Creato da middlemarch_g il 24/01/2008
'Fallisci meglio' è il mio secondo nome
|
« Irresistibile | Le cose cambiano » |
Fino a un minuto fa in questo post si poteva leggere la stessa poesia di Neruda che compare anche ora, e altre considerazioni mie molto diverse da queste. Ma poi ho ricevuto una lezione significativa sull'importanza del non recriminare, e del lasciare che le cose siano, in qualsiasi modo scelgano di presentarsi ai nostri occhi, senza il peso del giudizio.
Allora ho deciso che mi tengo la poesia come se l'avessi davvero meritata, perché è magnifica. E tutto il resto lo cancello perché non ne ho alcun bisogno.
Corpo di donna, bianche colline, cosce bianche,
assomigli al mondo nel tuo gesto di abbandono.
Il mio corpo di rude contadino ti scava
e fa scaturire il figlio dal fondo della terra.
Fui solo come un tunnel. Da me fuggivano gli uccelli
e in me irrompeva la notte con la sua potente invasione.
Per sopravvivere a me stesso ti forgiai come un'arma,
come freccia al mio arco, come pietra per la mia fionda.
Ma viene l'ora della vendetta, e ti amo.
Corpo di pelle, di muschio, di latte avido e fermo.
Ah le coppe del seno! Ah gli occhi d'assenza!
Ah le rose del pube! Ah la tua voce lenta e triste!
Corpo della mia donna, resterò nella tua grazia.
Mia sete, mia ansia senza limite, mio cammino incerto!
Rivoli oscuri dove la sete eterna rimane,
e la fatica rimane, e il dolore infinito.
Great expectations
I miei Blog Amici
VITA FUORI DA DIGILAND
Ho sempre tentato. Ho sempre fallito. Non discutere. Prova ancora. Fallisci ancora. Fallisci meglio.
Samuel Beckett
Tag
Area personale
Cerca in questo Blog
Menu
Chi può scrivere sul blog
Cerca in questo Blog
Middleroots
Ultimi commenti
Inviato da: cassetta2
il 04/12/2023 alle 16:37
Inviato da: What weather today
il 12/04/2022 alle 11:36
Inviato da: Weather
il 12/04/2022 alle 11:36
Inviato da: Weather forecast
il 12/04/2022 alle 11:36
Inviato da: Meteo
il 12/04/2022 alle 11:35
2010
Ci siamo dati da fare altrove
Confermo i miei atti e rido dei miei castighi. E adesso condannatemi
Rosa Luxemburg