Creato da spazio_zuccari il 06/11/2012
Il giornale fatto da tutti noi ...

Area personale

 

Tag

 

Archivio messaggi

 
 << Aprile 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30          
 
 

FACEBOOK

 
 

 

« “Il Supplente Temporaneo...BORSE DI STUDIO ALL’I.T.... »

AUSCHWITZ, BIRKENAU, DRESDA, 25 maggio 2016

Post n°15 pubblicato il 11 Giugno 2016 da spazio_zuccari

La classe V A Turismo ad Auschwitz

Quest'articolo, apparso su Eco Risveglio del 9 giugno 2016, è stato preparato da alcune alunne di V A Turismo  dell'I.T.C.G. "Einaudi"                                                                                                          

                                                                               25 maggio 2016

AUSCHWITZ                                                                                                                                                               Lo sguardo irrequieto, i rintocchi intensi del cuore, il mormorio affievolito, i pensieri angoscianti e in un istante la tetra, derisoria insegna si eleva minacciosa sopra di noi: Arbeit macht frei. La mente ci riporta immediatamente a ciò che sui banchi di scuola una grande donna ci ha trasmesso con passione e generosità; “Lasciate ogni speranza, voi ch’entrate” avrebbe inciso Dante sulla porta dell’infernale campo di Auschwitz. Con cautela ed esitazione ci immergiamo nella storia che urla grida di dolore, nella storia che trasuda sotto le suole delle nostre scarpe, da ogni angolo spettrale, da ogni crudo mattone, un vortice irrefrenabile di sofferenza mortale. E nell’incredulità dei nostri occhi agitati calchiamo i passi di coloro che inconsapevolmente marciavano verso la morte, percorrendo le medesime strade sterrate oggi adornate da freschi alberi verdeggianti. Ad ogni minuto che passa, pezzo per pezzo, ci cuciamo addosso sensazioni di irrequietudine e trepidazione: inoltrandoci nei blocchi la macchina del tempo viene messa in moto e noi tutti veniamo catapultati nel pieno della Seconda Guerra Mondiale. Nero su bianco osserviamo con immensa tristezza i documenti autentici, chiara, inoppugnabile e vivida testimonianza della disumanità consumatasi tra quelle gelide mura. Il percorso nella culla della morte si fa sempre più difficoltoso e ad ogni scalino le gambe si indeboliscono: dopo aver visto le bianche, velenose pietruzze di Zyclon B, strumento di feroce e brutale sterminio, davanti a noi, dietro a un’immensa vetrata si erge un enorme cumulo di ciocche di capelli. Un dolore opprimente ci serra la gola, come fosse una gigantesca morsa soffocante; ci troviamo di fronte a ciò che resta di milioni di esseri umani, milioni di anime annullate, calpestate, sviscerate, annientate. E così come le folte chiome, anche le montagne di scarpe e spazzole, la pila di valigie, il mucchio di utensili da cucina, l’intreccio di migliaia di occhiali rotti, l’accozzaglia di protesi e le divise a righe ci riportano costantemente all’inesorabile realtà di quegli anni spietati. La sofferenza si percepisce in ogni dove: le bianche pareti sono tappezzate di foto segnaletiche che ritraggono visi di persone prive di speranza, che condividono la stessa orribile sorte. Sguardi vuoti e velati che penetrano dentro di noi e come una lama tagliente lacerano l’equilibrio precario della nostra anima. Il nostro doloroso viaggio prosegue all’esterno dei blocchi e, sempre più spossati, ci dirigiamo verso il luogo nel quale avvenivano le esecuzioni: corone di fiori splendenti risaltano ai piedi di quel muro lugubre, un contrasto cromatico e simbolico, dove la bellezza e il profumo si contrappongono con violenza alla disperazione straziante della crudele parete. Sul cortile della morte si affacciano numerose finestre interamente barricate con pannelli di legno scuro che in passato celavano un segreto atroce, altrettanto cupo: all’interno delle mura dell’ “ospedale” le drammatiche grida delle innocenti cavie di quei mostruosi esperimenti squarciavano l’aria. Un laboratorio del dolore, dal quale, chiudendo gli occhi, sembra ancora di sentire le giovani voci spezzate dall’insostenibile pena. La nostra visita ad Auschwitz 1 è quasi terminata, e per lasciare il campo oltrepassiamo le brutali barriere di filo spinato, un confine un tempo invalicabile che noi, a differenza degli ebrei, possiamo attraversare in libertà. Ma il tragitto non è terminato, ciò che ci aspetta al di là della cortina di ferro è una tappa tragica, quello che fu l’ultimo passo verso la morte, l’ultimo stadio di un viaggio disumano che ha privato uomini, donne e bambini della propria identità e della propria anima. La prima camera a gas. Entrando all’interno di queste stanze dell’orrore riusciamo ancora a sentire l’odore della morte: un odore acre, imparagonabile a qualsiasi altro, un turbine amaro, aspro, penetrante e aggressivo di vite stroncate. Alzando lo sguardo, sbigottiti e scombussolati, vediamo i fori in cui venivano gettati i cristalli letali, il vapore dell’ultima doccia che lavava via la colpa di non essere ariani. Nemmeno il tempo di riordinare le emozioni che ci troviamo di fronte ai terrificanti forni crematori, il culmine dell’atroce inumanità dell’uomo. Dai camini sembra ancora di vedere il fumo che sale piano: cenere che sa di sogni infranti, cenere che odora di dignità calpestata, cenere che si disperde nel vento regalando loro crudelmente la libertà.

BIRKENAU                                                                                                                                                              Ed eccolo lì. Lì, davanti ai nostri occhi, la belva insaziabile che ha divorato senza pietà anime, cuori, ossa, sogni, passioni di un milione e mezzo di esseri umani: Auschwitz Birkenau. Immerso nella solitudine di sconfinati terreni incolti, ci appare come un vero e proprio spaccato di storia reale,e ancora una volta bussiamo alla porta del tempo. Il rumore attutito dei nostri passi, il velo di oscurità che avvolge il campo, il sole che risplende sulle baracche solitarie e mute: l’angosciante silenzio assorda le nostre orecchie. Il tragico scenario si apre con la vista dei binari tristemente famosi, su cui passeggiamo quasi con leggerezza. Gli stessi binari su cui viaggiavano i treni di irrealizzabili desideri che portavano all’ultima fermata della vita. Con lo sguardo si intravede a mala pena l’orizzonte e la vastità del lager ci opprime ancor di più. Le raccapriccianti baracche ancora intatte da una parte, i resti dei terribili inceneritori dall’altra. Un tuffo sempre più profondo nelle melmose acque del passato. Man mano che calpestiamo il terreno sabbioso capiamo sempre di più cosa volesse dire vivere, o meglio sopravvivere all’interno del campo della morte. Un imponente monumento alla fine del rettilineo spettrale commemora le vittime di Auschwitz, le cui ossa vengono trovate ancor oggi all’interno delle vasche d’acqua presenti a fianco della ferrovia. Sempre più scioccati e inorriditi, entriamo in una baracca e in un bagno, dove un’angelica piccola rosa bianca posta nel mezzo ridona una luce di speranza alle stanze tetre e impolverate, impregnate di gocce di memoria. Un ultimo sospiro e torniamo nel nostro tempo, arricchiti di una nuova consapevolezza. Non dimenticheremo mai la sconvolgente esperienza rivelatrice del mostruoso mondo di Auschwitz.

Martina Tomola  V A Turismo

DRESDA

     “Colui che non ricorda la storia è destinato a riviverla”.Concludiamo la nostra i ntensa esperienza con la visita di Dresda, una bellissima città tristemente nota per i terribili bombardamenti che si sono verificati durante la Seconda Guerra Mondiale. Appena giunti in questo prezioso scrigno di storia, balza subito ai nostri occhi l’accostamento tra il vecchio e il nuovo, espressione del desiderio di non voler cancellare un tragico passato che ha segnato la vita di molte persone. Emblema di tale ferrea determinazione è la Frauenkirche, chiesa protestante simbolo della città, localizzata in una zona quasi totalmente distrutta dai bombardamenti anglo-americani. Ciò che ci ha incuriositi è il fatto che la chiesa non cadde sotto la furia delle bombe distruttrici, bensì a causa di un incendio. Alcune delle  spaventose lingue di fuoco prodotte da micidiali ordigni incendiari riuscirono infatti a penetrare nella chiesa; le alte temperature delle fiamme fecero sciogliere un pilastro portante che, crollando, fece cedere tutta la chiesa su se stessa. I tedeschi, caratterizzati dalla loro forte volontà di ricordo, ricostruirono la chiesa sulla base del vecchio progetto inserendo le pietre e le macerie della vecchia struttura. Infatti ci ha colpito molto il contrasto cromatico tra il nero delle vecchie pietre e il bianco di quelle piú recenti. Proprio per questo Dresda é definita la città del bianco e del nero, dove il nero indica il tragico passato della disastrosa guerra, mentre il bianco descrive la volontà di rinascita. Oggi la città si presenta ricca di prati verdi e coloratissimi giardini fioriti che nascondono il suo passato.   

Chiara Staccioli, Chiara Franzese, Francesca Mannarino, V A Turismo  I.T.C.G. EInaudi

La classe V A Turismo in viaggio ad Auschwitz, Birkenau, Dresda, 25 maggio 2016

 

 


 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 
Vai alla Home Page del blog

I miei link preferiti

- il mio sito su Libero
- il mio sito su Virgilio
- un altro mio blog
- la mia pagina didattica aperta su Libero
- Contattatemi, questo è l'indirizzo: maurozuccari@alice.it
 

Cerca in questo Blog

  Trova
 

Ultime visite al Blog

chimo2000aida631spazio_zuccaricassetta2Miele.Speziato0surfinia60annamatrigianopaolisa.falconimarabertowmoon_Imarinovincenzo1958MilleGaranziePerTesbaglisignoramara.giulia
 

Ultimi commenti

Chi può scrivere sul blog

Solo i membri di questo Blog possono pubblicare messaggi e tutti possono pubblicare commenti.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963