UNA GUERRA CHE NON SI POTEVA VINCERE,
MA CHE NON SI DOVEVA PERDERE
Ferragosto 2021: i talebani conquistano la capitale dell’Afghanistan, Kabul, ultimo atto simbolico di possesso definitivo di un Paese ormai già conquistato militarmente e, per molti aspetti, anche socialmente.
Si sono sgretolate come grissini le stime e le aspettative di resistenza delle forze armate e delle istituzioni governative afghane. In pratica, si sono arrese senza combattere.
Sono un appassionato di questioni mediorientali e seguo il movimento talebano dalla sua nascita. Sapevo benissimo che Kabul non ha mai esercitato un potere effettivo al di là di qualche centinaio di chilometri, dovendo patteggiare non solo con gli estremisti islamici, ma anche con i cosiddetti “signori della guerra”.
Tuttavia è frustrante constatare che, appena gli americani hanno deciso di disimpegnarsi dalla regione, le strutture non sono state in grado di reggere all’urto neanche un mese.
Dopo venti anni di occupazione, migliaia di miliardi di dollari spesi, migliaia di morti occidentali, centinaia di migliaia di persone impegnate nel tentativo di costruire uno Stato moderno, siamo al punto di partenza. Siamo di nuovo come nel 2001, quando i talebani governavano l’Afghanistan e davano asilo a bin Laden ed alla sua Al Qaeda.
E questo tornerà, con molta probabilità, ad essere il Paese: un covo dell’estremismo islamico mondiale.
L’Occidente ha fatto un errore gravissimo ad abbandonare l’area: si sapeva che i talebani, completamente rinnovati nelle loro file, hanno nuovi, potenti amici: la Russia (un tempo considerata un Satana in sedicesimo) e, nientemeno, l’Iran (da cui erano separati da apparentemente decisive differenze religiose interislamiche). Ma il presidente americano Biden, pur di tener fede ad una promessa elettorale, ha dato seguito al ritiro.
Credo che l’Afghanistan diventerà un motore di instabilità geopolitica ed una fucina di movimenti terroristici sia per l’area che per il mondo intero; credo che sia stato un atto molto miope ed egoista tirarsene fuori; credo che l’Occidente ci dovrà ritornare, e stavolta sarà tutto ancora più difficile, costoso e doloroso.
Provo molta pena per le persone che, adesso, giustamente temono per la loro sorte. Provo molta pena per l’universo femminile.
Ci sono guerre che non si possono vincere, perché sono condotte in scenari non suscettibili di soluzioni definitive. Ma ci sono anche guerre che, pur non potendo essere vinte, nemmeno devono essere perse, e questo è proprio il caso afghano.
Non ci resta che sperare in un grande player regionale e mondiale: la Cina.