A scuola in terza media mi fu caldamente consigliato di scegliere un indirizzo prevalentemente linguistico, più che matematico. Il mio dubbio oscillava infatti tra un "ragioniere programmatore" ed un "liceo linguistico", come dire, tra il diavolo e l'acqua santa. Anche se, riflettendoci un poco, anche la programmazione implica la conoscenza di un linguaggio e, alla fine, conoscere la lingua "parlata" dai pc mi ha portato al mio attuale lavoro.
Ad ogni modo, la scelta del liceo fu quasi forzata dall'onnipresente "mamma" e, nonostante non abbia portato chissà quale abilità nella mia vita, non me ne sono mai pentita. Il liceo mi ha dato la possibilità di "leggere" ad oltranza, molto in lingua originale, francese ed inglese anzitutto. Mi ha fatto scoprire il latino ed il tedesco, benchè "insegnati" da schifo e quindi non "imparati".
Ha, soprattutto, affinato in me una caratteristica alquanto strana che, tuttavia, molti istintivamente mi riconoscono. Una recente "collega di blog" mi ha scritto in un commento: "oh ma com'è che con te mi viene da parlare così, ehm, strano?".
Non so perchè succede, o in quale modo, ma di fatto E' così. Succedeva che si passava la domenica dagli zii a Milano. Il lunedì mattina a scuola sembravo una milanese doc in trasferta a Brescia.
In ferie sull'adriatico, vicino a Rimini, parlavo come una di loro dopo pochi giorni, con le "z" dure e le parole moZZicate. Certo non usavo il dialetto, ma lo capivo come se si esprimessero in italiano.
Ovunque io vada prendo nella parlata la "cantilena del posto". Non è voluto, non è studiato, sicuramente non è programmato, ma succede. E succede anche spesso che io riesca a capire il dialetto locale, magari non tutte le sfumature, e di certo non tutte le parole, ma lo capisco.
La parola mi affascina, il suono delle parole mi avvolge. Forse non parlerò correttamente una lingua straniera, o un dialetto, ma trovo che ascoltare sia un gran bel modo di "apprendere". Mi diverte sapere che "me tajo in due dal ridere" non è così cruento come possa apparire. Trovo esilarante l'espressione bresciana "sgnaulàat", che letta così non dice nulla, ma se ascoltata ricorda il suono che fanno i gatti in amore quando litigano e, per associazione, la relativa condizione.
Leggo, quando posso, in lingua originale. Nonostante ritenga l'Italiano la lingua per eccellenza, ho scoperto che tante traduzioni impoveriscono il vero significato delle parole. Anche quelle dialettali.
Questo è il regalo più bello che mi abbia lasciato il liceo.
"Senza sovrastrutture" è il termine esatto, ma più che dal mio lato umano, credo dipenda dal mio lato "alieno" :-DD
sì ti capisco, ho una zia siciliana e dopo aver "tradotto" la sua ricetta di "gudduruni" non mi spaventa + nulla
anche a me succede di prendere le cadenze dialettali e farle mie ... è bello sentirsi un po' cittadini di tutte le regioni :-)
Certo che altrove, fuori Italia, i bambini hanno maggiori stimoli nell'apprendimento di altre lingue. In Italia è già tanto, in verità, se conoscono l'italiano livello "base". Non parlo di congiuntivi, altrimenti è una strage :-))))
Poi, c'è da dire anche la verità: quante "buone" insegnanti si trovano nella scuola oggigiorno? Che la maggior parte spesso non sa nemmeno l'italiano elementare nonostante la laurea??? E dico degli insegnanti, ma la cosa vale per tutti. Se penso che il mio bisnonno da analfabeta che era ha imparato da solo a leggere e scrivere perchè non voleva farsi "fregare"...
Discorso a parte per le insegnanti, abitando in un piccolo centro ne conosco parecchie, ci sono ancora quelle motivate ma la maggior parte sono stanche per come viene bistrattata la scuola in generale.
Dal latino PAROLA: "in principio erat Verbum" il quale traduce il greco "En archè en o logos". Io parlerei della parola elohim.
Storicamente, i fatti di parola precedono sempre i fatti di lingua (è la parola a far evolvere la lingua). [Roland Barthes]
Il secondo ripete in differenti lingue la stessa parola, mentre il primo "interpreta" la parola nel contesto di tempo, modo e luogo in cui la parola stessa è inserita. Benchè sia la stessa parola, in lingue diverse assume significati diversi. Esatto?
La connotazione è il valore particolare, emozionale o culturale, che prende una parola, per un individuo o per un gruppo, e che viene ad aggiungersi al significato proprio di questa parola. Così intesa la connotazione si oppone alla denotazione. La nozione di connotazione, inizialmente utilizzata dalla logica scolastica, sebbene in modo abbastanza diverso dalla linguistica moderna, è stata formalizzata nella sua accezione attuale da Louis Hjelmslev e ripresa da Roland Barthes. Il segno, considerato da Ferdinand de Saussure in poi, come un'entità a due facce, un significante ed un significato, ha con la cosa designata una relazione di denotazione. Così, una frase come "Sono le 11" indica normalmente l'ora attuale, in particolare in risposta alla domanda "Che ore sono ?" La connotazione consiste nell’ utilizzare un segno nel suo insieme - significante e significato - come un significante corrispondente ad un altro significato. Ne risulta un altro segno che include il primo. Così, la frase "Sono le 11" se pronunciata dal professore alla fine di un compito in classe che doveva concludersi alle 11 significa "È arrivato il momento della consegna dei vostri elaborati". In questo caso, il segno “sono le 11” che indica usualmente l'ora è diventato il significante di un altro segno e connota la “restituzione dei compiti”. In linguistica, si designa per "denotazione" la proprietà che ha il significato di una parola di rinviare univocamente a tutta una classe di oggetti. La denotazione costituisce un elemento di significato costante, non soggettivo, di un'unità lessicale, che vale per l'insieme dei fruitori della lingua; in questo senso, la denotazione si oppone alla connotazione. Così, i nomi propri hanno una denotazione, ma non connotazioni. La tendenza generale vuole che si ricorra all'opposizione denotazione/ connotazione al fine di distinguere ciò che costituisce il senso fondamentale e stabile di un'unità (la sua denotazione) da ciò che costituisce gli effetti soggettivi che possono sorgere del suo utilizzo in diversi contesti (il suo o le sue connotazioni).
Non so se sono stato chiaro! :P (forse no!!!)
Scherzi a parte, le "figure" retoriche sono affascinanti, ciò non toglie che, spesso, risultino fuorvianti se il "codice" linguistico da cui prendono spunto non è lo stesso. L'esempio da te proposto è chiaro, se limitato ad un'azione/luogo definito e "riconosciuto" a priori. Translato, ad esempio, in... Giappone, per dire, potrebbe assumere tutt'altro senso, pur restando la stessa frase.
La cosa bella dell'imparare lingue diverse è (anche) lo studio della fonetica
Sull'italiano mi spiace dirti che al mommento e' un puntino, purtroppo inutile. Forse utile se sei uno chef.
Più che di "traduzioni" servirebbero appunto "interpretazioni"...
Se pensate, oltretutto, di fare paura utilizzando questo metodi d'assalto sul genere "l'unione fa la forza", sappiate che i bulli ed i prepotenti mi stanno grandemente sul cazzo (che non ho, ma posso provvedere e procurarmene uno, nel caso vi facesse piacere).
E se ancora non fosse chiaro, lo chiarisco immantinente: FUORI DAI COGLIONI!!!!
Ne conosci uno? :-DDD
Come buttafuori non mi batte nessuno, fidati. Imparerò il brianzolo, ma solo se iniziate dalle parolacce che devo tenere il vocabolario aggiornato. ;-P
P.S. il fatto che tu sia arrivata al blog significa proprio che forse il numero corretto non è pari, ma dispari :-))
P.S. felice di esserci arrivata :-)
Ma te l'ho detto, ap-proposito delle tue origini, che ho una zia siciliana??
bellina la nuova veste grafica, fresca.. sicuramente molti gradiranno per il caldo... io per il caldo che non e' arrivato :D
Buon finesettimana