VIVA LA CGIL CHE SI SCHIERA PER L’ART. 18
E CONTRO IL “JOBS ACT”!
In un’intervista, apparsa ieri sull’edizione nazionale di “Repubblica”, il leader della Cgil, Maurizio Landini, ha annunciato la battaglia del sindacato per l’abolizione del “Jobs Act”, vergognoso apparato normativo che istituzionalizza il precariato nel lavoro, e per la reintroduzione dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, quello che prevede l’impossibilità di licenziare un lavoratore in assenza di una giusta causa.
Il “Jobs Act”, vale a dire quel sistema che, di fatto, legalizza lo sfruttamento dei dipendenti e la loro precarizzazione a vita, insieme all’abrogazione dell’art. 18, uno scudo magnifico a tutela dei lavoratori, sono stati due regali avvelenati di Matteo Renzi, il turbocapitalista alla cinese, nemico dei lavoratori, sodale del grande capitale e dei petrosceicchi arabi.
In pochi mesi di governo Renzi ha fatto danni enormi, riportando l’orologio dei diritti dei lavoratori indietro di cento anni.
Ma se, da un lato, è comprensibile che il leader del maggior sindacato italiano, oltretutto con un lungo passato alla guida dei duri e puri della Fiom metalmeccanica, voglia adoperarsi al massimo delle sue forze per la tutela dell’istituto del lavoro, è inammissibile, per non dire incomprensibile, che non lo faccia il Partito Democratico!
Renzi non è più al governo da tempo, non è più a capo del Pd: anzi, non è nemmeno più nel partito, per cui non regge la scusa che non ci si può mettere facilmente contro il proprio capo… Eppure, per la formazione della Schlein non sembra che abolire quella schifezza del “Jobs Act” e reintrodurre l’art. 18 siano una priorità.
In realtà quest’atteggiamento si spiega facilmente col fatto che il Pd, sin dalla sua nascita, non è più un partito di sinistra, ma l’ennesimo partito borghese, per cui è ovvio che dei lavoratori gli importi ben poco.
Ben venga, dunque, l’iniziativa della Cgil e speriamo che porti frutti.
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