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Sanità, la politica è in ritardo

Post n°74 pubblicato il 18 Aprile 2008 da diegomenegon
 

I programmi delle maggiori formazioni politiche sembrano trascurare le esigenze di riforma del sistema sanitario, mentre sembrano troppo timidi i passi in avanti compiuti con la finanziaria ed il recente decreto del Ministero della salute sui fondi sanitari integrativi.

La sanità è da decenni il settore in cui si riversano gli effetti negativi della cattiva politica e, al tempo stesso, in cui i crescenti bisogni di una società che invecchia richiedono soluzioni rapide ed efficienti. Già ai tempi di tangentopoli i casi più numerosi ed eclatanti interessavano il settore sanitario. In tempi più recenti alcuni scandali hanno evidenziato come i criteri politici prevalgano su quelli di merito nella gestione della sanità pubblica. Emerge un quadro in cui quel mercato che dovrebbe soddisfare un bisogno sociale di grande preminenza, risulta invece governato alla stregua di campo conteso dalla politica a fini elettoralistici. L’errore più diffuso è quello di riversare ogni responsabilità ad uno o pochi soggetti, colti in flagrante. Si tende così a distogliere lo sguardo dalla causa prima, che risiede nel funzionamento del sistema pubblico.

Ciò aggrava una situazione già critica alla luce della crescita della domanda di prestazioni sanitarie di un società che invecchia. La spesa sanitaria affrontata dallo Stato ha da tempo superato la soglia dei 100 miliardi di euro all’anno e le difficoltà incontrate in questi anni da regioni come il Lazio è sintomatico di un sistema che fatica a reggere il ritmo della domanda. Ne consegue che il ruolo svolto dai soggetti privati diventi centrale nell’affiancare il pubblico sia nel suo compito di “finanziatore”, che di erogatore di prestazioni. La quota di spesa sanitaria privata rappresenta ormai il 30% della spesa totale, ed ammonta al 2,2% del Pil, a fronte di una spesa pubblica pari ormai al 6,2% della ricchezza nazionale prodotta (negli anni Novanta si aggirava attorno al 5,5%). Alla questione etica a cui ho fatto cenno in principio, si aggiunge quindi un problema di sostenibilità strutturale che richiede un ripensamento generale del settore.

Andando ad esaminare più in dettaglio gli impegni che le due maggiori formazioni politiche hanno preso in questa campagna elettorale, troviamo le proposte inerenti la sanità rispettivamente alla lettera m) della sesta azione di governo, dedicata allo stato sociale, del programma del Partito Democratico e al capitolo 4, paragrafo 1 del programma del Popolo delle Libertà. Entrambi le formazioni politiche si impegnano a proseguire le politiche avviate dai precedenti governi per la riduzione delle liste d’attesa e ad investire in ricerca, nuove tecnologie e strutture, soprattutto al Sud. Un altro punto in comune riguarda le nomine dei manager delle aziende pubbliche, che dovrebbe valorizzare il merito introducendo graduatorie e concorsi pubblici. In alternativa, il Partito Democratico propone la selezione da parte di una commissione regionale di tre tecnici dei Direttori Generali delle ASL. Resta da capire, nel primo caso, da chi debbano essere nominati i tre tecnici affinché prevalga il criterio di merito anziché politico nell’iter di selezione. Il PD prevede poi un sistema nazionale-regionale di valutazione dei risultati del SSN, già delineato dal ddl del Governo Prodi sulla “Qualità e sicurezza del SSN. Una proposta programmatica della formazione di Walter Veltroni interessa in modo specifico l’odontoiatria, prospettando la creazione di un Fondo odontoiatrico promosso dal pubblico e contribuito volontariamente dai cittadini. La proposta ha il merito di intervenire su un campo in cui la spesa out of pocket è ragguardevole, ma ha il difetto di trascurare le soluzioni che il vivace settore dei fondi no profit offrono o potrebbero meglio offrire, per insistere su un nuovo strumento di cui non si può esser certi della funzionalità.

Il programma del Popole delle Libertà propone inoltre la riforma della legge 180/78 precipuamente per quanto riguarda il trattamento sanitario obbligatorio dei disturbati psichici e l’attuazione della legge contro le droghe e il potenziamento dei presidi pubblici e privati di prevenzione e di recupero dalle tossicodipendenze. Una rapida lettura dei programmi di PD e PDL ci suggerisce l’idea di una politica attenta all’immediato e poco propensa alle riforme di ampio respiro per affrontare dinamiche di lungo periodo. Per il futuro si enunciano affermazioni di principio (ricerca, settori innovativi, investimenti), senza entrare nel concreto. Ciò si traduce in una politica che non guarda con la dovuta attenzione alla necessità di ridefinire il ruolo del settore pubblico e privato nell’erogazione di prestazioni sanitarie dirette e nell’offerta di strumenti finanziari per l’intermediazione della spesa sanitaria.

La componente privata assume una funzione sempre più importante e non svolge più nemmeno un ruolo meramente complementare, ma spesso si sovrappone al sistema sanitario nazionale. Le difficoltà di accesso al servizio pubblico spingono i cittadini a “far da sé”. Una prima difficoltà è rappresentata dal fatto che spesso i privati cittadini non hanno strumenti adeguati per razionalizzare la propria spesa. Gli esborsi out of pocket, quindi, costituiscono una voce eccezionalmente alta in Italia, superiore di circa il 50% rispetto a quella che si registra in Germania. Questa situazione è strettamente connessa allo scarso sviluppo del ramo malattia nel sistema assicurativo, che oggi rappresenta una quota pari al 3%, e dei fondi sanitari integrativi, che oggi riuniscono circa 700-800 mila iscritti e 2 milioni di utenti. Da un lato, quindi, le inefficienze del sistema sanitario nazionale, vuoi per ragioni di cattiva gestione politica, vuoi per le difficoltà strutturali del mercato a rispondere a dinamiche comuni a tutte le società occidentali, spingono il cittadino a rivolgersi a strutture private e a richiedere prestazioni non coperte dal SSN. Dall’altro, fattori di ordine sia economico che giuridico reprimono il settore privato.

Le problematiche giuridiche insistono sulle lacune della normativa italiana in materia. La riforma sanitaria ha avuto negli anni Novanta un ritmo sincopato e gli articoli in finanziaria fino all’ultimo decreto del ministero della Salute sono stati ispirati dalla logica tutta italiana di provvedere all’immediato senza la dovuta visione d’insieme e lungimirante. Ma questo è una costante che si riscontra in molti campi ed è connessa a un sistema istituzionale che manca di decisionalità. Di fatto, chi opera nel settore dei fondi e delle assicurazioni sanitarie si muove in un terreno incerto, senza strumenti di governance e senza confini sicuri su cui muoversi per inserirsi in un mercato che necessiterebbe di essere solido e competitivo.
Il principale fattore economico che frena lo sviluppo del settore sanitario privato è dato dalla particolare modalità di spesa. Il cittadino si trova a pagare sempre due volte. Come contribuente, sostiene in buona parte il servizio sanitario nazionale nella sua missione di offrire una copertura universale. Come utente del SSN paga il ticket, completando la copertura dei costi della sanità pubblica. Se si rivolge a strutture private, non beneficia del sistema che sostiene con il fisco e destina risorse ulteriori per le prestazioni sanitarie (con l’eventuale intermediazione di fondi o casse o polizze assicurative).

Chiaramente la domanda crescente stimolerebbe lo sviluppo di un settore sanitario privato più attento a bisogni anche diffusi. Tuttavia la doppia imposizione rende proibitiva la scelta a favore del settore privato per larghe porzioni della popolazione. L’offerta di servizi e di intermediazione da parte di soggetti privati viene così compressa.
Un recente decreto del Ministero della Salute conferma gli incentivi fiscali per i fondi sanitari integrativi che erogano determinate prestazioni. Ciò rappresenta un importante passo in avanti perché delinea un campo in cui casse, società di mutuo soccorso e altri fondi no profit possono operare per consentire una gestione della spesa sanitaria privata da parte degli iscritti secondo modalità solidaristiche, laddove il Servizio Sanitario Nazionale rinuncia a garantire la propria copertura.
Il modello dei tre pilastri verso cui il legislatore italiano si è orientato negli anni Novanta da un lato non trova compiutezza, dall’altro mostra già i suoi limiti.

L’incompiutezza è data dall’esiguità dei benefici fiscali offerti. I limiti risiedono nella limitatezza delle prestazioni che possono essere offerte in questo regime e nel mancato sviluppo del terzo pilastro, quello assicurativo. La scarsa attenzione rivolta allo sviluppo di questi due pilastri trova ragione in una innata diffidenza nei confronti del settore privato in un campo come quello della salute e nella convinzione che sia compito dello stato non solo garantire la possibilità di fruire delle prestazioni sanitarie a tutti, ma anche quello di erogarle al riparo dalle logiche di mercato. In realtà l’art. 32 della Costituzione italiana afferma che “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”. In linea di massima potrebbe anche garantire il diritto alla salute agli indigenti senza servirsi di strutture proprie e semplicemente coprendo la spesa sostenuta dai privati cittadini (out of pocket o quote o polizze) in maniera inversamente proporzionale al reddito, fino a rendere gratuite appunto le cure a chi, in stato di bisogno, non può permettersele. In ogni caso, senza metter in discussione il servizio sanitario nazionale (procedimento logico comunque utile), usare il mercato e la concorrenza per consentire al cittadino di poter scegliere tra intermediari ed erogatori diretti di prestazioni sanitarie più efficienti.

Si tratta quindi di concedere nuovi spazi a fondi, assicurazioni, strutture private per superare il modello di integrazione statica (il termine stesso di “pilastri” suggerisce l’idea della staticità) ed approdare ad un modello di integrazione sinergico e dinamico tra i veicoli della spesa sanitaria e il sistema pubblico e privato.

Diego Menegon

www.decidere.net

www.valoresrl.it

 
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