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Presto /
anche noi (…) saremo /
perduti in fondo a questo fresco /
pezzo di terra: ma non sarà una quiete /
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un sonno doloroso, che non reca /
dolcezza e pace,
ma nostalgia
e rimprovero
PIER PAOLO PASOLINI
 

 

 

 

 

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Messaggi di Maggio 2022

 

Sbloccare il grano ucraino, evitare una carestia mondiale

Post n°2137 pubblicato il 25 Maggio 2022 da massimocoppa
 

SBLOCCARE IL GRANO UCRAINO, EVITARE
UNA CARESTIA MONDIALE

Lo spettro di una drammatica, epocale carestia globale, specie in Africa ed in Medio Oriente, sta prendendo rapidamente forma a causa del grano ucraino bloccato nei porti sul Mar Nero per l’invasione russa.
L’allarme, lanciato da settimane dagli addetti ai lavori, è ormai all’ordine del giorno delle Nazioni Unite, degli Stati Uniti e dell’Unione Europea.
Al di là dei motivi morali, consistenti nel cercare di evitare una catastrofe umanitaria, ce ne sono anche di squisitamente politici: scongiurare rivolte ed instabilità, specie nei Paesi arabi, con tutte le conseguenze del caso, vale a dire problemi di ordine pubblico, svolte autoritarie, terrorismo ed un’esplosione di emigrazione clandestina verso l’Europa che non avrebbe precedenti.
Cosa accade, esattamente? L’Ucraina, come ormai sanno tutti, è uno dei più grossi produttori mondiali di cereali, e non da oggi: nei secoli scorsi veniva definita il “granaio d’Europa”. La bandiera ucraina si compone di due bande orizzontali, una blu e l’altra gialla, a simboleggiare il cielo su di un campo di grano.
Di grano ce n’è in abbondanza: il raccolto 2021 è stato tra i più prolifici della storia. Ma questo materiale è rimasto fermo sul territorio, devastato dalle battaglie e dai bombardamenti russi, o bloccato sulle navi nel porto di Odessa. Ai pericoli tipici di ogni guerra, per un trasporto civile, si aggiunge la deliberata politica militare russa, che minaccia ogni cargo il quale si permettesse di salpare. In aggiunta, i russi stanno bombardando i depositi di grano a terra, cercando di affamare gli ucraini: uno dei risvolti più odiosi di una guerra che usa metodi antichi, che credevamo archiviati nella pattumiera della Storia.
Dunque, se abbiamo visto che anche in Europa la disponibilità di cereali e loro derivati è diventata più incerta (l’olio di semi di girasole, per esempio, è ormai introvabile) e costosa, molti Paesi africani ed arabi sono decisamente a rischio di grave carestia. Eppure, quando all’ONU si sono votate risoluzioni di condanna alla Russia per aver invaso un pacifico Stato confinante, in spregio a tutte le normative internazionali, molti di questi Paesi si sono astenuti o hanno votato addirittura contro!
La reazione, logica e umana, sarebbe: ora fatevi mandare il grano dalla Russia; chiedete a Mosca di aiutarvi! Ma, ovviamente, non bisogna ragionare usando il cervello rettiliano. Tuttavia sarebbe opportuno rinfacciare a tutti gli “amici” della Russia, amici per interesse o quieto vivere, che questo loro comportamento favorisce la guerra, non la blocca…
Sono dunque assolutamente favorevole all’adozione di misure forti, anche di tipo militare, per consentire al grano ucraino di raggiungere il resto del mondo, e spero che l’Occidente decida presto e senza mezze misure.

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Questo blog chiude i commenti e cancella la Lista Amici. Se vi interessa il motivo, leggete questo post

Post n°2136 pubblicato il 20 Maggio 2022 da massimocoppa

QUESTO BLOG BLOCCA I COMMENTI E CANCELLA
LA LISTA AMICI.
SE VI INTERESSA IL MOTIVO, LEGGETE QUESTO POST

Era da un pezzo che ci stavo pensando. La guerra in Ucraina, con tutto il suo portato di fanatismi pro-russi, mi ha infine fatto decidere.
Questo blog chiude ai commenti e cancella la Lista Amici.
Chi desideri contattarmi, potrà farlo via mail (l’indirizzo è, da sempre, nella colonna a sinistra).
Se a qualcuno può interessare, di seguito spiego perché.
In realtà il tempo d’oro dei blog è finito già da diversi anni, con tanto di ufficializzazione da parte degli esperti di comunicazione. I motivi del tramonto di questo strumento sono apparentemente evidenti: pur essendo un antesignano dei social network, è stato soppiantato dai “veri” social network, vale a dire Facebook (ormai in gran calo anch’esso), Twitter, Instagram, Telegram, Tik Tok e via discorrendo.
Per me questo resta comunque un mistero: nel senso che un blog è una cosa così diversa da questi altri mezzi che non riesco proprio a capire come possano essersi fatti concorrenza.
Mi spiego meglio.
A tutt’oggi non esiste uno strumento on line capace potenzialmente di raggiungere gratuitamente e facilmente chiunque, nel mondo, proponendogli un testo scritto complesso: cioè un post, per dirla in gergo, o articolo che dir si voglia, dandogli una grafica a piacere, cioè usando un certo tipo di carattere, con una certa grandezza; posizionando titoli, aggiungendo fotografie.
Facebook, per esempio, ti costringe ad usare sempre lo stesso carattere, sia per grandezza che per tipo.
Instagram consente di pubblicare solo foto, magari con qualche didascalia.
Twitter consente in pratica di pubblicare due righe.
Tik Tok vuole solo video.
Non ne parliamo, poi, degli altri.
Sarà che, dei social, io uso solo Whatsapp, ma semplicemente per un fatto di comodità, specie in ambito lavorativo; sarà che sono anziano (oggi, a 52 anni, lo sei se non usi i social); sarà che mi scoccia usarli e non ne vedo alcun ritorno di utilità/piacere, soprattutto quando constato che vengono usati semplicemente come vetrina di sé, per farsi i fatti degli altri o per insultare il prossimo.
Certo, così facendo sono tagliato fuori anche da informazioni utili: succede, quando persino gli enti, le istituzioni e i politici decidono di comunicare tramite un social network! Siamo arrivati all’assurdo che i comunicati stampa non vengono più inviati ai media, ma li si mette sul proprio social di riferimento; se sei un follower, lo leggerai; altrimenti, pazienza. I media classici, anche on line, sono costretti ad inseguire i social!
Di fronte a distorsioni così palesi, c’è chi si adatta e chi proprio non ci riesce. Io sono tra questi ultimi. Penso che, ancora oggi, un sito Internet e/o un blog siano degli ottimi strumenti capaci di contenere informazioni complesse e pensieri articolati.
Tuttavia, è un dato di fatto, i blog ormai sono deserti. Prendiamo come esempio la piattaforma che mi ospita da tanti anni, Libero.it. Un tempo, quando scrivevo un post, se era davvero interessante ricevevo centinaia di visite e decine e decine di commenti, a cui rispondevo. C’era, insomma, interazione.
Io ho migliaia di “amici”: ma ormai, se si eccettuano una quindicina di loro, si tratta di profili vuoti, abbandonati. Tra quelli ancora operativi, ancor meno sono coloro che aggiornano un proprio blog.
La natura stessa dei rari commenti che ricevo è divenuta incredibilmente prevedibile. Prendiamo l’invasione dell’Ucraina: c’è quello che cambia idea ogni giorno; quello che commenta a favore dei russi qualsiasi cosa questi facciano; quello che è a favore degli ucraini per motivi opposti. Guardando solo il profilo di chi posta un commento so già a priori cosa avrà scritto.
Insomma: argomentare, ragionare, portare prove a sostegno NON SERVE A NIENTE. Ognuno resta sulla sua posizione, a conferma di una teoria che esiste da molto tempo ma che mi sembra ormai acclarata: i media non hanno alcun potere, nel senso che non spostano opinioni, ma confermano solo quelle che uno già ha.
Eppure, non siamo tutti così.
Io, per esempio, ho cambiato opinione, ed anche in maniera radicale, più di una volta. È faticoso, è doloroso, è triste: ma bisogna cambiare se l’evidenza ti porta da un’altra parte.
Il contestatissimo Cesare Lombroso diceva: “I fatti esistono ed io, modestamente, dei fatti sono schiavo”. Anche io lo sono: rifiuto il concetto, ormai di moda, che un’opinione equivalga ad un’altra. Non è così: non possiamo accettare la “scomparsa dei fatti”, come la definì Marco Travaglio in un suo libro.
Per tornare all’esempio dell’Ucraina: io simpatizzavo per i russi e per la Russia, e ricordavo dolcemente il tempo in cui esisteva l’Unione Sovietica (purtroppo sono abbastanza anziano da ricordarmene bene). All’epoca non provavo particolare trasporto verso di essa. Ma dopo la sua scomparsa, mi sono reso conto che il mondo è diventato un posto molto più pericoloso e complesso. Devono sempre esistere delle potenze che si equivalgano, altrimenti si arriva al caos o all’egemonia di una sola di esse: e non è mai una cosa positiva, anche se si tratta di una potenza democratica.
Ma di fronte alle atrocità che i russi commettono in Ucraina, e dei quali vanno fieri (basti pensare che l’indice di gradimento di Putin è arrivato alle stelle!), non posso fare altro che restare sconvolto, scuotermi ed aprire gli occhi.
Ma siamo in pochissimi, a farlo. I filorussi restano tali. I benaltristi hanno sempre “ben altro” da additare. I giustificatori sono sempre pronti a giustificare l’ingiustificabile. La circostanza che un bambino ucraino venga stuprato e ucciso da un soldato russo è solo un dettaglio, da inserire in un più vasto ragionamento sulle vere responsabilità!
E quando hai provato a farli ragionare, senza risultato, ti devi arrendere. Del resto, come si dice, è inutile discutere con un cretino: ti porta al suo livello e, con l’esperienza, ti batte.
Tutto questo per dire che la Lista Amici viene cancellata, perché ormai composta quasi solamente di semplici figurine senza nessuno dietro, e viene altresì chiusa la possibilità di commentare, perché molti commenti mi danno il voltastomaco.
Se a qualcuno interesserà leggermi, lo farà. Altrimenti? ‘Sti cazzi, come direbbe mio nipote.

VA DA SE' CHE LA CHIUSURA DELLA POSSIBILITA'
DI COMMENTARE VALE A PARTIRE GIA' DA QUESTO POST
...

 
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Le deportazioni? Esistono ancora

Post n°2135 pubblicato il 19 Maggio 2022 da massimocoppa
 

LE DEPORTAZIONI? ESISTONO ANCORA
La sostanziale resa, dopo una lunga e gloriosa resistenza, dei militari ucraini asserragliati nell’acciaieria Azovstal, ripropone drammaticamente e con forza il problema del trattamento dei prigionieri di guerra. È difficile credere davvero che non verrà loro torto un capello, visto che la propaganda di Mosca identifica il reggimento Azov come composto da neonazisti da distruggere, motivo ufficiale per l’invasione dell’Ucraina...
Anticamente, e fino al Settecento, il problema non esisteva proprio: i nemici sconfitti erano finiti sul posto, le loro donne ed i loro bambini resi schiavi.
Oggi esistono convenzioni internazionali ed una diversa sensibilità con la messa a punto di figure giuridiche quali i “crimini di guerra” e “contro l’umanità” i quali, in teoria, dovrebbero evitare abusi. In realtà stiamo vedendo che, oltre a tutti gli altri orrori che i russi stanno perpetrando in Ucraina (massacro indiscriminato di civili, esecuzioni a sangue freddo di prigionieri inermi, stupri sistematici e bombardamenti di aree civili), esistono ancora le deportazioni, le quali sono già di per sé crimini contro l’umanità e sono espressamente vietate dal diritto internazionale.
In altre parole, prendere delle persone da una comunità e spostarle, con la forza, in un altro luogo, è un crimine di guerra.
La Russia si sta macchiando anche di questo crimine? Sì. E non lo dicono solo le autorità ucraine, ma anche fonti straniere. Ad esempio, il “Sole 24 Ore”. Il prestigioso quotidiano della Confindustria italiana ha ieri pubblicato la prima puntata di un’inchiesta dalla quale risulta che, effettivamente, sono state effettuate e sono in corso evacuazioni di massa di cittadini ucraini residenti nelle zone conquistate dai russi o dai miliziani filorussi. Proprio a Mariupol, per esempio: diversi testimoni, che sono riusciti a scappare, raccontano di essere stati costretti a salire su bus russi e trasferiti nelle repubbliche separatiste filorusse o, addirittura, proprio in territorio russo.
In pratica funziona così: la zona viene conquistata dai russi o dai loro alleati; i residenti vengono privati dei telefonini, identificati, interrogati, perquisiti, spogliati (per vedere se hanno tatuaggi che possano farli identificare come neonazisti – sic…) e ricevono nuovi documenti provvisori. Vengono costretti a salire su bus e trasferiti nell’ignoto. Di molte di queste persone non si sa più nulla. In massa vengono concentrati in altre aree, stavolta in territorio russo, specialmente a Rostov e Taganrog, dove è possibile gestire migliaia di persone contemporaneamente, e qui subiscono un altro filtraggio: chi dimostra di avere parenti in Russia diventa ufficialmente un “rifugiato”. Un titolo ironico, perché in realtà si tratta di un vero e proprio deportato. Ma chi se la passa peggio sono quelli che in Russia non hanno nessuno: questi vengono trasferiti ad Ufa (in Baschiria), che è come dire nel Caucaso, o a Khanty-Mansìysk, cioè a migliaia di chilometri dal confine ucraino, sempre più nel cuore dell’Asia, o addirittura nella famigerata Siberia, tornata evidentemente di moda per punire i nemici, come ai tempi del regime stalinista e dei Gulag raccontati da Solgenitsin. Si può finire anche a Vladivostok, all’estremità orientale della Russia, sul Pacifico, vicino ai confini della Cina e della Corea del Nord: in pratica agli antipodi, rispetto all’Ucraina. Ovviamente tutti rimangono sotto il controllo delle autorità, per non dire prigionieri.
Si rinnova lo stupore di assistere alla ripetizione di fatti che pensavamo finalmente finiti nella soffitta della Storia.

 
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Il decisivo contributo ucraino alla grandezza russa e sovietica, un’amara verità per Mosca

Post n°2134 pubblicato il 09 Maggio 2022 da massimocoppa
 

IL DECISIVO CONTRIBUTO UCRAINO
ALLA GRANDEZZA RUSSA E SOVIETICA,
UN’AMARA VERITA’ PER MOSCA

Oggi la Russia celebra la vittoria sovietica contro la Germania nazista nella seconda guerra mondiale. Nel suo discorso alla tradizionale parata militarista a Mosca, Putin ha parlato di necessaria operazione di denazificazione nel Donbass (non ha mai pronunciato la parola “Ucraina”, come se questo Stato non esistesse), attribuendo a questa circostanza igienica (per così dire) l’invasione del Paese confinante.
Anche se Stalin, inizialmente, si alleò con Hitler (con il famigerato patto Molotov-Ribbentrop) e decapitò l’intero vertice delle forze armate russe sospettandolo di tramare contro di lui, è storicamente noto l’enorme contributo di sforzi e di sangue che l’Unione Sovietica ha dato alla vittoria contro il nazismo, circostanza ancora oggi motivo di orgoglio patriottico per la società russa. Sulle cifre esatte dei morti militari e civili nel secondo conflitto mondiale non è mai stata data una parola certa: le autorità di Mosca parlarono inizialmente di sette milioni di morti, poi divenuti 20 milioni al tempo di Krusciov, quindi oltre 20 milioni con Breznev ed oggi, con Putin, 26 milioni. Tra 7 e 26 milioni, dati quasi certamente errati per difetto e per eccesso, probabilmente la verità sta nel mezzo.
Fino alla scomparsa dell’URSS non si è mai troppo badato al tributo di sangue distinguendolo per le nazionalità dei popoli componenti l’impero sovietico. Oggi, invece, è quantomai interessante capire quanti siano stati i morti ucraini, per comprendere il contributo ucraino allo sforzo sovietico nella guerra contro Berlino.
Naturalmente anche qui c’è un balletto di cifre che lascia dubbiosi. Comunque, secondo “Word Population Review”, un’organizzazione americana non governativa, i morti ucraini furono quasi 7 milioni in tutto: un milione e 650mila militari, 3 milioni e 700mila civili deceduti per cause belliche ed un milione e mezzo di civili morti per fame e malattie collegate al conflitto.
Dunque, quello che Putin non dirà mai e neanche l’Unione Sovietica diceva, il contributo della nazione ucraina alla vittoria sovietica ed all’arrivo dell’Armata Rossa a Berlino fu ENORME. Alla faccia del popolo di nazisti!
Detto questo, non basterebbe un libro per censire tutto ciò che era ucraino e contribuì al lustro dell’Unione Sovietica.
Già abbiamo parlato QUI delle ricchezze del sottosuolo ucraino di cui Mosca si è avvantaggiata per settant’anni. Ma anche il fattore umano è considerevole: le più brillanti tecnologie erano ucraine; la scuola medica oftalmologica sovietica, famosa nel mondo, era in realtà ucraina (il dr. Filatov e la sua clinica di Odessa); le forze speciali sovietiche, entrate di diritto nel novero delle più efficienti al mondo, erano caratterizzate da numerose presenze ucraine: c’erano molti ucraini nella 103esima Divisione Aerotrasportata che occupò l’Afghanistan in una sola notte, la sera della vigilia di Natale del 1979. E migliaia di ucraini sono morti o sono tornati psicologicamente devastati dalla campagna afghana.
La forza, la tenacia ed il coraggio dei combattenti ucraini ha da sempre costituito la punta di diamante delle forze armate sovietiche: e lo si capisce ancora oggi, dalla straordinaria ed incredibile capacità di resistenza che stanno dimostrando contro il gigante russo.
Sono giustamente entrati nella memoria collettiva i sacrifici degli equipaggi degli elicotteri sovietici che, nel 1986, lanciarono tonnellate di sabbia, piombo, argilla e boro, sulla bocca aperta ed infuocata del reattore collassato della centrale nucleare di Chernobyl, mentre da essa si levava verso l’alto ed intorno un mostruoso ed ininterrotto flusso di potentissime radiazioni; nel contempo, vigili del fuoco, tecnici, operai e minatori operarono da terra in rischiosissime missioni. Furono interventi iniziali provvidenziali, perché tamponarono il disastro e salvarono il mondo.
Moltissimi componenti degli equipaggi degli elicotteri e soccorritori terrestri, passati alla storia come “liquidatori”, sono morti entro pochi mesi per il cancro, a causa della mole spaventosa di radiazioni ingurgitate.
Tutto a maggior gloria dell’Unione Sovietica e del suo Partito Comunista. Giusto, ma dobbiamo ricordare che Chernobyl era in Ucraina, per cui la stragrande maggioranza di questi morti era composta da militari e civili stanziati in quei luoghi: quindi, ucraini…
Nessuno ricorda che questi fantomatici neonazisti dell’Ucraina, dopo la dissoluzione dell’URSS, con l’accordo conosciuto come “Memorandum di Budapest”, rinunciarono alle armi atomiche dislocate sul territorio nazionale (ben 1.900!), cedendole a Mosca, ed accettando un accordo internazionale, sottoscritto da Russia, Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e Cina (in pratica, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite) con il quale si assicurava a Kiev libertà e protezione da ogni minaccia. Un accordo completamente dimenticato dal mondo occidentale quando la Crimea fu invasa ed annessa da Mosca. Se l’Ucraina avesse conservato i missili nucleari la Russia si sarebbe ben guardata dall’invaderla e violentarla, come sta facendo oggi.
Per questo motivo, in Corea del Nord, Kim Jong-Un ha perseguito in tutti i modi la realizzazione della bomba, riuscendoci: non perché fosse pazzo, come spesso si è sentito dire, ma perché, al contrario, era fin troppo lucido: sapeva, ed aveva ragione, che uno Stato che possiede l’arma nucleare non viene più toccato da nessuno.
In conclusione: l’Unione Sovietica, senza l’Ucraina e gli ucraini, non sarebbe stata quella superpotenza che è stata. Il distacco ucraino non è mai stato superato dall’establishment di Mosca. Forse è anche per questo che Putin vuole a tutti i costi riunire quello Stato e quel popolo alla Russia. E tutto questo senza dimenticare che, storicamente, la Russia viene dall’Ucraina: la Rus’ di Kiev fu un Principato medievale da cui, poi, venne il nome e la sostanza della Russia vera e propria.

 

(Nella foto: la capitale ucraina Kiev nel 1985, ai tempi dellUnione Sovietica)

 
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Mi sto ricredendo favorevolmente su Draghi e spiego perché (casomai interessasse a qualcuno)...

Post n°2133 pubblicato il 04 Maggio 2022 da massimocoppa
 

MI STO RICREDENDO FAVOREVOLMENTE SU DRAGHI
E SPIEGO PERCHE’
(CASOMAI INTERESSASSE A QUALCUNO)...

Chi segue questo blog sa che Mario Draghi non mi è mai piaciuto. Avevo (ed ho) grosse riserve sul personaggio, a partire dal fatto che si tratta dell’ennesimo capo del governo mai eletto da nessuno e, soprattutto, mi dà fastidio il culto della personalità che gli viene tributato.
Tuttavia devo dire che, negli ultimi mesi, mi scopro a concordare quasi integralmente con le sue iniziative di governo.
Egli amministra senza farsi condizionare dalle minacce dei suoi rissosi alleati, come Lega e M5S: quando mai, in Italia, si è vista una tale indipendenza? Può permettersi di farlo perché non è un politico, ma non si creda che sia comunque facile.
Concordo anche con il massiccio intervento statale di sostegno all’economia ed al reddito: per me che sono cresciuto alla scuola keynesiana dell’economia sin dai tempi dell’università, la spesa pubblica rivolta al perseguimento della piena occupazione e di un maggiore potere d’acquisto è qualcosa di irrinunciabile: se ne sono accorti anche negli Stati Uniti ed in Europa, dove dalla pandemia in poi è stato finalmente accantonato il feticcio del bilancio in pareggio per ritornare al concetto di un sistema finanziario che sia al servizio delle persone, e non il contrario.
L’atteggiamento di totale solidarietà alla povera popolazione ucraina aggredita dal gigante russo, con il corollario di un fermo sostegno morale e materiale, anche in armi, è un altro punto qualificante di Draghi: in un Paese stracolmo di “se”, di “ma” e di benaltrismo prorusso, spesso ideologico ma anche sorretto da più prosaici finanziamenti, il comportamento del capo del governo lo qualifica come uno statista con la “s” maiuscola.
Infine, è di ieri il suo intervento al Parlamento Europeo, nel corso del quale ha avuto il coraggio di dire quello che quasi tutti pensiamo da anni: bisogna superare il meccanismo dell’unanimità nelle decisioni dell’Unione Europea e procedere a maggioranza: magari qualificata, ma pur sempre maggioranza, come si fa in ogni consesso democratico. Perché, finora, la necessaria unanimità si è tramutata in un potere di veto assurdo e paralizzante ad opera di alcuni Paesi, i quali spesso decidono in base a contrapposizioni incrociate: si oppongono, cioè, alla proposta di un membro semplicemente perché quest’ultimo, in passato, si è magari opposto ad una loro esigenza.
Decidere in base alla maggioranza, ovviamente con tutte le tutele e le protezioni per chi resta in minoranza, è il sale di qualsiasi assemblea democratica che sia efficiente e veloce nelle decisioni che servono in un dato momento storico.

 
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