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Post N° 39

Post n°39 pubblicato il 30 Maggio 2008 da ivan_cimmarusti

Il cronista di nera

Di Dave Randal, giornalista britannico
e collaboratore di giornali britannici, africani,
statunitensi e russi.
È senior editor del settimanale
'Independent on Sunday'
di Londra

L'altro giorno un amico mi ha chiesto se conoscevo un buon detective.
Pensavo che volesse far seguire sua moglie o spiare il vicino, perciò
quando mi ha detto che il suo interesse era solo professionale mi sono
sentito più tranquillo. È uno scrittore e stava cercando un
protagonista per un giallo: un cronista di nera poteva andar bene? E
potevo suggerirgli il nome di qualcuno?
Il problema, ho provato a spiegargli, è che i cronisti di nera non
indagano direttamente sui delitti. Girano intorno a quelli che lo fanno
sperando di raccogliere qualche briciola di informazione da
trasformare, sul giornale del giorno dopo, in qualcosa che somigli a un
pasto completo.
Di questi tempi, la concorrenza delle tv, delle radio e di internet
significa che i cronisti di nera hanno così paura di perdersi anche
solo una briciola, per quanto minuscola, che si aggirano in branchi
sulla scena di un crimine e collaborano tra loro più di quanto i
lettori o i telespettatori possano immaginare.
La mischia dei mezzi d'informazione che si gettano su un fatto di
cronaca nera somiglia a quelle scene che si vedono a scuola quando i
ragazzi fanno capannello, si passano gli appunti e poi corrono a finire
il compito in classe.
Insomma, il mio amico scrittore avrebbe avuto qualche difficoltà a
costruire in modo convincente la figura solitaria e leggermente
eccentrica del suo eroe (o della sua eroina) prendendo a modello un
cronista di nera. E avrebbe avuto anche un altro problema: il tipo di
reati di cui si occupano questi giornalisti sono sempre più spesso
abietti e violenti, più adatti ai racconti dell'orrore che a intriganti
storie di mistero.
In realtà non sono sicuro
che i delitti siano più orribili di
prima, probabilmente è cambiato solo il modo in cui li trattano i mezzi
d'informazione. Ci raccontano solo i fatti sconvolgenti e i più
violenti perché, in buona misura, è la tv che decide quali sono le
notizie importanti, e il suo stile basato su poche frasi a effetto e su
trenta secondi di filmato favorisce le notizie semplificate e brutali
invece di quelle più sottili e sfaccettate.
Così si crea un concentrato di rapimenti di bambini, aggressioni in
strada, omicidi nel mondo della malavita e sparatorie nei campus
universitari.
Nei romanzi i delitti sono molto diversi: le cose non succedono in modo
così caotico. Ci sono rancori, complotti, coscienze tormentate, e i
possibili sospetti sono sempre più di uno. Qualcuno potrebbe dire che
non si tratta di fatti successi veramente ma di cose inventate.
Eppure fino a qualche decina di anni fa i delitti di cui parlavano i
giornali erano molto simili a quelli che si trovavano nei romanzi
gialli. C'erano persone che avvelenavano chi si metteva tra loro e
un'eredità, donne che attiravano le loro rivali in amore in una villa
isolata e le colpivano a morte con un asciugacapelli, e piccoli
impiegati di banca apparentemente innocui che rubavano miliardi ai loro
datori di lavoro per soddisfare i desideri delle donnine allegre di cui
si erano innamorati e per le quali avevano organizzato l'eliminazione
delle loro noiose mogli.
Ereditiere, case di campagna, ville sontuose, gelosia, cedimenti alla
lussuria a lungo repressa e la nascita di progetti omicidi nella mente
di persone fino a quel momento rispettabilissime erano temi ricorrenti.
I giornali spesso dedicavano pagine e pagine a storie assolutamente
identiche alla trama di romanzi gialli che allora erano estremamente
popolari e oggi lo sono ancora di più.
Delitti del genere
vengono ancora commessi. È cambiato solo
quello che decidiamo di raccontare, e il modo in cui i giornali e le
riviste lo raccontano.

Non solo ci lasciamo condizionare dalla televisione, ma nelle redazioni
di oggi, dove i giornalisti sono pochi e tendono a consultare Google
invece di uscire per andare a cercare le notizie di prima mano, ci
affidiamo sempre più spesso ai portavoce ufficiali, alle conferenze
stampa e alle ricostruzioni della tv.
Dovremmo resistere a questa tendenza a fare branco e andare a cercare
storie più ricche di dettagli, carattere e complessità. Forse dovremmo
rovesciare la domanda del mio amico e invece di chiederci se il
giornalismo può fornire un eroe alla narrativa, dovremmo domandarci se
la narrativa può ispirare il giornalismo.
È una cosa su cui riflettere: articoli di giornale ricchi di dettagli,
dialoghi, descrizioni, la sensazione di essere sul posto, il tutto di
una lunghezza decente e popolato di personaggi che non sono soltanto
nomi, età e occupazioni. Magari storie scoperte in qualche angolo di
provincia e non i fatti del giorno nella capitale.
In questo modo, forse, sul treno che la mattina mi porta in città, non
vedrei solo lettori immersi nei loro gialli ma anche qualcuno che
sfoglia il giornale.

 
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