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sentenza TAR LAZIO legge 104

Post n°110 pubblicato il 30 Settembre 2011 da lasolaris
 

Tar Lazio Sez. I Quater - Sent. del 13.02.2009, n. 1461 REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL LAZIO 9629 Reg. Ric.
Anno 2008

- Sezione I -quater -

 

ha pronunciato la seguente

Sentenza

sul ricorso n. 9629 del 2008, proposto da C. Marcello,

contro

il Ministero della Giustizia, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato presso cui è legalmente domiciliato, in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

per l’annullamento

previa sospensione, del provvedimento prot. n. 0236318-2008 reso dal Direttore Generale del Personale e della Formazione del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria del Ministero della Giustizia in data 7 luglio 2008, notificato al ricorrente in data 4 agosto 2008, nonché di tutti gli atti ad esso presupposti, connessi e conseguenti;

Visto il ricorso con la relativa documentazione;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione intimata;

Visti le memorie ed i documenti prodotti dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore alla pubblica udienza dell’8 gennaio 2009 il Primo Referendario Antonella MANGIA; uditi, altresì, i procuratori delle parti come da verbale;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

Fatto

Attraverso il ricorso in epigrafe, notificato in data 2 ottobre 2008, il ricorrente impugna il provvedimento prot. n. 0236318-2008, con il quale il Ministero della Giustizia - DAP - Direzione Generale del Personale e della Formazione ha confermato le determinazioni di cui al provvedimento n. 0180262-2008 del 26 maggio 2008 di diniego del trasferimento richiesto ai sensi dell’art. 33, comma 5, della legge n. 104/92, “non rilevando ulteriori elementi di valutazione”.

In particolare, riferisce:

- di essere assistente di Polizia Penitenziaria, con sede di servizio presso la Casa Circondariale di Sanremo (IM), distaccato per mandato elettorale presso la Casa di Reclusione di Sant’Angelo dei Lombardi;

- di aver inoltrato in data 6 maggio 2008 istanza di trasferimento, ai sensi dell’art. 33, comma 5, della legge n. 104/92, presso la C.R. di Sant’Angelo dei Lombardi o, in alternativa, presso la C.C. di Ariano Irpino, per provvedere all’assistenza continua di suo nonno, il sig. Rocco C., riconosciuto portatore di grave handicap;

- che, con provvedimento prot. n. 0180262-2008 del 22 maggio 2008, il Direttore Generale del Personale e della Formazione del D.A.P. respingeva la predetta istanza per carenza del requisito soggettivo dell’esclusività nell’assistenza;

- di aver prodotto in data 28 giugno 2008 istanza di riesame, presentando nuove dichiarazioni, rese da tutti i parenti, da cui si desumeva che per motivi fondati ed obiettivi nessuno era in grado di assicurare al disabile l’assistenza continua necessaria;

- che, in data 7 luglio 2008, detta istanza veniva rigettata dal Direttore Generale del Personale e della Formazione del D.A.P., “non rilevandosi ulteriori elementi di valutazione”.

Avverso il provvedimento da ultimo menzionato il ricorrente solleva le seguenti censure:

1) Violazione dell’art. 10 bis della legge n. 241/90, in quanto l’Amministrazione si è astenuta dal comunicare il c.d. preavviso di rigetto;

2) Violazione dell’art. 3 della legge n. 241/90, atteso che l’Amministrazione si è limitata ad opporre una giustificazione del tutto generica, inidonea a dare conto, neppure in minima parte, delle nuove informazioni (suffragate da documentazione) fornite;

3) Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 33, comma 5, della legge n. 104/92 e dell’art. 20 della legge n. 53/00. Dalla documentazione allegata all’istanza di trasferimento si evince che tutti i parenti ed affini entro il terzo grado del disabile risiedono in località lontane dal luogo di residenza di quest’ultimo o sono affette da gravi patologie e - ovviamente - non sono disponibili (né oggettivamente potrebbero esserlo) ad assistere il loro congiunto. In base a tali incontrovertibili dati non è dato comprendere quali ulteriori elementi sarebbero dovuti essere forniti per provare il requisito dell’esclusività.

Con atto depositato in data 6 novembre 2008 si è costituita l’Amministrazione intimata, la quale - nel prosieguo e precisamente in data 10 novembre 2008 - ha depositato una memoria, corredata di allegati, nell’ambito della quale ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità del ricorso, adducendo la natura meramente confermativa del provvedimento in epigrafe rispetto alla precedente nota prot. n. 0180262-2008 del 26 maggio 2008, non tempestivamente impugnata. Nel merito, ha sostenuto la legittimità del provvedimento di diniego adottato in quanto “la documentazione prodotta dal ricorrente a corredo dell’istanza di trasferimento non prova in alcun modo l’esclusività dell’assistenza dal medesimo prestata”. In particolare, afferma che sono state presentate “solo generiche dichiarazioni di indisponibilità relative a problemi di salute non univocamente comprovanti l’impossibilità a prestare l’assistenza in questione”.

Con ordinanza n. 5327/2008 il Tribunale ha respinto la domanda incidentale di sospensione, “considerato che le peculiarità del caso .. inducono a ritenere necessaria una pronta definizione del ricorso nel merito”.

Con memoria depositata in data 4 dicembre 2008 il ricorrente ha confutato la natura meramente confermativa del provvedimento impugnato. Nel merito, ha ribadito che “non si comprende quale ulteriore prova avrebbe dovuto fornire” al fine di dimostrare la sussistenza del requisito dell’esclusività.

Il ricorso è stato introitato per la decisione alla pubblica udienza dell’8 gennaio 2009.

Diritto

1. In via premiare, deve formare oggetto di esame l’eccezione di inammissibilità, sollevata dall’Amministrazione sulla base del carattere meramente confermativo che caratterizzerebbe il provvedimento impugnato.

Tale eccezione è infondata.

In proposito, è necessario considerare che il provvedimento impugnato rappresenta l’atto conclusivo del procedimento attivato dal ricorrente con l’istanza inoltrata al fine di ottenere un riesame della richiesta di trasferimento in origine avanzata.

Atteso che tale istanza era corredata da ulteriore documentazione, innovativa rispetto a quella prodotta in precedenza, appare evidente che l’Amministrazione non ha potuto esimersi dall’effettuare una nuova valutazione della situazione del ricorrente, anche se al solo fine di confermare la decisione già assunta.

Ciò detto, il provvedimento in epigrafe va inteso come una nuova manifestazione di volontà dell’Amministrazione, suscettibile di produrre un’autonoma lesione e, dunque, impugnabile.

2. Nel merito, il ricorso è fondato e, pertanto, va accolto.

2.1. Come esposto nella narrativa che precede, il ricorrente sostiene l’illegittimità del provvedimento con cui l’Amministrazione, in esito al riesame dell’istanza di trasferimento dal medesimo inoltrata ai sensi della legge n. 104/92, ha confermato “le determinazioni di cui al provvedimento n. 0180262-2008 del 26/05/2008″, ossia il diniego di trasferimento in precedenza opposto sulla base della carenza del requisito dell’esclusività “in quanto scarsamente documentato”.

A tale fine denuncia, tra l’altro, la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 33, comma 5, della legge n. 104/92 e 20 della legge n. 53/2000 in quanto afferma che - attraverso l’integrazione della documentazione in origine prodotta - ha fornito prova dell’indisponibilità dei parenti e/o affini entro il terzo grado del disabile ad assistere il loro congiunto, tanto da non comprendere quali ulteriori elementi avrebbe dovuto fornire per provare la sussistenza del requisito dell’esclusività.

Tale censura è fondata.

2.2. Come già osservato in numerosi precedenti della Sezione, l’esclusività nell’assistenza rappresenta un requisito soggettivo espressamente prescritto dall’art. 20 della legge n. 53/2000 per la concessione del beneficio del trasferimento di cui all’art. 33, comma 5, della legge n. 104/92.

Detto requisito si identifica con l’”indisponibilità” soggettiva e/o oggettiva di altri parenti ed affini entro il terzo grado a sopperire alle esigenze del disabile.

Tale interpretazione, la quale appare rispettosa della tutela offerta dal legislatore ai portatori di handicap in quanto meno rigorosa di quella imponente l’ “inesistenza”, conduce alla conclusione che l’esistenza di altri soggetti nelle vicinanze del disabile in posizione fattuale non differenziabile da quella del dipendente che aspira al trasferimento “fa venir meno la esclusività dell’opera assistenziale e dimostra la possibilità di assistenza alternativa” (Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, n. 814 del 2007).

Tutto ciò premesso, si ravvisano le condizioni per affermare che in capo al dipendente grava l’obbligo di fornire una compiuta dimostrazione della sussistenza dell’esclusività nell’assistenza, con la conseguenza che, nei casi in cui la dimostrazione de qua risulta carente, il datore di lavoro è tenuto a negare il trasferimento.

La dimostrazione che i parenti ed affini dell’handicappato, pur se residenti nelle sue vicinanze, non sono in grado di occuparsi dell’assistenza al disabile non può, comunque, trovare attuazione per mezzo di semplici dichiarazioni di carattere formale, attestanti impegni di vita di carattere ordinario e comune, bensì necessita della produzione di dati ed elementi di carattere oggettivo, concernenti eventualmente anche stati psico-fisici connotati da una certa gravità, idonei a giustificare l’indisponibilità sulla base di criteri di ragionevolezza tali da concretizzare un’effettiva esimente da vincoli di assistenza familiare, nel contemperamento delle posizioni dei soggetti interessati (cfr. TAR Lazio, Roma, Sez. I quater, sent. n. 73 dell’8 gennaio 2008).

Il Collegio si sente, pertanto, chiamato a valutazioni da effettuare caso per caso, al fine di verificare se il diniego opposto dall’Amministrazione ad una domanda di trasferimento, inoltrata ai sensi dell’art. 33 della legge n. 104/92, sulla base della carenza del requisito soggettivo dell’esclusività nell’assistenza sia o meno contrastante con il dato normativo, ossia trovi effettiva e concreta rispondenza nella situazione rappresentata dal dipendente.

2.3. Ciò detto, va rilevato che, dalla documentazione prodotta a supporto della domanda di riesame dell’istanza di trasferimento, risulta che il ricorrente - a riprova della sussistenza del requisito dell’esclusività nell’assistenza - ha fornito una dichiarazione, dal medesimo sottoscritto nella consapevolezza “delle sanzioni penali previste in caso di dichiarazioni mendaci”, nella quale attesta che l’unico familiare o affine entro il terzo grado domiciliato vicino alla residenza del disabile è “la nipote De Feo Maria” nonché numerose dichiarazioni, sottoscritte sia da quest’ultima che da altri parenti entro il terzo grado del disabile, le quali rivelano la sussistenza di effettivi impedimenti di carattere oggettivo a prestare assistenza al disabile.

Orbene, la situazione familiare di cui è stata evidenza - oltre ad apparire completa, atteso che dall’esame sia degli allegati al ricorso che della memoria dell’Amministrazione non emerge la presenza di ulteriori parenti e/o affini entro il terzo grado - rivela condizioni tali da escludere che il disabile possa essere adeguatamente assistito da persone diverse dal ricorrente.

In altri termini, le dichiarazioni prodotte in allegato all’istanza di riesame appaiono idonee a supportare in concreto lo stato di indisponibilità di altri parenti ed affini entro il terzo grado e, dunque, valevoli per rappresentare - sotto il profilo in trattazione - una situazione conforme alla fattispecie tutelata dalla normativa in esame.

In ragione del quadro probatorio sopra sintetizzato, il Collegio ritiene che il provvedimento impugnato non sia rispondente alle circostanze documentate dall’interessato, tanto più ove si consideri che, a fronte della formulazione di una motivazione particolarmente generica, l’Amministrazione - regolarmente costituita in giudizio - si è del tutto astenuta dal fornire elementi integrativi, atti a rappresentare - mediante riferimenti concreti - le ragioni alla base della conferma della precedente determinazione.

In tale situazione, il Collegio riscontra l’illegittimità della pronuncia negativa dell’Amministrazione, sotto il profilo della violazione dell’art. 33, comma 5, della legge n. 104/1992 e dell’art. 20 della legge n. 53/00.

3. Tanto appare sufficiente per l’accoglimento del ricorso, sicché le ulteriori censure formulate sono assorbite.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate a favore del ricorrente in € 1.500,00, oltre IVA e CPA nei termini di legge.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio - Sezione I quater accoglie il ricorso n. 9629/2008 e, per l’effetto, annulla il provvedimento prot. n. 0236318-2008, reso dal Direttore Generale del Personale e della Formazione del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria del Ministero della Giustizia in data 7 luglio 2008.

Condanna il Ministero della Giustizia al pagamento delle spese di giudizio, liquidate a favore del ricorrente in € 1.500,00, oltre IVA e CPA nei termini di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Depositata in Cancelleria
il 13.02.2009

 

 
 
 
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