Universo persona

Pedagogia clinica & dintorni

 

   

AMBITI DI INTERVENTO

L’intervento di aiuto per soggetti in età pre-scolastica e scolastica trova orientamento a seguito di un percorso diagnostico ed è rivolto alle abilità: espressivo/elocutorie, organizzativo/motorie, 
comunicativo/relazionali
e apprenditive.
In accodo con la famiglia è previsto un coordinamento tra il pedagogista clinico e la scuola al fine di favorire un’utile integrazione tra l’intervento di aiuto dello specialista e l’iter educativo scolastico.

L’intervento di aiuto a favore di singoli adulti viene garantito da una diagnosi e dalla scelta di tecniche appropriate e armonizzate in modo flessibile, capaci di sostetare la scoperta, la conoscenza e l’accettazione di sé, placare le tensioni, mantenere vivo l’equilibrio delle emozioni, assumere una ritrovata fiducia, muoversi positivamente verso gli obiettivi desiderati. Interventi che predispongono ad andare oltre il disagio fino a modificare positivamente le abitudini, le regole di vita e il comportamento.

 

Le coppie e i gruppi trovano nelle diverse tecniche e modalità di utilizzo, occasioni importanti per uscire dal disordine e dal caos, conoscere e affrontare i rischi e le delusioni esistenziali. Ogni singolo ha l’opportunità di attingere alla propria fonte viva di significati e di risorse per acquisire un adeguato stile relazionale e comunicativo.

Altri interventi di aiuto condotti dal pedagogista clinico sono rivolti:

× all’orientamento scolastico

× alla formulazione di itinerari educativi di aggiornamento e formazione per il personale delle scuole e per gli educatori presenti in enti pubblici e privati

× al sostegno alla genitorialità.

 gruppo

 

PRESENTAZIONE DELLA PROFESSIONE.

 

METODI

Educromo, per il recupero della capacità di lettura; Writing Codex, per la codifica scrittoria; Eucalculia, per il potenziamento delle abilità logico- matematiche; Edumovment, per lo sviluppo delle potenzialità organizzativo-motorie; InterArt, per lo sviluppo della creatività; Body Work, Trust System, DiscoverProject, TouchBall per favorire la conoscenza e la coscienza topografico-corporea; Musicopedagogia, per il potenziamento delle capacità comunicative e interazionali; Memory Power Improvement (MPI), per lo sviluppo dell’attentività e della mnesi;

Prismograph, per educare al segno grafico;

 

 

Bon Geste, per favorire abilità grafo-gestuali; Training Induttivo (TI), metodo di rilassamento per fronteggiare gli stati di disagio psi-fisico; Metodo Ritmo-Fonico, Coreografia Fonetica, Vibro Vocale, per lo sviluppo delle espressività e della comunicazione orale; Metodo Self, per il risveglio delle abilità nell’autonomia  e coscienza di sé; Metodo Feeding, per migliorare la funzione masticatoria; Reflecting, per favorire lo sviluppo del sé; Semiotica Senso-percettiva, per facilitare l’interazione; PsicoFiabe, per stimolare l’immaginazione; Cyberclinica,  PictureFantasmagory, ClinicalMentalPicture per favorire rinforzi ergici e nuove disponibilità al rapporto. 

 

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AREA PERSONALE

 

EFFETTI PERSONALI

 

 

 

IL GRIDO DELL’INFANZIA

Post n°39 pubblicato il 01 Agosto 2011 da pedagogista72
 

 

 

E' un dovere morale, ma ancor più è un dovere stabilito dalla legge, la denuncia di violenze e abusi ai danni di un minore: l’ art. 331 c.p.p. stabilisce che la denuncia sia un obbligo “da parte di pubblici ufficiali e incaricati di pubblico servizio”, l’art 361 c.p. detta che l’omissione della segnalazione costituisce un reato e la legge n. 66/1996 decreta nei casi più gravi di maltrattamento fisico, psichico o sessuale, che tali reati siano perseguibili d’ufficio, ovvero anche senza querela della parte offesa, in quanto prevale la protezione e tutela di soggetti che non sono in grado di difendersi. Perché si verifichi il reato grave di condotta aggressiva ai danni di un minore, questo comportamento deve risultare tale da rappresentare una modalità relazionale, negli altri casi (saltuari) sono comunque previste punizioni, seppur meno gravi.
Quando si parla di violenze e abusi nell’infanzia, particolare menzione va fatta ai bambini handicappati, i quali sono i più indifesi tra i piccoli, per la dipendenza fisica, che talvolta si trasforma in una sottomissione all’adulto, a cui spesso si accompagna una scarsa capacità di comprensione e comunicazione dei vissuti,  dovuta al deficit.    

Non è forse la presenza di uomini capaci di violenze crudeli e distruttive il male più grave della società, quanto l’indifferenza, la disattenzione e l’inaffettività che circondano le vittime di tali eccessi.  A tale inconsistenza emotiva si aggiunge troppo spesso il pregiudizio nei confronti dei racconti dei bambini, tacciati di fantasticare, la convinzione aprioristica che vede negli educatori, genitori, preti, animatori… persone di per sé esenti da azioni depravate e, ancor più, la difesa psicologica di chi fugge l’ascolto empatico di vissuti di impotenza e dolore. 
Ostacoli consistenti per la lotta contro la piaga sociale della violenza sui minori sono in particolare la tutela che in tali circostanze di sé fanno le famiglie e le istituzioni, così come rivelano alcune inchieste, che raccolgono dati importanti di un fenomeno sommerso e diffuso.
…ed ecco i racconti scarni, essenziali, le difficoltà a rievocare, la depersonalizzazione, la frammentazione del Sé…

…ed ecco, in taluni casi, i prodromi di vite spezzate dalla droga, dalla prostituzione e da disequilibri mentali, di chi rimane due volte vittima, a causa di una società adultistica, che non ha saputo ascoltare e intervenire, poco disposta ad affrontare taluni delicati problemi, se non nei termini dello scoop giornalistico e televisivo.

 

 

ma quanti sono quei faccini
e quanto sono disperati,
li senti piangere ogni notte e
non c'e' mai nessuno che li aiuta.
E tutti a dire “che vergogna!”,
ma tutti a chiudere la porta,
“in fondo a noi cos'e' che importa,
il nostro bimbo e' lì che sogna”,
ma, per dio, di là c'e' un altro bimbo uguale,
che ha bisogno di sognare,
magari un padre un po' diverso,
che lo porti un'altra volta al mare”.
(F. Concato - "Telefono azzurro")

 
 
 

Il primo nickname non si scorda mai.

Post n°38 pubblicato il 26 Luglio 2011 da pedagogista72
 

 accontami di te, misteriosa luna,

 ra che incombe la notte.

 ono la tua stella luminosa,

ccanto a te, sempre.

   alleresti con me? 

   ontano dal mondo,

 nicamente noi, tra le nuvole.

                        

 (il mio primo acrostico- M. Comito)

 

 
 
 

MUSICA È...

Post n°37 pubblicato il 26 Luglio 2011 da pedagogista72
 

La musica viene accolta in più metodi pedagogico clinici come strumento d’aiuto, in percorsi che sono plurisensoriali. La cornice di riferimento è sempre data, infatti, dalla concezione olistica della persona, di cui si stimolano le connessioni tra le varie esperienze: cognitive, sensoriali, emotivo-affettive, corporee etc… Sono offerti al soggetto nuovi ed inesplorati ambiti d’espressione e comunicazione, attraverso positive esperienze di interazione e scambio. Mediante l’uso dell’elemento sonoro, ritmico, spazio/temporale e/o vibratorio, ai partecipanti alle attività viene data l’opportunità di potenziare le capacità comunicative ed interazionali.
Non solo lo scambio e la socializzazione trovano utili facilitatori, ma pure le capacità cognitive e immaginative vengono opportunamente stimolate e arricchite, mediante proposte di esperienza attiva, relazionale e dinamica.
La misicopedagogia, in particolare, che fa della musica lo strumento principe, si rivolge a tutti, in ogni fascia d’età, poiché non richiede competenze musicali prerequisite, né mira all’acquisizione delle stesse. Il clima, pertanto, è favorevole e rassicurante, scevro da giudizi ed esente dalla possibilità di errori e/o insuccesso: ci si esprime in modo spontaneo e creativo, mettendosi in gioco, senza avvertire il peso di una valutazione e senza rischiare, pertanto, di sentirsi inadeguato.
L’attenzione è rivolta all’utilizzo di strumenti o a materiale sonoro preregistrato. Nel primo caso la persona coinvolta vive un’esperienza di liberazione dalle inibizioni. All’individuo viene concesso di rompere la routine quotidiana, sperimentare nuovi vissuti propriocettivi e vincere stati ansiogeni. La partecipazione corporea all’esperienza musicale, consente di pervenire ad uno stato di benessere psicofisico, di scoprire la propria sensibilità e conquistare la capacità di interpretare la disponibilità degli altri. Le forme di improvvisazione, in particolare, consentono una consapevolezza dei propri vissuti, nonché una percezione di sé e degli altri, dando spazio all’espressione delle creatività e potenzialità individuali, al di là di schemi rigidi. 
Nel caso dell’ascolto guidato, vengono stimolati percorsi che hanno importanti effetti equilibranti e di positiva valenza emotiva.
Sono esperienze di forte carica affettiva, valide per superare l’aggressività, per recuperare i ritmi biologici ed i giusti equilibri tonico-muscolari.
Alcune esperienze, tra quelle inerenti la musicopedagogia, infine, hanno anche un corrispettivo cognitivo, sollecitato attraverso processi analogici e di abduzione. Tale circostanza è determinata dalla comunicazione non-verbale attivata, per cui piuttosto che ragionare in termini di rilocazione di dati e procedure, si chiamano in causa sinergie tra le componenti neurali dei due emisferi.

 

 

 
 
 

L'abito fa o non fa il monaco?

Post n°36 pubblicato il 24 Luglio 2011 da pedagogista72
 
Tag: AGORÀ
Foto di pedagogista72

"La preoccupazione per la propria immagine, è questa la fatale immaturità dell’uomo. É così difficile essere indifferenti alla propria immagine. Una tale indifferenza è al di sopra delle forze umane. L’uomo ci arriva solo dopo la morte".

(Milan Kundera)

 
 
 

L'altra metà della mela... solo luoghi comuni?

Post n°35 pubblicato il 24 Luglio 2011 da pedagogista72
 
Tag: AGORÀ
Foto di pedagogista72

Lei: “Tu non mi capisci…”.
Lui: “Cosa intendi dire?”.

Con le donne sono sempre stato un disastro, fin da bambino.
Quando si giocava al dottore a me facevano guidare l’autoambulanza.

Le donne faticano dieci anni a cambiare le abitudini del proprio marito!
E poi si lamentano che non è più l’uomo che avevano sposato!…

Che cosa vuol dire per un uomo “Aiutare nelle faccende domestiche?”
Sollevare le gambe quando la moglie passa l’aspirapolvere.

Io mi ricordo sempre il compleanno di mia moglie.
Cade il giorno dopo di quando lei me lo ricorda.

Sono molto dispiaciuto” – spiega un tale ad un suo amico –
“perché mia moglie esce tutte le notti e
non riesco a farle perdere questo brutto vizio!”
“E dove va?” chiede l’amico.
“Viene a cercarmi!”

Prima di una partita di calcetto, due amici parlano negli spogliatoi:
“Ma da quanto tempo porti il reggiseno???”
“Da quando mia moglie me lo ha trovato in macchina!!!”

In strada, marito e moglie discutono animatamente, alla fine lei dice:
“Se dici un’altra sola parola torno da mia madre!”
Il marito: “Taxiii!”

“Ho saputo che hai litigato con tua moglie. Com’è andata a finire?”
“Sapessi, è venuta da me in ginocchio”
“Ah, si? E che cosa ti ha detto?”
“Vieni fuori da sotto il letto, vigliacco!!!”

(da http://www.raccontioltre.it/)

 
 
 

La solitudine

Post n°34 pubblicato il 24 Luglio 2011 da pedagogista72
 
Tag: AGORÀ

 

 

 

 

 

“… scruto il mondo con occhio profondo; passo per la mia solitudine e resisto al raggelo che ogni volta mi provoca quando la guardo in faccia; ma, nello stesso tempo, cerco di reagire alle diversità di sguardo che condanna chi da essa ne è affetto …” (24/07/2011 – minds1971)

 
 
 

Ha ancora senso parlare di democrazia?

Post n°33 pubblicato il 24 Luglio 2011 da pedagogista72
 
Tag: AGORÀ
Foto di pedagogista72

"La morte della democrazia non sarà opera di un assassino in agguato. Più probabilmente sarà una lenta estinzione causata da apatia, indifferenza e denutrizione". 
(Robert Hutchins)

 
 
 

PRESENTAZIONE PROPOSTA

Post n°32 pubblicato il 24 Luglio 2011 da pedagogista72
 
Tag: AGORÀ

“Questo blog, ma ciò è un mio parere, si sta trasformando in un luogo di confronto, il che è assolutamente anomalo per un contenitore che rimane uno spazio personale a cui affidare le proprie emozioni e propagandare i propri interessi, di qualsiasi natura. Lo stiamo snaturando da quella che è la sua funzione principale a causa dei continui interventi esterni di cui mi faccio carico in prima persona, ma l’impeto, la voglia di partecipare, lo stimolo che viene destato dai contributi dell’autore, fanno si che, quello che doveva essere un “momento intimo”, diventasse invece “l’Agorà”. (14/07/2011 - Piedimonte_1978)

C’era una nota di rammarico in queste parole, l’autore quasi si scusava dei suoi “interventi esterni”, di quell’impeto che lo spinge all’espressione delle proprie idee e al confronto su argomenti di natura universale, in quanto riguardanti l’essere umano e l’esistenza, ma la mia reazione era ben diversa dalle sue considerazioni. Mentre leggevo quelle parole, il mio sorriso si allargava in un moto di soddisfazione e la mente sostava sul ricordo di alcuni seminari universitari, tenutisi in presenza di Danilo Dolci: poeta, pedagogista e pacifista. In quelle occasioni Danilo Dolci rese protagonisti noi studenti dell’arte della maieutica, mentre le idee prendevano forma nel fluire ordinato del dialogo partecipato tra i banchi, alla scoperta di soluzioni condivise.
Mi rendo conto che uno spazio virtuale ha dei limiti, ma ho riflettuto sul fatto che ha anche vantaggi indiscussi: i contributi rimangono sempre disponibili; la forma dell’esposizione si adatta alle esigenze logiche della codifica scritta; l’ignorare l’identità di chi scrive, dispone chi legge alla considerazione della validità dei contenuti, al di là della persona che li esprime…
Nasce così l’idea di ospitare degli spazi sempre aperti di confronto “circolare”, contrassegnati dalla TAG “Agorà”, in cui verrà meno la mia funzione di autrice principale del blog e mi limiterò a creare dei brevi flash stimolo iniziali, per incentivare il dialogo e null’altro. Il sapere prenderà forma, come un vaso dalle mani di un vasaio, in un virtuale laboratorio della conoscenza.
Una sperimentazione? Forse! Dovrebbe diventare agevole confrontarsi con altre prospettive di vita, scontrarsi nei casi di contrasto, cambiare o ampliare le vedute, rafforzare le proprie convinzioni, raccontare esperienze, ma non solo. Vorrei creare spazi di condivisione liberi da pretese strettamente scientifiche, da soluzioni precostituite, in cui avrà valore anche un semplice messaggio di condivisione o dissenso.

 
 
 

La resilienza

Post n°31 pubblicato il 22 Luglio 2011 da pedagogista72

“La resilienza corrisponderebbe alla capacitá umana di affrontare le avversitá della vita, superarle e uscirne rinforzato o, addirittura, trasformato” (Grotberg, 1996).
Questa è l'applicazione alle Scienze Sociali di un termine, solitamente utilizzato per descrivere il comportamento di alcuni materiali.
Sembra da preferirisi alla "resistenza" che si riteneva si dovesse contrapporre a quegli eventi della vita stressanti, traumatici, bruschi, dolorosi.
Come quei materiali che riescono a subire delle trasformazioni, mantenendo inalterate la loro identità e qualità strutturale, anche l'essere umano ha dentro di sè le risorse necessarie per ricostruirsi e rinnovarsi, senza perdere se stesso: la resilienza. 
Questa forza interiore,che ha le caratteristiche della morbidezza e della flessibilità, pare sia il miglior modo di contrastare le tempeste della vita.

 
 
 

FAMIGLIA: ASSETTI INTERNI

Post n°30 pubblicato il 20 Luglio 2011 da pedagogista72
 

Qualche anno fa, durante una lezione, un esperto di Consulenza Tecnica e Peritale, affermò che nel tempo si è scoperto che il peggiore dei genitori (a meno che non sia a rischio l’incolumità del figlio) sia da preferirsi al miglior istituto per minori  e che tanti assistenti sociali, in buona fede, hanno prodotto danni notevoli, separando dei bambini da genitori inadeguati o da suffragati.

Chiusa questa parentesi, utile per comprendere la valenza della famiglia e delle figure genitoriali nella vita di un individuo, è indubbio ci sia in atto un cambiamento sociale tale da modificare assetti e dinamismi familiari tradizionali. Alcuni motivi sono rintracciabili: nel cambiamento del ruolo della donna e nella sua indipendenza economica, nella nascita di coppie di diversa cultura, provenienza sociale ed etnia, nella ridefinizione della genitorialità (soprattutto paterna), nelle richieste e tempi dell’odierna società, negli aumentati fattori di stress del vivere quotidiano.

Si potrebbe approfondire il discorso traendo da ciascuno di questi fattori di cambiamento, e da altri, le conseguenze all’interno delle relazioni familiari e così evincere numerosi motivi di criticità, ma anche di rinnovamento positivo. Quello su cui mi sento di soffermarmi, tuttavia, in questa sede, concerne alcune mie riflessioni a proposito delle relazioni interne alla famiglia.

Io trovo in generale una possibilità di risposta ad alcune situazioni di squilibrio, cui spesso si assiste, nella soddisfazione dei principi di condivisione e di relazione.

Nella CONDIVISIONE c’è la possibilità per ciascun membro del nucleo familiare di sentirsi parte integrante della stessa. A ciascuno è riservato un ruolo e, connesso ad esso, una responsabilità che lo fa crescere come singolo, oltre a costituire un contributo per il gruppo famiglia. Nella condivisione, che non è solo di esperienze, ma anche degli assunti etici, che sono il collante delle relazioni, si trova la possibilità  reale di essere e agire insieme, di compattarsi e sentirsi parte integrante del nucleo familiare. Si profilano costantemente nuovi equilibri, la cui conquista appartiene a ciascuno e, proprio perché condivisa, è vissuta con gratificazione.

E’ opportuno precisare che quando si parla di condivisione non si esclude lo spazio personale di azione e che dunque le individualità non vengono cancellate, ma valorizzate.

Il secondo principio, quello della RELAZIONE, mi piace in modo particolare. Mi consente di parlare del dinamismo familiare. La relazione ben rende il valore della storia di una famiglia, della gradualità con cui si costituiscono i rapporti, come si sono evoluti e quale prospettiva hanno di sviluppo.

L’incontro tra persone, se è tale, è sempre rispettoso, dinamico e creativo. Le famiglie per questa ragione sono diverse e  tutte interessanti, come le persone, che con la loro specificità le compongono e ne definiscono l’aspetto e la dinamica.

 
 
 

ASCOLTARE L'ALTRO

Post n°29 pubblicato il 19 Luglio 2011 da pedagogista72
 

E’ proprio vero che per accogliere realmente l’altro occorre “tollerare di non sapere cosa incontreremo. L’incontro e l’ascolto sono un’avventura ed è solo l’altro che ci può indicare la strada, passo dopo passo.” (G. Blandino, P. Cavaglià)

Ascoltare comporta un impegno mentale ed emotivo non indifferente: lontano da sterili forme di passività, richiede uno sforzo di comprensione e un atteggiamento di partecipazione sgombri da preconcetti e schemi cataloganti.
Si può incorrere nella presunzione di aver ascoltato, quando si banalizza, con l’arroganza di chi ha già capito, senza confrontare ipotesi interpretative diverse, finendo magari narcisisticamente nella manipolazione dell’interlocutore, sulla base dei propri fini. Si arriva ad ostacolare una comunicazione autentica, se si ha la convinzione aprioristica di saper ascoltare, senza accettare di mettersi in discussione, mancando di recepire non solo ciò che avviene nell’altro, ma anche in se stessi, quando si entra in relazione con l’altro.
L’ascolto dell’altro si fa ancora più difficile, poi, quando si deve tradurre in disponibilità ad accogliere vissuti dolorosi, traumatici, che rimandano ad un’esistenza inaccettabile o imprevedibile; si fa quasi intollerabile quando si carica di pesanti silenzi, rifiuti, ribellioni.  E’ possibile in tali circostanze reagire invadendo la sfera altrui, con l’egocentrico atteggiamento di chi attira l’attenzione su di sé, negando di fatto il riconoscimento dell’alterità, ovvero la paternità delle scelte e l’abilità di trovare soluzioni al disagio. E’ altresì  un rischio il ricorrere ad un’interpretazione illusoria della realtà, come meccanismo di fuga da eventi sgradevoli e dai sentimenti penosi ad essi associati, con la conseguenza di una registrazione non corretta delle informazioni per eccesso o per difetto.

In Pedagogia clinica l'ascolto dell’altro è richiesto praticamente sempre, in ogni forma, circostanza e attività, ma in particolare durante il momento del colloquio anamnestico. La raccolta della storia dell’individuo, scandita dagli avvenimenti incisivi e le reazioni ad essi, avviene senza un cliché fatto di domande o una modalità inquisitoria. Rispettando il fluire del racconto che la persona fa di sé, in un clima di fiducia e accoglienza benevola, il Pedagogista clinico regola i suoi interventi, con l’intento di recepire motivazioni profonde, stili di vita, ansie, necessità, risorse …, nella consapevolezza di quanto sia delicato questo compito. Egli fin dal primo istante dell’incontro avvia con la persona una comunicazione che si rende verbale ed extraverbale insieme e che restituisce un senso e un significato nuovi ai vissuti.

 
 
 

HAIKU

Post n°28 pubblicato il 17 Luglio 2011 da pedagogista72
 
Tag: POESIE

 

Di gocce d'oro

ulivi argentati

colmano mani.
(M. Comito)

 

 

 

 
 
 

EMOZIONI

Post n°27 pubblicato il 16 Luglio 2011 da pedagogista72
 

                    

Tra quelle lette, faccio mia la definizione di I. Filliozat che, partendo dall’analisi etimologica della parola “e-mozione”, ce la descrive come un “movimento da-verso”, un impulso che nasce dentro di noi ed è indirizzato a tutto ciò che ci circonda, una sequenza di eventi che ci mette in contatto con noi stessi e in relazione con il mondo esterno. L’emozione, qualunque sia la sua natura, è suscitata da uno stimolo (ricordo, pensiero,evento agito o subito …) ed è più rapida di un qualsiasi percorso razionale nel guidarci su ciò che amiamo e ciò che respingiamo: importante al pari nella vita intrapsichica e nei rapporti interpersonali, ci fa sentire vicini o distanti dagli altri. La teoria principale di rifermento ad uso del Pedagogista clinico è di R. Plutchik, che parlò di emozioni, suddividendole in primarie e secondarie, catalogando nella prima specie aspettativa, gioia, fiducia, paura, sorpresa, tristezza, disgusto e rabbia, nella seconda specie i sentimenti più complessi.

Non mi soffermo qui su questi approfondimenti teorici, in quanto la mia analisi parte dalla constatazione di quanto siamo abituati ad enfatizzare i processi cognitivi a discapito della sfera emozionale, tanto da ritenere, con una propensione radicata nei secoli, che ragione e sentimento siano opposti. Poco ci accorgiamo di quanto le nostre emozioni impegnino la vita mentale, di come filtrino la nostra interiorità ed esteriorità e della loro utilità nel segnalare gli avvenimenti importanti per l’individuo, a fronte dei quali porre in atto comportamenti idonei alla gestione. Esse sono chiamate in causa anche nei processi organizzativi della memoria, posto che quando richiamiamo alla mente un’esperienza o un ricordo, non evochiamo l’immagine originale, ma una sua ricostruzione. Ancor più, le emozioni sembrano rendere ragione dell’universalità tra gli uomini, infatti, al di là delle diversità di linguaggio e cultura, si manifestano con stessi segnali somatici e identiche sensazioni fisiologiche.
E’ opportuno precisare che emozioni e sentimenti sono strettamente collegati, ma le prime sono biologiche e i secondi delle elaborazioni, dette secondarie, in quanto passano dalla mente.
Tralasciando le reazioni piacevoli, di cui pare superfluo tessere la validità, perché accettate da tutti per quel loro indiscusso potere di conciliarci con l’universo, si può brevemente delineare l’utilità di tutte le altre emozioni, quelle dette “negative” e così: la tristezza produce un movimento di introspezione, ci permette di metterci in discussione, di sostare in intimità con noi stessi e, benché non sia certo piacevole, va vissuta, sfogata nel pianto se serve, consentendo di fare un bilancio; la rabbia è liberatoria, permette di esternare il proprio disappunto, sorge per mantenere la propria integrità, se si è vittime di ingiustizia e frustrazione e, ove non sia di sopraffazione, risponde al naturale bisogno di affermazione di sé e di difesa dei propri diritti; la paura acuisce i sensi, pone il cervello in massima allerta, disponendo il soggetto ad agire di fronte ad un pericolo reale; il disgusto provoca l’allontanamento da quanto non corrisponde alla nostra realtà, difendendoci da inconvenienti spiacevoli. Educare ed esprimere le emozioni autentiche è essenziale per sentirsi liberi da quei sentimenti che soffocano o feriscono.
Fu significativo l’invito di Goleman ad armonizzare ragione e sentimento (esprit de geometrie + esprit de finesse, direbbe Pascal, come ci ha ricordato filosdiretto?), parlando di un quoziente emotivo (QE) da sostituire al quoziente intellettivo (QI), frutto di quella misurazione dell’intelligenza  formulata da Binet e Simon per primi, attraverso il famoso test del 1905. Il QI introdusse oltre che una presunta misurazione scientifica delle facoltà mentali, una sottesa concezione che le riduce a competenze verbali e logico-matematiche, per molti in ultima analisi assimilabili a conformismo sociale.
“L’intelligenza del cuore”, espressione coniata da alcuni, servì a porre in evidenza non ingenuità e incoscienza nell’affrontare la vita, quanto  intelligenza del “saper fare” e “saper essere”, ovvero quella capacità di rimanere in contatto con le motivazioni profonde del nostro essere e gli aspetti più veri dell’umano sentire. Anche Gardner, teorizzando l’esistenza di intelligenze molteplici, parlò di un’ “intelligenza interpersonale” e un’ “intelligenza intrapersonale”.
Le sfide poste dall’autonoma gestione delle istituzioni sociali danno ragione della necessità di competenze relazionali  e pongono un’urgenza educativa in tale direzione. La managerialità, ad esempio, si è rivelata insoddisfacente se accanto a titoli di studio e quoziente intellettivo, chi dirige non unisce un’altrettanta capacità di leadership, declinabile in una conoscenza di sé per un'efficace gestione delle proprie potenzialità e una comprensione dei comportamenti altrui, per essere in grado di lavorare con gli altri in modo collaborativo ed efficace.

                    

 
 
 

MESSAGGIO sottovoce

Post n°26 pubblicato il 13 Luglio 2011 da pedagogista72

Sinergia: vorrei seguisse questo criterio la lettura del mio blog, che andasse oltre l’organizzazione diacronica suggerita dalle pagine e dalle date. Inscindibili, infatti, sono gli ambiti della persona, così come le facce di un prisma, che illuminato produce riflessi di luce variopinta. Lascio a chi legge la libertà di commentare quello che scrivo, riservandomi la censura soltanto per ciò che riterrò di cattivo gusto. Esporsi, infatti, implica accettare la critica, ma sono convinta che un professionista debba esprimere e saper sostenere il pensiero maturato circa tematiche di sua pertinenza, a meno che non dia vita ad un “ricettario” senz’anima. Non pensavo di ricevere elogi pubblici e commenti così importanti per spessore culturale, proprietà lessicale e capacità di analisi del fenomeni, come quelli di Filos e Piè (mi sono presa la licenza di chiamarvi così, posso?), ma al momento mantengo l’idea originaria di contenitore espositivo, tacendo in zona commenti. Ziz-zagando tra vecchi e nuovi contributi inseriti, cerco di offrire un’immagine dei presupposti della Pedagogia Clinica, oltre che un ritratto di me stessa fatto di parole, musiche, immagini e piccole evasioni. Immagino che in tanti leggeranno sorpresi un post così stravagante, ma che io abbia una dimensione “ludica”, penso non sia più un mistero. Ormai ho un pensiero assiduo  per questo spazio e attendo con entusiasmo le voci e le storie che si intrecceranno, o che continueranno a farlo, con l’augurio che chi passi comprenda quanto sia un innocente imbroglio questo mio SILENZIO.

 
 
 

BULLISMO

Post n°25 pubblicato il 09 Luglio 2011 da pedagogista72
 

 
FACCIO IL DURO
(Ludovica Cima)

 TI HO DETTO: "FACCIO IL DURO.
FACCIO TUTTO A PEZZETTINI,
PICCOLI PICCOLI COME GRISSINI".
MI PIACE ESSERE FORTE,
PERCHE' DECIDO TUTTO IO.
MI PIACE ESAGERARE,
PERCHE' POI TUTTI STANNO A GUARDARE.
MI PIACE DARE ORDINI,
ANCHE AI PIU' PICCINI,
CHE MI SEGUONO COME SOLDATINI.
TI HO DETTO: "FACCIO IL DURO",
E L'HO FATTO SUL SERIO,
MA ALLA FINE HO CAPITO
DOVE HO SBAGLIATO:
HO SCORDATO CHE UN DURO ESAGERATO
NON HA NESSUNO PER DIVIDERE UN GELATO

 

Il problema dei bullismo è complesso da sviscerare. Molta importanza pare abbiano i processi imitativi. A meno che non si parli di vere e proprie aree di disagio sociale, Wrestling, videogiochi, recenti cartoni animati, giochi per l'infanzia... tutti contribuiscono ad alimentare comportamenti aggressivi o comunque a tollerare la violenza, perché la portano nelle case, anche dove non ci sarebbe, ma soprattutto ciò avviene in un'età in cui il confine tra realtà ed immaginazione è molto sottile. Tante scene di guerra, ad esempio, vengono vissute da un bambino non come immagini lontane, ma come appartenenti al suo spazio d’azione, cioè come se ne facesse parte.
C'è da dire che molto è cambiato anche nei rapporti generazionali, tra genitori e figli. Spesso coloro che dovrebbero essere una guida, una certezza, non lo sono ed anzi, molte volte immaturi o in crisi a causa di conflittualità interne, chiedono ai figli di accettare situazioni di divisioni, dinamiche conflittuali, senza che essi siano attrezzati (per l'età) ad affrontarli, dove non capiti di pretendere da loro di esserne i catalizzatori.
In particolare, nel tempo, pare che un ruolo fondamentale, nel determinare molti comportamenti di aggressione a cose e persone, lo abbia avuto l'inadeguatezza educativa. Si parla di "società senza padre" proprio per rilevare l'assenza dell'autorità, del rispetto delle regole, che tradizionalmente veniva associata alla figura paterna. Ciò verrebbe a determinare un flusso dei moti istintuali senza freni, senza mediazioni, perché non si è formato, (quindi è assente) un codice morale interno alla persona.
La cosa più pericolosa per le nuove generazioni, poi, pare sia l'abuso che fanno di playstation, tv, computer: rischiano di perdere il rapporto con la realtà. Nel mondo virtuale si muore, si uccide, si cade dall'alto... si fa deragliare un treno... poi, si spegne e si ricomincia tutto da capo, senza problemi, senza dolore, senza responsabilità alcuna.
Riappropriamoci del ruolo di guida che un adulto esercita su un giovane, offriamo modelli di equilibrio, diciamo dei no dove serve, motivandoli, che aiutino chi, proprio perché in crescita, deve formare dentro sé un assetto valoriale che gli consenta di vivere con un maggiore rispetto di sé e degli altri
.

 
 
 

LA MAC-CAM

Post n°24 pubblicato il 08 Luglio 2011 da pedagogista72
 

Un gruppo di eminenti ingegneri e di costruttori realizzò una macchina all’avanguardia, superaccessoriata e con una particolare caratteristica: una carrozzeria con dispositivi video in ogni sua parte, pronta a riprendere ogni cosa da ogni prospettiva.
Si decise di utilizzarla per ripercorrere il giro del mondo in 80 giorni.
“Ci pensate” - disse il presidente del gruppo di lavoro – “potremo conoscere il mondo d’oggi per intero”.
Fu così che, ultimate le questioni organizzative, la mac-cam partì per questo lungo viaggio di scoperte.
Durante il sua andare, la macchina registrò immagini di cieli, terre, mari e fiumi di ogni continente ed ancora, di uomini di ogni colore e razza, di abitudini e tradizioni diverse.
Al ritorno di mac-cam, fu possibile realizzare un reportage eccezionale ed entusiasmante e così, il giorno della proiezione, alla presenza di ingegneri, costruttori e finanziatori dell’impresa, ci fu un vasto pubblico di esperti ed estimatori.
Al termine della visione, tra il plauso e la soddisfazione dei partecipanti, intervenne una giovane donna e chiese: “Cos'è avvenuto all’interno dell’abitacolo? Chi conduceva l’autovettura? Che emozioni ha provato?”.
Il presidente del gruppo di ingegneri rispose desolato: ”La mac-cam ci offre una documentazione invidiabile di ciò che esiste all’esterno, ma nulla ci può far vedere di quanto avviene dentro”.

("smontaggio di parole" - M. Comito)

 
 
 

LA L.I.M.

Post n°23 pubblicato il 08 Luglio 2011 da pedagogista72
 

Composta da un personal computer, un grande touchscreen collegato e un software specifico con varie applicazioni, la L.I.M. (lavagna interattiva multimediale) è la lavagna di nuova generazione tecnologica, che da qui a breve farà ingresso nelle nostre aule. Con essa è possibile volta per volta sviluppare un iter di costruzione del sapere, attraverso le fonti materiali in dotazione (immagini, oggetti, registrazioni), gli apporti personali su PC (audio, video, testi, immagini…) e l’interazione con il mondo esterno (web).

L’approccio richiesto è semplice e intuitivo, sviluppa in modo spontaneo competenze informatiche e sembra essere particolarmente utile per l’acquisizione di tutte le discipline, in special modo delle lingue straniere. La partecipazione attiva degli alunni alla lezione o all’interrogazione, resa possibile dal touchscreen e dai vari comandi, è coinvolgente: aumenta la motivazione e favorisce la creatività nell’uso personale degli elementi disponibili, in un reversibile processo di analisi e sintesi delle conoscenze. Corroborato da video, suoni e immagini, l’insegnamento diventa più accessibile e di facile fruizione, anche per i meno dotati. La possibilità offerta di esportare tramite e-mail il prodotto realizzato con la classe, infine, fornisce un utile supporto per l’impegno individuale a casa.
L’esperienza ci dirà quanto questo nuovo strumento didattico, per cui già sono disponibili lezioni interattive su internet, sia utile agli apprendimenti e alla solidità degli stessi, se cioè non deluda le aspettative di chi ne coglie in prospettiva vantaggi enormi, nella produzione di una conoscenza meno statica e settoriale di quella offerta dai libri di testo, che restano, a parere di chi scrive, insostituibili quanto a spazi di riflessione codificata e rielaborazione calma e ordinata del patrimonio culturale.

Volendo ancora continuare con alcune considerazioni, sembra necessario valutare  che l’uso della L.I.M., facilitatore che induce all’attenzione e alla concentrazione costanti, non solleva gli insegnanti dall’educare alle stesse, in quanto nella fattispecie indotte da un mezzo esterno e non necessariamente facoltà del soggetto. Gli entusiasmi per le innovazioni potrebbero far perdere di vista, soprattutto in un ordine di scuola come la Scuola Primaria, in cui insegno, le caratteristiche evolutive e personali dei bambini, cadendo in un facile nozionismo, riduttivo nella visione degli alunni e d’ostacolo ad una formazione completa e di più ampio respiro: questo vorrei scongiurarlo.

 
 
 

DANZA: POTENZA DEL MOVIMENTO ESPRESSIVO

Post n°22 pubblicato il 07 Luglio 2011 da pedagogista72
 

Esistente fin dagli albori della storia dell’uomo, la danza nelle antiche civiltà, ed ancora oggi in alcune tribù, esprimeva ogni fondamentale avvenimento del gruppo sociale (nascite, matrimoni, morti), caratterizzandosi per una ritualità associata alla fertilità, al sacro o al magico.
In essa prende vita una forma di comunicazione fatta di movimenti corporei, in cui il gesto è lo strumento del linguaggio usato e chi danza manifesta ciò che sfugge all’ordine artificiale e razionale della realtà. La scissione dell’IO, in corpo e spirito, retaggio di matrice cristiana, trova un correttivo nella continuità e nell’unità dell’esperienza del danzatore, la quale ridona alla persona il suo valore olistico, annullando ogni artificiosa scissione tra esteriorità ed interiorità dell’individuo. Si assiste ormai da tempo alla volontà di ridare al corpo una dimensione di libera creatività. Nella danza moderna, in particolare, vi è il superamento degli schemi rigidi imposti dalla tradizione classica  ed è possibile riscontare un’affinità con il teatro: il gesto diventa espressivo, spontaneo e si lega concretamente alla vita.

La danza è inserita con altre forme d’arte nel metodo pedagogico clinico Inter Art, in quanto offre numerosi stimoli al soggetto ed ha un notevole potenziale terapeutico. Accanto alla finalità di comunicazione gestuale, essa si avvale del movimento ritmico, in quanto il corpo umano che danza segue sempre un determinato ordine cinetico, che affina la percezione dei rapporti temporali e spaziali. La consapevolezza di sé, attraverso la percezione statica e dinamica del proprio corpo, è suscitata dall’interazione tra cinestesia e cenestesia, che generano una forza irradiata in ogni direzione e una sensazione artistica corrispondente alla trasfigurazione della propria personalità e del mondo. Durante l’attività laboratoriale pedagogico clinica, il soggetto danza seguendo il suo respiro, il ritmo del suo stato interiore e il motore energico, che lo spinge a vivere il gesto come parte integrante di sé.
Liberato dal freno inibitorio delle tensioni, chi partecipa esprime il suo stato emotivo nelle forme della danza spontanea e nelle diverse attività guidate. L’elaborazione dell’esperienza fatta, lasciata alla persona, diventa momento informativo e conoscitivo equilibrante, nonché presupposto per l'ideazione di criteri e valori interpretativi.

 
 
 

Sulle emozioni...

Post n°21 pubblicato il 05 Luglio 2011 da pedagogista72
 
Tag: POESIE

RABBIA (M. Comito)

Come furioso tornado,
annunciato da rombo di tuono
e da aspro fragore di mare,
irrompe la rude guerriera!
Rastrella i tetti e graffia
i muri delle nostre dimore,
invade le strade dell’anima.
Urla con feroce ruggito di tigre
e cieca trascina, dietro sé,
rimorso e distruzione.

 
 
 

ESSERE PARTE DI UNA COMMUNITY

Post n°20 pubblicato il 04 Luglio 2011 da pedagogista72
 

La rete e la community di cui facciamo parte di certo ci hanno portati a numerose considerazioni. Le esperienze intraprese sono diverse, almeno quanto le finalità che ci hanno indotti a ricorrere ad un mezzo come questo per comunicare. Molti hanno scelto l'anonimato e altri, come me, scrivono con la loro identità reale, ma in tutti i modi ciascuno di noi ha di certo riflettuto su elementi caratterizzanti un gruppo virtuale, tra potenzialità e rischi.
Propongo alcune mie riflessioni a riguardo, sperando che anche chi sarà di passaggio faccia lo stesso, per un arricchimento reciproco.
Immagino che in tanti abbiano scelto la “maschera” per gioco, taluni per vincere la timidezza, altri per prudenza, altri ancora per rispondere all’intimo desiderio di essere “altro da sé”, seppure in un ambiente virtuale.
Il web indiscutibilmente aumenta le occasioni di confronto e di dialogo, essendo in contatto con un mondo che supera i parametri spazio/temporali, l’anonimato, poi, quasi autorizza ad un’espressione esente da vincoli di ogni tipo.
Il tutto avviene a basso costo e senza riduzioni di ceto, cambiano i criteri di scelta dei propri interlocutori e le possibilità di ricorrere a risorse culturali sono molto ricche. La comunicazione è affidata alla parola e all’arte di farne uso, così come altrettanto importanti si fanno il gusto, gli ideali e la sensibilità individuali. Chi ama scrivere, in generale, ma ancor più su internet (perché ne offre ampia lettura), oggettivizza il suo pensiero e le sue emozioni, ma deve fare i conti con il grande inconveniente del virtuale:
la mancanza della comunicazione non verbale. Sono assenti i gesti, gli sguardi, le posture, il tono e il timbro della voce..., il che può far cadere nelle incomprensioni dei testi.

Pur essendo la parola un potente mezzo di comunicazione, per queste ragioni, si sente il bisogno di personalizzarla e integrarla con sfondi, foto, immagini, emoticons, colori, carattere e grandezza, per connotarla di quell'aspetto emozionale che diversamente verrebbe penalizzato.
Senza accorgercene, andiamo alla ricerca di questi aspetti nei profili, nei siti e nei blog di chi frequenta la community, ritenendo che dicano qualcosa della persona che c'è dietro e nelle nostre stesse scelte, se ci poniamo in “ascolto”, ci sembra di scoprire qualcosa che prima non conoscevamo di noi stessi. 
 

N.B.: queste riflessioni non hanno attinenza con la pedagogia clinica.

 
 
 
 
 

INFO


Un blog di: pedagogista72
Data di creazione: 07/09/2010
 

BENVENUTO/A NEL MIO BLOG!!!


Ciao a tutti, sono l'autrice di questo blog. Dal giugno 2010, oltre ad essere una maestra di Scuola Primaria, sono diventata un Pedagogista Clinico. Mi sono specializzata con un corso post-laurea promosso dall’ I. S. F. A. R. di Firenze e ho pensato di utilizzare un canale web per far conoscere e valorizzare le mie iniziative nell’ambito dell’aiuto alla persona, cui l’intervento pedagogico clinico è rivolto.
Il mio primo lavoro è quello dell’insegnamento, quindi proporrò soprattutto dei progetti indirizzati a soggetti in età scolare, ma ciò non toglie che è mio intento rendere nota questa professione e la validità dei suoi metodi anche in altri ambiti d’intervento e per tutte le età.
Ho usato l’espressione “pedagogia clinica & dintorni” in quanto questo contenitore multimediale accoglierà contributi di altra natura, che appartengono alle attività e interessi di chi scrive e che comunque sarà facile distinguere da quanto è strettamente attinente alla professione del pedagogista clinico.

 

Agli amici, conoscenti e visitatori che a vario titolo contribuiscono ad arricchire questo blog con la loro presenza:

 

FORMAZIONE PERSONALE

  • Laurea in Pedagogia (Università di Messina)
  • Specializzazione in Pedagogia Clinica (ISFAR di Firenze)
  • Master di II livello in Dirigenza Scolastica (UNICAL)
  • Master di II livello in "Dislessia e DSA in ambito scolastico" (UNICAL)
  • Insegnante a T.I. nella Scuola dell'Infanzia dal 2002 al 2004
  • Insegnante a T.I. nella Scuola Primaria dal 2004 in poi
  • Competenze informatiche:ECDL e LIM
  • Corsi di aggiornamento, laboratori, attività e progetti vari nelle scuole pubbliche.
 

Aiuto alle persone

LA PEDAGOGIA CLINICA

La pedagogia clinica ha come compiti lo studio, l’approfondimento e l’innovazione nel campo pedagogico, in riferimento a modalità diagnostiche e metodi educativi, volti ad aiutare non solo il singolo individuo, ma anche il gruppo con percorsi di superamento di ogni forma di disagio psicofisico e socio-relazionale. Superando ogni visione miope dell’essere, tale scienza ha fatto della Persona il suo presupposto: l’uomo è considerato nella sua interezza, nella sua complessità, in una visione che è olistica. L’ottica di un’educazione permanente, inoltre, fa considerare ogni individuo in continua evoluzione, dalla nascita alla morte, quindi passibile di rinnovamento e creativi sviluppi di sé e dei propri vissuti. Le persone coinvolte nell’aiuto pedagogico clinico, sia esso rivolto al singolo o al gruppo, sono accompagnate nel raggiungimento di nuovi equilibri e di una rinnovata disponibilità allo scambio con gli altri e con l’ambiente.

 

PROPOSTA

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