Creato da middlemarch_g il 24/01/2008
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Parva licet

Post n°673 pubblicato il 07 Luglio 2011 da middlemarch_g
 

Da quando vivo in Veneto mi sono appassionata alla lettura dei giornali locali. Mi diverto molto più a leggere il Mattino di Padova che La Repubblica. Partendo dal presupposto che è comunque hyperfiction con una scarsissima connessione con la verità dei fatti, la versione locale almeno ha il privilegio di possedere quelle suggestioni da Piccolo Mondo Antico che mi piacciono tantissimo.

 

Oggi nelle utlime pagine compariva l’annuncio della morte di una donna di 43 anni per una malattia di quelle che da sempre si preferisce chiamare incurabile piuttosto che cancro, perché pare che usando due parole al posto di una, la malattia si intimorisca e si tenga lontano da chi scrive e da chi legge. Misteri della lingua. Comunque, il trafiletto centrale diceva:  lavorava da anni all’Ipercoop al banco latticini. Proprio a causa del suo lavoro era molto conosciuta per il suo calore e per la sua affabilità.

 

Mi sono commossa. E quando me ne sono accorta ho cercato di capire perché. Ho pensato che c’è più di una ragione. In parte dipende dal fatto che crescere a Roma vuol dire avere un rapporto molto diverso con la cronaca locale. In primo luogo perché te la pubblicano sugli stessi giornali che sono anche a tiratura nazionale e non devi comprare una cosa a parte. E in secondo luogo perché anche quando sono in cronaca, quasi tutte le questioni di rilievo hanno un riflesso sulle vicende nazionali. In effetti a Roma non esiste una vera e propria percezione di località comparabile alla provincia. A Roma è più una cosa del tipo: se vivi qua, bene. Sei nel posto giusto. E se non vivi qua vuol dire che non conti un cazzo ed è un problema tuo. Poi incide anche il fatto che di riffa e di raffa siamo 4 milioni. Quante persone moriranno prematuramente a Roma di malattia ogni santo giorno? Dieci? Venti? Non puoi scrivere di tutti, evidentemente.

 

E invece sono le cose come queste che dovrebbero contare, anche se ce lo dimentichiamo per appassionarci alle vicende di tutta quella melma istituzionale e gerarchica che non sarebbe neanche degna della nostra pietà. Sono le persone come questa donna - si chiamava Caterina - che lavorano nei supermercati, fanno figli, pagano le tasse, gioiscono alle feste di matrimonio col vestito buono oppure si disperano alla morte di un parente dentro una camera ardente; le persone che tirano la carretta accendendo mutui trentennali per pagare una casa da 150 mila euro, che risparmiano sul parrucchiere per regalare il motorino ai figli, le persone che per fare festa al sabato si va tutti da McDonald  perché te la cavi con 25 euro in quattro. Quelle che escono di casa ogni mattina che piova o tiri vento perché non ci sono alternative e non solo - perché il fatto in sé potrebbe essere un frutto senza meriti della pura necessità. Ma no, non è solo questo: si esce di casa che piova o tiri vento perché si deve, ma anche perché va bene così. Gente che lavora una vita al banco latticini. E che si fa rimpiangere per la sua affabilità. Il paese civile. E non lo dico per assolverlo. C’è pieno di stronzi anche lì, non mi sogno di rifilare a nessuno la variante postmoderna del buon selvaggio, che non mi pare il caso. Ma non ci sono solo stronzi.  Ci sono gli uomini e le donne che piacevano a Borges:

Un uomo che coltiva il suo giardino, come voleva Voltaire.

Chi è contento che sulla terra esista la musica.

Chi scopre con piacere una etimologia.

Due impiegati che in un caffè del Sud giocano in silenzio agli scacchi.

Il ceramista che intuisce un colore e una forma.

Il tipografo che compone bene questa pagina che forse non gli piace.

Una donna e un uomo che leggono le terzine finali di un certo canto.

Chi accarezza un animale addormentato.

Chi giustifica o vuole giustificare un male che gli hanno fatto.

Chi è contento che sulla terra ci sia Stevenson.

Chi preferisce che abbiano ragione gli altri.

Tali persone, che si ignorano, stanno salvando il mondo.

 

Le persone che si ignorano e che stanno salvando il mondo, appunto. Che piacevano a Borges. E che piacciono anche a me.

Fa’ buon viaggio, Caterina. Hai lasciato un solco più profondo tu al tuo banco latticini, di tutta una generazione di miserabili che avrebbe dovuto rappresentarti mentre non sarebbe stata degna nemmeno di lavarti i piedi la sera del giovedì santo. Nè in senso letterale, nè in quello figurato.

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Commenti al Post:
viperovip
viperovip il 07/07/11 alle 19:07 via WEB
Mì, sarebbe un post da lasciare così, senza commenti. Però quando si tocca Roma, o meglio quando si suscitano ricordi su quella che è stata una vita a Roma... 'gna faccio. Sarà che ho vissuto in periferia, tra la gente de borgata dove ogni palazzo era un paesello. La spesa era un affare quotidiano fatto di spiccioli e bilancino, attorno ai banchi del mercato e dentro al fornaio o dal norcino. Sapevi chi apriva il negozio dal rumore della saracinesca: "eccallà, er sor Peppino 'stamattina c'ha la sciatica, j'ha aperto Gertrude". Si sapeva tutto di tutti e non c'era bisogno di giornali che informassero che il quartiere non sarebbe più stato lo stesso, senza Angelo il barbiere. Per certi versi, quella Roma era molto ma molto più provinciale delle province stesse. E molti di noi, senza i crediti di quei commercianti, mutui? maddechè, manco la pigione s'arrivava a pagà. E' finita che hanno preso il sopravvento gli stronzi, purtroppo. (però è vero eh: se nun vivi a Roma nun conti un cazzo ;o)
 
 
middlemarch_g
middlemarch_g il 11/07/11 alle 08:22 via WEB
Mhhh, non so. Non voglio mica dire che Roma non abbia i suoi lati tremendamente provinciali, anzi, tutt'altro. Se c'è una città provinciale per eccellenza è lei. Mai stata Parigi, nel bene e nel male. Io mi riferivo più all'autopercezione di chi ci abita.
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
ganfione il 08/07/11 alle 10:48 via WEB
amen, sorella. ma siccome sono un pistino nato, la lavanda dei piedi si fa il giovedì (tanto fa lo stesso, quelli di cui parli sarebbero capaci di farci mettere un orologio alla caviglia per avere l'opportunità di fregarcelo).
 
 
middlemarch_g
middlemarch_g il 11/07/11 alle 08:21 via WEB
Ehh, qualche ora dopo ci ho pensato anch'io. Mi sono detta: ma il venerdì santo Gesù non c'aveva altro da fare che lavare i piedi? Emmesà, si, che anche volendo, non avrebbe proprio potuto. Ma a quel punto ormai ero partita per il week end e non potevo più porre rimedio. Poi secondo me quando dici una cazzata hai al massimo 24 ore di tempo per costituirti, come quando investi uno e poi scappi. Se non lo fai, devi assumerti le tue responsabilità. E convivere con l'onta per il resto della tua vita. Quindi lascio l'errore lì dov'è a dimostrazione che anche io disto parecchio dalla perfezione. Cos'è un pistino, a proposito?
 
   
Utente non iscritto alla Community di Libero
ganfione il 11/07/11 alle 11:00 via WEB
uno scassacazzi precisino che ti rompe con queste precisazioni, per esempio.
 
ms.spoah
ms.spoah il 12/07/11 alle 18:24 via WEB
Che te lo dico a fa': ti voglio bene assai :-)
 
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