Creato da give_it_to_me il 03/11/2011

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Inerzia, compromessi e gestione di sè

In questo periodo, dall'ultima volta che ho preso spunto per scrivere, ho provato ad applicare qualche compromesso diverso dal solito nella mia vita. Nonostante abbia dei valori assoluti molto saldi e forti, infatti, sono anche una donna pratica e molto attenta alla possibilità di convergere su un punto d'incontro tra il mio punto di vista e quello altrui, se vengono preservati alcuni criteri di fondo come il rispetto tanto per dirne uno.

In fondo, persino Bertrand Russell diceva che "la sfida più grande per ogni pensatore è formulare il problema in modo da consentire una soluzione" e io non sono immune dalla percezione di situazioni problematiche e poco soddisfacenti nella mia esistenza.

Dunque l'intenzione e l'ipotesi di partenza era che adottare qualche nuovo compromesso potesse portarmi più vicino alla soluzione del problema o almeno alla soddisfazione di qualche bisogno. Parliamo di cose umanissime, niente di trascendentale, come la compagnia o il bisogno di relazioni positive e di punti di riferimento e confronto, di affetto e di comprensione.

Martin Luther King, uno dei pochi miti che io abbia mai avuto, disse: "chi ha la mente debole ha sempre paura dei cambiamenti..per queste persone il dolore più forte è quello provocata da una nuova idea". Sarà per questo che io tendo sempre a sperimentare, perchè penso che solo la prova dei fatti può dirmi se quella cosa è buona oppure no, in base al fatto che mi faccia stare bene o male.

Si potrebbe dedurne ora che io sia una relativista estrema, almeno quanto poteva essere possibile supporre l'esatto contrario all'inizio del post. Nel senso che può disorientare leggere che io mi sia disposta a dei compromessi pur di trovare comprensione e compagnia o amicizia, che per altro già fanno parte della mia vita per fortuna. Quali sono i compromessi che ha senso fare e quali sono i risultati cui porta questo tipo di opzione?direi che forse dipende da CHI LI FA e CON CHI LI FA.. Credo che ad un'attenta lettura del blog ma anche solo di questo post, ad un attento lettore purchè sia sano abbastanza da concepirla, non sfuggirà quale sia la sensata miscela tra una notevole sensibilità ai valori più profondi e l'intelligenza che posso avere di provare a declinarli nel quotidiano rispettando i limiti del buon senso e del rispetto di sè e degli altri, ma se così non fosse..

Oggi quindi vorrei parlare di inerzia, compromessi e scelte.

Cos'é l'inerzia?

Credo chiunque di noi la conosca bene. E' la condizione e la qualità di chi è inerte e ha come tendenza abituale lasciarsi condurre da pigrizia, da indolenza, da torpore spirituale. Più genericamente indica uno stato di inazione, d’inoperosità, volontaria o dovuta a cause di forza maggiore che si traduce in una forza di trascinamento del tempo per colpa della quale ci possiamo ritrovare poi a stupirci di quanto ne sia trascorso e nella capacità di procrastinare iniziative che da prioritarie idealmente per importanza diventano invece sempre le attività meno urgenti cui dedicarci sul piano operativo.

Chi tende all'inerzia usa di solito autoassolversi e giustificarsi ricorrendo spesso alla più classica delle scuse: "sono fatto così, non posso cambiare, non potrei nemmeno se volessi". Che poi significa "non ne ho voglia, di cambiare, a meno che non significhi schioccare le dita o agitare una bacchetta magica (ma non troppe volte, sennò sai che fatica!)". Per tutta la vita seguono la corrente, anche se magari si ritengono "diversi" o sono convinti di vivere "fuori dagli schemi", ignorando o nascondendo a loro stessi la triste realtà ossia che anche dover vivere fuori dagli schemi o controcorrente è uno schema!

E dunque, nonostante la favola "trasgressiva" e rampante che questi personaggi indolenti ed inerti si raccontano, per quanto ci fantastichino sopra, la loro vita non è altro che una pigra, indolente, inerte e fiacca deriva verso l'invecchiamento e la morte punteggiata di illusori tentativi di considerarla intrigante e piena di "esperienze" che sono soltanto la fotocopia l'una delle altre, insomma una inesorabile coazione a ripetere senza senso e senza frutto gli stessi clichès perchè cambiano i personaggi ma lo schema è sempre quello: zero fatica, coinvolgimento controllato con mille paletti e complicazioni che mirano a ridurre a zero o rendere trascurabile il rischio di essere costretti a cambiare, a crescere, a maturare. Cioè in pratica nonostante le ripetizioni lo sforzo è quello di evitare che si arrivi a vivere e ad assimilare davvero un'esperienza.

E allora che senso ha affannarsi per fare esperienza, se si mina alla base la possibilità di viverla in modo coinvolgente e pieno che è poi l'unico modo in cui l'esperienza stessa potrebbe arricchirci, lasciarci qualcosa che sedimenti dentro di noi e ci costruisca e maturi come esseri umani?

Mi si dirà che è proprio questo il compromesso. Un'esperienza condizionata, l'emozione sotto controllo, deragliare dagli schemi ma senza esagerare..quando vi siano posizioni distanti, il compromesso non è forse il risultato di concessioni da entrambe le parti con lo scopo di trovare un terreno comune su cui concordare? porta a minimizzare o mettere in ombra le differenze e viene raggiunto attraverso la mutua rettifica delle reciproche richieste, concedendo un po' a ciascuna delle parti o posizioni in gioco. Alcuni valori culturali o determinati bisogni umani però potrebbero non essere soggette a compromesso, non compromissibili?

Vi sottopongo alcune citazioni trovate in rete:

  • Il compromesso non è altro che il sacrificio di una cosa buona o giusta fatto nella speranza di conservarne un'altra; tuttavia troppo spesso si finisce per perderle entrambe. (Tryon Edwards)
  • Nel mio mondo, la parola compromesso è sinonimo di vita. E dove c'è vita ci sono compromessi. Il contrario di compromesso non è integrità e nemmeno idealismo e nemmeno determinazione o devozione. Il contrario di compromesso è fanatismo, morte. (Amos Oz, Contro il fanatismo 2004)
  • Ogni rapporto umano implica compromessi, ma il limite di ogni compromesso è la propria dignità. (Fausto Cercignani)
  • Tutto il governo – anzi ogni beneficio e gioia umani, ogni virtù e ogni azione prudente – sono fondati sul compromesso e lo scambio. (Edmund Burke)
  • Il compromesso consiste nel conciliare pretese divergenti attraverso reciproche concessioni. Per questo è necessario che le due parti abbiano entrambe una pretesa valida e qualche valore da offrirsi reciprocamente. E, a sua volta, ciò significa che entrambe le parti concordano su un principio fondamentale che serve da base per il loro accordo. (Ayn Rand)
  • Il compromesso è la sistemazione di un conflitto fra interessi diversi tale che dà a ciascuno dei contendenti la soddisfazione di pensare di aver avuto ciò che non gli spettava e di non essere stato privato di nulla tranne che di ciò che gli era dovuto. (Ambrose Bierce, Dizionario del diavolo 1911)
  • Non è vero che l'amore è fatto di compromessi. Di per sé l'amore dovrebbe essere assoluto. Se ami qualcuno non ti servono. Se ti servono ti stai accontentando. Se ti stai accontentando ti stai sprecando (Niccolo Nicho Marranci)
  • Un compromesso è perfetto quando tutti sono scontenti. (Aristide Briand)
  • Il compromesso è l'arte della leadership e i compromessi si fanno con gli avversarsi, non con gli amici (Nelson Mandela).

E se vogliamo rendere omaggio a Nelson Mandela, recentemente scomparso, possiamo usare proprio le sue parole per sottolineare l'atmosfera conflittuale e la mancanza di amorevolezza che connotano i compromessi, se è vero che si fanno con gli avversari e non con gli amici..in mancanza del necessario sottofondo di rispetto e di amore, se manca la cornice fondamentale che è quella di avere qualcosa di valore da scambiarsi e offrirsi reciprocamente, il compromesso non può che essere perdente ed è soltanto la celebrazione di una egoistica sconfitta per entrambe le parti.

In altre parole, ed entrando nel merito del compromesso in una relazione, se due persone non hanno niente di buono da darsi, nessun desiderio vivo di dare all'altro qualcosa di valore e di buono, a prescindere dal conseguimento di qualcosa di valore o di un risultato per sè, perchè dovrebbero fare dei compromessi, derubricare rispetto ai loro abituali standard di comportamento e accettare di andare incontro all'altro punto di vista? se manca l'amorevolezza, la volontà di fare il bene dell'altra persona, di darle quello di cui ha bisogno, se manca la gratuità che ci fa sentire che quello che stiamo facendo non è mercanteggiare, non è un do ut des ma un dono, manca la spinta verso il compromesso.

Se, in una relazione, io mi sento spinta a darti quello di cui tu hai bisogno, perchè me lo chiedi o perchè lo intuisco o lo percepisco, senza preoccuparmi se avrò o meno da te quello di cui ho bisogno io e accettando i compromessi che questo bisogno comporta. E se tu fai altrettanto, ascoltando quello di cui ho bisogno e donandomelo perchè è nella tua possibilità farmene dono, senza mirare ad avere in cambio quello di cui hai bisogno tu e accettando dei compromessi per poterlo fare, che è poi l'essenza della gratuità e autentica spontaneità della relazione, il risultato è automaticamente un compromesso che soddisfa entrambi e che non ha pagato il prezzo di una trattativa estenuante tra quello che voglio io e quello che vuoi tu.

Purtroppo nella realtà le persone sono molto più egoiste di quello che una relazione richiede per essere costruita e sostenuta e portata avanti. Non valutano se stanno ottenendo qualcosa di buono solo come supervisione di massima per evitare derive verso qualcosa che non vogliono e applicare eventuali correzioni, ma lo fanno a priori, come principale criterio per mettere in essere qualsiasi tipo di rapporto. Ed utilizzano due pesi e due misure a seconda se stiano chiedendo (pretendendo) qualcosa per sè (tipo il rispetto o un certo atteggiamento o l'accettazione delle loro "condizioni" e limitazioni e complicazioni varie, oppure la comprensione dei loro mutevoli stati emotivi, della loro volubilità, dei loro impegni personali e familiari e lavorativi) oppure invece vengano richiesti di fare altrettanto e si sentano improvvisamente gravati di pretese e capestri e aut-aut (è latino: significa obbligo ad una scelta che non sia ambigua o procrastinata sine die per tenere i piedi in due scarpe) e improvvisamente scoprano e mal sopportino la fatica che si fa a venirsi incontro, la stessa fatica che però impongono senza tanti scrupoli lamentandosi anche se la controparte manifesta qualche perplessità.

Tanto egocentrismo, narcisistico ed egoista, non merita compromessi.

Perchè l'egoista per primo non li accetta.

E dunque i compromessi con lui non riescono, non funzionano. Non si reggono.

E dunque alla fine, quando salta il piano della relazione, o dei compromessi per venirsi incontro se preferite chiamarlo così, rimane solo il campo delle scelte.

E le scelte, secondo me, sono solo di due tipi: condivise oppure individuali. O forse, a pensarci bene, sono sempre individuali.

Perchè la gestione di sè può essere soltanto una questione fra me e me, una cosa personale, privata, individuale. Solo che in una relazione, quando ci importa davvero di mantenerla, scegliamo (individualmente) di tenere conto anche dell'altra persona e dunque la mettiamo a conoscenza di quello che pensiamo di scegliere, consideriamo la sua reazione o il suo consiglio, modifichiamo di poco o di molto la nostra scelta in modo da includere anche il punto di vista altrui. E dunque arriviamo (si può) ad una scelta condivisa; che è nostra, come tutte le scelte, ma che è anche un po' comune, perchè ci siamo arrivati insieme all'altra persona.

Oh, non immaginereste mai quanta gente non sa scegliere, ma è un numero di gran lunga inferiore a quello delle persone che non sanno condividere o stare davvero in relazione con qualcuno. Nei fatti, eh? non a parole. Perchè a parole sono tutti bravi, tutti gentili, tutti amorevoli e attenti, tutti animati dalle migliori intenzioni.

Cheppalle che ne ho io delle buone intenzioni! delle meravigliose descrizioni che ognuno fa di sè stesso e dell'idea di sè che gli riempie la testa, salvo poi che si tratta soltanto di una maschera pronta a sgretolarsi e franare alla prova dei fatti, anche alla seconda occasione. RECIDIVI.

E così, di nuovo, prendo i miei buoni propositi, la mia disponibilità a mettermi in gioco e al compromesso finalizzato ad una relazione, la mia capacità di accettare l'altro e di volergli bene per quello che è (purchè vi sia rispetto e gentilezza del cuore, ma pare che nella sostanza questi due ingredienti non si trovino quanto vengono sbandierati a parole) e me le rimetto in saccoccia, torno ad occuparmi di me e a gestire la mia vita e le mie cose soltanto in attesa che arrivi la persona che sappia fare altrettanto e condividere momenti importanti e piacevoli, che sia amicizia o che sia amore, ma dando anche a me il bene e l'accoglienza e l'attenzione che chiede per sè e che dice di saper dare. NEI FATTI, NON SOLO A PAROLE.

 
 
 
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