato", questo potrebbe giungerci da "altre intelligenze" in azione per influenzare il nostro modo di pensare. Si tratta di un'ipotesi che percorre da sempre la tematica ufologica, fin dai primi avvistamenti ufficiali avvenuti all'inizio degli anni Quaranta e divulgata su vasta scala dallo scrittore di fantascienza Arthur C. Clarke nella versione cinematografica del suo romanzo 2001: Odissea nello spazio (più precisamente in connessione con l'idea che intelligenze superiori abbiano contribuito in modo determinante all'evoluzione dell'intelligenza umana). La prima e logica osservazione critica sta in questo: dire che qualcuno da fuori contribuì all'evoluzione umana è contraddittorio, dal momento che il fenomeno è qualcosa di endogeno, interno: di certo, un'intelligenza superiore lo capirebbe meglio di quanto non riesca a noi. Tuttavia, è pur anche vero che l'intelligenza progredisce e si sviluppa sotto la spinta della curiosità, del senso del mistero, e che fenomeni in apparenza assurdi come quelli ufologici o i cerchi del grano hanno senz'altro l'innegabile potere di fungere da possenti stimolatori. Micheli conclude, infine, il suo pensiero citando le parole di Jung, secondo cui gli UFO sono «segni di cambiamenti decisivi che coincidono con il chiudersi di un'era». E che Jung abbia o non abbia ragione, si deve riconoscere che gli UFO hanno fortemente contribuito a plasmare la trasformazione della mentalità dell'uomo moderno nel passaggio dal miope provincialismo scientifico tipico della prima metà del XX secolo, alla mentalità più aperta verso i misteri dell'universo che ha caratterizzato la seconda parte. Alla fine, che il fenomeno dei cerchi nel grano riveli oppure no una spiegazione "naturale" potrebbe anche risultare poco importante, se il suo significato profondo sta nell'aver contribuito, proprio sul traguardo del XX secolo, ad aprire il nostro orizzonte di esseri umani su spazi più ampi di pensiero e immaginazione. All'inizio di settembre dei 1991, alcune persone che si autodichiaravano dei burloni, dissero di essere stati gli autori di alcuni fra i casi più straordinari di cerchi nel grano. Due di loro, Dave Chorley e Doug Bower, arrivarono a dichiarare che erano tredici anni che si divertivano alle spalle di tutti. Fred Day disse addirittura che era tutta la vita che lo faceva. Accettata la sfida, Chorley e Bower decisero di dare una dimostrazione della loro tecnica davanti alle telecamere e a un gruppo di esperti del fenomeno. Ma il risultato fu decisamente scadente, così come già era accaduto nel caso sponsorizzato dal «Daily Mirror» che abbiamo citato. L'opinione degli esperti è che, per quanto alcuni casi possano realmente rientrare nella categoria degli scherzi, la stragrande maggioranza dei fenomeni presenta un'impronta di genuinità, ribadita sia dalla perfezione dei disegni sia dalla mancanza di tracce di intrusione nei terreni. Va da sé, comunque, che la prova definitiva sarà fornita dalla costanza del fenomeno nel tempo. Se siamo al cospetto di scherzi e finzioni, prima o poi gli autori si stancheranno; se, viceversa, come pare accadere per gli UFO, il fenomeno darà segni di continuità, non tarderà certo a manifestarsi ancora e magari in modo massiccio.

 
 
 

buon inizio settimana Lucia

Post n°1389 pubblicato il 21 Novembre 2011 da biramar

amica

 
 
 

oak island

Post n°1388 pubblicato il 18 Novembre 2011 da lilu67

OAK ISLAND IL POZZO DEL TESORO
Oak Island, letteralmente "l'isola della quercia", è una piccola isola situata nel Canada orientale. Tutto ha inizio nel 1795, quando il giovane Daniel McGinnis, mentre passeggiava tranquillo, venne incuriosito da una depressione del terreno situata vicino a una vecchia quercia, tra i rami della quale spiccava un palanco, cioè una sorta di carrucola, simile a quella usata sulle navi. Il giorno dopo Daniel, in compagnia di due amici che erano al corrente delle leggende locali su pirati e tesori nascosti, iniziarono gli scavi.
Ma ben presto si resero conto che quella depressione nascondeva un pozzo molto particolare.

Andando in profondità, ogni tre metri trovarono una piattaforma di tavole in legno di quercia ma, arrivati al terzo strato, furono costretti ad abbandonare l'impresa, troppo faticosa per loro.
Nacque così la leggenda di Oak Island. Quel pozzo, si sarebbe chiamato per sempre "Money Pit", cioè il pozzo del denaro.
Agli inizi del 1800, un'impresa privata, la Onslow Company, dando credito alle voci su un tesoro nascosto, riprese gli scavi. Furono trovati anche strati di carbone e di argilla ma, soprattutto, fibre di cocco che, sicuramente, arrivavano da terre molto lontane, perché in Canada la palma da cocco non cresce. A trenta metri di profondità il morale degli uomini arrivò alle stelle. Si trovarono di fronte a un'enorme lastra di pietra che recava incisioni indecifrabili. Era ormai notte quando, sondando il terreno sottostante la lastra con un piede di porco, colpirono qualcosa di resistente. Era forse lo scrigno del tesoro?. Gli operai, esausti, decisero di riprendere il lavoro il giorno seguente, ma li aspettava una sorpresa. Nel corso della notte l'acqua dell'Atlantico aveva completamente allagato il pozzo. I tentativi di svuotarlo non ebbero alcun risultato, il livello dell'acqua rimaneva costante. Era come se, per svuotare il pozzo, si dovesse svuotare l'intero oceano. Nel corso degli anni furono fatti vari tentativi di cui l'ultimo, in ordine di tempo, è del 1966, anche questo senza risultati soddisfacenti.
Lo scrigno irraggiungibile
Sono state avanzate varie ipotesi sul presunto tesoro che il pozzo di Oak Island custodirebbe gelosamente. C'è chi pensa si tratti del tesoro della Corona francese, o del tesoro dei Templari o, addirittura, del Santo Graal. Alcuni studiosi, invece, hanno evidenziato singolari analogie tra i particolari di tutta la vicenda, quali i tre ragazzi e le caratteristiche del pozzo, e la massoneria, in particolare con le allegorie che parlano del Tempio di re Salomone. Inoltre, a Oak Island, sono frequenti pozzi naturali con le stesse caratteristiche del Money Pit.
Quale che sia la verità, la leggenda del tesoro nel pozzo ha fatto di Oak Island una meta turistica. Forse, almeno per gli abitanti, è questo il vero tesoro.
Tesori sommersi
Sono molti i tesori che, da secoli, giacciono in fondo al mare. Oggi, con l'aiuto delle moderne tecnologie, è relativamente semplice localizzare il relitto di una nave affondata, meno agevole, invece, è il recuperarla. Un esempio è il caso della Flor de la Mar, partita nel 1512 dalla penisola malese con a bordo un tesoro il cui valore, oggi, è stimato intorno ai nove milioni di dollari. Naufragata a causa di una tempesta al largo di Sumatra, nel secolo scorso il relitto è stato localizzato a soli 36 metri di profondità, ma sotto a 15 metri di fango. La spedizione che ha cercato di recuperare il carico della nave, pur con l'aiuto di sofisticate attrezzature, è riuscita a portare in superficie solo alcune statuette e pochi monili.

 
 
 

serial killer parte seconda

Post n°1387 pubblicato il 04 Novembre 2011 da lilu67

Andrei Romanovich Chikatilo: Il mostro di Rostov
-Quando i comunisti mangiavano davvero i bambini-
Il caso “striscia di bosco”


LA “COSTRUZIONE” DI UN SERIAL KILLER

Questa è la storia di un uomo timido e impacciato, che, come molti altri “figli del piccolo padre Stalin”, aveva fatto del comunismo la sua ragione e modello di vita. Suo padre Roman era un soldato sovietico fatto prigioniero dai tedeschi e liberato dagli alleati alla fine della Seconda Guerra Mondiale, e come tanti altri ritenuti probabili spie, al ritorno in patria era stato eliminato. Andrei nacque nell’ottobre del 1936 nel paese agricolo di Yablochnoye, in Ucraina. Negli anni Trenta milioni di contadini furono condannati a morire di fame dall’”agricoltura collettiva” di Stalin… la famiglia di Andrei era povera e viveva in una capanna, e oltre alla fame, il piccolo Andrei venne a conoscenza di un fatto che lo sconvolse profondamente e che con molta probabilità fu una delle cause che scatenarono le sue turbe da adulto. Sua madre Anna, una donna che non aveva mai mostrato affetto ne’ per lui ne’ per la sorella Tatyna, infatti, gli raccontava spesso che un suo fratello maggiore (o cugino – “I serial killer”, Mastronardi-De Luca) era stato ucciso e mangiato durante la carestia. Nonostante il fatto che non si siano trovati dati certi sul fatto, Andrei crebbe con la convinzione che si trattasse di un avvenimento realmente accaduto. Trascorse un periodo in un orfanotrofio sovietico, e qui imparò a vergognarsi di suo padre e ad amare Stalin, riconoscendo in lui il suo vero padre. Già da questo fatto viene spontaneo immaginare che genere di conflitti possano crearsi in una personalità in fase di crescita, portata ad odiare il suo vero padre e ad amare il suo assassino. Andrei si rivelò essere un serial killer tardivo, che ricondusse i suoi crimini agli avvenimenti della sua prima infanzia. Era un bambino timido, introverso e riservato, non riusciva a fare amicizia, pensava che gli altri bambini fossero tutti antipatici. Inoltre aveva paura di stringere rapporti per timore che si scoprissero i suoi piccoli segreti: era miope (riuscì a nascondere la sua miopia fino a 30 anni!) e faceva la pipì a letto (ne soffrì fino ai 12 anni). Durante l’adolescenza i compagni di scuola lo prendevano in giro dicendo che era effeminato, e per questo motivo anche le ragazze lo evitavano. Andrei si trovò a non poter soddisfare le proprie pulsioni sessuali sempre crescenti, diventando una persona aggressiva, che picchiava gli altri per dimostrare di essere “il più forte”. Tentò di avere varie esperienze sessuali ma ogni volta era un disastro, aumentando in lui la frustrazione, la disperazione e la convinzione di essere impotente. Nonostante questi problemi si rivelò comunque essere uno studente modello, e nel 1971 si laureò in filologia e letteratura Russa all’Università di Rostov. Subito dopo trovò lavoro come insegnante a Novoshaktinsk, ma lasciava intendere a tutti che era una persona goffa ed irritabile.

ISTINTO INCONTROLLABILE

Nel 1973 importunò un’allieva quindicenne mentre nuotava in piscina, e nel 1974 venne obbligato a dimettersi dall’incarico, spostandosi a lavorare in un istituto tecnico a Shakhti. Ma dietro le ancor pacifiche apparenze di serio professore e padre di famiglia (Andrei era infatti sposato con Fayina, una donna con la quale non ha mai avuto più di 4 rapporti sessuali all’anno, ed era padre di due figli: un maschio e una femmina) iniziavano ad aumentare le incontrollabili pulsioni che fino ad allora non erano state sufficientemente sfogate. Nel 1978 sembra fosse entrato nel dormitorio dei ragazzi, si fosse intrufolato durante la notte nel letto di un quindicenne ed avesse iniziato a succhiargli il pene. Ancora una volta si trovava ad essere isolato e ritenuto sgradevole da alunni e colleghi. In quello stesso anno commise il suo primo omicidio: Lena Zakotnova, 9 anni. Adescò la bambina mentre tornava a casa da scuola e la convinse a seguirlo fino ad una baracca nel bosco. “Lì la gettò a terra e cominciò a strapparle i vestiti, ma anche quando la ebbe sottomessa non riuscì a raggiungere un’erezione per fare sesso con lei. Eiaculò comunque, e le spinse il seme in vagina con le dita, rompendole l’imene. La vista del sangue lo eccitò enormemente, inducendolo a tirar fuori un temperino e a colpirla ripetutamente. Dopodichè, trascinò il cadavere a un vicino torrente e ve lo gettò”. (Il libro nero dei Serial Killer, Wilson-Seaman). Nonostante anche Chikatilo venne interrogato insieme ad altri sospettati, per questo omicidio venne accusato un ex detenuto, Alexander Kravchenko. Nonostante il fatto che anche durante la detenzione del presunto colpevole fossero stati scoperti i cadaveri di altre giovani vittime, Kravchenko venne in seguito condannato a morte e fucilato. C’era bisogno di un colpevole. E intanto che i bambini continuavano a sparire e le famiglie confidavano nella giustizia, Andrei Romanovich Chikatilo diventava uno dei più feroci serial killer della storia. Dal 1978 al 1990 uccise 55 vittime tra bambini di entrambi i sessi e giovani ragazze, seguendo quasi sempre lo stesso modus operandi. Adescava le vittime senza usare violenza, faceva in modo che fossero loro a seguirlo; poi le picchiava, le accoltellava a morte e la vista del sangue gli faceva raggiungere l’orgasmo; infine occultava i cadaveri ricoprendoli di foglie o seppellendoli in una buca poco profonda. Con il susseguirsi degli omicidi diventò più sadico, accoltellando per decine di volte senza provocare ferite mortali, staccando la lingua a morsi, evirando i ragazzi… vennero inoltre rinvenuti corpi con organi mancanti, lasciando supporre che praticasse anche il cannibalismo. Le mutilazioni non seguivano un’organizzazione stabilita, ma i cadaveri presentavano sempre un’elevata concentrazione di pugnalate al volto. Il picco del delirio omicida venne raggiunto nel 1984 quando, nel solo mese di agosto, uccise otto vittime.

Alcune delle giovani vittime del mostro di Rostov.

L'ARRESTO

Il 20 novembre 1990 Andrei viene arrestato vicino alla stazione ferroviaria di Rostov con mani e faccia sporche di sangue. In seguito ad un interrogatorio durato otto giorni confessa 55 omicidi descrivendone anche i particolari. Dopo l’arresto, sottoposto ad un esame, mostrò un’attività elettrica cerebrale anormale. Si dimostro sempre collaborativo con coloro che indagavano sul caso, ricostruendo ogni singolo omicidio anche con l’aiuto di manichini, e aiutando a ritrovare i corpi delle vittime che risultavano ancora “scomparse”. Il 15 febbraio 1994 viene giustiziato con un colpo di pistola alla nuca, incriminato di 53 omicidi.

  
Andrei Chikatilo mentre ricostruisce gli omicidi con l’aiuto di manichini.Andrei Chikatilo mentre ricostruisce gli omicidi con l’aiuto di manichini.
   

(Il testo che segue è tratto dal libro di David Greco “Il comunista che mangiava i bambini”, Elleu 2004)

Quella che segue è la testimonianza del maggiore di polizia Viktor Denisenko. Denisenko era a capo della scorta che ha accompagnato per mesi Andrei Romanivich Chikatilo nei luoghi dei suoi delitti.

Abbiamo arrestato Andrei Romanovich Chikatilo il 20 novembre del 1990, alle ore 15 e 40. Lo abbiamo preso a Novocerkassk, in strada. Gli abbiamo chiesto le generalità. Chikatilo ha risposto. Allora lo abbiamo afferrato e sono scattate le manette. L’arrestato non ha accennato alcun tentativo di resistenza, non ha detto una parola, non si è neppure meravigliato di quanto stava accadendo. Ha continuato a tacere anche in macchina. Sembrava non lo interessasse il perché del fermo. Era distaccato, chiuso in se stesso. Solo quando eravamo a metà strada per Rostov, ha pronunciato una frase singolare: “Questo conferma ancora una volta che non bisogna litigare con i capi”. Poi è rimasto in silenzio fino a Rostov. Siamo dunque arrivati al Dipartimento Affari Interni. Qui si è svolto il primo interrogatorio. Chikatilo faceva una strana impressione. Era totalmente bloccato. Gli ponevano le domande e lui cominciava a rispondere, ma era come se parlasse tra sé e sé. I suoi erano discorsi incoerenti, illogici. Si autodefiniva un vigliacco, diceva di meritarsi la punizione più dura, ma non ammetteva nessun delitto, nessun fatto concreto. È stato solo dopo nove giorni che ha cominciato a confessare. Molti mesi dopo, in primavera, è cominciata la verifica delle deposizioni sui luoghi dei delitti. Noi le chiamiamo “uscite”. L’accusato deve indicare personalmente il luogo in cui ha commesso il delitto e deve mostrare come ha agito, dove ha lasciato il cadavere, l’arma del delitto, eccetera. Naturalmente, occorre la scorta. E io sono stato messo a capo della scorta. La geografia dei delitti era talmente estesa che abbiamo girato in lungo e in largo il paese per oltre un anno. È molto difficile spiegare le mie impressioni. Mentre cercavamo l’assassino, lo odiavamo tutti. Ci sembrava un mostro, una figura orribile, demoniaca. E invece, una volta catturato, Chikatilo si è rivelato una persona grigia, insignificante. Non suscitava orrore, ma ripugnanza e scetticismo. Come aveva potuto un uomo così insignificante seminare il terrore in tutto il paese e agire per oltre dieci anni impunemente? Questa domanda non ha ancora trovato risposta e forse non la troverà mai. Secondo me, molto si può spiegare se si ammette una doppiezza della sua natura o, se volete, uno sdoppiamento della personalità. Ed è uno sdoppiamento che non si manifesta esteriormente, è celato nel profondo della psiche. Le persone che hanno lavorato con lui hanno sempre rilevato che Chikatilo non aveva memoria. Eppure, lui è riuscito a trovare ad anni e anni di distanza i posti esatti dove aveva commesso gli omicidi. Un esempio. Nella regione di Bagaevsk un investigatore aveva sepolto un “galleggiante” nel luogo in cui era stato trovato un cadavere in mezzo alle sterpaglie. Il galleggiante è una bottiglia vuota in cui si infila un foglio con i pochi dati a disposizione: la descrizione delle sembianze della vittima, del suo eventuale abbigliamento, e la data del ritrovamento. Quindi, si annota su una mappa il punto preciso dove è stato seppellito. Quando siamo arrivati sul posto, Chikatilo ha detto senza esitazioni: “E’ qui”. Poi c’è stata un po’ di confusione, perché l’agente che aveva sotterrato il galleggiante aveva smarrito la mappa. “Non importa, è qui – sosteneva Chikatilo – cominciate a scavare”. Quando alla fine il galleggiante è stato trovato, ci siamo resi conto che Chikatilo aveva sbagliato di appena 6 metri. Un’altra volta, a Revda, cercavamo una vittima di cui non era mai stato trovato il cadavere. Si trattava di un bambino, scomparso cinque anni prima, proprio nel periodo in cui Chikatilo si trovava in quella zona per motivi di lavoro. Siamo partiti dalla stazione di Revda, abbiamo camminato per quattro chilometri attraverso il fiume Ciusovaja e poi su per il monte Volcikha ricoperto di boschi. Quell’area è tutta uguale, ma nonostante ciò Chikatilo a un certo punto si è fermato e ha detto “Credo sia qui. Ma posso sbagliare. Cercate nel raggio di cento metri”. Si era sbagliato. Per l’esattezza, di centotrentasei passi. Dopo aver scavato un bel po’, abbiamo ritrovato i resti di un bambino e un calzino che la madre ha riconosciuto. Ho sentito descrivere Chikatilo nei modi più diversi. Sgradevole, scontroso, intrigante, chiuso, taciturno, da un lato. Intelligente, affabile, colto, dall’altro. Credo che abbiamo ragione sia gli uni che gli altri. Durante i nostri viaggi, spesso Andrei si intrometteva nei nostri discorsi, sugli argomenti più disparati, ma non brillava mai per originalità. I suoi giudizi, il suo stesso linguaggio, provenivano pari pari dalla lettura dei giornali, di cui aveva sempre le tasche strapiene. Ovunque andassimo, la prima cosa che cercava era un giornale. E chiedeva sempre di lasciargli gli occhiali per la notte. Invece, quando il discorso verteva sui suoi crimini, improvvisamente si chiudeva. Balbettava, commetteva errori di sintassi quasi infantili. Tuttavia, a giudicare dal suo comportamento non credo si possa parlare di rimorsi di coscienza o di pentimenti. Secondo me, lui dimenticava la ragione per cui viaggiavamo, dove andassimo, e a fare cosa. Chikatilo non ha mai perduto né il sonno né l’appetito. In treno, ci chiedeva di non attaccargli le manette al tavolino. Perché con le manette non riusciva a dormire. Senza, si poteva addormentare nel giro di pochi secondi. E nel sonno non si muoveva, non sembrava mai tormentato da incubi o ricordi. Riusciva persino a scherzare. Un umorismo molto particolare. […] Definendosi un disadattato, Chikatilo ha persino tentato di spiegare i delitti commessi. Ma penso che lui non avesse bisogno né di spiegazioni, né di giustificazioni. Non era mai dispiaciuto di quello che aveva fatto. La sensazione è che entrasse nel bosco e ne uscisse un uomo, mentre all’interno del bosco, a tu per tu con la vittima, ci fosse un altro uomo, molto più simile ad un animale. Lo ha detto lui stesso una volta “quando uscivo dalla striscia di bosco tutto rimaneva dietro di me, dietro una chissà quale linea immaginaria e inviolabile”. […]
(“l’Unità”, 16 ottobre 1992)

“Io non riuscivo a fermarmi. Non sapevo più cosa facevo. So che nessuno mi crede. So che i nostri giornali e quelli stranieri hanno scritto di me, che non c’è posto per me su questa terra. Ma io non ho niente da nascondere. Sono già morto una volta. E’ successo nel 1978. Ho avuto un trauma cranico. Mi hanno portato in ospedale, mi hanno curato. Ma poi ho avuto mal di testa, svenimenti. Svengo continuamente. Non dormo. Ormai tutti si sono stancati di me. E’ tempo di liberarsi di me. Non bisogna tormentare la gente. Non so… Non so perché mi hanno mandato su questo pianeta a portare dolore”.
(Andrei Romanovich Chikatilo. “L’Unità”, 16 ottobre 1992)

BREVE ANALISI PSICOLOGICA

Analizzando la vita e le azioni di Andrei, si potrebbe ipotizzare una sociopatia di tipo evitante, ovvero una timidezza patologica. Si tratta infatti di una persona goffa ed insicura, che probabilmente già da bambino quando doveva confrontarsi con gli altri si trovava di fronte ad una situazione di ansia difficilmente controllabile. Probabilmente per la paura di essere criticato, disapprovato o rifiutato. Anche avere dei genitori distaccati può portare un bambino ad essere timido ed insicuro. Non sentirsi mai gratificato, senza una carezza, una coccola o un incoraggiamento, non ricevere mai un rimprovero o un apprezzamento impedisce di crearsi dei punti di riferimento. Inoltre l’essere dominato e tiranneggiato da un gruppo di coetanei più forti o più grandi può determinare l’insorgere del disturbo evitante, specie nel caso di Andrei, che aveva paura si scoprisse che soffriva di enuresi notturna e che era miope. Questo nasce da un probabile complesso di inferiorità acquisito nell’infanzia o nell’adolescenza. Il complesso di inferiorità può scatenare meccanismi di compensazione che portano l’individuo ad desiderio di emergere, di affermarsi, il desiderio di primeggiare può portare alla cosiddetta volontà di potenza e all’estremo desiderio di dominare gli altri. Un quadro di questo tipo si adatta perfettamente all’evoluzione comportamentale di Andrei, prima timido e impacciato, e poi crudele dominatore e padrone di individui indifesi.

TALE PADRE, TALE FIGLIO…?!

(Le informazioni seguenti sono tratte dal libro di David Greco “Il comunista che mangiava i bambini”, Elleu 2004)

“Lo sai chi sono io? Io sono il figlio del mostro di Rostov. Sono come lui. E devo portare a termine la sua missione”. All’età di vent’anni, Yuri Andreievic Chikatilo ha appreso che suo padre era il mostro di Rostov. Temendo rappresaglie da parte dei parenti delle vittime di Andrei, Yuri era stato immediatamente allontanato dalla sua città natale e gli erano stati forniti un nuovo cognome, un nuovo passaporto, una nuova identità. In pratica, Yuri aveva subito lo stesso trattamento di Andrei. Lo Stato si era sostituito alla sua famiglia e lo aveva obbligato a rinnegare suo padre. Ma poiché Yuri, a differenza di Andrei, era già un uomo adulto, il modello paterno ha resistito e ha finito col prevalere, spingendolo a ricalcarne le orme. Venne arrestato da una pattuglia della polizia mentre torturava e tagliuzzava un camionista che lo aveva raccolto mentre faceva l’autostop. Ha confessato spontaneamente una ventina di omicidi, dichiarando di essere orgoglioso di suo padre. Anche lui divorava le sue vittime, ma mentre Andrei sceglieva bambini e ragazze, Yuri si accaniva su uomini di mezza età.

 
 
 

serial killer

Post n°1386 pubblicato il 04 Novembre 2011 da lilu67

“Io non sono il vostro boia.
Non sono il vostro diavolo e nemmeno il vostro dio.
Sono soltanto Charles Manson”.

 

Charles MansonE' un dato di fatto che molte persone ritengano il fenomeno degli omicidi seriali un problema contemporaneo, causato forse dalla crescita demografica, dal miglioramento della qualità della vita nei paesi industrializzati, dallo stress lavorativo, dall’incapacità di qualcuno di emergere nella società... In realtà i Serial Killer, così comunemente chiamati oggi, sono sempre esistiti. Solo venivano definiti in altro modo, o, semplicemente, non venivano riconosciuti come assassini “seriali”. Non si tratta solo di una moderna follia, da curare con sofisticate tecnologie. Probabilmente neanche i più fanatici sostenitori della crime fiction sono in grado di dare una definizione chiara di chi è un Serial Killer. In molti avranno sicuramente sentito parlare di Jeffrey Dahmer (il mostro di Milwakee), di Andrei Chikatilo (il mostro di Rostov) o di Aileen Wournos, forse per aver visto i film che hanno ricostruito le loro storie … Qualcun altro si ricorderà di Ted Bundy, di Marc Dutroux (il Mostro di Marcinelle) o del complicato caso del Mostro di Firenze… Ma quanti sanno realmente di cosa stiamo parlando? Il panorama dell’omicidio seriale, in Italia e nel mondo, è purtroppo molto più vasto di quanto pochi nomi rimasti impressi nella nostra memoria ci possano far immaginare. Ma che cosa spinge persone apparentemente normali, che il più delle volte passano addirittura inosservate, a compiere efferati omicidi, preceduti o seguiti da violenze di ogni genere? E che cosa spinge le stesse persone a ripetere gesta orribili, come in un macabro rito, senza provare il minimo rimorso? Gli studi sui Serial Killer stanno sicuramente compiendo passi in avanti, sappiamo che per l’individuazione di un assassino seriale è necessario tenere presenti variabili antropologiche, storiche, spaziali, economiche, biologiche, psicologiche, oggettive e soggettive; le tecniche di investigazione scientifica sono sempre più avanzate, ma è chiaro che solo questo non basta. Analizzando in percentuale la nazionalità di Serial Killer operanti o che hanno operato nel mondo, scopriamo che l’Italia è ben al terzo posto, dopo Stati Uniti e Inghilterra. Non possiamo fare a meno di spaventarci… In questa sezione cercheremo di conoscere i Serial Killer del passato e del presente, famosi e non, analizzeremo la loro vita, le loro abitudini e, cosa indispensabile, cercheremo di scoprire cosa si nasconde nella loro mente e cosa sviluppa il loro perverso desiderio di uccidere. Ci teniamo però a ricordare che non parleremo della trama di una fiction televisiva, e non vi racconteremo nemmeno un romanzo noir… I Serial Killer esistono, nella loro lucida follia e accertata pericolosità. Vi preghiamo quindi, ogni volta che vi soffermerete sulle pagine che seguono, di ricordare sempre che le vittime menzionate non sono solamente una lista di nomi o di cadaveri non identificati. A qualunque classe sociale, razza o religione siano appartenute, avevano il nostro stesso diritto di vivere, sognare e fare progetti. Trattandosi questo di un argomento tanto delicato quanto atroce, non ci sentiamo in grado di parlarne senza tener conto degli studi di importanti criminologi, investigatori, giornalisti, antropologi, psicologi, psichiatri, avvocati, medici e tutti coloro che hanno dedicato e dedicano la loro vita alla ricerca della verità. Per farlo ci avvaleremo quindi di una colorita bibliografia, che, andando avanti, amplieremo per restare sempre aggiornati.

“Mai guardare nell’occhio dell’abisso
Altrimenti l’occhio potrebbe guardare te…”
(Edgar Allan Poe)

 
 
 

commemorazione dei santi e dei morti

Post n°1385 pubblicato il 01 Novembre 2011 da lilu67

1 e 2 Novembre - Ognissanti e il giorno dei morti

Il giorno dei morti fu ufficialmente collocato alla data del 2 Novembre nel X sec. d.c. circa, praticamente fondendosi con il 1 Novembre, gia' festa di ognissanti dall'anno 853, per sovrapporsi alle piu' antiche celebrazioni di quei giorni. (vedi anche Samhain / Calenda / Halloween alla sezione "Feste")

Tra il popolo comunque, le vecchie abitudini furono adattate alla nuova festa e al suo mutato significato, mantenendo la credenza che in quei giorni i defunti potevano tornare tra i viventi, vagando per la terra o recandosi dai parenti ancora in vita.


In tutta italia si possono ancora oggi ritrovare gesti e pratiche tradizionali per la celebrazione di queste feste.

Queste tradizioni sono le vestigia delle pratiche rituali delle antiche religioni, sopravvissute sotto forma di superstizione o trasformate ed adattate alla religione cristiana.

Nelle citta' con l'avvento del progresso queste tradizioni sono praticamente scomparse; ma nei paesi e soprattutto in meridione, sono ancora vive, anche se sovente ripetute quasi per abitudine, senza memoria del significato originale.

Riti popolari per i defunti - il cibo

In quasi tutte le regioni possiamo trovare pratiche e abitudini legate a questa ricorrenza. Una delle piu' diffuse era l'approntare un banchetto, o anche un solo un piatto con delle vivande, dedicato ai morti.

Qualche esempio caratteristico.

In alcune regioni, come il Piemonte, si soleva per cena lasciare un posto in piu' a tavola, riservato ai defunti che sarebbero tornati in visita.

In Val d'Ossola sembra esserci una particolarita' in tal senso: dopo la cena, tutte le famiglie si recavano insieme al cimitero, lasciando le case vuote in modo che i morti potessero andare li' a ristorarsi in pace. Il ritorno alle case era poi annunciato dal suono delle campane, perche' i defunti potessero ritirarsi senza fastidio.

In Sardegna, dopo la visita al cimitero e la messa, si tornava a casa a cenare, con la famiglia riunita. A fine pasto pero' non si sparecchiava, lasciando tutto intatto per gli eventuali defunti e spiriti che avrebbero potuto visitare la casa durante la notte. Prima della cena, i bambini andavano in giro per il paese a bussare alle porte, dicendo: <<Morti, morti...>> e ricevendo in cambio dolcetti, frutta secca e in rari casi, denaro.


In Calabria, nelle comunita' italo-albanesi, ci si avviava praticamente in corteo verso i cimiteri: dopo benedizioni e preghiere per entrare in contatto con i defunti, si approntavano banchetti direttamente sulle tombe, invitando anche i visitatori a partecipare.

In Puglia, la sera precedente il due novembre, si usa ancora imbandire la tavola per la cena, con tutti gli accessori, pane acqua e vino, apposta per i morti, che si crede tornino a visitare i parenti, approfittanto del banchetto e fermandosi almeno sino a natale o alla befana.


Altre usanze tradizionali

Passando ad altre tradizioni, ma rimanendo in puglia, ad Orsara in particolare, la festa veniva (e viene ancora chiamata) Fuuc acost e coinvolge tutto il paese. Si decorano le zucche chiamate Cocce priatorje, si accendono falo' di rami di ginestre agli incroci e nelle piazze e si cucina sulle loro braci; anche qui comunque gli avanzi vengono riservati ai morti, lasciandoli disposti agli angoli delle strade.

In Sicilia c'e' l'usanza di preparare doni e dolci per i bambini, ai quali viene detto che sono regali portati dai parenti trapassati. I genitori infatti raccontano ai figli che se durante l'anno sono stati buoni e hanno recitato le preghiere per le anime dei defunti, i "morti" porteranno loro dei doni.

In Emilia Romagna nei tempi passati, i poveri andavano di casa in casa a chiedere "la carita' di murt", ricevendo cibo dalle persone da cui bussavano.


A Bormio in Lombardia invece, la notte del 2 novembre si era soliti mettere sul davanzale una zucca riempita di vino.

In Veneto le zucche venivano svuotate, dipinte e trasformate in lanterne, chiamate lumere: la candela all'interno rappresentava cristianamente l'idea della resurrezione.

Anche in Abruzzo si decoravano le zucche, e i ragazzi di paese andavano a bussare di casa in casa domandando offerte per le anime dei morti, solitamente frutta di stagione, frutta secca e dolci. Questa tradizione e' ancora viva in alcune localita' abruzzesi.


Dolci tradizionali per la festa dei morti

In alcune regioni ci sono dei dolci e delle cibarie fatte appositamente per la festa dei morti. Questi cibi, anche se appartenenti alla tradizione cristiana, hanno spesso un origine precedente. Dolci e pani antropomorfi per scopi rituali, ad esempio, esistevano già al tempo dei Romani.

In Sicilia troviamo la mani, un pane ad anello modellato a forma di unico braccio che unisce due mani, e il pane dei morti, un pane di forma antropomorfa che originariamente si suppone fosse un'offerta alimentare alle anime dei parenti morti.

In Lombardia abbiamo invece gli oss de mord, o oss de mort, fatti con pasta e mandorle toste, cotti al forno, di forma bislunga, con vago sapore di cannella.

A Comacchio c'e' invece il punghen cmàciàis, il Topino Comacchiese, dolce a forma di topo preparato in casa.

.........

Come abbiamo visto, zucche, questua, dolci e regali non sono una recente importazione statunitense per la festa di Halloween (contrazione di "All Hallows Even" - vigilia di tutti i santi), ma caratteristiche tradizionali del passato popolare delle regioni italiane.

 
 
 

i giganti

Post n°1384 pubblicato il 22 Ottobre 2011 da lilu67


 

Non poteva mancare nel presente blog, un accenno a quella che fu la presenza (aliena, ovvero estranea al genere umano comunemente inteso) dei giganti nel tempo passato. Secondo l’ufficiale  scienza attuale, essi non sono esistiti, sono dicerie, voci popolari, aspetti mitologici. Al limite, è esistito il gigantopiteco ovvero un essere umano di statura notevole  che, non superava i mt. 2,50 se non in sporadiche eccezioni. Il motivo per cui la presenza dei giganti non può e non deve essere riconosciuta; è che la loro presenza non è inseribile nella logica  evolutiva di Darwin. Mentre si vuole affermare un percorso evolutivo umano, i giganti manifestano chiaramente un percorso involutivo riferito ad una statura fisica e mentale, nel tempo progressivamente sempre minore. Nel caso poi che venga data consistenza a quanto sostiene la mitologia, diventa necessario considerare l’ipotesi di una ibridazione aliena.
SECONDO LA MITOLOGIA
Esseri di enorme statura menzionati in testi antichi, non sono una rarità. La mitologia greca, ma non solo,  ne è un esempio. Figli della Terra, fecondati da Urano; cercando di vendicare i loro fratelli (i Titani) perirono in lotta con gli Dei uccisi dai fulmini di Zeus, da Athena e dalle frecce di Eracle. Le rappresentazioni artistiche raffiguranti la battaglia tra dei e giganti è detta Gigantomachia.
I Titani, divinità minori della mitologia greca e latina, figli di Urano (Dio del cielo) e Gea (Dea terra); erano esseri giganteschi e dotati di forza sovrumana. Svolsero il difficile compito di forgiare per gli Dei  le folgori celesti e, come ci raccontano le leggende, scalando le montagne, tentarono l’ascesa all’Olimpo e si ribellarono a Saturno. Gli dei incaricarono i Ciclopi (esseri giganteschi), di forgiare le loro folgori e questi, abilissimi fabbri, le crearono grandi e potenti. I Titani furono sconfitti, uccisi e gettati nel Tartaro mentre altri giganti loro fratelli tentarono la rivalsa ma, con  esito negativo.
Racconti mitologici relativi alla presenza di esseri giganteschi, sono riscontrabili  ovunque nel mondo. Nell’immagine sottostante, viene rappresentato un gigante Annunnaki. Di fronte a lui, comuni esseri umani con statura di circa un terzo. Sotto lo scranno del gigante, due esseri di bassa statura o nani. L’immagine viene considerata rispettosa delle proporzioni di allora, circa la diversa statura tra gli esseri.

Si parla di giganti nei testi sacri orientali, quale il Mahabharata, sia in testi sacri thailandesi che in quelli dello Sri Lanka. Se ne parla nelle storie egizie ed anche in quelle irlandesi e basche. Anche in america le tradizioni relative ai titani, non mancano. Per esempio ne da’ notizia il “Manoscritto messicano di Pedros de los Rios”, in cui si legge: “ Prima del diluvio che si verificò 4008 anni dopo la creazione del mondo, la Terra di Anahuac era abitata dagli Tzocuillixeco, esseri giganteschi..”. Sappiamo inoltre che gli spagnoli di Herman Cortes sbarcarono in America e appresero dai saggi indigeni di come “un tempo esistessero uomini e donne di statura molto alta..”. Gli furono mostrate ossa gigantesche fra cui “un femore alto come un uomo di normale statura” che Cortes spedì al suo re. Le leggende sui giganti abbondano attorno al Lago Titicaca e molte di esse affermano che essi si trasferirono a sud.  I loro discendenti dovettero popolare fino a qualche secolo fa la Patagonia e, il suo scopritore Magellano, li incontrò più volte. E’ scritto dell’incontro con uomini “ così alti che le teste dei membri dell’equipaggio arrivavano a malapena alla loro cintola a la loro voce era quella di un toro..”. Né manca Erodoto (storie 1-68) il quale parla di un fabbro che..”Voleva fare un pozzo in questo cortile, scavai e m’imbattei in una bara di sette braccia ( un braccio equivale a circa 44 centimetri). L’aprii e.. io non credevo che fossero mai esistiti uomini di maggiori dimensioni di quelle di oggi, ma vidi che il morto era di lunghezza pari alla bara (oltre mt. 3,10); lo misurai e lo seppellii”.


I GIGANTI NELLA BIBBIA


Nella Bibbia in Genesi 6,1-4 si legge:


“Quando gli uomini cominciarono a moltiplicarsi sopra la faccia della Terra e nacquero loro delle figliole, avvenne che i figli di Dio videro che le figliole degli uomini erano piacevoli e se ne presero per mogli tra tutte quelle che più loro piacquero. Allora il Signore disse: “il mio spirito non durerà per sempre nell’uomo, perché egli non è che carne e, i suoi giorni saranno di centoventi anni. C’erano i giganti sulla terra a quei tempi, e anche dopo, quando i figli di Dio s’accostarono alle figliole dell’uomo e queste partorirono loro dei figli. Sono questi i famosi eroi dell’antichità.”
..e ancora:
..”Noi siamo andati nel paese dove tu ci avevi mandato ed è davvero un paese dove scorre latte e miele; ecco i suoi frutti. Ma il popolo che  abita il paese è potente, le città sono fortificate e immense e vi abbiamo anche visto i figli di Anak. Noi non saremo capaci di andare contro questo popolo, perché è più forte di noi.. il paese che abbiamo attraversato per esplorarlo è un paese che divora i suoi abitanti; tutta la gente che vi abbiamo notata è gente di alta statura; vi abbiamo visto i figli di Anak della razza dei giganti, di fronte ai quali ci sembrava di essere come locuste e così dovevamo sembrare a loro”.
CONSIDERAZIONI

I ritrovamenti archeologici, nonché gli studi antropologici, fanno ipotizzare circa la presenza di una razza gigantesca che, nell’iniziale sua massima espressione, raggiungeva i sette metri di altezza. Dopo di allora, la procreazione dei giganti, generò giganti sempre più bassi. Nessuna persona dotata di senso logico, può pensare che un essere di  sette metri si unisce carnalmente ad una donna di un metro e cinquanta, mentre diventa ipotizzabile quando la statura dei giganti si ridusse. Per giunta non è naturale pensare che questi giganti non avessero nella fase iniziale, donne loro se erano una razza naturale. Il punto però, è che questi giganti non erano una razza naturale. Erano la creazione generata da ipotetici figli di Dio. Tutti siamo figli di Dio ma, gli esseri umani terrestri, non avevano la consapevolezza di esserlo e sostenevano (o così era a loro stato inculcato) che erano figli di Dio, quelli che provenivano dal cielo. Quelli che allora provenivano dal cielo, erano gli stessi che attualmente  dal cielo provengono e,  oggi li chiamiamo alieni. Oggi si assiste ad un intervento dei figli di Dio (alieni) che continuano a rapire donne che loro scelgono. Le mettono in cinta (nella bibbia “si accostarono” non,  si unirono carnalmente. Ciò fa riflettere..) con una inseminazione artificiale, le controllano continuamente, dopo tre mesi di gestazione le rapiscono nuovamente e le fanno partorire. Asportano il feto dell’essere ibrido  e questo scompare. Quando donne inseminate da alieni, non sono state fatte partorire dopo i fatidici tre mesi, giungono in genere ad un aborto spontaneo o al parto di esseri mostruosi. (Quando il parto viene portato a termine, il nascituro avrà caratteristiche particolari di natura e genetica aliena, nonché mentali. Ciò significa che l'inseminazione avvenuta, manifesta una genetica compatibile con quella che noi umani definiamo normalità). Ovviamente è un dramma, quando una donna si ritrova ad essere in cinta senza avere avuto alcun rapporto consapevole. Altro dramma, quando scompare il feto. Teniamo presente che quanto  avviene, orchestrato dagli alieni, avviene mentre la persona è inconsapevole sebbene, nel suo inconscio tutto il vissuto viene memorizzato. A livello cosciente ricorderà di essere stata in cinta, della scomparsa del feto, del fatto che dopo il parto compare la lattazione e aspetti vari di parto avvenuto. Si sentirà dire dagli esperti di turno, che la sua è stata una gravidanza isterica (non sto affermando che non vi possono essere gravidanze isteriche). Il fatto che le radiografie fatte, evidenziano la presenza di un feto poi scomparso, non verranno spiegate se non con un ipotetico "riassorbimento del feto" e, la donna resterà in sgradevole attesa di eventuali nuovi interventi dei figli di Dio. Ciò che avviene oggi, non mira a generare una razza di giganti; ma una razza ibrida da utilizzarsi da parte dei loro creatori alieni, per obiettivi da definire. Con la creazione della razza dei giganti, avvenne probabilmente la stessa cosa; con la differenza che la razza ibrida rimase sulla terra per secoli. Continuò a riprodursi mediante le figlie degli uomini, prima in laboratorio e poi  fisicamente quando divenne possibile. Continuando a riprodursi con esseri di statura notevolmente inferiore; nascevano giganti di statura sempre inferiore. Attualmente, la presenza di una genetica che manifesta aspetti di reminescenza da gigantismo, si evidenzia ancora in quei casi che guardiamo con vivo stupore.





Attualmente, dopo essere stato considerato l’uomo più alto del pianeta, il cinese Bao Xishun, mt.2,361; l’uomo più alto è considerato Sultan Kosen mt.2,465. Ripreso per l’occasione, assieme all’uomo considerato più piccolo del mondo. Mt.0,74

LE PROVE
Qual’ora non si ritengano sufficienti le prove tangibili relative a scheletri o manufatti, di esseri umani giganteschi esistiti nel passato; la prova principe che permane nonostante tutto ad esistere, è quella del “Megalitismo”. Il megalitismo è stato tutto quanto opera di giganti e non, opera di nanerottoli dall’ingegno acuto che crearono strutture e opere gigantesche per il semplice piacere di fare cose enormi. Basta con questa illogica ipotesi. Se un uomo con statura 1.70, costruisce gradini con alzata cm.20; un uomo di quattro metri, costruirà gradini da cm 40/50. Se andiamo nei siti megalitici e vediamo gradini da 40 a 80 centimetri; è logico pensare che sono stati costruiti da uomini da 1,70?.. Quando vengono osservati i muri ciclopici, in alcune occasioni si nota la seguente situazione: massi enormi perfettamente lavorati nel livello originale e  più antico, sovrastati da massi di dimensioni inferiori, lavorati in modo meno preciso. Sovrastati da altri livelli di dimensioni e qualità ancora inferiori. Tutto questo, a rigor di logica, evidenzia una sola cosa: chi ha costruito il primo livello, era notevolmente più forte, abile  ed intelligente di chi venne dopo e, disponeva di tecnologia oggi non nota. Nell’immagine sottostante di Machu Picchu; è evidente la diversità circa la potenzialità operativa tra gli uomini che hanno costruito il primo livello, rispetto agli altri nonostante l’ipotetica evoluzione umana, avrebbe dovuto esprimere un risultato opposto.  Osservando l’immagine  sottostante, non si può non notare quanto affermato.


Non può non trarre l'attenzione,  l’ostinata e certosina  perfezione della lavorazione della pietra. Per farlo, occorre una ferrea motivazione; ma ancora di più occorrono mezzi e capacità lavorative nonché, per un uomo attuale, tempi di lavoro lunghissimi.


RITROVAMENTI


Se sono esistiti i giganti, sarebbe logico trovare degli attrezzi o delle armi utilizzate da loro. Infatti, reperti del genere sono stati trovati in tutto il mondo. Così come i giganti, nel tempo nascevano di statura sempre minore; così anche gli attrezzi utilizzati da loro erano costruiti in modo proporzionale. Nell’immagine sottostante, tre gigantesche asce che, potevano unicamente essere utilizzate da uomini giganteschi, seppure già in tempi  in cui il  gigantismo si era ridotto.

I giganti iniziali, disponevano della avanzata  tecnologia aliena. Dopo essere decaduti, utilizzavano attrezzature simili alle nostre ma con dimensioni non confacenti all’uomo attuale. Considerazione maggiore, meriterebbero  le tombe dei giganti nonché, l’enorme quantità di prove presenti in Sardegna.

In conseguenza della enorme quantità di prove a sostegno  della passata esistenza dei giganti, continuare a negarne l’avvenuta presenza mi pare scorretto. Che si ravvedano i faccendieri blasonati, della scienza e dell’informazione!..



 

 
 
 

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"A te che piangi i tuoi morti"    "Se mi ami non piangere! Se conoscessi il mistero immenso del cielo dove ora vivo;se potessi vedere e sentire quello che io sento e vedo in questi orizzonti senza fine e in questa luce che tutto investe e penetra,non piangeresti se mi ami! Sono ormai assorbito nell'incanto di Dio,dalle sue espressioni di sconfinata bellezza. Le cose di un tempo sono così piccole e meschine al confronto! Ci siamo amati e conosciuti nel tempo:ma tutto era allora così fugace e limitato! Io vivo nella serena e gioiosa attesa del tuo arrivo fra noi: tu pensami così;nelle tue battaglie pensa a questa meravigliosa casa, dove non esiste la morte, e dove ci disseteremo insieme, nel trasporto più puro e più intenso, alla fonte inestinguibile della gioia e dell'amore! Non piangere più se veramente mi ami!"

(Agostino)



 

 

 

 

 

 

 

 

 

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