Universo personaPedagogia clinica & dintorni |
“Ogni persona brilla con luce propria fra tutte le altre. Non ci sono due fuochi uguali, ci sono fuochi grandi, fuochi piccoli e fuochi di ogni colore. Ci sono persone di un fuoco sereno, che non sente neanche il vento, e persone di un fuoco pazzesco, che riempie l´aria di scintille. Alcuni fuochi, fuochi sciocchi, né illuminano né bruciano, ma altri si infiammano con tanta forza che non si puó guardarli senza esserne colpiti, e chi si avvicina si accende”.
(Eduardo Galeano)
AMBITI DI INTERVENTO
L’intervento di aiuto per soggetti in età pre-scolastica e scolastica trova orientamento a seguito di un percorso diagnostico ed è rivolto alle abilità: espressivo/elocutorie, organizzativo/motorie,
comunicativo/relazionali
e apprenditive.
In accodo con la famiglia è previsto un coordinamento tra il pedagogista clinico e la scuola al fine di favorire un’utile integrazione tra l’intervento di aiuto dello specialista e l’iter educativo scolastico.
L’intervento di aiuto a favore di singoli adulti viene garantito da una diagnosi e dalla scelta di tecniche appropriate e armonizzate in modo flessibile, capaci di sostetare la scoperta, la conoscenza e l’accettazione di sé, placare le tensioni, mantenere vivo l’equilibrio delle emozioni, assumere una ritrovata fiducia, muoversi positivamente verso gli obiettivi desiderati. Interventi che predispongono ad andare oltre il disagio fino a modificare positivamente le abitudini, le regole di vita e il comportamento.
Le coppie e i gruppi trovano nelle diverse tecniche e modalità di utilizzo, occasioni importanti per uscire dal disordine e dal caos, conoscere e affrontare i rischi e le delusioni esistenziali. Ogni singolo ha l’opportunità di attingere alla propria fonte viva di significati e di risorse per acquisire un adeguato stile relazionale e comunicativo.
Altri interventi di aiuto condotti dal pedagogista clinico sono rivolti:
× all’orientamento scolastico
× alla formulazione di itinerari educativi di aggiornamento e formazione per il personale delle scuole e per gli educatori presenti in enti pubblici e privati
× al sostegno alla genitorialità.
PRESENTAZIONE DELLA PROFESSIONE.
METODI
Educromo, per il recupero della capacità di lettura; Writing Codex, per la codifica scrittoria; Eucalculia, per il potenziamento delle abilità logico- matematiche; Edumovment, per lo sviluppo delle potenzialità organizzativo-motorie; InterArt, per lo sviluppo della creatività; Body Work, Trust System, DiscoverProject, TouchBall per favorire la conoscenza e la coscienza topografico-corporea; Musicopedagogia, per il potenziamento delle capacità comunicative e interazionali; Memory Power Improvement (MPI), per lo sviluppo dell’attentività e della mnesi;
Bon Geste, per favorire abilità grafo-gestuali; Training Induttivo (TI), metodo di rilassamento per fronteggiare gli stati di disagio psi-fisico; Metodo Ritmo-Fonico, Coreografia Fonetica, Vibro Vocale, per lo sviluppo delle espressività e della comunicazione orale; Metodo Self, per il risveglio delle abilità nell’autonomia e coscienza di sé; Metodo Feeding, per migliorare la funzione masticatoria; Reflecting, per favorire lo sviluppo del sé; Semiotica Senso-percettiva, per facilitare l’interazione; PsicoFiabe, per stimolare l’immaginazione; Cyberclinica, PictureFantasmagory, ClinicalMentalPicture per favorire rinforzi ergici e nuove disponibilità al rapporto.
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Post n°39 pubblicato il 01 Agosto 2011 da pedagogista72
E' un dovere morale, ma ancor più è un dovere stabilito dalla legge, la denuncia di violenze e abusi ai danni di un minore: l’ art. 331 c.p.p. stabilisce che la denuncia sia un obbligo “da parte di pubblici ufficiali e incaricati di pubblico servizio”, l’art 361 c.p. detta che l’omissione della segnalazione costituisce un reato e la legge n. 66/1996 decreta nei casi più gravi di maltrattamento fisico, psichico o sessuale, che tali reati siano perseguibili d’ufficio, ovvero anche senza querela della parte offesa, in quanto prevale la protezione e tutela di soggetti che non sono in grado di difendersi. Perché si verifichi il reato grave di condotta aggressiva ai danni di un minore, questo comportamento deve risultare tale da rappresentare una modalità relazionale, negli altri casi (saltuari) sono comunque previste punizioni, seppur meno gravi. Non è forse la presenza di uomini capaci di violenze crudeli e distruttive il male più grave della società, quanto l’indifferenza, la disattenzione e l’inaffettività che circondano le vittime di tali eccessi. A tale inconsistenza emotiva si aggiunge troppo spesso il pregiudizio nei confronti dei racconti dei bambini, tacciati di fantasticare, la convinzione aprioristica che vede negli educatori, genitori, preti, animatori… persone di per sé esenti da azioni depravate e, ancor più, la difesa psicologica di chi fugge l’ascolto empatico di vissuti di impotenza e dolore. …ed ecco, in taluni casi, i prodromi di vite spezzate dalla droga, dalla prostituzione e da disequilibri mentali, di chi rimane due volte vittima, a causa di una società adultistica, che non ha saputo ascoltare e intervenire, poco disposta ad affrontare taluni delicati problemi, se non nei termini dello scoop giornalistico e televisivo.
“… ma quanti sono quei faccini |
Post n°37 pubblicato il 26 Luglio 2011 da pedagogista72
La musica viene accolta in più metodi pedagogico clinici come strumento d’aiuto, in percorsi che sono plurisensoriali. La cornice di riferimento è sempre data, infatti, dalla concezione olistica della persona, di cui si stimolano le connessioni tra le varie esperienze: cognitive, sensoriali, emotivo-affettive, corporee etc… Sono offerti al soggetto nuovi ed inesplorati ambiti d’espressione e comunicazione, attraverso positive esperienze di interazione e scambio. Mediante l’uso dell’elemento sonoro, ritmico, spazio/temporale e/o vibratorio, ai partecipanti alle attività viene data l’opportunità di potenziare le capacità comunicative ed interazionali.
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“Questo blog, ma ciò è un mio parere, si sta trasformando in un luogo di confronto, il che è assolutamente anomalo per un contenitore che rimane uno spazio personale a cui affidare le proprie emozioni e propagandare i propri interessi, di qualsiasi natura. Lo stiamo snaturando da quella che è la sua funzione principale a causa dei continui interventi esterni di cui mi faccio carico in prima persona, ma l’impeto, la voglia di partecipare, lo stimolo che viene destato dai contributi dell’autore, fanno si che, quello che doveva essere un “momento intimo”, diventasse invece “l’Agorà”. (14/07/2011 - Piedimonte_1978) C’era una nota di rammarico in queste parole, l’autore quasi si scusava dei suoi “interventi esterni”, di quell’impeto che lo spinge all’espressione delle proprie idee e al confronto su argomenti di natura universale, in quanto riguardanti l’essere umano e l’esistenza, ma la mia reazione era ben diversa dalle sue considerazioni. Mentre leggevo quelle parole, il mio sorriso si allargava in un moto di soddisfazione e la mente sostava sul ricordo di alcuni seminari universitari, tenutisi in presenza di Danilo Dolci: poeta, pedagogista e pacifista. In quelle occasioni Danilo Dolci rese protagonisti noi studenti dell’arte della maieutica, mentre le idee prendevano forma nel fluire ordinato del dialogo partecipato tra i banchi, alla scoperta di soluzioni condivise. |
Post n°31 pubblicato il 22 Luglio 2011 da pedagogista72
“La resilienza corrisponderebbe alla capacitá umana di affrontare le avversitá della vita, superarle e uscirne rinforzato o, addirittura, trasformato” (Grotberg, 1996). |
Qualche anno fa, durante una lezione, un esperto di Consulenza Tecnica e Peritale, affermò che nel tempo si è scoperto che il peggiore dei genitori (a meno che non sia a rischio l’incolumità del figlio) sia da preferirsi al miglior istituto per minori e che tanti assistenti sociali, in buona fede, hanno prodotto danni notevoli, separando dei bambini da genitori inadeguati o da suffragati. Chiusa questa parentesi, utile per comprendere la valenza della famiglia e delle figure genitoriali nella vita di un individuo, è indubbio ci sia in atto un cambiamento sociale tale da modificare assetti e dinamismi familiari tradizionali. Alcuni motivi sono rintracciabili: nel cambiamento del ruolo della donna e nella sua indipendenza economica, nella nascita di coppie di diversa cultura, provenienza sociale ed etnia, nella ridefinizione della genitorialità (soprattutto paterna), nelle richieste e tempi dell’odierna società, negli aumentati fattori di stress del vivere quotidiano. Si potrebbe approfondire il discorso traendo da ciascuno di questi fattori di cambiamento, e da altri, le conseguenze all’interno delle relazioni familiari e così evincere numerosi motivi di criticità, ma anche di rinnovamento positivo. Quello su cui mi sento di soffermarmi, tuttavia, in questa sede, concerne alcune mie riflessioni a proposito delle relazioni interne alla famiglia. Io trovo in generale una possibilità di risposta ad alcune situazioni di squilibrio, cui spesso si assiste, nella soddisfazione dei principi di condivisione e di relazione. Nella CONDIVISIONE c’è la possibilità per ciascun membro del nucleo familiare di sentirsi parte integrante della stessa. A ciascuno è riservato un ruolo e, connesso ad esso, una responsabilità che lo fa crescere come singolo, oltre a costituire un contributo per il gruppo famiglia. Nella condivisione, che non è solo di esperienze, ma anche degli assunti etici, che sono il collante delle relazioni, si trova la possibilità reale di essere e agire insieme, di compattarsi e sentirsi parte integrante del nucleo familiare. Si profilano costantemente nuovi equilibri, la cui conquista appartiene a ciascuno e, proprio perché condivisa, è vissuta con gratificazione. E’ opportuno precisare che quando si parla di condivisione non si esclude lo spazio personale di azione e che dunque le individualità non vengono cancellate, ma valorizzate. Il secondo principio, quello della RELAZIONE, mi piace in modo particolare. Mi consente di parlare del dinamismo familiare. La relazione ben rende il valore della storia di una famiglia, della gradualità con cui si costituiscono i rapporti, come si sono evoluti e quale prospettiva hanno di sviluppo. L’incontro tra persone, se è tale, è sempre rispettoso, dinamico e creativo. Le famiglie per questa ragione sono diverse e tutte interessanti, come le persone, che con la loro specificità le compongono e ne definiscono l’aspetto e la dinamica. |
Post n°29 pubblicato il 19 Luglio 2011 da pedagogista72
E’ proprio vero che per accogliere realmente l’altro occorre “tollerare di non sapere cosa incontreremo. L’incontro e l’ascolto sono un’avventura ed è solo l’altro che ci può indicare la strada, passo dopo passo.” (G. Blandino, P. Cavaglià) Ascoltare comporta un impegno mentale ed emotivo non indifferente: lontano da sterili forme di passività, richiede uno sforzo di comprensione e un atteggiamento di partecipazione sgombri da preconcetti e schemi cataloganti. In Pedagogia clinica l'ascolto dell’altro è richiesto praticamente sempre, in ogni forma, circostanza e attività, ma in particolare durante il momento del colloquio anamnestico. La raccolta della storia dell’individuo, scandita dagli avvenimenti incisivi e le reazioni ad essi, avviene senza un cliché fatto di domande o una modalità inquisitoria. Rispettando il fluire del racconto che la persona fa di sé, in un clima di fiducia e accoglienza benevola, il Pedagogista clinico regola i suoi interventi, con l’intento di recepire motivazioni profonde, stili di vita, ansie, necessità, risorse …, nella consapevolezza di quanto sia delicato questo compito. Egli fin dal primo istante dell’incontro avvia con la persona una comunicazione che si rende verbale ed extraverbale insieme e che restituisce un senso e un significato nuovi ai vissuti. |
Post n°27 pubblicato il 16 Luglio 2011 da pedagogista72
Tra quelle lette, faccio mia la definizione di I. Filliozat che, partendo dall’analisi etimologica della parola “e-mozione”, ce la descrive come un “movimento da-verso”, un impulso che nasce dentro di noi ed è indirizzato a tutto ciò che ci circonda, una sequenza di eventi che ci mette in contatto con noi stessi e in relazione con il mondo esterno. L’emozione, qualunque sia la sua natura, è suscitata da uno stimolo (ricordo, pensiero,evento agito o subito …) ed è più rapida di un qualsiasi percorso razionale nel guidarci su ciò che amiamo e ciò che respingiamo: importante al pari nella vita intrapsichica e nei rapporti interpersonali, ci fa sentire vicini o distanti dagli altri. La teoria principale di rifermento ad uso del Pedagogista clinico è di R. Plutchik, che parlò di emozioni, suddividendole in primarie e secondarie, catalogando nella prima specie aspettativa, gioia, fiducia, paura, sorpresa, tristezza, disgusto e rabbia, nella seconda specie i sentimenti più complessi. Non mi soffermo qui su questi approfondimenti teorici, in quanto la mia analisi parte dalla constatazione di quanto siamo abituati ad enfatizzare i processi cognitivi a discapito della sfera emozionale, tanto da ritenere, con una propensione radicata nei secoli, che ragione e sentimento siano opposti. Poco ci accorgiamo di quanto le nostre emozioni impegnino la vita mentale, di come filtrino la nostra interiorità ed esteriorità e della loro utilità nel segnalare gli avvenimenti importanti per l’individuo, a fronte dei quali porre in atto comportamenti idonei alla gestione. Esse sono chiamate in causa anche nei processi organizzativi della memoria, posto che quando richiamiamo alla mente un’esperienza o un ricordo, non evochiamo l’immagine originale, ma una sua ricostruzione. Ancor più, le emozioni sembrano rendere ragione dell’universalità tra gli uomini, infatti, al di là delle diversità di linguaggio e cultura, si manifestano con stessi segnali somatici e identiche sensazioni fisiologiche.
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Post n°26 pubblicato il 13 Luglio 2011 da pedagogista72
Sinergia: vorrei seguisse questo criterio la lettura del mio blog, che andasse oltre l’organizzazione diacronica suggerita dalle pagine e dalle date. Inscindibili, infatti, sono gli ambiti della persona, così come le facce di un prisma, che illuminato produce riflessi di luce variopinta. Lascio a chi legge la libertà di commentare quello che scrivo, riservandomi la censura soltanto per ciò che riterrò di cattivo gusto. Esporsi, infatti, implica accettare la critica, ma sono convinta che un professionista debba esprimere e saper sostenere il pensiero maturato circa tematiche di sua pertinenza, a meno che non dia vita ad un “ricettario” senz’anima. Non pensavo di ricevere elogi pubblici e commenti così importanti per spessore culturale, proprietà lessicale e capacità di analisi del fenomeni, come quelli di Filos e Piè (mi sono presa la licenza di chiamarvi così, posso?), ma al momento mantengo l’idea originaria di contenitore espositivo, tacendo in zona commenti. Ziz-zagando tra vecchi e nuovi contributi inseriti, cerco di offrire un’immagine dei presupposti della Pedagogia Clinica, oltre che un ritratto di me stessa fatto di parole, musiche, immagini e piccole evasioni. Immagino che in tanti leggeranno sorpresi un post così stravagante, ma che io abbia una dimensione “ludica”, penso non sia più un mistero. Ormai ho un pensiero assiduo per questo spazio e attendo con entusiasmo le voci e le storie che si intrecceranno, o che continueranno a farlo, con l’augurio che chi passi comprenda quanto sia un innocente imbroglio questo mio SILENZIO.
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TI HO DETTO: "FACCIO IL DURO.
Il problema dei bullismo è complesso da sviscerare. Molta importanza pare abbiano i processi imitativi. A meno che non si parli di vere e proprie aree di disagio sociale, Wrestling, videogiochi, recenti cartoni animati, giochi per l'infanzia... tutti contribuiscono ad alimentare comportamenti aggressivi o comunque a tollerare la violenza, perché la portano nelle case, anche dove non ci sarebbe, ma soprattutto ciò avviene in un'età in cui il confine tra realtà ed immaginazione è molto sottile. Tante scene di guerra, ad esempio, vengono vissute da un bambino non come immagini lontane, ma come appartenenti al suo spazio d’azione, cioè come se ne facesse parte. |
Composta da un personal computer, un grande touchscreen collegato e un software specifico con varie applicazioni, la L.I.M. (lavagna interattiva multimediale) è la lavagna di nuova generazione tecnologica, che da qui a breve farà ingresso nelle nostre aule. Con essa è possibile volta per volta sviluppare un iter di costruzione del sapere, attraverso le fonti materiali in dotazione (immagini, oggetti, registrazioni), gli apporti personali su PC (audio, video, testi, immagini…) e l’interazione con il mondo esterno (web). L’approccio richiesto è semplice e intuitivo, sviluppa in modo spontaneo competenze informatiche e sembra essere particolarmente utile per l’acquisizione di tutte le discipline, in special modo delle lingue straniere. La partecipazione attiva degli alunni alla lezione o all’interrogazione, resa possibile dal touchscreen e dai vari comandi, è coinvolgente: aumenta la motivazione e favorisce la creatività nell’uso personale degli elementi disponibili, in un reversibile processo di analisi e sintesi delle conoscenze. Corroborato da video, suoni e immagini, l’insegnamento diventa più accessibile e di facile fruizione, anche per i meno dotati. La possibilità offerta di esportare tramite e-mail il prodotto realizzato con la classe, infine, fornisce un utile supporto per l’impegno individuale a casa. Volendo ancora continuare con alcune considerazioni, sembra necessario valutare che l’uso della L.I.M., facilitatore che induce all’attenzione e alla concentrazione costanti, non solleva gli insegnanti dall’educare alle stesse, in quanto nella fattispecie indotte da un mezzo esterno e non necessariamente facoltà del soggetto. Gli entusiasmi per le innovazioni potrebbero far perdere di vista, soprattutto in un ordine di scuola come la Scuola Primaria, in cui insegno, le caratteristiche evolutive e personali dei bambini, cadendo in un facile nozionismo, riduttivo nella visione degli alunni e d’ostacolo ad una formazione completa e di più ampio respiro: questo vorrei scongiurarlo. |
Post n°22 pubblicato il 07 Luglio 2011 da pedagogista72
Esistente fin dagli albori della storia dell’uomo, la danza nelle antiche civiltà, ed ancora oggi in alcune tribù, esprimeva ogni fondamentale avvenimento del gruppo sociale (nascite, matrimoni, morti), caratterizzandosi per una ritualità associata alla fertilità, al sacro o al magico. La danza è inserita con altre forme d’arte nel metodo pedagogico clinico Inter Art, in quanto offre numerosi stimoli al soggetto ed ha un notevole potenziale terapeutico. Accanto alla finalità di comunicazione gestuale, essa si avvale del movimento ritmico, in quanto il corpo umano che danza segue sempre un determinato ordine cinetico, che affina la percezione dei rapporti temporali e spaziali. La consapevolezza di sé, attraverso la percezione statica e dinamica del proprio corpo, è suscitata dall’interazione tra cinestesia e cenestesia, che generano una forza irradiata in ogni direzione e una sensazione artistica corrispondente alla trasfigurazione della propria personalità e del mondo. Durante l’attività laboratoriale pedagogico clinica, il soggetto danza seguendo il suo respiro, il ritmo del suo stato interiore e il motore energico, che lo spinge a vivere il gesto come parte integrante di sé. |
INFO
BENVENUTO/A NEL MIO BLOG!!!
Ciao a tutti, sono l'autrice di questo blog. Dal giugno 2010, oltre ad essere una maestra di Scuola Primaria, sono diventata un Pedagogista Clinico. Mi sono specializzata con un corso post-laurea promosso dall’ I. S. F. A. R. di Firenze e ho pensato di utilizzare un canale web per far conoscere e valorizzare le mie iniziative nell’ambito dell’aiuto alla persona, cui l’intervento pedagogico clinico è rivolto. Il mio primo lavoro è quello dell’insegnamento, quindi proporrò soprattutto dei progetti indirizzati a soggetti in età scolare, ma ciò non toglie che è mio intento rendere nota questa professione e la validità dei suoi metodi anche in altri ambiti d’intervento e per tutte le età. Ho usato l’espressione “pedagogia clinica & dintorni” in quanto questo contenitore multimediale accoglierà contributi di altra natura, che appartengono alle attività e interessi di chi scrive e che comunque sarà facile distinguere da quanto è strettamente attinente alla professione del pedagogista clinico.
Agli amici, conoscenti e visitatori che a vario titolo contribuiscono ad arricchire questo blog con la loro presenza:
FORMAZIONE PERSONALE
- Laurea in Pedagogia (Università di Messina)
- Specializzazione in Pedagogia Clinica (ISFAR di Firenze)
- Master di II livello in Dirigenza Scolastica (UNICAL)
- Master di II livello in "Dislessia e DSA in ambito scolastico" (UNICAL)
- Insegnante a T.I. nella Scuola dell'Infanzia dal 2002 al 2004
- Insegnante a T.I. nella Scuola Primaria dal 2004 in poi
- Competenze informatiche:ECDL e LIM
- Corsi di aggiornamento, laboratori, attività e progetti vari nelle scuole pubbliche.
LA PEDAGOGIA CLINICA
La pedagogia clinica ha come compiti lo studio, l’approfondimento e l’innovazione nel campo pedagogico, in riferimento a modalità diagnostiche e metodi educativi, volti ad aiutare non solo il singolo individuo, ma anche il gruppo con percorsi di superamento di ogni forma di disagio psicofisico e socio-relazionale. Superando ogni visione miope dell’essere, tale scienza ha fatto della Persona il suo presupposto: l’uomo è considerato nella sua interezza, nella sua complessità, in una visione che è olistica. L’ottica di un’educazione permanente, inoltre, fa considerare ogni individuo in continua evoluzione, dalla nascita alla morte, quindi passibile di rinnovamento e creativi sviluppi di sé e dei propri vissuti. Le persone coinvolte nell’aiuto pedagogico clinico, sia esso rivolto al singolo o al gruppo, sono accompagnate nel raggiungimento di nuovi equilibri e di una rinnovata disponibilità allo scambio con gli altri e con l’ambiente.
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