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Post n°56 pubblicato il 08 Dicembre 2008 da magnum.3
Improvvisamente, vengo posseduto da Amleto. Ed il mio amico William, mi fa dire nuovamente: “C’è del marcio….”. Solo che i tempi cambiano, ed oggi, nell’anno di grazia 2008, quel “marcio” non è più in Danimarca, bensì nella democraticissima – si fa per dire – Italia. Attualizzata, dunque, la mia amletica riflessione suona “C’è del marcio, in Campania!” Un marcio che degrada ogni giorno di più e che d’ora in ora, puzza sempre più insopportabilmente. E che, mi sa tanto, non risparmia, non risparmierà nessuno, ma proprio nessuno. Il che non vuol dire che ci sia una strage alle porte: da tutta questa storiaccia verrà fuori con ogni probabilità, invece, un colossale, universale inciucio, per evitare che lo tsunami coinvolga tutti, a tutti i livelli. Italian style, viene da dire. Vediamo cosa è successo. Aprile 2008: si celebrano le elezioni politiche. Vince il Centrodestra ed il Signor Berlusconi viene designato come Presidente del Consiglio dei Ministri. Nel corso della campagna elettorale, egli aveva indicato ai primi posti del suo programma per le immediate dopo-elezioni, la soluzione del problema dei rifiuti a Napoli e nel suo Circondario. Dell’immondezza napoletana e delle responsabilità che essa coinvolgeva a livello locale, si era già parlato, e non poco, già da un bel po’ di tempo. Il 7 Gennaio 2008, ad esempio, un quotidiano on line di evidente orientamento a destra, “l’Occidentale”, aveva pubblicato un “pezzo” titolato: “Che aspettano la Iervolino e Bassolino a dimettersi?”, i cui contenuti è facile immaginare. Ma non era stato il solo: un po’ tutta la Stampa italiana, di ogni e qualsiasi orientamento, aveva espresso forti perplessità per ciò che riguardava una serie di azioni (o di inazioni…) tecnico-politiche che avevano bloccato ogni possibilità di soluzione di quello che era diventato un caso internazionale, con gravi ripercussioni sui flussi turistici in Campania ed, addirittura, in maniera collaterale, perfino sulle vendite di quello che rimane forse il simbolo principale della sua agricoltura: la mozzarella di bufala. Chiaro, che mentre Quotidiani come “Libero” ed “Il Giornale” tendevano a chiedere esplicitamente l’allontanamento dei due dagli incarichi di governo che, se la memoria non mi inganna, ricoprivano da circa una quindicina d’anni, i loro omologhi orientati a sinistra – tutte le testate di maggior rilievo e tiratura che vengono pubblicate nel nostro Paese – apparivano molto più prudenti e tendevano a defilarsi od a ricercare, ma con scarsi sostegni, responsabilità alternative. E non va dimenticato che a completare un superterzetto, assieme al Sindaco di Napoli ed al Governatore della Campania, sul banco degli imputati compariva in maniera di particolare preminenza, il Ministro per l’Ambiente, Tale Pecorario-Scanio del quale, francamente, non si riesce a rammentare decisioni di particolare positività. E stiamo parlando di un “Verde”, non vorrei dire…. Esaurita l’euforia conseguente alla vittoria, il Signor Berlusconi ed i suoi collaboratori si mettono all’opera e risolvono quasi del tutto l’annosa quaestio in un tempo, tutto sommato, assai breve. A questo punto, in molti – compreso chi scrive, per quello che la sua opinione può contare agli alti livelli, e cioè, meno di nulla – cominciano a sorgere delle perplessità non da poco. Le responsabilità sono evidentemente, di profilo pesantissimo: quegli anni, quelli dell’invasione della “monnezza” sono costati all’Italia un sacco di quattrini. L’opinione pubblica internazionale riversa su Napoli caterve di ironia. Il numero degli arrivi di turisti in Campania si assottiglia in maniera disastrosa. Molti Medici di nome adombrano la possibilità di insorgenza di epidemie devastanti. I telegiornali riversano nelle case di tutti gli Italiani desolanti immagini di automobili che non riescono a transitare in strade occluse da cumuli incredibili di rifiuti di tutti i generi, mentre orde di topi ed altri animali scorrazzano indisturbati. I cassonetti cominciano a bruciare, mescolando, si deve supporre, grandi quantità di diossina, ad un aria già resa problematica per conto suo dallo smog che affligge l’atmosfera napoletana come quella della stragrande maggioranza del resto d’Italia e del resto d’Europa. San Gennaro stesso tenta di intervenire ma l’impresa risulta troppo difficile perfino per lui e per la legione di Santi che con lui collaborano. Tutti noi, miseri Umani, credo, riteniamo che l’evoluzione naturale delle cose debba andare nel senso delle dimissioni del Presidente della Regione e del Sindaco di Napoli. Alcuni lo pensano per solo senso di giustizia; altri per l’inesprimibile senso di sollievo che quelle dimissioni provocherebbero in alcuni Palazzi romani, peraltro della stessa Parte politica dei responsabili di cui trattasi. Ed invece, a questo punto, comincia il mistero. Buffo, direbbe Dario Fo. Inquietante, sarebbe meglio dire, per motivi dei più vari, dall’ampiezza dei coinvolgimenti che la situazione sembra implicare sino ad ipotesi sconvolgenti di correità che è lecito ipotizzare. Poche domande, ma di non facile risposta.
Tutto strano, tutto troppo strano. Non è che l’attaccamento alle poltrone sia una cosa nuova, nella Storia dei Partiti italiani del dopoguerra, ad ogni livello. Né la Sinistra italiana è rimasta scevra da questa tendenza. In Sardegna, qualche anno fa, un Uomo politico di livello si procacciò il nomignolo di “Vinavil” per la pertinacia e la pervicacia che lo tennero appiccicato ad una poltrona presidenziale, malgrado, se non ricordo male, qualcosa come dodici crisi consecutive. Persona di indubbie qualità umane, si badi bene, ma dal vocabolario del quale era stata cancellata del tutto la parola “dimissioni”. Qualcosa accadrà. Qualcosa deve, accadere: ne va della credibilità stessa del Paese e delle sue Istituzioni. Non può restare in piedi, una situazione che apre il campo – tutto il campo – ad ogni possibile sospetto, compresi i peggiori: odori di gentlemen’s (?!) agreement, del genere: “Io non dò un calcio a te, tu non ne dai uno a me…”; benefits trasversali e reciproci, destinati a restare nell’ombra delle pareti dei vari Palazzi, perché non confessabili né dall’una parte né dall’altra. Della serie dei ladri di Pisa che di giorno litigano e di notte vanno a rubare assieme. Certo è che un primo sigillo del coperchio del Vaso di Pandora sembra essersi rotto, sotto i colpi di un suicidio del quale appare indispensabile comprendere le vere ragioni; e sotto quelli, meno cruenti ma di gravità politica assai simile, di un altro Assessore, quello Comunale al Bilancio - di aspetto, bisogna dire, un tantino lombrosiano - che si dimette dal suo importantissimo incarico per motivi tutt’ora ignoti, corredati peraltro dal suo abbandono, in toto, di ogni e qualsiasi attività politica. Tutto strano, tutto terribilmente troppo strano, e non è un modo di dire. E tutti noi, ma proprio tutti tutti, abbiamo bisogno, per una volta almeno, di riuscire a capire quale sia, in questo “caso” degno del miglior George Simenon, la Verità vera, quella con la “V” maiuscola. |
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