LA RIFORMA BLUFF DI DRAGHI E LA REAZIONE
DEI SINDACATI
A quanto pare è vero che i sindacati non si inginocchiano più davanti a Draghi, come avevo già detto QUI: salvo poi dovermi ricredere entro brevissimo tempo.
Ma, evidentemente, il fuoco ha continuato a covare sotto la cenere perché, adesso, dopo i soliti trionfalistici annunci sull’ennesima riforma epocale partorita dal Capo Supremo, la Cgil e la Uil hanno deciso di aprire il fuoco contro il progetto di legge di bilancio che comprende, tra le altre cose, la riforma del fisco.
La Cisl si è sfilata: continua la marcia di questo sindacato verso un approdo di totale acquiescenza verso i padroni del vapore, al punto da chiedersi quale sia ormai la sua ragione d’esistere, visto che gli interessi dei lavoratori non sembrano essere più al centro dei suoi pensieri…
Ma torniamo ai resistenti: il 16 dicembre sarà sciopero generale. Ben venga! Finalmente qualcuno rompe il clima di asfissiante conformismo di fiancheggiamento al premier Draghi. Non lo fanno le forze politiche (tutte in maggioranza, tranne Fratelli d’Italia!), non lo fa la quasi totalità dei mass media (figuriamoci!): ci volevano i cari, vecchi, vituperati sindacati a darci un pizzico, a cercare di svegliarci dall’incantamento che subiamo dall’ex banchiere d’Europa, il funzionario dei poteri forti finanziari che, improvvisamente, abbiamo voluto credere divenuto uomo del popolo sol perché ha introdotto un po’ di spesa pubblica per risollevare l’economia e si è opposto allo strapotere liberista di Berlino, ribellandosi al feticcio del bilancio in pareggio…
Servirà? Probabilmente no. Assisteremo ora alla levata di scudi di media e benpensanti contro quelli che verranno additati come nemici del popolo e, infine, la maggioranza parlamentare blindata che sorregge il governo approverà tutto senza fiatare e senza dibattito, come sempre.
Però è importante che ci sia ancora qualcuno a gridare che le cose non vanno bene, anche se c’è Draghi: l’ulteriore capo del governo mai eletto da nessuno, varrà la pena di ricordare.
Prendiamo la tanto strombazzata riforma fiscale, presentata come manovra di giustizia sociale e mezzo per aiutare l’economia: domenica, sul “Sole 24 Ore”, sono apparse due paginate con una grafica di facile consultazione, per far capire quanto un lavoratore dipendente risparmierà di tasse, in base al suo reddito annuale. Ebbene, nel mio caso (stipendio da impiegato), in un anno risparmierò… tra 40 e 60 euro! Avete capito bene! In che senso potrei poi aiutare l’economia aumentando i miei consumi, se il mio potere di spesa aumenta di soli 60 euro in un anno?!
I risultati sono ottimi per i redditi assai bassi, ed è giusto; non buoni per i redditi altissimi, e pure è giusto. Ma i redditi alti, assurdamente, vengono beneficiati. E chi ne esce con le ossa rotte sono i redditi medi, come il mio. In pratica, la famosa “classe media” non viene aiutata per niente. Economisti, sociologi ed antropologi denunciano da anni che la classe media, spina dorsale di ogni Paese occidentale avanzato democratico, è in regressione, e questo comporta enormi pericoli per la tenuta stessa dell’economia e della democrazia. E tuttavia, il governo non solo non fa niente per aiutarla, ma addirittura la penalizza!
Com’è possibile che questa circostanza passi inosservata? Se non c’era Landini ad alzare la voce, ci avrebbero fatto credere di trovarci di fronte ad una riforma illuminata, magnifica, geniale, solidale.
È questa una delle cose che mi irritano maggiormente: il paternalismo dei governi che ci trattano come bambini, e per di più deficienti. Non bisogna disturbare il manovratore, questo dicono: e invece no. Il manovratore non solo deve essere disturbato ma, se necessario, deve essere sbattuto fuori dalla cabina di comando.